ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
|
Spiritualità - Religioni, misticismo, esoterismo, pratiche spirituali. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Tematiche Spirituali |
27-10-2003, 19.39.12 | #12 | |
Utente bannato
Data registrazione: 05-11-2002
Messaggi: 1,879
|
Citazione:
bella domanda... ...come dire: "Noi siamo quel che crediamo essere oppure ciò che gli altri vedono di noi?" In tutta sincerità, io credo nella seconda ipotesi. Forse sbaglio, ma tu prova ad immaginare qualcuno convinto di essere Napoleone... Basta meno per capire che noi siamo quel che facciamo, non quel che vorremmo fare o crediamo di fare. Però, nel nostro mondo interiore, tutta la realtà potrebbe essere ribaltata. Chissà! |
|
27-10-2003, 21.47.52 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 27-09-2003
Messaggi: 4,154
|
Citazione:
dicono che credere veramente a qualcosa vuol dire anche saperla fare o cmq riuscirla a fare ..... ovviamente la fede va oltre al semplice dire si io sono napoleone tanto lo dico ma non ci crede nessuno la convinzione deve poi essere parte di tutto quello che siamo e che facciamo allora forse potremmo fare qualsi cosa .... siamo quello che pensiamo ma potremmo anche essere quello che gli altri pensono di noi ovvero quello che dicono le altre persone ci influenza a tal punto che tantissime cose le facciamo solo perche abbiamo sentito commenti di altre persone ... |
|
27-10-2003, 23.39.48 | #14 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
|
Citazione:
Chissà perché io invece sono fermamente convinto che noi, in una certa misura, siamo tanto quel che crediamo di essere, quanto ciò che gli altri pensano noi siamo. Ma non è tutto, sempre in una certa misura, penso siamo anche ciò che tendiamo ad essere. Nel senso che l’Essere che è in noi non è statico e si adatta alle situazioni e, relazionandosi anche e soprattutto con altri individui, si trasforma incessantemente. Partendo da uno stato, da una condizione data – figlia essa stessa di precedenti sviluppi indotti o dell’ambiente/cultura in cui si è scaraventati al momento della nascita - il nostro essere si modella sulla base delle aspettative altrui (vorrei vedere chi lo potrebbe negare), ma la sua ‘evoluzione’ (fra apici perché nessuno voglia attribuire al termine un significato diverso da quello schifosamente umano che è corretto attribuirgli: culturale) è anche dipendente dalla intima tensione a divenire qualcosa di diverso (migliore) da quello che in quel momento è. Chi dovesse immaginare un essere statico credo stia semplicemente sbagliando. Un essere è immerso in una contingenza che, sempre in una certa misura – alle volte limitata, altre molto più invasiva – lo condiziona e plasma. Questa contingenza è nota per essere la forza cogente dell’educazione: delle cose, delle circostanze, delle persone, delle ideologie con cui, tempo per tempo, entriamo in contatto, anche non diretto. Per questo non sottoscriverei l’affermazione che noi siamo quel che facciamo. Sarebbe davvero troppo semplice immaginare di essere sempre in condizioni di rendere pienamente concreti i nostri desideri, emozioni, sentimenti o pensieri… se noi fossimo solo quel che facciamo, saremmo alla mercé del giudizio altrui, e sarebbe solo il giudizio altrui la misura dei nostri atti. Ma così non è, e non è per due ordini di motivi: anche il giudizio altrui sottostà alle medesime interferenze e limitazioni che regolano il nostro agire (incomprensioni, fraintendimenti etcc…), per cui molto spesso non rispecchia la realtà delle cose e sarebbe oltremodo soggettivo. Ma vi è un motivo ancora più importante: focalizzare l’attenzione al solo atto compiuto (siamo quel che facciamo) non tiene nel debito conto di un elemento essenziale: l’intenzionalità dell’atto stesso. Eppure è l’intenzione, volontaria e conscia, insieme alle conseguenze dell’atto stesso, l’elemento principe che determina e definisce il nostro Essere. Con ciò voglio semplicemente affermare che un contesto che tenga in considerazione esclusivamente l’atto e le sue conseguenze dirette, non rende giustizia del complessivo agire e dell’Essere stesso: offendere senza che vi sia l’intenzione di offendere è ben diverso, tanto per l’offeso quanto per chi offende, rispetto ad offendere avendone la vera intenzione… così via per quasi tutte le tipologie di relazioni o rapporti che coinvolgono due o più individui… basterebbe pensare all’amore, all’adulazione etcc… Deprivare, deprivare… hai poi aggiornato il tuo inadatto vocabolario? |
|
27-10-2003, 23.51.00 | #15 |
frequentatrice habitué
Data registrazione: 08-04-2002
Messaggi: 780
|
“mah non è che la forza o la debolezza vada valutata da altri e non da noi stessi ?”
“Noi siamo quel che crediamo di essere oppure ciò che gli altri vedono di noi?" Noto una piccola differenza tra queste due domande anche se possono sembrare simili. Penso che la debolezza o la forza viene da dentro di me ed è il mio sentire ad avvertire questi stati non gli altri. Posso essere debole ma trascinarmi avanti per inerzia o perché non ho altra scelta ed un osservatore dice: “brava come sei forte!” oppure mi posso sentire forte da spaccare le montagne ma non agire per diversi motivi e l’osservatore può dire “ma come sei debole!” (a patto che me la dice davanti). Io sono ciò che sento in un determinato momento. Può non essere la mia vera essenza, può essere un’illusione, ma in quel momento è la mia realtà. |
28-10-2003, 20.18.24 | #16 |
Utente bannato
Data registrazione: 05-11-2002
Messaggi: 1,879
|
Quindi tu dici che é una questione di punti di vista...
voglio dire: Se l'essere vogliamo intenderlo per ciò che siamo potenzialmente ed anche oggettivamente, oppure limitando l'interpretazione ai distinti aspetti "potenziale" in alternativa ad "oggettivo". In ogni caso si tratta di modi di essere, non é vero? Allora noi siamo qualunque cosa! In realtà, supponendo che un'albero possa pensare, e supponendo che sia dotato di pensiero creativo, l'albero potrebbe comporre la più eccelsa opera musicale, o letteraria... ma nessuno lo saprebbe mai! No, direi di scartare la possibilità che si possa sempre pretendere di essere anche ciò che non manifesteremo mai. Può darsi che io sia troppo realista... ma mi sembra sensato così. |
29-10-2003, 00.03.18 | #18 |
Utente bannato
Data registrazione: 15-05-2003
Messaggi: 876
|
Gli alberi lo sanno !
"Allora noi siamo qualunque cosa! In realtà, supponendo che un'albero possa pensare, e supponendo che sia dotato di pensiero creativo, l'albero potrebbe comporre la più eccelsa opera musicale, o letteraria... ma nessuno lo saprebbe mai!"
Gli alberi pensano coi pensieri degli alberi e parlano col linguaggio degli alberi e perchè mai dovrebbero raccontarlo a qualcuno di noi ? Invece di tagliarli,bruciarli o trasformarli in carta igienica abbiamo mai pensato di comunicare con loro ? E come si fa ? Facile c'è un linguaggio universale che si chiama Amore ed ogni essere del creato è in grado (potenzialmente) di capire hmmm... dici "utopie" ? vai nel bosco e provaci non è impossibile,io ormai certi li chiamo per nome e vedo come mi sorridono e spesso me ne sto lì ad ascoltare ciò che dicono e mi basta wahankh . |
29-10-2003, 08.37.49 | #19 |
Utente bannato
Data registrazione: 05-11-2002
Messaggi: 1,879
|
Su questo siamo completamente daccordo! Però torno a dire che ci sono tre modi di intendere l' "essere" e tu, ora, intendi l'essere dal punto di vista soggettivo (quello che prima ho definito come "potenziale").
Quel che si é nelle proprie potenzialità mai manifestate all'esterno e che mai manifesteremo, é reale senzaltro, ma, proprio perchè non avrà mai avuto effetti per tutta la propria esistenza risulta perciò indifferente, ininfluente, proprio come non fosse mai stato (infatti non lo é stato mai). Capisco che sia tuttavia un autentico modo di essere, ma non é come quell'altro modo di essere, per esempio, come quello di una persona che compie le peggiori azioni sentendo dentro di se la totale, sincera repulsione per quello che sta facendo... eppure continua a farlo! ...ma lasciamo stare... Ultima modifica di Mistico : 29-10-2003 alle ore 08.40.58. |
29-10-2003, 11.45.10 | #20 | |
frequentatrice habitué
Data registrazione: 08-04-2002
Messaggi: 780
|
Citazione:
Perché una persona compie delle azioni contro la sua vera natura? In questo momento vedo un bivio. Possiamo discutere di una persona che continuamente modifica il suo stato naturale di sentire per poter apparire o per poter essere valutata conforme alle norme etiche stabilite dalla società in cui vive oppure scegliete voi. Su questo tipo di essere che penso che un po’ lo siamo tutti (mi scuso con quelli che si sono liberati veramente) propongo di discutere in un altro thread. Ci sono però altre persone che per la loro sensibilità diventano dipendenti. Sotto l’influenza della dipendenza si commettono molte azioni che provocano sincere repulsioni a quelli che le stanno compiendo. Non è la loro vera natura, è qualcosa di più forte contro la quale non sanno come lottare. Una soluzione può essere andare in una setta con l’idea che il potere dei più lo può aiutare ad uscirne fuori. Quindi andare in una setta si può fare anche per disperazione. Adesso non so se la scelta è giusta o no, in funzione di quello che possiamo definire che sia una setta e in funzione dello scopo primario di quella setta. Comunque nella maggior parte dei casi si rivela ad essere un’altra forma di dipendenza. |
|