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09-12-2002, 15.37.34 | #26 |
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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riguardo le manie di persecuzione...
le tue domande sembrano avere un tono incalzante, se non conoscessi (almeno superficialmente) la tua profondità, avrei già delle "paranoie". Colgo così il modo per entrare subito nel vivo della discussione. Tu sai che le "paranoie" sono come un boomerang della coscienza, che espulsa fuori da se, torna a noi dall'esterno. Dunque queste persone con queste "manie di persecuzione" (ora mi riferisco anche alle piccole manie, non pretendo spiegare nulla riguardo la psicosi paranoide), accusano gli altri di problemi, infatti, solo loro. Quindi affronto la prima questione: vittime diverso da vittimisti ; non concordo in pieno, può essere, ma non credo siano molti. Sono vittime in primo luogo di se stessi, il loro vittimismo è conseguenza di questo, il loro problema l'incapacità di accettare le conseguenze di ciò che fanno-ciò che sono. Accusano gli altri, ingiustamente, dunque agli altri non sono simpatici, mendicano pietà..senza motivo? magari apparente, in profondità il motivo c'è; ed è anche nell'essere vittima di ciò che si è: nessuno si sceglie, a volte può essere difficile accettarsi. Se queste persone non ci coinvolgessero personalmente, potremmo tranquillamente giustificarle; siamo impossibilitati a farlo quando ci coinvolgono; o meglio (e rispondo alla tua ultima domanda), se li giustificassimo e ci facessimo una ragione del loro essere personalità patologiche ci allontaneremmo anche, consci della nostra impossibilità ad aiutarli e consapevoli della nostra unica responsabilità che è quella, prima di tutto, verso noi stessi, non possiamo salvare nessuno, non ne siamo in grado, salviamo almeno noi stessi; Risultato positivo, prima felice possibilità. Seconda, probabilissima possibilità: vogliamo aiutarli. Questa possibilità è da chiamarsi illusione, e si conclude con la distruzione della nostra vita, o parte di essa, e con nulla di fatto verso l'altro. Un buon medico è la soluzione forse migliore. La seconda è la possibilità più ricorrente. cancellando nuovamente le paranoie grazie al motivo che prima ho esposto(ovvero grazie a te) (infatti mi sembra che queste tue domande pretendano quasi di essere retoriche) inizio a risponderti: "Quando tu dici, che sei uscito fuori dalla fase del "Vittimismo", grazie ad un amico vero sincero, parli di un amico, che ti conosceva da tantissimo tempo? O di un amico che agli inizi hai attirato facendo del vittimismo? " Nè uno nè l'altro, è il batterista del mio gruppo, gruppo in cui sono entrato perchè un'altra persona me lo aveva chiesto. E' nato un forte legame: per il mio "vittimismo"? Prima spiego il "mio vittimismo" succede che a volte sia talmente grande e forte la necessità di sfogarsi che non ci si accorge che anche chi ci ascolta può avere i suoi problemi. Quindi si abusa della disponibilità dell'altro con gtotale insensibilità alla sua situazione. Uscire dal mio vittimismo per me ha significato riconoscere che in compagnia si sta più per dimenticare i propri problemi, accettare il fatto che al mondo siamo irrimediabilmente soli, e che si esce in compagnia solo per svagarsi, che nessuno ha voglia di ascoltarti perchè ha già i suoi problemi da affrontare. In sostanza riconoscere che non solo io o problemi ma che tutti ne hanno. Rompere la fatale unidirezionalità nel discorso, che renda la compagnia, una solitaria, privata, compagnia. Può essere che il mio vittimismo abbia creato questo forte legame. Un forte legame è nato soprattutto perchè questa è una persona estremamente profonda e umana (di quelle, per intendersi, che non ti assecondano se hai torto, perchè "pooooverino...!") "Esatto, ma spesso, prima di arrivare ad accusare chi gli è vicino, dei propri fallimenti, ne è geloso, morbosamente geloso, non accetta che possa avere altri amici, ne vuole il "possesso" assoluto. A causa di questa eventuale gelosia sorgono problemi, che portano chi gli è amico ad allentare la presa, e se allenta (nota bene parlo di allentare non di lasciare), la presunta vittima, inizia come tu dici ad accusarlo dei propri insuccessi, con la conseguenza che l'amico decide di mettere un bel po' di distanza tra loro. " Sì perchè è una dinamica patologica, un circolo vizioso, che si continua a percorrere nell'illusione di arrivarne alla fine. "Non sempre è così facile, sono sicura che se tu ne sei uscito fuori, non è solo merito del tuo amico, ma soprattutto merito tuo, perché sei tu ad aver deciso di volerne uscire. " Ti ringrazio del così facile (stò ancora qua che strino ad andare avanti ) Ti ringrazio ancora della considerazione, ma il merito non è mio (d'altronde, non essendo mie le responsabilità, nemmeno i meriti lo sono, no? Ecco, qui divergo dal tipo di personalità da te descritto, visto che per questi, i successi sono solo loro, mentre gli insuccessi solo degli altri). Non è merito di nessuno in particolare: così come l'essere in una situazione può essere determinato da immaturità (che non si sceglie) così "uscirne" è significativo di una maggiore maturità, che può essere causatada fattori esterni che agiscono direttamente su di noi modificandoci.(anche qui sono più fortunato di queste persone, estremamente, al contrario,rigide). "l buon cristiano? O chi ha la sindrome della crocerossina? Oh…l'amico di sempre? " Esattamente la sindrome della crocerossina....il complementare? " dimmi Rubin: l'amico che viene maltrattato ingiuriato a accusato ingiustamente, che deve fare alla fine, quando oltre a questo ha subisce delle vendette stupide e puerili? Tu...... che ne sei uscito fuori, ti sei mai vendicato con il tuo amico solo perché avevi l'impressione che non ti fosse amico?" Ti ho già risposto. Allontanarsi e badare a vivere serenamente la propria vita, cosa che risulta in un contesto simile, impossibile. Questo non è facile da capire. Ragionevolmente sì, ma quando sono implicati gli affetti e i sentimenti è più difficile. Io, una volta, in preda ad un'angoscia estrema causata da un sentimento di derisione, ho fatto peggio che vendicarmi, e fortunatamente non ho concluso niente, altrimenti non sarei qui. Non approfondisco perchè divagherei nel personale. "uscirne fuori", ma è mai possibile uscire da qualcosa che si è vissuto, da qualcosa che siamo? Ma vogli risponderti a questa domanda anche con un'altra domanda: e tu credi sia facile lottare continuamente con un disturbo mentale, disturbo mentale che è quello che sei e nulla di esterno o diverso da te, credi sia facile continuare a lottare con se stessi. A volte, per sopravvivere, ci si sacrifica (si sacrifica la propria consapevolezza, se stessi), e qualcun'altro magari subisce alcune irragionevoli (quindi imeritate) sofferenze. in linea di massima è più facile superare l'offesa di una vendetta stupida e puerile; anche se non è sempre vero, e a volte, chi non c'entra nulla, subisce delle conseguenze anche maggiori di chi ne è la causa. ciao |