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09-06-2005, 19.00.18 | #5 |
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Amore per la morte o Morte per e dell'amore?
Credo che certe persone amino la morte nel senso che facciano di tutto per porre termine alla loro passionalità. C'è chi è troppo sensibile per la vita e allora sceglie la morte. O forse c'è gente che non riesce ad amare e vivere ed allora odia e disprezza. Chissà... |
09-06-2005, 22.13.02 | #6 |
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Facevo riferimento alla teoria di Erich Fromm sulla biofilia (amore per la vita) e la necrofilia (amore per la morte). Che si collega ma non coincide con quella di freud sulla contrapposizione tra eros e thanatos.
Volevo copiare un suo testo, ma non ne ho il tempo. Peròm mentre lo cercavo su internet per non ridigitarlo, ho trovato un sito dove c'è un riassunto molto ben fatto. Faccio un copiaincolla perchè è proprio chiaro. "Un’altra teoria interessante di Fromm è quella della biofilia e necrofilia che lui analizza nel suo “Anatomia della distruttività umana” in cui studia i comportamenti e l’aggressività partendo da teorie ed assunti della biologia, della psicologia e dell’antropologia. In questa divisione tra Biofilia e Necrofilia egli conferma la teoria freudiana secondo cui l’uomo è messo in croce da due pulsioni contrastanti: quella di vita e quella di morte. In ciascuno di noi le due tendenze coesistono anche se nelle persone più creative i momenti di inutilità e di fallimento (necrofilia) sono sporadici e prevalgono invece atteggiamenti di creazione per sé e per gli altri. I biofili sono quelli che protendono verso un obiettivo ed esprimono sempre progettualità, che è una dimensione – secondo Fromm – irrinunciabile dell’essere umano. Secondo lui però esistono anche soggetti che amano solo la morte e che distruggono gratuitamente tutto ciò che viene loro offerto, proprio perché vedono ovunque nemici da combattere e da annientare. Egli dedica un capitolo della sua analisi ad Hitler che considera un necrofilo con una personalità paranoide. La differenza di visione da quella freudiana consiste nel fatto che Fromm reputa alternative e non parallele le pulsioni; nel suo libro sostiene infatti: “La distruttività non è parallela, ma alternativa alla biofilia. L’alternativa che si pone ad ogni essere umano è proprio questa: amore per la vita o amore per la morte. L’uomo è biologicamente dotato della capacità di essere biofilo, ma psicologicamente possiede il potenziale necrofilo come soluzione alternativa”." ps Rodi, scusa se sono sparita oggi pomeriggio ma stavo lavorando e ho avuto da fare. |
09-06-2005, 22.53.04 | #7 | |
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se tutte le volte che sparisci ricompari con con uno scritto come quello che hai postato sei perdonata a vita |
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10-06-2005, 09.41.19 | #10 | |
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Citazione:
Ciao, sono ancora vivo e vegeto, sempre più vivo che vegeto… ditemi che vi sono mancato, che non sapevate come fare senza la mia periodica rottura di scatole… suvvia, siate accoglienti come un vaso… Ho letto quel saggio: Anatomia della distruttività umana. Alcune sue parti, per mio insano diletto, le ho pure diffusamente commentate… commentate per trovarmi parzialmente in disaccordo con quanto afferma Fromm (sempre presuntuosissimo… io, non lui) in merito al fatto che la biofilia e la necrofilia siano due pulsioni alternative… quasi ad affermare che la necrofilia sia un elemento patogeno dell’essere uomo, mentre la biofilia la norma o la sua propensione più naturale. Non credo sia così, e non lo credo non per studi da me effettuati, ma perché ritengo che la ‘vita’ accolga in sé entrambe le caratteristiche, in un avviluppo inscindibile. La vita è anche morte, così come il processo di fioritura è un progressivo accostarsi alla morte. La vita ha in nuce i semi della morte, e le due ‘pulsioni’ rappresentano, così con-fuse fra loro, un grumo inestricabile. Piuttosto è vero che la patologia emerga allorquando l’una o l’altra delle due pulsioni prende il sopravvento sulla sua omologa contraria (posto che vogliamo intenderle come due forze opposte… io riterrei di no). Le due pulsioni sono ben impiantate negli starti più profondi dell’animo umano, tanto che non è dato espungerne completamente l’una o l’altra, ne patirebbe quella che noi definiamo vita, che non è altro che una semplice e composita amalgama di entrambe. L’una, la necrofilia, qualora dovesse risultare eccessivamente caratterizzante il tratto della personalità di un individuo, lo renderebbe troppo incline alla contemplazione e stupefazione dell’orrido e dell’abnorme che sono in ciascuno di noi; l’altra, la biofilia, viceversa, determinerebbe una ridotta capacità autoaffermativa, situazione disdicevole anch’essa, al pari dell’altra (lettura consigliata ---- fra il serio e il faceto, ma rende l’idea: il Visconte dimezzato di Calvino). La biofilia sarebbe, a mio modo di vedere, il ‘contenitore’ di quegli elementi propendenti verso il bello, la com-passione, la solidarietà e l’incontro fra esseri simili, cioè tutto ciò che ci rende partecipi degli altri ed animali sociali. La necrofilia, anche se il termine è crudo, la stella cometa che versa in direzione dell’individualità e l’autoaffermazione, come, appunto, l’aggressività (una sana, misurata, equilibrata aggressività), in sintesi, all’esaltazione del proprio Io (anche se qui gli spiritualisti spiritici storceranno il nasino). Quindi, se ben equilibrate, ben amalgamate, non scompensate, entrambe tendenti alla crescita dell’essere uomo inteso tanto come individuo (il proprio essere singolo individuo, irripetibile ed unico), quanto come appartenente alla specie o comunità o gruppo o società umana. Entrambe queste caratteristiche ci connettono, per grazia della loro forza coattiva istintuale, con il mondo che ci circonda, con una inclinazione maggiore verso l’egoicità, l’una, e la compartecipazione, l’altra. Percepirsi individuo per essere proiettati, contestualmente, all’incontro con chi ci vive intorno. Ciaooooooo ciao_ciao |
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