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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 27-02-2005, 08.12.58   #1
Naima
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Vivere coi malati di mente

Il titolo abbraccia tanti argomenti, sia il rapporto personale con i parenti, amici, conviventi, che soffrono di turbe mentali, sia l'aspetto legislativo e legale. Ne parlo perchè l'ho vissuto anni fa con mia nonna (morbo di Alzeimer, mi scuso perchè non so come si scrive) e lo sto vivendo ora con mia sorella, che soffre di turbe del comportamento, schizofrenia, paranoia, ecc, ecc. Quando queste persone diventano pericolose per se stesse e per gli altri, chi è loro vicino viene lasciato completamente solo. La legge attualmente in vigore prevede soltanto il ricovero volontario o il ricovero coatto, per fare il quale occorre una denuncia alle autorità. Il malato di mente (chiamamolo così genericamente anche se si pecca parecchio di imprecisione) non è considerato come un altro malato, che so il diabetico, o che altro. Finchè ha la crisi viene trattenuto a livello di pronto soccorso, somministrati calmanti e poi riconsegnato alle famiglie con l'invito a rivolgersi ai centri di igene mentale. In questi centri ci si va spontaneamente, ma se hai a che fare con uno schizofrenico, convinto di essere assolutamente sano, per portarcelo dovrai fare a pugni, subire lesioni, denunciarlo e farlo arrestare, altrimenti te lo tieni in casa e ti arrangi con tutte le conseguenze. In questo momento sono letteralmente disperata. Sarà sempre cosi'? Sono l'ultima dei fratelli, mia madre è anziana e ho il terrore di questa condanna che mi porto. Mi vedo già chiusa in una casa, un giorno che sarò rimasta l'unica vivente, con mia sorella da guardare a vista d'occhio, perdendo il lavoro, gli affetti... insomma è uno strazio! Mia sorella poi mi accusa di essere la causa dei suoi mali, quando solo una settimana fa mi abbracciava e mi coccolava. Ho passato venerdì notte coi carabinieri nel cortile di casa sua ed io in casa con lei a convincerla di scendere. Stava distruggendo tutto a mani nude, era piena di tagli e non vi sto a dire cos'altro.. mi guardava con odio, aveva appena picchiato il suo convivente e quando è scesa con un pugno ha frantumato il vetro dell'ambulanza. Se non la faccio arrestare ho le mani legate. Non voglio che sia portata in un ospedale giudiziario, ma non esistono strutture intermedie tra questo e un volontario percorso psichiatrico. Siamo lasciati completamente allo sbaraglio. Qualcuno ha esperienze simili? Cosa si può fare?
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Vecchio 27-02-2005, 11.23.33   #2
Ygramul
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Conosco la situazione dall'altro versante, perchè occuparmi delle persone con malattia psichiatrica è il mio lavoro. Conosco purtroppo molto bene quello di cui parli. Il grosso problema è che la legge sulla riforma psichiatrica (ex 180 assorbita poi nella 774 - perdonate se i numeri possono essere imprecisi ma mi pare che sia quello) nota anche come legge Basaglia, è una legge completa che prevede anche le strutture intermedie. Era a suo tempo necessario "testarla" prima di metterla in vigore , in quanto buttata giù piuttosto rapidamente sull'ondata del movimento di antipsichiatria che ha mosso l'opinione pubblica dalla metà degli anni '60 circa e che tutt'ora, sotto altra forma, continua ad agire.

Ci sono alcune considerazioni importanti:

1. pochissime ASL si sono attrezzate per mettere in atto la riforma psichiatrica in tutti i suoi aspetti, tralasciando proprio il discorso delle strutture intermedie che è frequentemente dato in gestione a privati. I posti letto per ciascuna ASL sono pochi rispetto alle richieste (e questo anche nelle ASL più attente ai problemi della psichiatria), inoltre mantenere nelle strutture i pazienti psichiatrici è immensamente costoso, con tutte le conseguenze che potete immaginare.

2. Rimane aperto il problema legato alla incapacità dei pazienti psichiatrici gravi a riconoscere se stessi come malati, e a dare quindi il proprio consenso per le cure. Il T.S.O. (il ricovero coatto per intenderci) è un provvedimento di estrema urgenza e dovrebbe essere sporadico e eccezionale, legato non alla pericolosità sociale del paziente (non esiste più nella normativa attuale come causa di ricovero) ma legata allo stato di scompenso grave del paziente, non curabile al domicilio, del quale il paziente non è consapevole, per cui il paziente rifiuta le cure.

Per quanto riguarda l'incapacità a riconoscersi malati, che è una caratteristica molto comune in queste malattie ed è presente anche durante gli stati intercritici del paziente, questo fatto costituisce il problema più assillante per i familiari, perchè si trovano costretti a combattere quotidianamente con una persona gravemente sofferente, cercando di aiutarla quando non vuole essere aiutata.
Solo chi è in questo inferno riesce a capire cosa voglia dire avere a che fare con questo tipo di problemi...

Posso dirti cosa faccio io (e il mio centro di salute mentale) con pazienti analoghi a tua sorella. Intanto organizziamo e programmiamo visite domiciliari (della serie: "se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna"); per quanto riguarda me, nonostante sia molto criticata, io per pazienti come tua sorella mi regolo impostando una terapia depot. Ossia un farmaco che viene iniettato una volta al mese (o meno, a seconda dei casi) e che viene depositato nel muscolo da dove viene gradualmente rilasciato nel corse di tutto il mese. Infatti spesso i T.S.O. mi servono proprio per impostare questo tipo di cure le prime volte. Una volta che le cure cominciano a fare effetto (ci mettono alcuni mesi, te lo dico chiaramente!), il paziente stesso entra nell'ottica di farsi pungere una volta al mese. Purtroppo per ora i farmaci con formulazione depot sono pochissimi, e quello più efficace può avere effetti collaterali, che in alcuni casi sono abbastanza pesanti. Ma credimi: lasciare il paziente schizofrenico alle sue crisi è immensamente peggio. Intanto perchè ogni crisi "toglie" qualcosa alle capacità residue della persona, poi perchè le crisi possono sfociare in comportamenti auto ed eteroaggressivi che possono costringere le autorità a provvedere per l'arresto della persona con conseguente successivo internamento in Ospedale Psichiatrico Giudiziario. E questi sono luoghi dove il paziente viene comunque trattato a dosi massicce di farmaci, per forza...

Tu e la tua famiglia dovete esigere visite domiciliari da parte della vostra ASL, anche a costo di sporgere denuncia, perchè questo fa parte dei compiti istituzionali di un centro psichiatrico territtoriale, a prescindere da come si chiami nella ASL della tua residenza.

Scusa se mi sono limitata alla parte tecnica, penso che avessi bisogno anche di informazioni in questo senso. Ma credimi se ti dico che non solo non mi è affatto sconosciuto il versante tuo della sofferenza psichiatrica, ma molto frequentemente mi sono trovata a condividerlo, ad accoglierlo e a dover sistematizzare con parenti e familiari una strategia di intervento che fosse il più efficace possibile e il meno "sputtanante" per il paziente (su questo poi ho tutta una serie di modalità di intervento che l'esperienza mi ha aiutato a mettere a punto....)

Ti abbraccio, e spero che tu riesca ad aver ragione di questa terribile situazione. Tieni presente che senza un compenso farmacologico nessuna struttura accetterà mai di accogliere tua sorella.
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Vecchio 27-02-2005, 13.40.25   #3
Naima
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Ti ringrazio come prima cosa. Ti è possibile, senza conoscere direttamente la situazione (non la conosco ancora nemmeno io figurati!) dirmi se, nel caso il paziente accetti le terapie e le effettui correttamente, ci sono possibilità di un notevole miglioramento, se non di una guarigione? Inoltre hai scritto di pesanti effetti collaterali. Puoi fare degli esempi? Domani cercheremo di portare mia sorella al centro di igene mentale della nostra zona, ma la mia paura è che ci troveremo davanti un ennesimo incompetente. Sai perchè dico così? L'unico che è stato in grado di interagire con mia sorella sabato notte è stato il primo psichiatra del 118 che è arrivato chiamato dai carabinieri. Ma il medico di guardia alla casa di cura e la dott.ssa che la mattina successiva mi ha "consegnato" mia sorella dicendo che non vi erano presupposti per un TSO, non mi hanno dato nessuna informazione relativamente allo stato fisico di mia sorella. Avrei voluto che mi sapessero dire un parere medico, del tipo "dalle vs descrizioni e dalla mia visita direi che si tratta di.... " ma non si sono pronunciati. Io ho parlato di manie, di paranoia, di schizofrenia, di disturbi comportamentali, deducento e non potendo esserne certa. Non è il mio lavoro, tutto quello che so proviene da mie letture personali. Spero che (se mia sorella lunedì sarà lucida) il medico che incontreremo ci sappia dire qualcosa di più preciso.
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Vecchio 27-02-2005, 17.22.11   #4
Ygramul
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Vedo se riesco a darti alcune risposta, tieni presente che saranno tutte da verificare con la situazione reale.

Tua sorella potrebbe essere affetta, per quanto ne so io, sia da un disturbo schizofrenico (presumo di tipo paranoideo, dalle poche cose che mi dici), sia da una crisi maniacale di un disturbo bipolare. I sintomi delle crisi di queste due malattie a volte sono molto simili, e per fare una diagnosi accurata bisogna osservare l'evolversi della malattia nel tempo.

La schizofrenia lascia quasi sempre dei residui nelle fasi intercritiche, costituiti quantomeno da pensiero bizzarro o da deliri, che per qualche ragione attenuano la loro penetranza nella vita di tutti i giorni. Inoltre chi è affetto da schizofrenia tende a poco a poco a perdere delle capacità nella vita quotidiana, quale quella di accudire se stessi, di curare l'igiene personale. E' una cosa che varia da tipo a tipo di schizofrenia, è massima nelle forme disorganizzate e minima nelle forme paranoidee. Mi riferisco alle capacità delle fasi intercritiche della malattia, non di quello che capita durante le crisi, che è uno stato di "incasinamento" davvero pressocchè totale.

Il disturbo bipolare anch'esso ha manifestazioni diverse e non ti sto a tediare sulle sue forme. Posso solo dirti che, di solito, è caratterizzato da alterazioni nell'umore di tipo ciclico, con alternanza di fasi depressive e fasi cosiddette "maniacali". L'entità di ciascuna di queste fasi dipende dal tipo di disturbo bipolare. Ma quello che può interessare te è che alcune persone nelle fasi maniacali presentano alterazioni dell'umore che non necessariamente è di tipo "euforico", ma può essere di tipo rabbioso (disforico), irritabile, con tendenza a reazioni anche violente per cose minime. Inoltre spesso sono presenti sintomi psicotici, soprattutto deliri persecutori, di grandezza, e a volte anche fenomeni di allucinazioni.

Il grosso problema è che tua sorella DEVE avere una diagnosi. Fare diagnosi è un compito obbligatorio per un medico. Se non ci sono elementi per poterla emettere, comunque dovrà essere fatta una diagnosi provvisoria o un orientamento diagnostico da valutare nel tempo. Questo perchè, comunque, sia lei che voi avete la necessità di sapere di cosa è affetta, come la si può curare, qual'è la storia della malattia, che rischi corre se non si cura e così via. Come per qualunque tipo di malattia, uguale! Dovete chiedere la presa in carico di vostra sorella da parte del centro di salute mentale (in queste cose le strutture pubbliche sono organizzate in modo più efficace per i pazienti psicotici), chiedere la diagnosi, chiedere colloqui anche in presenza della paziente (per motivi di privacy un medico non può parlare ai familiari senza il consenso del paziente), chiedere aiuto su come vi dovete concretamente comportare e così via.

Mi chiedi degli effetti collaterali di questo farmaco che a me capita di usare abbastanza spesso nei pazienti la cui attendibilità per l'assunzione delle medicine è compromessa dalla malattia.
Si tratta dell'Aloperidolo Decanoato, un vecchio antipsicotico che esiste anche in forma orale, in gocce e in pastiglie. Ora si tende ad usare farmaci di nuova generazione, ma nella mia esperienza mi sono accorta che in certi casi l'efficacia di questo farmaco è comunque molto maggiore (mi perdoneranno le case farmaceutiche, uso anche gli altri, ma nei casi più gravi non ho trovato che siano altrettanto efficaci...)
L'Aloperidolo, come buona parte dei vecchi antipsicotici, genera in alcune persone (non in tutte, bada bene) una sindrome che in alcuni aspetti ricalca il morbo di Parkinson: le persone hanno una certa rigidità muscolare, a volte presentano tremori ma questo è un evento raro, possono avere una certa difficoltà nell'articolare le parole (fa parte dei problemi motori che dà questo farmaco), possono avere alterate reazioni tendinee ai riflessi neurologici. I rischi più grandi li corrono i maschi giovani, in quanto hanno una massa muscolare più consistente. Vengono chiamati Effetti Collaterali ExtraPiramidali perchè interessano i sistemi motori semiautomatici che vengono "comandati" al di fuori del sistema Piramidale (sistema neurologico che comanda i movimenti totalmente volontari).
Questi effetti collaterali solitamente vengono corretti da alcuni farmaci che curano il morbo di Parkinson, in modo variabile da persona a persona.

Ci sono altri effetti, che sono tipici delle donne: capita che il farmaco blocchi il ciclo mestruale o lo renda irregolare e bizzarro, ma nella stragrande maggioranza dei casi questo non compromette la terapia. La compromette solo quando si verifica galatorrea (esce latte dal seno), ma è un'evenienza rara, e comunque questo succede anche con alcuni dei nuovi antipsicotici.

Se tua sorella è veramente affetta da schizofrenia, un trattamento con neurolettici le permetterà di avere crisi molto più distanti nel tempo e con una gravità molto inferiore. Spesso le crisi nei pazienti schizofrenici insorgono a distanza di qualche mese dopo che hanno sospeso le cure (o di propria volontà, o in seguito a un tentativo da parte del medico). La schizofrenia è una malattia cronica-recidivante. Si dice che ne guarisce uno su cento, ma molti si chiedono se quelle guarigioni siano vere, oppure se non si trattasse di psicosi temporanee scambiate per schizofrenia. Comunque con l'andare degli anni e con le cure di solito i pazienti seppure non accetteranno mai di essere malati, però in qualche modo si rassegnano a curarsi con le giustificazioni fra le più varie, e la vita accanto a loro diventa più tollerabile.

Nel caso di disturbo bipolare da un lato il discorso è più semplice, dall'altro più complesso. E' più semplice perchè i pazienti di solito sono persone molto acute e intelligenti, e a poco a poco si riesce a far capire loro che hanno una malattia vera e propria (oddio, ci vuole una pazienza infinita, ma si può fare!). E' più complesso il discorso della terapia, perchè dipende molto dal tipo di manifestazioni del disturbo. Intanto se le crisi hanno carattere psicotico durante le crisi vanno usati per forza i neurolettici, perchè la crisi va "spenta" a tutti i costi. Infatti queste persone possono avere comportamenti pericolosi o talmente sconvenienti da portare, una volta risolta la crisi, a vergognarsi talmente di se stessi da rischiare il suicidio. Nelle fasi intercritiche, e anche durante le crisi (insomma, sempre!) bisogna usare un farmaco stabilizzante dell'umore. Il più noto e il più efficace è senza dubbio il Litio, i sali del Litio. Però è un farmaco difficile, presenta alti rischi di tossicità, alla lunga può compromettere i reni (è il rischio più grosso), e a mio parere se non è proprio indispensabile è meglio tentare altre strade. Quelli che vengono molto usati sono alcuni farmaci nati come antiepilettici: i sali dell'Acido Valproico, la Carbamazepina, la Gabapentina sono alcuni di questi, i più usati. Inoltre alcuni degli antipsicotici nuovi, presi continuativamente, hanno dimostrato di avere un'azione protettiva sulle crisi maniacali.
Chi ha un disturbo bipolare inoltre deve evitare come la peste di usare antidepressivi nelle fasi di depressione, perchè gli antidepressivi, oltre a far "virare" il disturbo verso la forma maniacale, ne modificano il quadro incasinandolo, mischiando depressione e mania in una crisi di tipo misto difficilissima da curare, oppure rendendo una persona un "rapido ciclico", con uno stress per l'organismo e una ulteriore difficoltà di cure notevolissime. Ci sono altri strumenti per queste fasi. Però devo dire che dalle tue parole ho avuto l'impressione che tua sorella rientrasse più nelle forme di psicosi di tipo schizofrenico, sennò la presenza di crisi depressive non l'avresti omessa nel raccontarmi di lei.

Oddio, ora mi accorgo di aver fatto una specie di trattato.... Comunque, spero che quanto ti ho detto ti possa servire in qualche modo.

Ti abbraccio con affetto.

Ultima modifica di Ygramul : 27-02-2005 alle ore 17.30.47.
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Vecchio 27-02-2005, 21.38.24   #5
Naima
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Il trattato mi va benissimo, sono avida di informazioni. Le crisi depressive ci sono state. Mia sorella è sempre stata "originale". Ha sempre avuto un pessimo carattere. Non ha mai accettato la discussione, scappando sempre da qualsiasi situazione spiacevole per lei. Già a scuola scappava dall'aula durante le interrogazioni scagliando il cancellino della lavagna a terra. Ma le crisi più preoccupanti le ha avute in seguito alla morte di mio padre, nel 1991. Io avevo 16 anni lei 24. Io ho assistito alla scena perchè quella notte precedeva un esame a scuola. Mia sorella dormiva e fui io a svegliarla e a darle la notizia. Ebbe una crisi che non saprei definire, si irrigidì, rovesciando gli occhi all'indietro e svenne quasi ingoiando la lingua. Per fortuna c'erano ancora gli infermieri che dovevano portar via mio padre che la rianimarono. Non accettò mai questa perdita. Il suo rapporto con i fidanzati è sempre stato difficile, per colpa della sua dipendenza da loro e gelosia maniacale. E' sempre stata la gelosia irrazionale e immovata, anche nei miei confronti, a scatenare le sue crisi violente, fino all'ultima di sabato notte, la più grave che vi sia mai stata. Ebbe un lungo periodo di depressione, con assunzione di farmaci antidepressivi, anni fa, mi pare nel 93, quando il suo allora convivente la lasciò sempre per i soliti motivi. Ce la porto' a casa chiedendoci aiuto. Passò quasi un anno in forte depressione, sempre sotto farmaci. Poi si riprese e letteralmente rifiorì, ma era solo una ripresa momentanea. Non appena ricomincia una relazione, ricomincia il travaglio delle crisi di gelosia. Ogni tanto fa anche uso e forse abuso di alcolici che su di lei hanno un effetto devastante. Anche una quantità non eccessiva le fa molto male. Ho omesso di scirverti delle crisi depressive perchè in questo momento erano passate in secondo piano rispetto al resto. Ti ringrazio molto per le tue risposte.
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Vecchio 27-02-2005, 23.26.18   #6
gyta
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Re: Vivere coi malati di mente

Citazione:
Messaggio originale inviato da Naima
Quando queste persone diventano pericolose per se stesse e per gli altri, chi è loro vicino viene lasciato completamente solo.

In questo momento sono letteralmente disperata. Sarà sempre cosi'?
ho il terrore di questa condanna che mi porto. Mi vedo già chiusa in una casa.




Ciao, Naima.
In ciò che descrivi viene semplicemente chiaro
il caso di una persona che soffre, e molto :tua sorella;
ed il senso d'impotenza e di 'ingestibilità' : il tuo.
Nessuno ti obbliga al sentirti responsabile
della vita di tua sorella, poiché è la sua!
Se realmente c'è un interesse per la sua vita
scaturito da genuina volontà d'aiuto
dovresti -a mio avviso- accettare di essere transfer reale od irreale della sua rabbia senza metterti al posto suo, trattando da pari a pari,perché ogni esperienza di vita è assolutamente unica;
lei ha diritto di esprimere la sua rabbia, difendendo a suo modo la sua vita, tu di difendere esclusivamente la tua..
Se è l'affetto che più ti spinge e non la paura d'essere causa e vittima di della sua rabbia penso che buono, molto buono sarebbe che tu facessi due conti in tasca tua e in quella di tua sorella (e convivente-amici )per riuscire a racimolare i soldi per un percorso di psicanalisi classica, proponendolo a tua sorella, non come 'cura' a 'patologie' e/o pseudo o reali disfunzioni,
ma come possibilità di ricostruzione reale della sua vita,
per porre fine non alle sue 'paranoie' ma alla sua fortissima sofferenza!

E' l'affetto che ti spinge?
Dalle una possibilità di ricostruirsi la vita!

Questo te lo dice una persona che anni indietro è stata molto rabbiosa ed incazzata e dalla cui rabbia-energia è sorta una persona capace -pur con i suoi alti e bassi, che tutti noi umani abbiamo!- di relazionarsi col mondo e di costruirsi un presente.. !
I calmanti lasciali agli esaltati-nazisti non ai potenziali non-morti !!

Un abbraccio..!



P.S. :.Parlo di psicanalisi (la stessa cui spesso facciamo negli scritti riferimento
sia io che Fragola.. Non a pseudo-terapie di sorta.. !

Gyta
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Vecchio 28-02-2005, 07.31.00   #7
Naima
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Ha iniziato percorsi di psicanalisi già dopo il primo fallimento di convivenza. Dal 93 ad oggi ha cambiato diversi psicanalisti, l'ultimo dei quali è ancora, purtroppo, in contatto con lei. Continua a dirle che non ha bisogno di farmaci, che dobbiamo fare un percorso famigliare. Lui non c'era tutte le volte che mia sorella aveva le crisi. Non c'era sabato notte quando la guardavo scazzottare a mani nude le finestre, le porte, il vetro dell'autoambulanza, il viso completamente stravolto, abbruttito, la voce stridula, le frasi ripetute ossessivamente, il muro impenetrabile con chiunque le dicesse qualcosa, i calci, i pugni in faccia al suo compagno... percorso psicanalitico in queste condizioni credo non sia possibile. In futuro sarò completamente disponibile per un discorso di terapia famigliare, ma ora e sto tremando nello scriverlo e non ho mai smesso di tremare da sabato notte, credo si debba ristabilire la "chimica", poi andremo a guardare le cause "ancestrali" con più lucidità. Se ho l'ulcera, forse mi è venuta per la preoccupazione, ma ormai ho un buco nello stomaco e se non mi opero il buco non si richiuderà da solo. Quando sarò stata curata, andrò a cercare di modificare la mia vita per far si chel l'ulcera non torni. Grazie comunque, capisco anche il tuo punto di vista, era anche il mio fino a poco tempo fa.
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Vecchio 28-02-2005, 19.47.41   #8
gyta
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Dici che dal 93 ha avuto modo di iniziare il percorso psicanalitico ed invece l'ha continuamente interrotto cambiando psicanalista..
Scusa.. domandina..
E se tutto sto casino lo combinasse solo per restare sola..?
Mi auguro fortemente non ci siano figli.. in tal caso.. mi chiedo, il convivente chi lo obbliga a stare vicino in quelle condizioni..?
Forse realmente compie tutto quel casino perché non riesce a gestirsi il rapporto con te, né col suo convivente.. Perché non lasciarla sola.. ? Magari è ciò di cui ha bisogno.. Dicendole.. :'se hai bisogno di parlare con me chiamami, io ci sono, se davvero pensi si possa discutere insieme..'...

Essere obbligata a rendere conto in un certo senso con la presenza costante d'un convivente non è facile per chi è in confusione dentro e si sente in pericolo di libertà alla sola presenza di chiunque..

Cosa ne pensi..? Sono.. fuoristrada?
Ipotizziamo per un momento che i vari attacchi 'paranoici' siano da lei usati come unica dinamica di auto-difesa e possibilità di allontanare gli altri..

(p.s. Non sentirti però.. troppo responsabile, non serve ed invece di aiutarvi ad un eventuale incontro crea, a mio avviso, ancor più 'separazione'.. Soprattutto se ci riesci cerca di essere il più normale possibile con lei.. se sei frenata dalla paura per la tua incolumità è una battaglia già persa in partenza.. l'unica possibilità è che ti senta al suo pari, con i tuoi problemi, e non nei panni della crocerossina, accentuerebbe i suoi sensi di colpa e l'incapacità di gestire il rapporto.. Domanda..(mia): con nessun analista si è trovata a suo agio..?? Possibile?? Ma è stata da lei maturata tale scelta o l'ha sentita come imposizione?? Allora si comprenderebbe il perché..)

Sii forte e comprensiva.. purtroppo non puoi aiutarla diversamente che non ponenedoti come un'amica nei suoi confronti, esplicitamente non accettando i suoi attacchi ma nemmeno rispondendo a tono se non nella più assoluta sincerità d'animo, che prima o poi riuscirà a sentire..

Un abbraccio !!

(non aspettarti di vedere immediatamente un'apertura da parte sua.. non sono situazioni 'veloci'.. Sii te stessa ma sincera al cento per cento, questo lei sente, e se c'è una possibilità questa sarà frutto di reale incontro non di soccorso nel senso di ipotetico senso del dovere e similari..)



Gyta

Ultima modifica di gyta : 28-02-2005 alle ore 19.54.37.
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Vecchio 28-02-2005, 21.07.35   #9
Ygramul
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Capisco che sia difficile, a volte MOLTO difficile da accettare, ma la mente si ammala, e quando si ammala, spesso la situazione diventa molto grave.

Il cervello è un organo, anzi, direi che è L'ORGANO per eccellenza. E' un complicatissimo, raffinatissimo, straordinario organo che controlla tutto, dalle funzioni più banali a quelle più elevate. E' nel cervello che hanno sede sentimenti, emozioni, pensiero, intelletto, memoria; è lì che nascono i nostri comportamenti, le rabbie, le paure.

Non voglio con questo dire che non esiste l'anima. Voglio però fare una considerazione: se noi siamo esseri incarnati, questo vuol dire solo una cosa, ossia che l'anima può agire esclusivamente attraverso i processi incarnati, che nel caso delle funzioni che ho elencato sono legati al funzionamento chimico, biochimico, fisico e elettrico del nostro cervello.

Se tutto questo non funziona, la nostra anima è incapacitata ad esprimersi, e il sopravvento verrà preso dal malfunzionamento di questi processi. In parole povere: non siamo più noi.

Io ho fatto un percorso di psicologia analitica junghiana con uno psicanalista veramente straordinario, son stata sua paziente per cinque anni, e conosco il valore di questo tipo di psicoterapia. Ma nel caso di malfunzionamento del cervello, le psicoterapie si scontrano con limiti che possono essere invalicabili, perchè i processi biochimici ecc. sono le fondamenta, le basi del nostro essere umani. Una volta riequilibrati almeno in parte questi squilibri, si può fare anche la psicoterapia, che avrà comunque una grande utilità a patto che l'analista o lo psicoterapeuta sia UMILE e capace di riconoscere se stesso come umano e limitato.

Il mio essere in cura psicanalitica era l'essere in cura di una persona biologicamente sana (più o meno) che aveva conflitti ambientali, necessità di aiuto in un percorso di maturazione, alla quale era necessario scoprire il modo di fare i conti con i propri processi inconsci per poter diventare più consapevole per se stessa e per la propria vita privata e professionale. Ma quando ho avuto un episodio depressivo, ho cercato un farmacologo e mi sono fatta aiutare da lui, in pieno accordo col mio analista, il quale è una persona UMILE e come dicevo prima, pienamente consapevole del valore ma anche dei limiti della terapia psicanalitica.

La sorella di Naima presenta dei sintomi, purtroppo le malattie psichiatriche rendono le persone tutte uguali. Quale che sia la meravigliosa complessità e unicità dell'essere umano, quando i processi mentali si "guastano", la persona assomiglia a tutte le altre che hanno lo stesso "guasto", o anche "guasti" analoghi ma differenti. Leggendo la descrizione di Naima ho ritrovato gli elementi a me ben noti di tante persone, peraltro splendide, che purtroppo però durante le crisi sono così, con modalità più o meno violente ma sostanzialmente così.

Non si può lasciare quest'anima rinchiusa nella gabbia di una malattia solo per il puntiglio di non voler ammettere che anche il nostro cervello si può ammalare! Oltrettutto, proprio vista la sua complessità, non è a maggior ragione più facile che si ammali un organo complesso piuttosto che uno semplice?

Nessuno pensi di esserne esente. Sebbene le malattie più gravi si manifestino spesso precocemente nella vita, fino all'ultimo giorno della vita di ognuno di noi potrebbe succedere qualcosa che ci manda in tilt...
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Vecchio 28-02-2005, 21.21.15   #10
gyta
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Ho letto il tuo intervento Ygramul
e sono sempre del parere di tentare (!)
questo tipo di percorso sino all'ultimo
anche quando tutto sembra impossibile
a gestirsi senza ausilio di farmaci..

Ti abbraccio.. ! (mi spiace che i tuoi interventi
siano così sporadici.. anche se <comprendo> il perché..
da te esplicitato in una ex discussione..)






Gyta
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