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21-05-2008, 08.39.14 | #21 |
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Data registrazione: 02-02-2003
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Il vero crimine : la morte del pensiero(!)
In realtà il più grande fra i crimini è la morte dell'essere pensante:
non c'è male più deleterio per il genere umano e la convivenza umana! Infrangere le regole quando non si possiedono altri strumenti o per prendersi ciò che ci appartiene di diritto (le primarie necessità) non lo trovo certo un crimine come vogliono all'unanimità (superficiale) farci intendere! Tant'è che il rubare controllato delle imprese è legittimo! Se è lo stato a rubare nel nome del benessere del singolo è lecito. Se il singolo decide di rubare allo stato ciò che altrimenti non può ottenere allora è reato. La maggior parte delle leggi servono i concetti (astratti e ben congegnati) di <<interesse comune>> e non, badate, il comune interesse! E chi vuole davvero il comune interesse deve lavorare a piè spinto contro il potere-monopolio! Non mi serve, personalmente, conoscere i giochi di economia per verificare che le falle esistono davvero e sono macroscopiche, mi basta osservare e ragionare, e se due più due fa sempre due quello che manca qualcuno se l'è preso e se non sono io e non sei tu poco mi frega se di quei mancanti due ce ne promettono sedici tra vent'anni per il bene comune quando ci toccherà rincorrerli per benino attraverso gli strani giri attorno al mondo quando il discorso da secoli si ripropone sempre uguale a se stesso e la ricchezza continua a circolare sempre nei soliti posti! Bersi questo si chiama essere idioti! L'hanno capito tutti! Ma il male più grande è il virus della vergogna di non possedere sufficiente denaro come se fosse una colpa di non l'ha e non una truffa di chi lo possiede rubandolo con sofismo all'altro(!) E questo virus fa sì che nessuno riesca ad organizzarsi in massa e s'in***** (incollerisca) sul serio e si prenda ciò che gli spetta ora e subito, se non proprio quando ormai è preso alla gola! Allora diciamolo l'unico vero male è l'abitudine a non pensiero, l'atrofia al pensare sul serio, e pensare è un'attività creativa individuale che attraverso la condivisione e l'empatia (chiamala anche solidarietà obbligata!) forgia il sociale(!) Hannah Arendt, e ne parlammo Nexus(!), dipingeva come nei regimi totalitari -e la sua analisi si distanzia a dire il vero da poco da altri "regimi democratici"- gli individui fossero come piccoli insignificanti ingranaggi di una macchina gigante, isolati nella loro solitudine, indistinguibili gli uni dagli altri, ognuno dentro il proprio isolamento: l'<<uomo massa>> <<un uomo senza qualità né coscienza morale che era adattabile ad ogni evenienza, capace di uccidere come di portare a spasso il cane>> << un agente passivo, è in grado di compiere qualsiasi atto in quanto nessun valore o principio aprioristico è in grado di indirizzare il suo comportamento. Di fronte al giudice che lo accusava dello sterminio degli ebrei, Eichmann sostenne che non aveva fatto altro che obbedire agli ordini. Ad Eichmann mancò quello che lei chiama "lo spazio pubblico", cioè lo spazio per giudicare quello che avviene. Lo spazio pubblico non è un bene garantito per sempre. Non è un bene stabile e acquisito. Mancando di questo, tutta la vita di Eichmann è un esempio di impossibilità di esprimere un giudizio. E' la singolarità, che si mostra come tale, che permette che vi sia uno spazio pubblico. Ora Eichmann è esattamente l'esempio di una vita che non ha mai raggiunto la singolarità. Ed infatti la sua è una esistenza impostata nell'obbedienza agli ingranaggi burocratici di potere, qualsiasi essi siano. Dunque il suo non è un vero agire, ma una ripetizione degli ordini ricevuti. La sua incapacità di arrivare ad una sua singolarità si manifesta anche nel linguaggio adoperato. E' un linguaggio "burocratico", intessuto di luoghi comuni, con frasi fatte. Sono queste le radici del male. Si tratta di un male molto quotidiano. Abituale quanto i nostri luoghi comuni. Le frasi fatte sono infatti modi di sottrarsi alla realtà. Cioè al dire no agli avvenimenti. Il male è l'assenza, il rifiuto del pensiero. Pensare è infatti dialogare con se stessi, cioè porsi di fronte alla scelta fra il giusto e l'ingiusto, il bello e il brutto. Chi pensa, si dissocia, si allontana: anche senza far nulla, dissente e apre lo spazio al giudizio. Il pensiero è l'unico antidoto contro la massificazione e il conformismo che sono le forme moderne della barbarie.>> Così ha sintetizzato Ernesto Riva sul centrale pensiero di Hannah Arendt http://www.filosofiaedintorni.net/arendt.htm http://www.filosofico.net/arendt.htm Gyta |
21-05-2008, 15.00.54 | #23 | |
Ospite
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Messaggi: 25
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Riferimento: I "criminali": chi sono, cosa rappresentano, come trattarli
Citazione:
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21-05-2008, 21.01.15 | #24 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-06-2005
Messaggi: 697
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Riferimento: I "criminali": chi sono, cosa rappresentano, come trattarli
Citazione:
No Zanna. Sono assolutamente d'accodo che sia necessario guardare in faccia i problemi anzi andarci proprio dentro, sviscerali per risolverli, se no non si risolvono mai e l'evitamento non porta da nessuna parte. E noi tutti abbiamo il diritto/dovere di aspirare ad una società sanata dal male. Questo non significa che CONTEMPORANEAMENTE non si debbano proteggere, ripeto, bambini, donne, cittadini dalle devianze altrui, se no le ferite si moltiplicano e sempre di più saranno di devianti. E' stato dimostrato per esempio che dietro alla violenza sessuale c'è molto spesso un abuso sessuale subito nell'infanzia. Dobbiamo lasciar liberamente perpetrare violenze ai recidivi? Posso aver tutta la mia compassione per loro, ascoltarli, organizzare terapie di gruppo, ma non vorrei mai che mettessero le mani addosso ai miei figli, come mi fa male il pensiero che i miei figli siano stati probabilmente bersagli di propaganda pornografica ed altro. Il crimine più grande tuttavia è quello di criminalizzare gruppi innocenti della popolazione lasciando il grande crimine impunito. |
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22-05-2008, 00.38.35 | #25 | |
Ospite
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Messaggi: 25
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Riferimento: I "criminali": chi sono, cosa rappresentano, come trattarli
Citazione:
sono daccordo poi per quello che dici riguardo ai pedofili però secondo me bisognerebbe evitare che chi commette un reato diciamoo così minore finisca in cella con gli uomini di una famiglia questo di certo non riporterà il pccolo delinquente alla legalità ci vorrebbe almeno per quanto riguarda quelli che commettono dei reati che nn sono pericolo diretto per la societa un programma di reinserimento(che in piccola parte piccolissima parte talcvolta già cè) |
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09-08-2014, 19.28.28 | #26 |
Nuovo ospite
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Riferimento: I "criminali": chi sono, cosa rappresentano, come trattarli
Ecco un altro topic che rispolvero partendo da questa richiesta di Nexus:
"perché ci pare strettamente necessario il trattamento autoritario e punitivo?" La prima risposta che mi scappa è "perché è più comodo". In generale sono dell'opinione che il "male" e quindi la "criminalità", sia radicato nei rapporti di potere delle società, sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Perversamente, il potere, una volta individuato colui che utilizza la violenza senza essere fra i "violenti legalmente autorizzati", lo colpisce e lo identifica come "reietto". In questo modo si raggiungono diversi obiettivi: si crea una popolazione criminogena che permette ai buoni di considerarsi tali, si concentra l'azione di repressione su una parte di popolazione connotata sociologicamente, tollerando la commissione di altri tipi di crimini (quelli della white collar society, per intenderci). La seconda risposta è "per tradizione". Lo schema punitivo e autoritario proviene da una tradizione storica antichissima, basti pensare a tanti passi della bibbia, dove la punizione ed anche lo sterminio dei malvagi è considerato assolutamente un fatto buono (per non tornare tanto indietro, San Bernardo nel medioevo parlava di malicidio "buono", da non confondere con l'omicidio "cattivo"). La terza risposta è "per pragmatismo". Una volta che le popolazioni criminogene si sono strutturate non è così facile intervenire. Spesso quegli strati di popolazione comprendono solo la strategia del "bastone e della carota", del peccato che è tale solo se viene scoperto. A livello operativo con queste persone è difficile indagare sul proprio sé, fornire l'empowerment individuale o fare terapie di gruppo. E' molto più efficace un percorso primitivamente pavloviano di azione-risposta. Insomma per agire in modo diverso e creativo rispetto alla criminalità bisognerebbe modificare in profondità la struttura sociale ipocrita in cui viviamo e sollecitare una rivoluzione morale che modifichi anche il nostro modo di interagire con gli altri e di sentirci "CIVILMENTE" parte di una unione fondata sul rispetto e sulla solidarietà (reale). |