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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
30-01-2006, 17.55.46 | #2 |
Moderatore
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ciao Heraclitus benvenuto in questo forum
condivido a pieno quello che scrivi, se per assurdo la prova ontologica fosse valida, allora esisterebbe qualsiasi cosa, infatti potrei descrivere una situazione (o oggetto) qualiasi e aggiungere in fondo alla descrizione "e che esiste". tipo "la situazione (o oggetto) tale che .... e che esiste". comunque se ti interessa la filosofia della religione discussa e argomentata con rigore devi assolutamente comprare 'Filosofia della religione. La prospettiva analitica' di Christopher Hughes (vedi: http://www.laterza.it/libri/scheda_l...n=88420757 28). Oltre a parlare delle varie prove dell'esistenza di dio, si discutono anche quelle contro la sua esistenza (e molto altro). epicurus |
31-01-2006, 16.20.58 | #6 | |
Moderatore
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Citazione:
ciao oizirbaf, provo a risponderti "x+1" è una funzione che racchiude in sè la descrizione di una funzione infinita, e allora come facciamo con una sola formula mantenere l'infinito? il problema scompare quando demitizziamo il processo secondo al quale le nostre parole (e descrizioni) si riferiscono al mondo. quindi noi possiamo usare la parola semplice "Dio" ma non racchiudiamo alcunché, semplicemente ci riferiamo ad un determinato oggetto (finito o infinito che sia). possedere un concetto incomprensibile è chiaramente una tesi assurda epicurus |
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01-02-2006, 00.02.55 | #7 | |
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Cartesio
Citazione:
Cartesio riprese, nelle Meditationes de prima philosophiae (1641) la prova ontologica di Anselmo, non modificandola, ma accentuandone la caratterizzazione morale (posto che il termine "majus" in latino possiede il doppio significato di "più esteso" e "più grande"). In realtà non la stravolse affatto, poichè il percorso logico della dimostrazione di Anselmo conduce di fatto all'attribuzione del predicato dell'esistenza all'ente perfettissimo in questione. Lo sviluppo che ne fa Anselmo, infatti, è il seguente: non potendo tale ente essere abbracciato in un giudizio sintetico, e quindi ricondotto ad un concetto, deve comunque essere "componibile" di tutti i giudizi analitici che possono essergli ascritti. Ora, questi giudizi analitici, i quali dichiarano ogni attribuzione che possa essere ad esso riferita (egli li definiva "predicati", con termine aristotelico - il termine "attributo" è scolastico, quello di "determinazioni" è idealistico trascendentale), come possono essere enumerati? Il punto è che, trattandosi di ciò di cui nulla può essere concepito come maggiore, non è necessario affatto enumerare i predicati: risulta, infatti, sufficiente dedurre, apoditticamente, che tali predicati sono infiniti. Ora, poichè l'esistenza è essa stessa un predicato, ne consegue che tale ente la deve possedere. E tanto bastò al buon Anselmo e piacque a Spinoza, Hobbes e Cartesio, e tanti altri... Come vedi, epicurus, la prova ontologica non può essere applicata ad alcun ente finito, drago, calesse o Paperino! Può essere applicata soltanto a tale ente "inconcepito". La contestazione di Kant, che la mandò in soffitta, la ridusse ad una circolarità inconsistente, "decostruendone" un aspetto che inavvertitamente Anselmo, ma anche tutti gli altri succitati, avevano ammesso come ovvio, mentre ovvio non era. Ossia il fatto che, in poche parole, nessun giudizio sintetico può essere "costruito" concettualmente sulla composizione, quale che essa sia, di un insieme di giudizi analitici. L'intera Critica della Ragion Pura è un edificio che conduce a dimostrare che i giudizi sintetici sono possibili solo "a posteriori", ossia sul fondamento dell'estetica trascendentale. Se un giudizio sintetico fosse formulabile per composizione di giudizi analitici, i quali possono essere "a priori", altrettanto potrebbe esser affermato di un giudizio sintetico: il quale potrebbe essere, parimenti, "a priori". La conseguenza di tutto ciò ( e non la premessa, come molti, superficialmente, interpretano!) è che: la determinazione dell' "esistenza" può essere solo sintetica (mediata, insomma, dall'esperienza) e non analitica (ossia per pura "intuizione intellettuale"). Ciao a voi tutti! Ultima modifica di Weyl : 01-02-2006 alle ore 00.06.08. |
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01-02-2006, 10.54.39 | #8 |
Moderatore
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Re: Cartesio
se in Anselmo si parla di "essere piú grande" (o per esser precisi: che non ve ne sono altri piú grandi) allora potrei dire: "ok, l'essere piú grande esiste di certo, é la somma di tutto quello che esiste, ma ció fa precipitare il teismo nel panteismo, e quindi all'ateismo (come sostengo nel topic sul panteismo). (mi sembra che anselmo parlasse chiaramente di estensione).
Cartesio riporta il discorso non sull'estensione ma sul mandare all'infinito tutti gli attributi. ma come tu dici giustamente, da soli giudizi analitici non si può dedurre nessuna esistenza (sintetica). inoltre qualcuno potrebbe - giustamente - obiettare che l'esistenza non fa parte di un essere perfetto... epicurus |
01-02-2006, 13.30.13 | #9 |
Sii cio' che Sei....
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Anselmo sostiene semplicemente che Dio e' impensabile, come il Brahman Nirguna e' privo di ogni attributo nell'Advaita Vedanta.
Siccome la mente per funzionare deve per forza rendere un "oggetto" il pensato, cio' che non puo' essere pensato deve per forza esistere oltre l'intelletto, a meno che non pensiamo che cia sia il nulla. Ma il nulla e' un "oggetto", un concetto della mente. Dio non puo' essere pensato. Se e' pensato rimaniamo in una Ontologia della Mente. E' per questo che Eckart nelle sue prediche diceva "Prego Dio perche' mi liberi da Dio". Anselmo era indubbiamente un Mistico |
01-02-2006, 14.24.47 | #10 |
Ospite abituale
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Un po' di storia
Le speculazioni filosofiche posteriori hanno cercato di mettere ordine in questa confusione e – almeno da parte della teologia ufficiale – ci si è avvicinati sempre più all’idea di dio come di un concetto astratto di sommo bene e di perfezione assoluta, di cui, tuttavia, si afferma l’esistenza reale.
Il merito di tale affermazione spetta ad Anselmo d’Aosta (1033 - 1109), arcivescovo di Canterbury, una delle figure più eminenti della prima scolastica. Espresso nel modo più succinto l’argomento ontologico di Anselmo si riduce a questo ragionamento: - noi possiamo mentalmente concepire un essere perfettissimo di cui non si possa pensare nulla di maggiore (quo nihil maius cogitar potest); ma se ammettiamo questo, dobbiamo anche ammettere che questo ente esista, poiché in caso contrario gli mancherebbe l’attributo dell’esistenza, quindi non sarebbe perfettissimo. Già il monaco Gaunilone, contemporaneo di Anselmo, ne confutò l’argomento ontologico, obiettando che l’esistenza non è un attributo e che con lo stesso sofisma si potrebbe affermare l’esistenza reale, per esempio, di un’isola meravigliosa, sede di tutte le delizie, in mezzo all’oceano. Preso qui (terzo post dall'alto) |