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17-08-2013, 23.31.38 | #22 | |
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Riferimento: Leggi di Natura non solo come generalizzazioni:
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Ultima modifica di and1972rea : 18-08-2013 alle ore 16.44.49. |
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18-08-2013, 18.48.00 | #23 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: Leggi di Natura non solo come generalizzazioni:
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D'altra parte ricordo che l'assoluto ed il perfetto non sono di questo mondo...e nessuno che sappia un po' di vision scientifica parla di leggi infrangibili...del creato...che poi il "creato" manco esiste! Esiste un universo o multiverso man mano strutturato dalla forza di gravità. In realtà la legge di gravità è una delle quattro leggi fondamentali dell'universo! Newton la definì "universale" quando scoprì che essa agiva non solo sulla terra, ed anche non solo nel sistema solare, ma in tutto l'universo. La forza di gravità ha strutturato l'universo dalle origini interponendosi e scavando solchi via via più larghi e profondi nelle grande zuppa di particelle scaturita dal big-bang....fino a separare nebulose e galassie e lo mantiene evolutivamente funzionale nell'equilibrio delle masse in orbita a contrasto della forza centrifuga. La forza di gravità... pur debolissima in relazione alle altre forze...si fa enorme in relazione alla grandi masse dei pianeti e, tanto più, delle stelle, arrivando ad incurvare il tessuto dello spazio-tempo. I buchi neri, che sarebbero enormi concentrazioni di masse, sono affetti da una forza di gravità tale...da impedire la fuga della luce...e perciò stesso detti "buchi neri"! Quindi mi chiedo e chiedo perché mai la forza di gravita non dovrebbe agire in conformità, appunto, alla legge di gravitazione universale elaborata da Newton...universale, appunto perché agisce in tutto l'universo. Citazione:
Lo scopo della scienza è quello di elaborare teorie, leggi ed enunciati che sempre più interpretino e si adeguino alle situazioni e funzionalità fenomeniche dell'universo...e, per lo più, la congruenza è verificata...se non perfettamente... almeno "prevalentemente" per ciò che, nel contingente, sia necessario e sufficiente. Nessuno pretende il "perfettamente"...che del resto sarebbe anche inutile e antieconomico ...per ora. Esempi oramai banalmente ovvi, ma eclatanti, sono rappresentati dagli algoritmi della meteorologia...che oramai, con alta probabilità, colpiscono nel segno! Oppure ricordo il lancio dei satelliti in orbita ...con calcoli riferiti alle formule gravitazionali di Newton...come lo furono, del resto, quelli che portarono alla conquista delle luna. E mi pare che le risultanze abbiano avuto ed abbiano successo. Certo che, per viaggi interstellari, bisognerebbe ricorrere alla relatività di Einstein...ove, però, sempre, è anche implicata la forza di gravità. Citazione:
Per la nostra scienza è quello che percepiamo dai grandi telescopi elettronici che esplorano fino ai 13,7 miliardi di anni luce da che l'universo è emerso. |
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19-08-2013, 10.31.56 | #24 |
Ospite abituale
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Invece io sommessamente ricordo che non potremmo nemmeno fare questa discussione, in questo modo, se qualcuno non avesse creduto fermamente all'universalita' delle leggi fisiche e alle regolarita' della natura. Sarebbe un miracolo se tutto funzionasse solo in base alla nostra fantasia o in base ad un "nostro" ed esclusivo modo di vedere la realta'.
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19-08-2013, 20.28.46 | #25 | |
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Il fatto che funziona, ma talvolta non funziona. Qualcuno ha detto che l'universo va a tentativi ed errori, verissimo, c'è qualcuno che ha formato l'ammonite, (pensando speriamo che funziona), una specie di chiocciola primordiale, però dritta, poi ha pensato: cavolo, se la attorciglio su se stessa ha un guscio più forte e resiste di più ai predatori. Poi le ha tolto il guscio e ne ha fatto un pesce, un serpente e roba simile. Insomma l'ammonite non funzionava più. Però funzionava qualcos'altro. le leggi di natura sono quelle astratte, matematiche e fisiche, ma nella fantasia la Natura è come noi, si inventa le cose, per cui le cambia. Voglio dire che siamo noi a stabilire le leggi di natura... non la natura... |
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20-08-2013, 08.22.06 | #26 | |
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Oppure una deduzione che vale universalmente rispetto ad un dato fenomeno Gli esempi citati non possono essere leggi, poiché nulla vieta che in futuro si possa costruire una superficie di 2000km in platino (a patto ovviamente che la terra disponga di una tale quantità di platino, ma anche in caso negativo si tratterebbe di una constatazione e non di una legge); e il fatto che nessuna famiglia veronese ha in camera da letto un elefante, non implica che sia impossibile che tale fatto si verifichi. Non vieta cioè che in futuro una ipotetica “famiglia Strambolon” costruisca una camera da letto in grado di contenere un elefante e che trovi il modo di introdurvelo Ultima modifica di CVC : 20-08-2013 alle ore 14.52.43. |
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20-08-2013, 21.33.31 | #27 | |
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21-08-2013, 14.29.19 | #28 | |||
Ospite abituale
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Comunque,l’evolvere dell’universo non può sbagliare dato che non persegue alcun progetto, finalità o scopo: l’universo è un tutt’uno con le leggi che lo regolano…e che noi, supponiamo, solo in parte, conosciamo. Qualunque fenomeno avvenga con eventuali modifiche di stato, esplosioni o sconquassi... tutto è sempre parte costituente l’universo...nel micro o nel macro che sia. Se mai siamo noi che possiamo sbagliare (o essere approssimati) nel continuo tentativo (Try and Error) di elaborare leggi interpretative sempre più congruenti con la realtà dell’universo! Invero, quella di una grande teoria o legge interpretante uno o determinati fenomeni universali, è spesso una operazione con strategie di avvicinamento per approssimazioni successive in un lungo cammino di 10, 100 o migliaia di anni… e si tratta sempre di salire sulle spalle di giganti…come disse Newton …per vedere sempre più lontano. Lui per arrivare alla gravitazione universale era salito sulle spalle di giganti quali Galileo, Keplero…e, prima, Copernico... che, a su volta, aveva attinto dai cosmologi e filosofi greci. Poi fu la volta di Einstein a salire sulle spalle di Newton, Maxwell, ecc…per darci la relatività…oggi ampiamente valida, per quanto, suppongo, sarà superata...fra 10 o 100 anni da un’altra teoria più efficace! In tal modo, si può dire che sia strutturato il sapere scientifico… come una sorta di matrioska: Ogni più recente teoria sempre più efficace nell’ interpretare l’universo contiene in sé la precedente... pur modificata ed ampliata. Citazione:
L'universo non si auto inventa così a caso...e questione di campi di forza, energia e materia disponibile, di azione e reazione, di eventi fisici ed energetici, ecc... Diciamo che le leggi che elaboriamo per l'universo le intndiamo deterministiche ...e lo sono anche, ma ciò non impedisce all’universo di mutare ed evolvere. Facciamo, infatti, il caso di una stella esausta: essa, magari, ed è legge universale, scoppia in supernova, invade lo spazio ed i corpi circostanti e... sparisce collassata e disfatta! Ne consegue che tutto l’equilibrio di forze che si era formato in quella enorme zona viene scombussolato e deve, in qualche modo, ricostituirsi. L'universo, infatti, non è statico: proprio per i fenomeni del tipo accennato , esso evolve a cercare e formare continuamente nuovi equilibri per le forze che vi interagiscono...e non è che interagiscono a caso...come capita... capita...nel caos! Le interazioni perseguono le leggi fisiche che le regolano...secondo i caratteri di ciascun campo di forze...pur con certi margini di libertà: non tutto, infatti è perfetto e rigoroso…senza contare l’indeterminazione quantistica. Ho esposto in altro post la metafora dell'uomo che porta a spasso il cane al guinzaglio: cosa che giustifica l'indeterminismo conseguente alla funzione d’onda di ogni particella... pur con leggi fisiche deterministiche. Citazione:
Forse ti è sfuggito che sembra tu voglia dire che noi elaboriamo le leggi dell’universo e poi l'universo stesso le assume come proprie e ci funziona pure: l’ universo che funzionerebbe in emulazione alle leggi da noi elaborate! Sarebbe’ un rovesciamento dei termini: non ti parrebbe un po’ pazzesco!? In realtà l'universo persegue il suo evolvere secondo i suoi propri peculiari modi che noi cerchiamo di intravedere e interpretare attraverso la osservazione dei fenomeni che si manifestano o che interpretiamo attraverso la strumentazione. Fenomeni che noi anche riproduciamo artificialmente, sperimentiamo ed esplichiamo matematicamente... elaborando teorie, leggi ed enunciati...che la sperimentazione diffusa, il calcolo, la capacità predittiva del trovato, il controllo incrociato, ecc… garantiscono essere congruenti col reale funzionare dell'universo…nel macro o nel micro che sia: una teoria/legge è universale quando emula in tutto o in parte il reale funzionare fenomenico dell'universo! Eppure, sappiamo, nonostante il “metodo” applicato, il rigore e tutte le precauzioni che ricercatori e scienziati mettono in atto, che l’universo, per conto suo evolve, oppure che ulteriori approfondimenti appaiono possibili e necessari…per cui anche il nostro sapere evolve. Ne consegue che di solito, una legge fisica resiste un certo tempo, anche lungo, ma sempre è superata da altra più efficace od onnicomprensiva: ovviamente questo fatto non costituisce perdita, ma vantaggio: significa che il sapere scientifico e capace di autocorrezione e che si amplia oggettivamente e concretamente sempre di più. P.S.: Noto che il voler distinguere nell’immediato una legge fisica universale dal semplice assiemaggio sia pure organizzato, di fenomeni o eventi che consideriamo similari, è abbastanza problematico. Spesso la raccolta sistematica di dati che possono preludere per induzione alla elaborazione di una teoria fisica...di una legge, ecc……possono effettivamente portare ad una teoria/legge universale, ma spesso, falliscono o restano alla stadio probabilistico….oppure, se sembra il caso, restano disponibili per ulteriori ricerche da effetuare in una seconda fase. L’ideale, oltre la raccolta dei dati e relativa organizzazione e classificazione, sarebbe individuare il principio fisico che ne determina la funzionalità o impossibilità funzionale... che giustificherebbe la validità universale. In proposito ho già citato, in altro post, il caso dell’uranio che non può essere accumulato oltre certi limiti: una palla di oltre 15 metri di diametro, infatti, esploderebbe inesorabilmente per reazione nucleare. Quindi il non poter costruire palle di uranio di oltre 15 metri è legge universale! Oppure si può ricordare la scoperta del DNA per il quale Watson e Krick, individuarono la doppia elica e interpretarono il significato delle quattro basi che, in specifiche e peculiari successioni, esprimono, come fosse un sistema di scrittura con 4 lettere (le quattro basi) il codice (DNA) caratteristico di ciascun individuo. |
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26-08-2013, 16.43.41 | #29 |
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Riferimento: Leggi di Natura non solo come generalizzazioni:
E’ proprio dalla riflessione dei Milesii che scaturisce il concetto di legge della natura, che è il cardine della razionalità scientifica occidentale fino all’epoca moderna. Perciò è interessante indagare, con qualche esercizio filologico e filosofico, la storia, anzi: la preistoria di questo concetto.
L’idea di un ordine universale era tuttavia già comparsa con Esiodo, che nella Teogonia narra di un chaos che diviene kosmos per intervento divino; ma questo racconto non è altro che la replica cosmogonica del mito della sovranità, quell’ordine è ancora quello monarchico imposto per l’arbitrio di un dio, non gli sono ancora attribuite autodeterminazione e immanenza. D’altronde la cosmologia e la fisica dei sapienti di Mileto sono ancora tributarie della mitologia esiodea, c’è molta somiglianza tra il chaos e l’apeiron di Anassimandro, ambedue sono stati di indistinzione e ambedue partoriscono il mondo attraverso un processo di separazione e individuazione di opposti. Ma un concetto nuovo si presenta alla riflessione, una parola che non appartiene al vocabolario mitologico e su cui è incardinata tutta la loro riflessione sulla natura: arché. Una parola ambivalente. Possiamo tradurla con origine e principio. E poiché traduciamo dal greco con l’intermediazione del latino, ricordiamo che origo deriva da orior, parola che designa il sorgere dell’astro nel cielo, che dunque ha il significato di un’apparizione, di un inizio illuminante: un principium, appunto; principium è infatti l’inizio di una serie causale, come l’astro nascente che trascorrerà il suo itinerario celeste, però è anche la condizione della serie causale, la sua propria possibilità d’esistenza. In questo senso arché fu usata per la prima volta da Anassimandro. Sono poche, comprensibilmente, le testimonianze su Anassimandro che ci sono giunte e, soprattutto, scarsi e confusi i frammenti presumibilmente originari delle sue parole, ma sufficienti per farci comprendere che con lui si verifica una straordinaria innovazione teoretica. Ecco alcune parole che riporta Aristotele: …..l’apeiron (l’illimitato, cioè l’arché di Anassimandro) comprende in sé tutte le cose e tutte le cose governa… Panta kybernan: tutte le cose, il cosmo, l’arché governa. Ovvero che lo fonda e ne è il fondamento, che ne è l’origine e il destino. Un altro frammento anassimandreo ci consente di specificare il concetto (stavolta a riportarle è Simplicio): là donde le cose hanno il loro sorgere, si svolge anche il loro venir meno, secondo la necessità; esse si rendono a vicenda riparazione e giustizia (Dike) per la colpa (adikia) che hanno commesso, secondo il tempo stabilito A causa della sua enigmaticità questo frammento è stato oggetto di numerose e controverse interpretazioni filologiche e filosofiche, tra cui quelle celebri di Nietzsche e Heidegger; ma intanto è certo che c’è nel cosmo una necessità che l’archè impone. La necessità si oppone a Tiche, parola che noi tradurremmo – forse un po’ troppo sbrigativamente - con “fortuna”, “caso”: sarebbe l’accidentale che potrebbe irrompere nel reale se l’arché, in quanto principio e norma, non glielo impedisse, perché impone il necessario ordine delle cose, del loro divenire. Tuttavia la rilevanza del frammento si basa soprattutto sulla coppia antinomica che enuncia: Dike/adikia, poiché introduce una dimensione che potremmo definire giuridica, sia pure dentro l’ancor presente contesto semantico del mito. Ci attesta che il kosmos di Anassimandro comincia ad essere ordinato da una isonomia, un equilibrio dinamico, fatto di opposizioni e conflitti, eppure sottomesso ad una regola di giustizia compensativa, espressa dalla divinità di Dike, dea della giustizia, Per Nietzsche, a ragione, la teoria fisica di Anassimandro non è altro che un antropomorfismo etico; tuttavia ciò non inficia il fatto che tale antropomorfismo ponga le fondamenta della futura struttura teoretica della scienza. Se furono fondamenta solide è oggi questione filosofica controversa, basti pensare al percorso che conduce dal relativismo popperiano allo scetticismo di Feyerabend, ma qui interessa la preistoria della scienza, non il suo futuro né le controversie sul suo statuto epistemico. Il ruolo di Dike come regola immanente dell’ordine cosmico è dimostrato anche da un altro frammento presocratrico, di Eraclito: “Elios (il sole) non oltrepasserà le sue misure; altrimenti le Erinni, inviate di Dike, lo richiameranno” Perché proprio a Dike il compito di reggere l’ordine cosmico? Intanto Dike è figlia di Themis, che nella cosmogonia greca esprime la primordiale potenza della legge divina. C’è però un altro elemento che la filologia ci offre: più d’uno studioso del mito, estenuandosi nella sua labirintica genealogia, ha ravvisato l’identità o quanto meno la contiguità tra Demeter, la madre terra, e Dike. Una prova sarebbe proprio il frammento di Eraclito, in cui le Erinni, in origine divinità infere e quindi collegate al mito di Demeter e Persefone, divengono inviate di Dike. Ma l’epiteto più frequente di Demeter è Thesmophores: “colei che stabilisce la legge”, poiché i thesmoi sono le norme legali. Una legge immanente alla natura è dunque ciò che compare nel pensiero dei sapienti greci; eppure c’è ancora un passo ulteriore da compiere: esprimere l’immanenza , cioè enunciare la legge nel linguaggio degli uomini. Un problema arduo, un nodo intricato e controverso dell’epistemologia, tant’è che è ancora dibattuto e declinato in vari modi dalle diverse correnti filosofiche. Per quanto ci riguarda due sono i riferimenti: Parmenide ed Eraclito. Nella tradizione filosofica questi due sapienti sono contrapposti, l’uno come filosofo dell’Essere e l’altro come filosofo del Divenire. Quanto sia valida questa divergenza è discutibile, comunque almeno in un punto c’è invece convergenza, perché ambedue – sia pure in modi diversi – riconoscono l’esistenza di una legge immanente e la sua enunciabilità. Il frammento 5 di Parmenide recita: ….poiché lo stesso è pensare ed essere…. Affermare che il pensiero e l’essere sono la stessa cosa significa che vi è una sostanziale identità tra ciò che è reale e ciò che è intellettuale: una corrispondenza in cui pensiero e mondo si riflettono reciprocamente, per cui attraverso il primo si può giungere a comprendere il secondo. Tuttavia questa comprensione deve esprimersi nel linguaggio, altrimenti il mondo è indicibile e la comprensione può solo essere intuizione mistica; è anche questa una possibile via della conoscenza ma, ovviamente, non è quella che avrebbe portato alla scienza. In Eraclito che il linguaggio possa esprimere la legalità della natura è esplicitamente dichiarato: questa mia dottrina, benché verità eterna, gli uomini non la intendono mai, né prima di averla udita né dopo averla udita; e sebbene tutto avvenga secondo tale dottrina, che è la legge del mondo, ne sembrano inesperti…. “Dottrina”, termine con cui è stata tradotta la parola greca logos. Su queste parola s’è esercitata una indagine filosofica e filologica meticolosa, perché ha avuto il destino di significare il concetto cardinale del linguaggio scientifico. In origine il suo senso era polivalente: “parola”, “discorso”, “racconto”….ma proprio con Eraclito subisce una svolta semantica. Nel frammento eracliteo logos indica, concretamente, il suo discorso; eppure contemporaneamente viene a significare verità eterna, legge del mondo; dunque possibilità di enunciare attraverso il linguaggio la legalità del reale. Ecco, il passo è compiuto, ora la scienza avrà a disposizione il concetto di legge fisica; certo se ne sta lì usato in modi metafisici invece che scientifici, intrappolato in una logica ancora primitiva, privo – a causa del fallimento pitagorico – di una base matematica; tuttavia, come un seme che attende il mutamento della stagione per crescere e trasformarsi in fiore, è pronto per essere accolto dal paradigma della scienza moderna. Con questa altra presuntuosa autocitazione concludo un argomento. Intendiamoci: alla formazione di un'idea di legalità della natura contribuiscono anche altri fattori, come la sdivinizzazione del mondo, l'incontro tra episteme e techne del '600, ecc. Ma resta il fatto che è un'idea: non esistono leggi naturali nel mondo, esistono nella nostra testa; è un'idea che nasce col senso comune, col riconoscimento di regolarità, invarianze, ciclicità, e poi si specializza con la filosofia e la scienza. Ma...ma il fatto è che queste leggi sembrano davvero esserci, funzionano. Come mai? Prendiamo dei sassi e formiamo dei gruppetti con quantità progressive; poi diamo loro un nome: 1, 2, 3, 4...n; poi diamo lo stesso nome a gruppetti di ghiande, di mattoni, ecc; ebbene, 1,2,3,4,n non esistono, esistono solo gruppetti di qualcosa, però noi pensiamo e ci accorgiamo che c'è una proprietà dei numeri: n+1, (n+1)+1, ecc. da cui possiamo dedurre altre proprietà e fare dei calcoli e i calcoli tornano. Ma come diamine è possibile? Allora occorre riformulare la domanda: non se esistono leggi bensì come è possibile che le leggi che noi inventiamo corrispondano alla realtà. E così si torna sempre a quel problema: conoscenza e realtà. |
27-08-2013, 14.08.27 | #30 | |
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Riferimento: Leggi di Natura non solo come generalizzazioni:
Citazione:
E cos'è, vorrei ancora chiedere a Bacone, quella finissima tela che i ragni traggono da se stessi per costruire meravigliosi orditi? La traggono veramente solo da se stessi? Oppure le grandiose cattedrali della metafisica che certo hanno avuto come scopo quello di irretire sfuggenti insetti vaganti tormentati dai dubbi del loro errare, in qualche modo prima ancora di essere i prodotti di una mente-ragno non trovano forse la loro ragion d'essere, la loro materia prima, nel mondo che esiste fuori da quella mente e genera ogni ragno? Certo, la ragnatela non è la stessa cosa del miele e il processo metabolico che la produce è diverso, ma perché dovremmo ritenere che il ragno sbaglia a trarre da se stesso il proprio filo, mentre l'ape è saggia a cercarlo nei fiori là fuori? Forse che le ragnatele non hanno anch'esse un loro modo di funzionare? Forse che dalla realtà intima e vissuta di noi stessi possiamo trarre solo vane vacuità? E la mente formica sbaglia poi così tanto a fermarsi all'empirismo fenomenico dell'opinione immediata e soggettiva, anziché risolvere ogni ambiguità nell'incontrovertibilità stabile e generalizzante della legge di natura, soprattutta se predigerita in forma rigorosamente matematica? In fondo ogni conoscenza funziona e non funziona, anche quella del vaticinio scientifico che deve sempre più limitarsi a una lettura statistica del mondo e resta disarmato di fronte alla pressoché totale imprevedibilità matematica delle emergenze ai bordi delle curve normalizzate: quella ambientale, quella economica, psicologica, politica e sociale, ambiti in cui la ripetitività legiferante sta mostrando i suoi sempre più drammatici limiti e non ci libera certo da meraviglia e paura (conditi a volte pure da strane e inconfessabili aspettative). Quando Einstein trova incomprensibile che il mondo sia comprensibile si dimentica che anche la mente di un fisico è il prodotto della polvere naturale del mondo ed è il mondo che attraverso quella mente comprende se stesso (e magari non si capacita di riuscire a comprendersi), ma le immagini che il mondo produce rispecchiandosi nel caleidoscopio di specchi che si trovano nelle immagini stesse è e non è la realtà, perché c'è sempre uno sfasamento tra ciò che è riflesso e ciò che si riflette, ma forse proprio quello sfasamento è l'essenza più profonda per quanto nascosta della realtà. |
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