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Vecchio 01-02-2005, 21.14.48   #21
VanLag
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Intermezzo sul senso della parola “valore”

Dal dizionario Oli Devoto

Valore Misura non comune delle doti morali o intellettuali o della capacità specifica nell’ambito professionale.

………. Poi seguono lunghe disquisizioni nelle varie accezioni: Es: Uomo di Valore….. tra le quali…..

Nel linguaggio filosofico, il termine è per lo più contrapposto al fatto, in quanto, questo è indifferente, mentre quello importa allo spirito umano.

Questo mi ha spiegato il primo post di epicurus che partiva comparando appunto il “valore” col “fatto”.

Io propenderei per la prima descrizione cioè quella della misura, ampliandola nel senso che il valore è la misura di tutto quello che è importante….. (un pezzo d’oro non ha doti morali ed intellettuali ne capacità professionali ma ha valore, cavoli se ha valore).
Non mi farei altresì scrupolo di “sfidare” l’Oli Devoto che non è il Vangelo e che se anche lo fosse potrebbe ancora essere discusso e/o interpretato. Ne mi fermerei ai pensatori e filosofi del passato che, siccome siamo ancora qui a parlarne, evidentemente non hanno risolto il problema.

(Tra parentesi, in un altro 3d si è fatto un tentativo simile per definire i termini “Etica” e “Morale”....... Ho collezionato una decina di definizioni diverse tra loro e la definizione "mediata" non è uscita, ma è stato interessante.)

Il valore come misura di ciò che “conta”, quindi. Mi ricorda un po’ l’affemazione dei Sofisti o Retori che l’uomo è la misura di tutte le cose e questo pare dare ragione ad odos ….. che afferma, (correggimi se sbaglio) che il valore può essere solo soggettivo.
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Vecchio 02-02-2005, 00.19.45   #22
odos
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Certo Vanlag...

...secondo me, il valore è in ultima istanza soggettivo. Non lo è nella grammatica del suo uso. Volendo fare un’analisi della grammatica del suo concetto, vi troveremmo ciò che dici tu (le definizioni che hai riportato) e anche tanto altro.

Ma come dicevo prima, soggettivo implica anche la possibilità che “ciò che conta per me” sia anche “ciò che conta per noi”. Ci sono valori nella nostra società condivisi da tante persone. Dunque sì, in effetti, dico ciò che dici tu, ma forse mi premeva puntualizzare dal mio punto di vista, che per rendere a pieno questa “nostra” visione del valore, bisognerebbe partire dal soggetto o i soggetti che lo vivono, e non dalla relativizzazione di un universale. Questo per me ha conseguenze ben più redditizie.

Mi permette ad esempio, di evitare di chiudere gli occhi su valori diversi dai miei o della mia società, cosa che potrebbe ancora succedere riprendendo sotto nuova veste il vecchio concetto di valore; e questo non “chiudere gli occhi”, ad esempio, per fini politici è di fondamentale importanza.

Poi tutte le ragioni che mi portano a prendere in considerazione principalmente questa prospettiva, sono quelle di cui parlava Epicurus, anche se, come lui sa, spesso ho difficoltà a ragionare in termini di fatti e corrispondenze a fatti. Ma tuttavia le ragioni sono simili.

Forse sarebbe interessante fare ancora più chiarezza sui motivi che ci inducono a voler rinunciare alla possibilità di valori statici. E forse vedremmo che alla fine ci troviamo tutti d’accordo, ma probabilmente per ragioni diverse.

Un saluto


Ps: dobbiamo ancora parlare di quella storiella interessante di Epicurus.
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Vecchio 02-02-2005, 10.56.59   #23
trudina
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certamente epicurus
volevo solamente dire che per me la morale è molto molto soggettiva e per questo soggetta a possibili influenze dall'esterno e ciò che può modificare il nostro "io" è appunto la forza dell'opinione altrui se contrapposta alla nostra insicurezza.

Mi sono un pò imbrigliata nell'esprimermi
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Vecchio 02-02-2005, 16.41.35   #24
epicurus
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Reply to Odos

Citazione:
Messaggio originale inviato da odos
[...] se un fondamento si può trovare in campo morale, esso è solo quello della sua condivisibilità da parte di tutti gli essere umani. Logiche trascendentali a riguardo, convincono molto poco, ad un attento esame.

Ad esempio, se tutti e veramente tutti, rispettassero "senza se e senza ma" la vita, per un ipotetico innato e forte senso di empatia e simpatia, il valore della vita umana sarebbe fondato. Ma fin quando si daranno eccezioni, esso non potrà pretendere l'universalità. Fin quando si rimane immanentisiti, diciamo, la questione credo sia solo questa.

Dunque anche ponendo la questione del fondamento in termini di verità di una proposizione (e questa come sai è una vecchia questione tra me e te), la verità e l'oggettività di un valore sarebbe il fatto di essere condivisa da tutti.

Il problema del fondamento è il problema della condivisibilità. [...]

Se mi sono scelto un nick come 'epicurus' e` stato solamente per il mio totale e completo abbandono a logiche trascendentali-metafisiche nel campo della morale: quindi su questo punto non ci sono proprio problemi.

La condivisibilita` di alcune proposizioni morali potrebbero essere una buonissima soluzione per questioni sociali-giuridiche-politiche, e su questo sono completamente d'accordo.

Pero`, in un'analisi filosofica della morale & affini, posso solamente dire (se mai esistesse una proposizione morale condivisa all'unanimita` da tutti) che e` oggettivamente vero solo che "tutti (esseri umani) sono d'accordo sul ritenere legittimo X".

Ripeto che non vi possono essere proposizioni morali vere o false, infatti quella appena esposta non e` certo una proposizione morale, bensi` empirica.

Un'atra cosa: se ci fosse una valore condiviso da tutti allora possiamo parlare che abbiamo un fondamento morale?
Penso di no (ma e` un fondamento per una societa`) perche` da questo si deduce che la morale e` un fatto istantaneo, perdendo cosi` una caratteristica fondamentale del termine 'morale' che noi tutti utilizziamo.

Perche` dico che cosi` facendo avremo stravolto il significato di 'morale' rendendolo istanteneo?
Perche` ogni volta che una persona nel mondo viola tale principio (che potrebbe essere quello di 'non uccidere') il fondamento crolla immediatamente.
E poi se tutti non violerebbero mai il principio X che senso avrebbe dire che X e` un fondamento:
- se lo si rispetta, non serve dire che e` un fondamento
- se non lo si rispetta, esso non e` piu` un fondamento.

Ma allora di cosa ce ne facciamo di questo principio?

Quindi, penso, che quello che dici tu, odos, sia impreciso.

Cosa dici?


epicurus

P.S. se vuoi iniziare te a parlare della mia storiellina, sono ben lieto
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Vecchio 02-02-2005, 16.46.06   #25
epicurus
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Citazione:
Messaggio originale inviato da trudina
certamente epicurus
volevo solamente dire che per me la morale è molto molto soggettiva e per questo soggetta a possibili influenze dall'esterno e ciò che può modificare il nostro "io" è appunto la forza dell'opinione altrui se contrapposta alla nostra insicurezza.

Mi sono un pò imbrigliata nell'esprimermi

certo trudina, tu metti in luce un fatto che la nostra discussione non aveva rivelato: la nostra morale non e` un sistema monolitico, immutabile e generato dal nulla, bensi` e` un sistema molto complesso (fortemente dipendente dal contesto), mutabile e (come tu evidenzi giustamente) interagiente con le altre morali, di altri individui.

Ogni morale e` correlata con le altre.


epicurus
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Vecchio 02-02-2005, 20.12.48   #26
odos
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Caro Epicurus

certo, hai ragione. Infatti sia che la forma sia “tutti devono….” sia che sia “x è giusto (senza condizioni)” non si troverà mai un fatto che vi corrisponda. Ma questo è già implicito nella grammatica di questi concetti. La forma dei principi morali è proprio fatta in modo tale che non può in nessun modo essere verificata. E questo è un motivo per rifiutarne il fondamento.

Io preferisco prendere la questione del fondamento da un altro punto di vista. Cioè più “classicamente filosofico” forse (chiedendo il perche).
Infatti, se la forma è: “tutti devono …..”, la domanda sarà sempre, è perché mai? E la risposta sarà un certo tipo di antropologia e ontologia che deve essere sottoposta ad analisi per la eventuale decostruzione del principio morale. E qui salta fuori tutto. Tipo “l’uomo è per natura cattivo”, l’uomo è una creatura di dio” quindi “tutti devono….”.

Ma anche alla forma “x è giusto” segue la domanda, perché mai? E qui la risposta sarà un “perché sì”, cioè un vero e proprio punto in cui la riflessione non può che arrestarsi in modo obbligato e arbitrario, venendo meno anche la giustificazione del fondamento. Oppure la risposta è “perché così x, y, z”, e questo è bene. E perché è bene? E la risposta è sempre “perché sì”. Fondamento misterioso.

Ma forse a questo punto la questione è: che forma ha un valore? Quelli “metafisici” hanno principalmente la forma dei principi morali come sopra, e i problemi sono tanti.


Ma se valore è "ciò che conta", come la classica domanda “quali sono i tuoi valori” sottintende, allora la questione non si pone più da un punto di vista di proposizioni morali, bensì di quelle che tu chiami proposizioni empiriche, volendo mantenere buona questa distinzione.

Si dice spesso per un valore, “la vita è un valore dell’essere umano”, o “L’amicizia è per me un valore”, o semplicemente “x è un valore”. I valori si esprimono spesso con questa forma. Il significato di queste proposizioni sottintende il concetto di valore, come ciò che conta. Queste sono proposizioni empiriche.

Allora se si vuole porre la questione in termini verificazionisti, alcune sono false, e alcune sono vere. “la vita è un valore dell’essere umano” è falsa, perché come dicevi tu ci sono molte eccezioni. Per questo dico, il fondamento di questa proposizione, correggendomi rispetto a prima, è forse la verità dell’antropologia che ne sta a fondamento. Dunque se è vero che in ogni essere umano c’è un forte e imprescindibile sentimento di simpatia nei confronti del suo simile, allora “la vita è un valore dell’essere umano” è vera e fondata. In altri termini “la vita è un valore dell’essere umano e di ogni essere umano”. La condivisibilità è il fondamento.

Ma c’è un problema anche riguardo a queste proposizioni: ogni volta che si dice com’è l’uomo e quali sono i suoi valori si verifica storicamente qualcosa, in modo nascosto e lento, che ridimensiona questa credenza, e questo è l’essere stesso che è intrinsecamente storico (nello spazio e nel tempo).

Ecco perché non ci può essere fondamento “assoluto” neanche per questi giudizi.

Ci saranno valori veri relativamente a persone, a criteri, a epoche, e a culture, ad aperture storiche.
Ma questi non sono già più i giudizi morali di cui tu parli; lì sono pienamente d’accordo, anche se tenderei a ricondurli alla visione del mondo che li origina, senza liquidarli perché non verificabili.

Scusate la lunghezza
Un saluto
odos is offline  
Vecchio 02-02-2005, 20.23.35   #27
VanLag
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Preciso una cosa sulla quale orse non sono stato chiaro:

Quando dico che il valore dipende dal contesto non intendo che un certo contesto culturale ha generato certi valori mentre contesti diversi ne hanno generati altri.

Con il termine contestuale intendo che un valore si esprime a fronte dell’evento nel quale avviene e che il suo valore non esiste indipendentemente dall’evento.
Per esempio la gemma più preziosa del mondo non ha nessun valore per un uomo perso nel deserto mentre, per lui, ne avrebbe immensamente una fontana. Viceversa per il barbone che si abbevera alla fontana dell’angolo di via Quindici, l’acqua della fontana ha poco valore, mentre ne avrebbe una gemma preziosa.

VanLag is offline  
Vecchio 02-02-2005, 20.35.15   #28
odos
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Certo Vanlag

ma credo sia la stessa cosa. Anche i valori in un contesto storico si originano con la stessa dinamica, solo più ampia e meno percepibile forse. Ciò che prima aveva valore, oggi non lo ha più, e forse un giorno lo riavrà.

Esattamente come tutti i vari neo-...ismi, che rinascono.

Cambiano i conesti, siano essi situazioni particolari, episodi, culture, epoche, e cambiano i valori.
Come un uomo è nel deserto per una volta, così popoli ci vivono da sempre, e con i diamanti ci giocano a biglie.

Io generalizzerei senza problemi. O no?

Ciao!
odos is offline  
Vecchio 02-02-2005, 21.09.31   #29
VanLag
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Messaggio originale inviato da odos
Io generalizzerei senza problemi. O no?
Io credo che puoi generalizzare parlando di un valore definito a priori, o statico o trascendente o assoluto, oppure puoi generalizzare definendo scale di valori a priori, (con l’opzione però che è sempre il contesto a definire il valore/questa seconda opzione è quella per cui mi sono battuto qui).

Non si può più generalizzare se accetti che sia il contesto reale del momento a determinare, di volta in volta, il valore, perché in questo caso, il valore, è un potenziale inespresso, che si mostra per la durata di un evento.
Il valore deve apparire e scomparire coi singoli eventi di cui il soggetto ed il valore sono due delle tre parti costituenti principali. (Stò restituendo piena dignità ai valori soggettivi).

VanLag is offline  
Vecchio 03-02-2005, 13.18.59   #30
odos
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Certo, credo di aver capito il tuo discorso.

Ma io dicevo che il discorso valido per una singola persona, nella situazione del deserto o nella situazione di un familiare gravemente malato ad esempio, di seguire un valore mutevole nel contesto e non irrigidito a priori, si può estendere a contesti più ampi, e addirittura ad epoche storiche e contesti socio-culturali, senza problemi.

Anzi che così sia, è proprio un fatto.
Con la conseguenza che, se noi abbiamo questo valore, e loro quest’altro, significa che non sono scritti su nessuna tavola sacra dal momento che essi trovano la loro origine in contesti sempre diversi, anche se ampi, storici e percepibili solo con delle genealogie. La conseguenza di questo “relativismo di fatto” è che viene anche meno il problema di cambiare il valore a seconda delle situazioni. Cioè in altri termini è come ci venisse consentito di farlo, senza sentirci “peccatori”.

Un saluto
odos is offline  

 



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