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31-01-2005, 19.30.47 | #12 |
Ospite abituale
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Ciao tutti e ciao Vanlag
Credo che in realtà la differenza dei nostri discorsi sia sostanziale.
Il problema della formulazione di valori, non è risolto secondo me, se si inserisce la premessa della loro storicità. Per quanto storici e mutevoli possano essere, essi hanno sempre la forma: questo è giusto, questo è sbagliato. Il senso di quell’ “è”, non è certo il senso dell’essere heideggeriano però. Non so se hai familiarità con Heidegger, ma non è come dire “l’essere è evento”, cioè si dà nella nostra epoca storica come “evento”. Ad esempio, non so se per un integralista islamico “uccidere sia sbagliato”, o senza andare troppo lontano, per le madri di molti di noi, se dovessero toccargli il proprio figlio. In altri termini a meno che nel formulare un valore non si dica “questo è giusto, perché così …..” - cioè è giusto rispetto ad un criterio e in relazione a qualche conseguenza voluta - il valore formulato non può pretendere nessuna oggettività, come invece sembrerebbe fare. Esso è ancora una volta relativo a volontà di singoli individui, come diceva Epicurus. Ma allora, secondo me, se sei d’accordo con me sulla necessità di specificare criteri, ragioni e conseguenze di un determinato valore, esso è molto più simile alla volontà di un individuo, gruppi di individui o società, che non ad un valore “classico” del tipo “è giusto non uccidere una vita umana”. Se si dice: “questo è giusto”, e non “questo è quello che vogliamo noi, per questo e questo motivo”, ci si può sempre chiedere: “e perché mai questo dovrebbe essere giusto?” e si arriverebbe a scoprire che quel valore non è altro che la volontà di certi individui e non di tanti altri. Ripeto, io non credo che il valore perda la sua potenza se lo si consegna agli individui sotto forma di volontà, e lo si privi della possibilità di una sua formulazione oggettiva (anche se storica). Sei d’accordo? |
31-01-2005, 19.54.05 | #13 |
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Penso che l'uso di 'giusto', 'sbagliato', 'bene', 'male' e affini abbia 2 ambiti:
1) posso dire che "fare questo e` giusto rispetto a ....": e questo uso non puo` che portare oggettivita` alla proposizione, divenendo oggettiva quanto la proposizione "la mia auto e` blu". pero` ovviamente riconoscere l'oggettivita` della proposizione non implica certo una sorta di obbligo ad assecondarla (cioe` rimane la relativita` delle proposizioni morali, anche se oggettive). 2) posso dire che "fare questo e` giusto": e questo ha sicuramente un uso che non puo` che rispecchiare uno stato soggettivo del soggetto che ha proferito la proposizione, cioe` ha uno statuto simile alla x della proposizione "credo che x". infatti potremo scrivere "credo che fare questo sia giusto" e renderemo oggettiva la proposizione traducendola nella classificazione 1 (perche` di fatto la proposizione sarebbe come "fare questo e` giusto rispetto alle mie credenze" e questa e` chiaramente nella forma della classificazione 1). Pero` non posso che essere perplesso sul fatto se sia vero cio` che dice odos quando afferma che "io non credo che il valore perda la sua potenza se lo si consegna agli individui sotto forma di volontà". Dico perplesso perche` non ho ancora una posizione ben definita a riguardo, pero` pensa alla seguente situzione-dialogo: - Sei impazzito!! Cosa stai facendo! - Sto uccidento questa donna. Ma cosa ti agiti, tanto non la conosci neppure. - Dai, fermati. Non puoi fare una cosa del genere! - E perche` mai non potrei? - Perche`... perche`... non so il perche`... perche` questa e` la mia volonta, non ho ragioni ulteriori. [...] Probabilmente un relativista morale se ne infischierebbe e non si comporterebbe come il tizio del dialogo, cioe` cercherebbe subito di fermare lo psicopatico.... a voi la matassa, epicurus Ultima modifica di epicurus : 31-01-2005 alle ore 19.58.36. |
31-01-2005, 20.05.43 | #14 |
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piccolissima precisazione: quando parlo di relativismo morale non intendo dire che "x e` giusto" e` vero o falso in relazione ad un individuo e al tempo, ma solo che le proposizioni morali non sono ne vere e ne false.
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31-01-2005, 20.44.02 | #15 | |
Ospite abituale
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Re: Ciao tutti e ciao Vanlag
Citazione:
L’oggettività del valore o se vuoi, criteri minimi di definire il bene ed il male si possono formulare con abbastanza certezza. Rimaniamo alla considerazione della vita umana come valore ad esempio, credo che tutti noi ci sentiamo di dire che la vita umana va rispettata. E spiego anche perché penso che siamo d’accordo su questo. Perché la vita umana è un qualche cosa che tutti onoriamo ed amiamo, (in quanto la nostra stessa vita ci è cara). Da qui il senso generale del valore “oggettivo” e condivisibile. Cosa si deve evitare sicuramente, sempre secondo me? Non si deve predicarlo dai pulpiti, inculcarlo a forza nella testa della gente, eleggerlo come inderogabile, in altre parole renderlo assoluto ed irrinunciabile. Non si deve fare perché in un altro contesto quel valore che solitamente è valido, può essere più vantaggioso se subordinato ad altri valori. Non voglio fare l’esempio del terrorista e il pulman di bambini, perché, in quel caso, sempre di vite umane trattasi, ma penso ad esempio ad un anziano malato di cancro con davanti una fine miserevole che invochi scientemente l’eutanasia. In quel caso il valore della pietà, del rispetto della volontà di una persona adulta e cosciente che decide per se stessa, dovrebbero fare subordinare il primo valore a questi altri. Una domanda: Come riesci, nella tua visione, a definire in modo credibile le convenzioni che servano come basi minime di convivenza e di interazione tra individui in una società complessa? Se lasci il valore solo a logiche soggettive a me sembra che viene a mancare una base comune di accordo e di strategia che permetta di costruire una struttura complessa, come sono le strutture sociali. Dico che la differenza tra noi è sottile, anzi solo formale, perché alla fine anche nella mia formula prevale l’individuo, solo che io credo che non si può d’improvviso togliere i valori statici, a masse di persone assuefatte da millenni, al valore scolpito nella roccia. P.S. Non conosco il pensiero di Heidegger, non ho una grande cultura, più che altro cerco di ragionare con la mia testa. |
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31-01-2005, 20.52.52 | #16 | |
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Citazione:
Il problema forse è di stabilire se il senso del valore “oggettivo”, (senza volerlo chiamare norme etiche e morali), è dentro di noi o se come uomini senzienti non abbiamo questo senso. Dicendo “senso del valore oggettivo” voglio appunto indicare un sentire condiviso, che possa essere comunemente definito etico e morale e che sappia andare otre al nostro interesse personale il quale, (nostro interesse personale), indica quasi sempre e quasi comunque il valore che sia più valido, (la cacofonia è voluta), per il singolo soggetto. Ultima modifica di VanLag : 31-01-2005 alle ore 21.00.49. |
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01-02-2005, 12.15.10 | #17 |
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io penso che se seguiamo una nostra morale, che è e deve essere soggettiva, sappiamo riconoscere il nostro valore in base appunto a ciò che ci ha insegnato la nostra morale e i nostri personali principi.
Ovviamente essendo "personali" e magari condivisibili da molti ma difficilmente da tutti, ne deriva che il valore ce lo diamo noi stessi e chi la pensa come noi magari può avallare le nostre tesi ma non potrà ne dovrà mai diventare un altro "io" |
01-02-2005, 14.45.59 | #18 |
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Vedi, Van, il fatto e` che non esistono principi condivisi all'unanimita`, neppure quello che tu citavi del valore della vita: infatti, si fanno esperimenti su animali vivi e coscienti in laboratori, si puo` abortire, in alcune tribu` (una volta, ma penso che ve ne siano ancora rari casi) c'e` il cannibalismo, c'e` la guerra preventiva, vi sono delle persone che non hanno problemi ad uccidere altre persone per svariati motivi, e via dicendo....
Ma il problema non e` neppure questo: infatti, anche se vi fosse un valore condiviso da tutti, questo non avrebbe certo una valenza oggettiva, bensi` sarebbe oggettivo che "rispetto ai canoni dei terrestri fare questo e` giusto". Il problema qui, come gia` ho accennato nel mio previssimo post precedente, e` che in campo morale non si puo` parlare di vero e proprio fondamento, inteso come insieme di proposizioni ritenute vere pseudo-arbitrariamente. Infatti, ogni proposizione morale non puo` essere ne vera ne falsa: quindi il problema del fondamento non v'e`. E` anche per questo che fabiobasile (nel suo topic 'Fondamenti') sbaglia: non ha senso parlare di veri e propri fondamenti morali, cioe` di proposizioni su cui ci si puo` fidare della loro verita`. Quindi neppure dio (se esiste) potrebbe essere il fondamento della morale. bye bye a tutti P.S. trudina, potresti chiarire ancor piu` quello che pensi a riguardo? Ultima modifica di epicurus : 01-02-2005 alle ore 14.48.07. |
01-02-2005, 16.39.19 | #20 |
Ospite abituale
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Ciao tutti
scrivo due righe, poi nella prossima ritorno sulle questoni precedenti da voi poste.
Epicurus, io credo che il problema sia proprio quello del fatto che un valore non possa essere condiviso da tutti. E questo problema è tutt'uno con quello del suo fondamento. Nel senso che se un fondamento si può trovare in campo morale, esso è solo quello della sua condivisibilità da parte di tutti gli essere umani. Logiche trascendentali a riguardo, convincono molto poco, ad un attento esame. Ad esempio, se tutti e veramente tutti, rispettassero "senza se e senza ma" la vita, per un ipotetico innato e forte senso di empatia e simpatia, il valore della vita umana sarebbe fondato. Ma fin quando si daranno eccezioni, esso non potrà pretendere l'universalità. Fin quando si rimane immanentisiti, diciamo, la questione credo sia solo questa. Dunque anche ponendo la questione del fondamento in termini di verità di una proposizione (e questa come sai è una vecchia questione tra me e te), la verità e l'oggettività di un valore sarebbe il fatto di essere condivisa da tutti. Il problema del fondamento è il problema della condivisibilità. Ma è proprio perchè un fondamento di questo tipo non si può trovare, che forse sarebbe meglio vedere tante forze e volontà che si conciliano e si scontrano tra di loro. In tal modo, il valore è sì riferibile al singolo individuo, ma anche a gruppi di individui, a partiti politici, e ad etnie, o religioni. Ma esse sono solo volontà. Ad esempio, la forte immedesimazione che si può avere nei confronti di un altro essere umano, mi porta a volere che nessun essere umano venga irrispettosamente considerato al pari di un'oggetto. Questa è una volontà di qualcosa che si vive molto intensamente. Il chiamarlo valore e non volontà, io credo, crea problemi per ciò che riguarda il problema del fondamento che il concetto di valore obbliga a porsi. Poi lo si può chiamare valore, ma come quella legge che guida la mia volontà. Forse in questo senso, mi riconcilio con Vanlag. Un saluto |