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27-07-2004, 20.14.42 | #3 |
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
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istinto d'autoconservazione?
ciao Marco bentornato!
nel riferirti a questa tendenza al bene che dici comune all'intero genere umano, a questa tendenza asservita al sè che la incarna, più spesso pro-sè che pro-altro, pensi all'istinto di autoconservazione, nevvero? a presto! |
27-07-2004, 22.06.36 | #5 | |
al di là della Porta
Data registrazione: 15-02-2004
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Citazione:
Indipendetemente che si tratta di incoscienza comune (anche se di fatto è così) o coscienza comune ( che la tradurrei nella lettura soggettiva della nostra incoscienza) concordo sul fatto che veniamo predisposti al bene in salvaguardia del ns Sé. E non tanto e solo da un punto di vista fisico, ma anche e soprattutto sotto il profilo psicologico, inteso come difesa da quella sensazione di disfaciamento o disgregazione che ci investe quando sentiamo messa in discussione la nostra stessa consapevolezza di esistere. Credo di non essere stato troppo chiaro, ma per me questa sensazione è stata predominante per lungo tempo ed entrava in gioco quando pensavo alla morte, alla morte intesa come nulla assoluto. Domani non ci sarò più. Mai più. Mai più per l'eternità. Cazzo (consentitemela) non è mica uno scherzo. Mai più. Era qualcosa di paralizzante non credo di essere il solo a conoscerla in questo forum, provate immaginare un bambino di 9 anni terrorizzato da questa idea. Che raggiunge questa consapevolezza uccidendo una lucertola, vedendo morire il nonno e pensa: ma allora il papà, la mamma, i miei fratelli, quello ******* di Pietro (nome inventato), Cristo tutti quelli che vedo intorno a me, e quelli che verranno, e ancora quelli che verranno dopo, tutti finiranno dentro quel nulla assoluto. Ed è mia ferma convimzione che anche la più deprecabile, infame, violenta manifestazione del "male" sia finalizzata a difenderci da questa sensazione che forse molti rimuovono non appena sorge in loro, e con la quale invece io ed altri eletti abbiamo danzato per lungo tempo nella stanza da ballo della nostra disperazione. (non volevo essere così drammatico vabbè dai portate pazienza). Forse allora quel male agito in difesa di quella sensazione si può chiamare ancora male? Nicola |
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28-07-2004, 11.17.12 | #6 | ||||
Ospite abituale
Data registrazione: 18-07-2004
Messaggi: 92
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Citazione:
Ciao Marco, sono nuovo del forum Citazione:
inconscia fino ad un certo punto... che l'uomo scelga quello che crede bene piuttosto del male è "abbastanza palese"... e poi se fosse una cosa inconscia.... significa che uno la attua senza accorgersene.... e senza un motivo apparente....... un condizionamento quindi(come lo intendo io). Ma cosa condiziona? Il Sè? Ma se fosse proprio la natura del Sè? Citazione:
Esempio 1:Metti un uomo forte ed un uomo debole (muscolarmente parlando). Entrambi stanno morendo di fame e l'uomo debole ha il cibo. L'uomo forte decide di non derubare il debole perché sa che farebbe un'azione sbagliata. Qui non mi sembra ci sia la salvaguardia del Sè. Esempio 2: Una persona che si suicida perché vuole porre fine alle sofferenze, salvaguarda il Sè? Nel senso, vuole salvaguardare il Sè tentando di eliminarlo così non soffre più? Citazione:
Partiamo dal presupposto che per bene assoluto o male assoluto intendo quello degli uomini dato che è l'unico che "conosciamo"(parola grossa). Se ci fossero anche un bene e un male relativo poco convivrebbero con quello assoluto, dato che un bene relativo potrebbe far parte del bene assoluto o del male assoluto, quindi se facesse parte del male assoluto sarebbe un male. |
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28-07-2004, 11.21.37 | #7 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 18-07-2004
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Citazione:
Scusa ma non ho ben capito, stai parlando della paura di morire giusto? A cosa ti rifersici quando dici "quel male"? |
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28-07-2004, 11.51.37 | #8 | |
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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Citazione:
ma quell'uomo forte si comporterebbe così se non avesse intimamente appreso una morale che afferma il rubare essere sbagliato? se fino a quel momento non fosse vissuto in una cultura che impone di non rubare perchè sbagliato, ma in una cultura i cui codici morali e religiosi affermano la giustizia della sottomissione del più debole al più forte? allora la morale sarebbe un condizionamento. |
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28-07-2004, 12.45.43 | #9 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 18-07-2004
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Citazione:
mmmhh..... interessante......potrebbe essere che la morale sia una sorta di condizionamento cosciente? Cioè una cosa che si da per scontato sia giusta senza averci riflettuto, e stavolta non ci si riflette perché è una cosa inconscia (come il condizionamento) ma perché si da per scontato che la morale sia una cosa giusta. Quell'uomo forte se avesse intimamente appreso una morale che afferma il rubare essere sbagliato è probabile che ad un certo punto la fame diventi talmente forte che se ne frega della morale e deruba il più debole maledicendola. Se invece avesse veramente capito che rubare è male, alla fine magari deruberebbe lo stesso il più debole per i crampi ma poi starebbe infinitamente male dentro perché sa di aver compiuto un atto sbagliato a causa della sua debolezza. vorrei osare a dare una primissima definizione di male (da qualche parte si dovrà pur cominciare) Il Male: atto causato dall'uomo per il soddisfacimento di un suo bisogno che causa della sofferenza a se stesso o agli altri o entrambe le cose. |
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28-07-2004, 12.56.48 | #10 |
Ospite abituale
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Salve a tutti. La discussione è interessante quindi - piatto ricco mi ci ficco - intanto chiederei cortesemente dei chiarimenti.
Dunque SEIG afferma: <Partiamo dal presupposto che per bene assoluto o male assoluto intendo quello degli uomini dato che è l'unico che "conosciamo"(parola grossa).> SE l'uomo è un semplice fatto contingente in questo universo, allora intendendo per bene e male assoluti quello degli uomini, di fatto relativizziamo i due concetti. Mi chiedo se non possa esistere un bene assoluto (una sorta di idea platonica) che non sia semplicemente il minore dei mali, un bene che non si identifichi soltanto con la salvaguardia di sè, l'autoconservazione (un bene/benessere). Ma come dice lo stesso SEIG, questo concetto è l'unico che conosciamo e non possiamo andare oltre la nostra esperienza e la nostra conoscienza attuali se non attraverso una certa evoluzione. L'evoluzione è un processo lento, ma molte conquiste (diritti umani, abolizione della schiavitù, almeno in molti paesi) ci indicano che possiamo sempre fare di più e di meglio. La concezione relativistica del bene riesco a pensarla solo se ammetto qualcosa di assoluto. "Non tutto è relativo." Ma questa è un'altra storia. Per quanto riguarda il Male, non so se esso sussista ontologicamente oppure non sia altro che "ignoranza" di ciò che è bene. Ciao. |