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27-10-2015, 15.18.36 | #21 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
Repliche a MARAL.
*** IN GENERALE MARAL fa notare che: "...la teoria dell'evoluzione la si vuole come teoria biologica del tutto generale, non limitata ai batteri e non credo che a rigore sia semplicemente estrapolabile da questi a tutti gli altri organismi." Non capisco. Se la teoria dell'evoluzione la si vuole come teoria biologica del tutto generale, logicamente ne deriva che si applica anche al caso particolare dei batteri; non è che io volessi estrapolare l'esperimento fatto sui batteri, per trarne una teoria generale, ma intendevo semplicemente rilevare come l'esperimento particolare sui batteri, confermasse il principio generale. Il meccanismo della "selezione naturale", infatti, riguarda "tutti" gli organismi viventi (e vissuti), così come verificato paleontologicamente e sperimentalmente; quindi riguarda "anche" i batteri, che io ho preso ad esempio, solo perchè Maral voleva "vedere" un caso di evoluzione "in tempo reale" (non fidandosi dei conigli). E io, glielo ho fatto "vedere". Ma ci sono anche migliaia di altri esempi, quasi "in tempo reale"; come quello famoso (che non ripeto), della Biston Botularia, se proprio MARAL non si fida dei batteri. *** IN PARTICOLARE MARAL scrive che i batteri hanno caratteristiche biologiche del tutto diverse, come ad esempio la possibilità di scambiarsi direttamente filamenti del DNA per coniugazione; per cui le mutazioni genetiche nei batteri avvengono in modo molto peculiare. E' verissimo! Ma non cambia una virgola, fino a che MARAL non ci spiega perchè, in quel caso specifico, la selezione funziona (come funziona in tutti gli altri casi osservabili direttamente, come la Betularia e molti altri), mentre non dovrebbe funzionare per gli organismi che hanno tempi evolutivi più lunghi. Viene quasi il sospetto, che, in questo secondo caso, l'evoluzione (a cui non si vuole pregiudizialmente credere) viene contestata, solo perchè è più facile farlo, visto che l'osservazione in tempo reale non è possibile, e ci si deve basare solo sui fossili; i quali, ovviamente, pur essendo MOLTO eloquenti, lo sono molto meno di un'osservazione diretta. *** LEGGE DELLA SELEZIONE, COME NECESSITA' LOGICA. Ma, come dicevo la volta scorsa, la "selezione naturale", è praticamente una necessità "logica" dell'interazione organismi/ambiente; perchè è OVVIO che, in caso di varianti genetiche occasionali (ma sistematiche), prima o poi determinati mutanti debbano essere favoriti rispetto agli altri, a seguito della mutazione dell'ambiente...e, quindi, proliferare ed aspandersi. Si potrebbe dire al riguardo, citando Hegel, che: "Quello che è razionale è reale, e quello che è reale è razionale." (in senso lato, ovviamente). *** LEGGE DELLA SELEZIONE, COME NECESSITA' ALGORITMICA. Peraltro, sono stati realizzati molti "software" per computer che simulano un ecosistema per diversi scopi (divertimento, studio dei meccanismi evolutivi naturali, studio degli algoritmi genetici); ed anche questi hanno dimostrato la ricorrenza del modello evoluzionistico, nel senso selettivo da me più volte precisato. Il più interessante di questi è DARWIN POND, un "freeware" scaricabile gratuitamente, che io possiedo ed ho spesso usato: https://www.youtube.com/watch?v=GRu8xaLnXcw Data una certa popolazione di "bot" (entità virtuali con la capacità di fagocitare altri "bot", di crescere, di moltiplicarsi e di morire), se voi cambiate l'ambiente i cui si trova a "vivere" la popolazione attualmente dominante, vedrete che, secondo un inevitabile algoritmo, cominceranno a diffondersi i "bot" mutanti più favoriti, fino a diventare loro, la popolazione dominante. Provare per credere (vi assicuro che è molto divertente); scaricatelo. Inoltre, gli stessi algoritmi genetici sono stati applicati in campi lontani dalla biologia, come i problemi di ottimizzazione di funzioni matematiche, in cui le soluzioni vengono fatte "competere" e "incrociare" tra di loro con particolari metodi. E funzionano egualmente. *** L'EVOLUZIONE COME PROCESSO STOCASTICO In questo, SONO PIENAMENTE D'ACCORDO CON MARAL per quanto attiene alla descrizione dell'evoluzione in termini stocastici; ed anche sul fatto che essa è un fenomeno MOLTO complesso. E sono anche pienamente d'accordo sul fatto che, nella c.d. "evoluzione" intervengono, addirittura in modo primario, fenomeni puramente casuali; ed infatti, le mutazioni sono casuali, così come è casuale il "favore" che l'ambiente procura loro, rendendole predominanti. *** DERIVA GENETICA Come noto, Cavalli Sforza, assumendo la deriva genetica come elemento evolutivo primario, ha ricostruito un modello della diffusione dell'homo sapiens nel pianeta. Però, lo stesso Cavalli sforza, ha più volte ribadito quello che io ho più volte ripetuto (quasi con le stesse parole), in questa ed altre discussioni: "La mutazione è casuale e genera delle innovazioni che possono essere utili o dannose. È la selezione che sceglie automaticamente, favorendo le mutazioni vantaggiose ed eliminando quelle sfavorevoli rispetto alle condizioni di vita della popolazione: in questo modo permette un adattamento alle condizioni ambientali, che sarà diverso a seconda dell’ambiente". E' esattamente quello che io sostengo: "tel quel". Quanto alla sua teoria della "deriva genetica", in parole povere (se ho ben capito), essa dice che, se si verifica una mutazione, le probabilità che questa si conservi sono pochissime; e su questo sono d'accordissimo, perchè, di solito, le mutazioni sono "recessive", o, comunque "non performanti". Però, poi, lui conclude: "Può capitare al contrario, che una serie di eventi casuali permettano ad una mutazione di propagarsi nelle generazioni successive, diventando abbastanza frequente. Vi anche la "POSSIBILITA'" che soppianti il tipo precedente. " E qui cade in fallo, perchè il suo è un "sillogismo difettivo"; ed infatti: "Ab esse ad posse valet, a posse ad esse non valet consequentia.". Cioè, la circostanza che un fatto sia realmente avvenuto (esse), dimostra che poteva avvenire (posse); ma la circostanza che un fatto sia possibile(posse), non dimostra affatto che sia realmente avvenuto, o che poteva avvenire (esse). Il suo sillogismo, benchè meramente dialettico ed ipotetico, avrebbe retto se lui avesse detto: "Vi anche la "PROBABILITA'" che soppianti il tipo precedente. " Solo la "POSSIBILITA'", non basta, nè a livello dialettico ed ipotetico, nè, tantomeno, a livello dimostrativo, per modificare una LEGGE GENERALE, che non viene confutata, ma, semmai, suffragata dalle eccezioni. Tanto più che, la circostanza che una serie di eventi casuali permettano ad una mutazione recessiva di propagarsi nelle generazioni successive, è teoricamente possibile, ma molto improbabile...se l'ambiente le è ostile. |
27-10-2015, 18.58.16 | #23 | ||
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
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Ovvio: non ci sarebbe vita senza la morte (né morte senza la vita). Ma le specie (in generale; un gran numero di esse, fintanto che non si estinguerà la vita in toto ...inevitabilmente prima o poi) non muoiono prima di aver dato vita ad altre specie diverse (esattamente come buona parte degli individui biologici di ciascuna specie -salvo che nella fase di estinzione di ciascuna specie- non muore prima di aver dato vita ad altri individui). Citazione:
Scientisti possono essere e spesso purtroppo sono scienziati e filosofi (e anche il "pubblico pagante", l' opinione pubblica o una parte di essa), non la scienza (forse usi il termine "scienza" per "buona parte degli scienziati", come si dice "la politica" per "la parte preponderante e paradigmatica dei politici"). |
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27-10-2015, 22.23.18 | #24 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
Citazione:
La deriva genetica, che é un elemento noto da tempo (già all' epoca del mio esame di biologia, 1971 -72; allora era chiamata di preferenza "sport") dell' evoluzione biologica, non scoperto ma utilizzato da Cavalli Sforza, non é affatto in contraddizione con la selezione naturale, con la quale si integra complementarmente (e giocando un ruolo molto meno importante in generale; non così in determinati casi specifici; come anche l' "effetto del fondatore". Può essere stato un fattore preponderante nell' evoluzione del nostro genere -non ho letto quanto lo scienziato italoamericano scrive in proposito- che é comunque oggettivamente un "capitolo" brevissimo e alquanto marginale della storia naturale; di importanza inestimabile solo soggettivamente per noi uomini, che siamo oggettivamente, da un punto di vista naturalistico -nell' ambito della natura materiale; prescindendo dalla natura mentale- una sorta di "granello di sabbia nel deserto dell' universo"). La deriva genetica può manifestarsi ed esplicarsi (operare) solo alla condizione che la selezione naturale non lo impedisca (e non viceversa): ricordiamo che contro i "fondamentalisti della selezione naturale" questa non agisce "in positivo", eliminando tutti tranne "i di gran lunga più adatti" a un ambiente che incessantemente muta (i vincitori di una competizione forsennata e senza esclusione di colpi, anche proibiti, un po' "alla Valentino Rossi"), bensì "in negativo", eliminando soltanto "i troppo inadatti", gli "inadatti oltre un certo limite" (non troppo basso): fra i molti che superano questo limite possono aversi -alquanto raramente, sono piuttosto improbabili- diversificazioni e cambiamenti evolutivi per deriva genetica (genuinamente casuali, alla maniera stessa delle mutazioni genetiche, che sono l' altro potentissimo "motore" dell' evoluzione biologica; di "potenza" paragonabile a quella della selezione naturale, e molto maggiore della deriva genetica). Ultima modifica di sgiombo : 28-10-2015 alle ore 08.14.33. |
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28-10-2015, 08.09.31 | #25 | |
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
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A parte il fatto che io non sono affatto un "fondamentalista" della s.n., osservo che il ragionamento, secondo me, è palesemente paralogistico; vanamente dissimulato da "i di gran lunga", e "gli oltre un certo limite", con cui si cerca di attenuare la palese "contradictio in adjecto". Ed infatti, se in una mostra canina si eliminano negativamente i meno adatti ad ottenere il premio, per conferire positivamente il premio ai più adatti, non vedo che differenza ci sia tra le due formulazioni; tali formulazioni, infatti, coincidono...e non fanno altro che esprimere lo stesso concetto, sia pure in modo ellittico. Peraltro, anche io NON CREDO AFFATTO che la selezione naturale si riduca a premiare "...i vincitori di una competizione forsennata e senza esclusione di colpi, anche proibiti, un po' "alla Valentino Rossi...", come scrive Maral. Questa è la classica visione che conduce al "darwinismo sociale", che, come ho detto all'inizio, personalmente ritengo: - erronea sotto il profilo scientifico, - deleteria sotto quello sociale, politico ed economico; e, comunque, opposta ad una "autentica" concezione del meccanismo della "selezione naturale". Ed infatti, almeno negli "animali superiori" e i primati, che tendono a quello che gli etologi chiamano "gregarismo" (ma che si può anche definire "tendenza alla cooperazione di gruppo"), la selezione tende a favorire quelle popolazioni di individui, che manifestano una maggiore propensione per l'altruismo e la collaborazione; e tali termini vanno intesi non solo nel senso di un dissimulato egoismo (tornaconto), ma, a partire dagli ominidi più recenti, anche nel senso di un "nascente" senso etico puramente disinteressato. Ciò è documentato paleontologicamente dal ritrovamento di fossili di individui vecchi o invalidi, morti in tarda età (per allora), in quanto erano stati curati, nutriti ed assistiti dagli altri membri del gruppo; il che, secondo una visione stolidamente distorta, riduttiva e semplicistica della selezione, non avrebbe avuto senso...perchè i vecchi e i feriti sembrerebbero solo un peso, per la sopravvivenza del gruppo. Ma, evidentemente, non era così, perchè gli ominidi più arcaici, che non si curavano dei vecchi e dei feriti, si sono estinti...mentre noi no! Sembra un paradosso, ed invece ha un senso. Ed infatti, gli eserciti che vincono le guerre, sono quelli in cui vige il principio che non si abbandona MAI il compagno rimasto indietro ferito...a costo di rimetterci la pelle; l'etica ha un valore positivo...anche in senso "selettivo"! Quindi -pur non negando la componente aggressiva dell'uomo-, ritengo che la selezione abbia favorito i più adatti all'ambiente (collaborativi ed altruisti), facendo estinguere i meno adatti (cioè, i meno collaborativi e meno altruisti). Come nota conclusiva, rilevo, infine, che, assimilare "tout court" la "selezione naturale" ad una competizione forsennata e senza esclusione di colpi, anche proibiti, tipica del capitalismo sociodarwinista, ha paradossalmente condotto molti degli avversari del finanzcapitalismo -come me- a cercare di negare in modo esasperato (e spesso pregiudiziale, anche da parte di scienziati), il meccanismo dell'evoluzione della specie, così come effettivamente funziona nelle specie "ominidae". Meccanismo, che, invece, smentisce in pieno il sociodarwinismo. |
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28-10-2015, 09.07.46 | #26 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
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Volevo porti e porvi un quesito piuttosto stupido, mi sembra,ma che credo potrai illuminarmi visto le tue/vostre competenze in materia. Mettiamo un paese in guerra. Le persone geneticamente ( e fisicamente) più forti vengono chiamate alle armi. Molti di loro ci lasciano le penne. Supponiamo che ci lascino le penne "quasi tutti" questi forti e valorosi e geneticamentre sani. Un disastro teoricamente per la "specie". Sopravvive un ometto malaticcio che si accoppia con tutte le femmine disponibili. Non si registra un'interruzione del processo evolutivo (nel senso darwiniano per quel poco che lo comprendo) o addirittura un regresso? Poniamo che anche molte femmine siano morte a seguito di terribili bombardamenti. L'ometto non si accoppia certo scegliendo quelle geneticamente più forti, ma a caso con quelle che ci stanno. E questo è successo innumerevoli volte penso nel corso della storia (sanguinosa) umana. I migliori (geneticamente parlando) potrebbero essere ben morti già nell'età del ferro o giù di lì... La domanda ( concedetemi questa banale curiosità da soddisfare usando la vostra competenza )quindi è: Questa è l'umanità migliore possibile evolutivamente o è semplicemente l'umanità migliore possibile che è sopravvissuta ? P.S. fate conto che io sia un vostro studente delle elementari/medie e perdonatemi |
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28-10-2015, 16.13.19 | #27 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
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(Semplificando perché esistono anche la dominanza intermedia e i geni poliallelici) Un gene è recessivo se in caso di eterozigosi non si manifesta nel fenotipo, manifestandosi invece l’ allele dominante; invece é dominante se in caso di eterozigosi si manifesta nel fenotipo “mascherando” l’ allele recessivo (che però può “manifestarsi" nei fenotipi nelle generazioni successive in casi di omozigosi). La (maggiore o minore) fitness ambientale dei diversi alleli non c' entra per nulla con la loro dominanza o recessività: questa è una legge di Mendel che vale in generale, indipendentemente dalla selezione naturale. Anzi, poiché i geni mutanti sono molto più probabilmente (molto più spesso) svantaggiosi che vantaggiosi ai fini della adattamento all’ ambiente (presente al momento della loro comparsa), è molto più probabile che si conservi e diffonda un allele mutante recessivo (non manifestandosi nel fenotipo, e dunque non danneggiandolo e potendo così essere trasmesso alla discendenza; per poi magari diffondersi e manifestarsi fenotipicamente -in futuro- nel caso dei genotipi omozigoti allorchè mutamenti ambientali intervenuti lo rendano più adatto al nuovo ambiente dell’ altro allele da cui era mutato). Citazione:
Avevo parlato di “fondamentalisti della selezione naturale” evitando il termine “pressione selettiva”, che non mi piace perché appunto mi sembra sottintendere un’ eccessiva enfatizzazione della selezione naturale nell’ evoluzione biologica, proprio per non far credere -erroneamente- che alludessi necessariamente a te. A quanto pare però ti sei sentito ugualmente chiamato in causa, come se qualche pur minimo dubbio per lo meno di essere preso per uno che sopravvaluta la selezione naturale si insinuasse anche in fondo alla tua mente; è solo un’ ipotesi, ma non mi sentirei di escluderla come tale). Quelli che chiamo “fondamentalisti della selezione naturale” tendono ad assolutizzarla nei casi peggiori, mentre nei migliori (o meglio: meno peggiori) la sopravvalutano, ragionando come se la selezione naturale funzionasse come quella artificiale degli allevatori, i quali eliminano tutti gli individui tranne i migliori (fanno riprodurre solo i cavalli che vincono le gare o arrivano nei primi tre -non mi intendo di ippica e questo è solo un esempio grossolano, tanto per dare l’ idea- impedendo la riproduzione di tutti gli altri. Invece la selezione naturale, per restare nella metafora (più che esempio realistico) elimina solo i brocchi che arrivano regolarmente nelle ultime tre posizioni (le biston betularie nere, a te così care, erano tutt’ altro che “eccellentemente adattate" prima delle rivoluzione industriale, ma la selezione, per fortuna della specie, non le ha fatte estinguere per "salvare" solo le "eccellentemente adattate" dal colore bianco). La considerazione in cui si accenna ironicamente a Valentino Rossi, da buon motociclista, l’ ho fatta io, non Maral. Dunque le tue considerazioni successive, per quanto mi riguarda, sfondano una porta aperta. Solo non concordo col concetto di “capitalismo socialdarwinista”, in quanto per me il capitalismo oggettivamente non può che fondarsi sulla competizione fra imprese reciprocamente indipendenti nella ricerca del max profitto a breve termine e a qualunque costo (etico, ambientale, ecc.); concorrenza nella quale veramente chi si facesse scrupoli in generale e in particolare in fatto di etica è destinato a estinguersi (come impresa, se gli va bene). Ovviamente la lotta di classe può anche imporre -obtorto collo- in certe fasi determinate limitazioni e temperamenti di questa che per me è una tendenza oggettivamente intrinseca e inemendabile di un’ economia fondata sulla proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione: non esiste "capitalismo non socialdarwinista", se non "per causa di forza maggiore" (non sarai d’ accordo, ma ti prego di non impegnarti nell’ impresa donchisiottesca di convincermi del contrario; io non sarei comunque disposto a partecipare a una vana discussione su questo argomento, che ritengo in questa sede, anche -non solo- per i limiti inderogabilmente posti dal terreno del forum, perfettamente inutile). Citazione:
Invece nel mio caso è avvenuto l’ esatto contrario: ho subito compreso l’ infondatezza scientifica (anche a prescindere dalla loro evidente funzione ideologica) del socialdarwinismo e di altri “fondamentalismi della selezione naturale” come la sociobiologia, e questo ha corroborato il mio anticapitalismo. Ultima modifica di sgiombo : 29-10-2015 alle ore 08.18.26. |
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28-10-2015, 16.26.40 | #28 | ||
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
Citazione:
Il punto su cui obiettavo è che la teoria dell'evoluzione (intesa come teoria valida per tutte le forme viventi) non consente di esprimere previsioni, ossia non può essere sottoposta al vaglio di una verifica sperimentale. A mio avviso è ovvio, proprio in quanto costituisce un termine di principio e i principi non si verificano, si assumono (o si è portati ad assumerli dallo "spirito dei tempi") affinché dettino una prospettiva di lettura. Da questa assunzione di scientificità per la biologia viene poi irresistibile la tentazione di ridurre la stessa fenomenologia umana, psicologica e sociale, al medesimo ambito interpretativo (quella selezione del più adatto, che tra l'altro il buon Darwin riprende da Herbert Spencer, filosofo suo contemporaneo, teorico del darwinismo sociale e sostenitore del liberalismo politico: verrebbe da pensare che c'è a fine '800 c'è un'idea nell'aria che ispira tutti insieme biologi, medici, filosofi, politici e via dicendo). Mi si risponde che invece, ad esempio nei batteri, la possibilità di selezionare ceppi resistenti ai virus verifica il modello in questione (selezione tra l'altro ottenibile anche solo per deriva genetica, senza che il batterio abbia mai visto quel virus in vita sua). D'accordo, ma nei batteri appunto, che hanno caratteristiche di scambio genetico assai peculiari nel mondo vivente, resta però la questione se, avendolo verificato nei batteri, quel modello lo si possa considerare valido anche per conigli, coccodrilli, dinosauri, scimpanzé e via dicendo, ossia se, dato che nei batteri si verifica, è o meno universalmente valido o se questa validità non sia commisurata alla specificità genetica dei batteri. A me pare una domanda lecita da porsi, senza che con questo si debba essere tacciati di essere nemici giurati della teoria evolutiva che fa tanta "Scienza". Si è citato anche il famoso caso della farfalla che ha adattato la pigmentazione delle ali per motivi mimetici (se non ci fosse il finalismo umano cosa mai potremmo spiegare!), ma non mi pare che nemmeno questo possa essere considerata una conferma sperimentale della teoria generale dell'evoluzione, conferma solo che gli esseri viventi possono sviluppare strategie di adattamento mimetico legate ai contesti ambientali (compreso quelli culturali che, a quanto pare modificano gli ambienti ben di più di quelli "naturali"). Ciò che mi appare evidente è che, dal nostro attuale punto di osservazione, si può concludere è che c'è un dialogo continuo tra organismo biologico e ambiente, dettato da una relazione continua che li esprime uno in funzione dell'altro (ambiente che ormai è sempre più condizionato dall'universo antropico con tutto il suo finalismo). E questa relazione si esprime in tanti modi diversi, di cui nessuno è primario al punto di escludere l''altro, per cui si posaa ritenere la competizione sia più fondamentale della cooperazione o viceversa, a secondo di come l'osservatore si sente portato. Ogni contesto ammette un certo numero di forme viventi, le quali a loro volta variano il contesto stesso in modo per nulla prevedibile o verificabile e così il dialogo continua con diverse sorprese. Non c'è evoluzione, solo un continuo relazionarsi tra forma biologica e forma contesto di esistenza. Citazione:
Poi come si confermino queste previsioni matematicamente esprimibili resta comunque un problema non certo da poco. |
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28-10-2015, 17.57.22 | #29 | |
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
Citazione:
Sinceramente non credo che la distinzione fra "anglosassoni" e "non anglosassoni" sia rilevante (per lo meno in questo caso). La selezione naturale é considerata un fattore fondamentale dell' evoluzione biologica da tutti i biologi (in senso lato) seri di ogni latitudine, compreso Cavalli Sforza da quel che ne ho letto (non recentissimo: Geni, popoli, lingue -1996-; L' evoluzione della cultura -2004; non a caso edito in traduzione italiana a cura di Telmo Pievani-; Il caso e la necessità -2007; in cui rivendica il ruolo della deriva genetica minimizzato o ignorato da quelli che io chiamo i "fondamentalisti della selezione naturale", ma non la contrappone affatto alla selezione naturale stessa, con la quale si integra perfettamente, e che non considera per niente affatto un "fattore marginale!" L' ho letto qualche anno fa e per questo in una precedente risposta ho lasciato in dubbio il fatto che la applicasse in particolare all' evoluzione umana, che peraltro é il suo interesse precipuo: ero un po' di fretta e non mi ero preso la briga di risfogliarlo). Ultima modifica di sgiombo : 29-10-2015 alle ore 08.14.58. |
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28-10-2015, 19.04.01 | #30 | |
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale
Citazione:
Risposta che chiama in causa (marginalmente) anche Maral ed Elsire L' adeguatezza dell' esempio é un po' discutibile perchè considera una nazione o un popolo e non una specie (nemmeno una sottospecie o razza, dal momento che nella specie umana é per lo meno assi dubbio che se ne possano considerare). Il fatto é che in natura non vi é finalismo né provvidenza, e dunque la selezione naturale sfronda "in negativo" semplicemente i "troppo inadatti" relativamente a un ambiente che muta nel tempo. Non esiste alcun concetto assoluto e oggettivo di "bello", "buono" o "progredito" o "ben evoluto" (ben diversa é l' esistenza di tendenze comportamentali e valutative etiche di fatto universalmente diffuse -almeno in parte- nell' umanità, ma comunque non oggettive; che la biologia spiega -ma non giustifica o dimostra!- egregiamente). Esiste solo il fatto che certe caratteristiche fenotipiche (somatiche e/o comportamentali) determinate dalle interazioni del genoma col citoplasma (ambiente intracellulare), con il resto dell' organismo (nel caso degli eucarioti pluricellulari: ambiente extracellulare intrasomatico) e con l' ambiente esterno sono tali da consentire la sopravvivenza e riproduzione dell’ organismo (e dunque la sopravvivenza e diffusione della specie) o meno (o più o meno bene). E le specie sopravvivono, si diffondono, si differenziano, evolvono, danno vita ad altre specie se gli organismi dei loro individui non sono troppo inadatti all’ ambiente. Il che può significare non solo (in determinati ambienti territoriali, climatici, ecologici) belli grossi, muscolosi, veloci, dotati di forza fisica, vivacemente colorati, ma esattamente allo stesso modo anche (in altri ambienti) piccoli, leggeri, striminziti, poco vistosi (“brutti”, secondo i più diffusi canoni estetici umani), mollicci, viscidi, butterati, spelacchiati oppure orrendamente pelosi e così via. Le antiscientifiche distorsioni ideologiche reazionarie che “da subito” si è tentato di applicare alla teoria scientifica darwinina (tentazione “forte” ma tutt’ altro che irresistibile, soprattutto per i non privilegiati, caro Maral!) sono state proprio improntate a una visone falsamente e malintesamente “progressiva”, per la quale l’ evoluzione biologica andrebbe “perfezionandosi” in un unica direzione (metafora della “scala evolutiva” dalla scimmia all’ occidentale nordico biondo, dagli occhi azzurri, muscoloso, belloccio; oppure dell’ “albero della vita” con in cima l’ uomo: penosi pregiudizi etnocentrico ed antropocentrico rispettivamente, antiscientifici quant’ altri mai!). Come ottimamente argomenta il grande paleontologo americano Stephen Jay Gould scomparso qualche anno fa (in assoluto uno degli autori che più mi hanno arricchito culturalmente e di cui mi permetto di consigliarti la lettura; era anche un uomo coltissimo e dotato di grande sensibilità e magnanimità, qualità che ritengo molto rare nei ricercatori contemporanei), la vita si può piuttosto paragonare a uno sgraziato cespuglio selvatico disarmonico, con molti rami bassi, sviluppato in larghezza piuttosto che in altezza, con rami di molto diverso sviluppo e ampi e irregolari intervalli vuoti. La vita tende a differenziarsi esattamente allo stesso modo o "con la stessa propensione" in "tutte le direzioni”: verso il più “sofisticato e complesso” esattamente come verso il più “semplice e rudimentale”; infatti esiste il caso di specie evolutesi in ambienti bui che, derivando da specie antenate dotate di ottimi occhi e vista perspicacissima diventano ciechi o di parassiti, derivati da antenati non parassiti lestissimi e abilissimi ai più svariati “esercizi motori”, che perdono completamente queste abilità per diventare sedentari attaccati “passivamente” alle specie che parassitano (non ti ricorda la discendenza dell’ ometto malaticcio sopravvissuto alla guerra perché militesente del tuo esempio?). In conclusione a mio parere si capisce tutto se si parte dalla permessa metodologica scientifica (mai falsificata) che in “natura naturale” o nella “natura generalmente intesa” (la “natura umana” è un caso un po’ peculiare ma in ultima analisi non contraddittorio rispetto alla “natura naturale” o la ”natura in generale”) non esiste finalismo ma solo caso (eventualmente “pseudofinalismo a posteriori” conseguenza della selezione naturale che, "agendo in negativo" elimina ciò che funziona troppo male per salvaguardare ciò che funziona abbastanza, sufficientemente -e non necessariamente eccellentemente, caro Elsire!- bene). P.S.: Non eccedere in modestia! |
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