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Vecchio 26-10-2015, 12.42.11   #11
sgiombo
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale

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Originalmente inviato da maral
rendere la biologia calcolabile come la fisica (e magari persino la medicina), è il sogno per ogni scienza che si rispetti, secondo l'accezione moderna di scienza, a partire da Cartesio, e di sicuro la scoperta del DNA ha rappresentato un bel passo in questa direzione.

Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche é un processo di avvicinamento alla conoscenza completa della realtà naturale-materiale (fisica) progressivo ma inesauribile, che si potrebbe definire, tanto per rendere grossolanamente l' idea, per certi aspetti “grossolanamente, irregolarmente asintotico” (ma con irregolarità, periodi di stasi e perfino e regressi).
Ma la calcolabilità (umana) degli eventi naturali, non solo in biologia ma anche nella fisica “di base”, non potrà che essere sempre limitata (l' onniscienza é una pretesa religiosa, non scientifica; irrazionalistica, non razionalistica).


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Originalmente inviato da maral
L'evoluzione però, per quanto possa essere confermata, non la considero un fatto, i fatti (nel senso di dati fenomenologici) stanno semmai nelle diverse forme in cui appaiono gli esseri viventi nei diversi tempi e luoghi e in relazione ai diversi contesti in cui si vengono a trovare, mentre la teoria evolutiva è un'interpretazione di questi fatti, o meglio, un modello, una mappa che, come ogni modello o mappa, risente anch'essa dei contesti sociali e culturali in cui viene tracciata (dunque, in quanto interpretazione, anch'essa è in evoluzione, a differenza dei fatti che, come i fossili dei trilobiti ormai non evolvono più e restano per sempre quelli). I modelli non sono mai semplicemente oggettivi, ma, essendo modelli di significato e non di puri oggetti, risentono dei contesti di senso.
I modelli, da un punto di vista scientifico (in questo caso misurante secondo calcolo), sono verificati o falsificati in base a quello che effettivamente prevedono, ma cosa può prevedere la teoria evolutiva di riscontrabile? Sulla base del suo modello possiamo prevedere come si sarà trasformato un coniglio tra mille secoli? Quale previsione ha senso? Possiamo costruire una storia del passato del coniglio, questo sì, ma come giustamente ha osservato Popper, la storia non è mai verificabile nel senso scientifico del termine, la storia (e soprattutto una storia vecchia di centinaia di milioni di anni) è sempre una storia indiziale, basata su interpretazioni; un po' come unire i puntini per ricostruire una figura, ma il senso del tratto con cui li si unisce dipende comunque da una raffigurazione a priori di quello che si va tentando di delineare, è più i puntini sono radi più la pre interpretazione è importante.

L' oggettività delle teorie scientifiche, che sono realizzazioni (teoriche) umane, non può che essere limitata, relativa (anche se in tempi lunghi tendenzialmente crescente); ma entro tali inevitabili limiti é realmente tale (questa non é un' obiezione alle tue affermazioni, che non la negano, ma un ulteriore chiosa, o una “sottolineatura” da parte mia).

La teoria dell' evoluzione biologica ovviamente può fare solamente previsioni generali e forse almeno in parte banali (che per esempio i conigli non potranno sviluppare le loro orecchie in misura tale da farne un eccessivo impedimento alla fuga dai predatori (a meno che lo consenta l' allevamento artificiale “in ambienti protetti”).
Ma questo mi sembra ovvio, trattandosi di fenomeni in ultima analisi fisici (riducibili alla natura fisica e alle sue leggi) caratterizzati da un' enorme quantità di fattori determinanti, scarsamente e ancor meno esaurientemente e precisamente misurabili: pretendere di più sarebbe come pretendere che le scienze meteorologiche (in ultima analisi la fisica) ci sappia calcolare oggi -26 Ottobre 2015- esattamente quanti mm di acqua cadranno sulla piazza del comune di Cremona (per la cronaca la mia amatissima città natale) dalle ore 6, 13 e 41 secondi alle 11,49 e 11 secondi del 22 ottobre 2078.

Le interpretazioni degli eventi passati si basano su ipotesi per lo più a posteriori (ricavate dalle conoscenze di origine più o meno direttamente empirica già disponibili; ivi comprese le leggi di natura), anche se certamente a volte audaci ipotesi fantastiche possono essere di grande aiuto; esse però vanno verificate da osservazioni a posteriori di fatti direttamente osservabili che siano più o meno indirettamente collegabili tramite inferenze a quelli non più presentemente rilevabili che sono oggetto di studio (altrimenti rimangono, magari non indefinitamente ma per un certo lasso di tempo finito) solo illazioni più o meno attendibili, verosimili, interessanti ma non scientificamente confermate).


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Originalmente inviato da maral
Qual è dunque il senso della teoria darwiniana? Una cosa strana è che Darwin (il padre dell'evoluzionismo) nei suoi scritti, non usò quasi mai la parola "evoluzione" (solo un paio di volte) e il motivo lo spiega nelle sue lettere: temeva di venire frainteso, temeva (come poi è effettivamente accaduto) che quella parola finisse con l'implicare l'idea di un processo progressivo, finalizzato al risultato di una forma migliore (guarda caso, quella performance competitiva che, per l'evoluzionista sociale, dovrebbe essere proprio la natura oggettiva a pretendere). Il progetto di Darwin, la sua visione, era invece quella di poter spiegare il fatto della diversità delle forme viventi su una base assolutamente non finalistica, un meccanismo che non ha alcun fine, che trova in se stesso la sua unica ragione, la natura vista proprio come una... tautologia. Intuire il completo meccanicismo autoreferente della natura era più facile nell'epoca in cui prendeva inizio l'automazione industriale. La natura come macchina poteva poi esprimere un meccanicismo a cui, proprio per la sua mancanza di fine, l'essere umano che invece vive di finalità, avrebbe potuto dare tutti i fini che voleva, grazie a quella tecnologia che poi si sarebbe chiamata "ingegneria genetica" (quella sì verificabile, purtroppo) e il cui fine sarebbe stato eugenetico (ahimè).
Con questo non dubito che Darwin sia stato una persona del tutto encomiabile e animato dai migliori propositi di conoscenza e le sue capacità osservative e interpretative restano strabilianti.
Non capisco in che senso la natura sia vista da Darwin “proprio come una tautologia”, né in che senso “il completo meccanicismo della natura stessa come autoreferente”.

La tecnica in generale e l' ingegneria genetica in particolare (che però ai tempi di Darwin era ancora di là da venire: utili all' uopo erano allora le ben più modeste tecniche della selezione artificiale, da cui il grande Charles prese un importante spunto di riflessione per giungere alla sua geniale teoria) secondo me ci danno mezzi per conseguire fini in circostanze determinate (purché tali fini siano realistici e dunque ovviamente limitati, contrariamente alle pretese irrazionalistiche e antiscientifiche dell' ideologia dominate).
Invece i fini li sentiamo dentro di noi (irrazionalmente); cosa peraltro ben spiegata dalla teoria darwiniana (ma spiegare i fini che irrazionalmente avvertiamo é ben diversa cosa che giustificarli, dimostrare razionalmente che siano da perseguirsi, il che secondo me é impossibile).

Ultima modifica di sgiombo : 26-10-2015 alle ore 19.19.41.
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Vecchio 26-10-2015, 14.15.39   #12
elsire
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Riferimento: Darwinismo Naturale E Darwinismo Sociale

MARAL scrive: "...ma cosa può prevedere la teoria evolutiva di riscontrabile? Sulla base del suo modello possiamo prevedere come si sarà trasformato un coniglio tra mille secoli?".
Secondo me, invece, ha ragione SGIOMBO, quando scrive: "...la teoria darwiniana é scienza oggettiva sempre più convalidata e corroborata (e in qualche secondaria misura inevitabilmente anche corretta come é ovvio) da osservazioni successive e non falsificata da alcuna."
Lo trovo ineccepibile!
Ed infatti, NON E' VERO che, la teoria dell'evoluzione "per selezione naturale", non sia verificabile sperimentalmente, in quanto si svolge in tempi troppo lunghi per consentire una "osservazione scientifica" diretta.
Questo -caso mai- è vero, in genere, per gli organismi più complessi, come quello dell'uomo, ma non è vero, in genere, per gli organismi più semplici, come i batteri (e non solo); in quest'ultimo caso, infatti, l'evoluzione per selezione naturale è verificabile "in provetta", nel giro di poche settimane o mesi.
Ed infatti, mediante una serie di esperimenti di laboratorio, si è potuto constarare che alcuni ceppi batterici sono diventati resistenti alla penicillina; questo, in quanto essi hanno accumulato variazioni genetiche, dovute a mutazioni avvenute per caso nella popolazione iniziale, che si sono rivelate vantaggiose e quindi sono state selezionate dall’ambiente, a seguito della pressione selettiva del medesimo (1).
Una recente ricerca sulla resistenza batterica agli antibiotici (2) ha rilevato che i batteri sopravvissuti (mutanti) a un uso massiccio di medicinali si trovano avvantaggiati dalla mancanza di competizione con gli altri batteri, sensibili agli antibiotici; il che, è un classico esempio di selezione naturale (o meglio, in questo caso "artificiale").
Per correttezza espositiva, devo però ricordare che l’idea che i batteri potessero “evolvere” acquisendo un nuovo carattere per la resistenza agli antibiotici, venne contestata già negli anni ’50, quando i genetisti americani Joshua ed Esther Lederberg, fecero degli esperimenti utilizzando la tecnica del "replica plating"; ed è tutt'ora contestatata da molti.
Ed infatti, il ragionamento di Joshua ed Esther Lederberg, scaturiva dal fatto che, andando a confrontare la posizione delle popolazioni resistenti con la piastra messa da parte (identica a quella utilizzata per l'irrorazione di antibiotici), risultava che i batteri resistenti agli antibiotici erano già presenti anche in quella, e "nelle stesse posizioni" in cui erano “comparsi” i batteri “evoluti” in quella utilizzata per l’esperimento.
Badate: ""nelle stesse posizioni" , non "nelle stesse proporzioni"!
Ed infatti, come detto sopra, i batteri mutanti "immuni" (che tollerano gli antibiotici), sono presenti in tutte le culture batteriche, nelle "posizioni" in cui si trovano; ma si sviluppano "proporzionalmente" di numero, soppiantando i "batteri non immuni", a seguito della pressione selettiva provocata dalla penicillina.
Se poi vogliamo chiamarla "evoluzione" o meno, è solo una faccenda nominalistica.
Più recente è la notizia che il microbiologo Martin J. Blaser, della New York University, analizzando dei batteri ritrovati nel permafrost dello Yukon, e risalenti a 30.000 anni fa, ha scoperto che essi contengono i geni per la resistenza a numerosi antibiotici (3).
Non mi soprende affatto, in quanto la Natura è molto "previdente", in quanto ogni specie vivente, oltre alla popolazione "standard", adattata all'ambiente presente in un dato momento, produce continuamente prole mutante di tutti i tipi (per casuali errori di copia del DNA); alcuni dei quali, vengono privilegiati per selezione naturale, da eventuali nuovi ambienti, che la popolazione di quegli organismi si trova ad affrontare, e che quei mutanti sono più adatti a sfruttare.
Per cui, non dubito affatto che, per errore di copiatura del DNA, in qualsiasi attuale cultura di batteri (dentro e fuori provetta), nascano sporadicamente individui mutanti di infinita varietà; alcuni dei quali, magari, sono immuni ad un farmaco che ancora dobbiamo inventare.
Quando lo inventeremo, se lo useremo in modo massiccio, quei "mutanti immuni" verranno selettivamente premiati; venendo a costituire la popolazione batterica dominante.
Anche se la cosa non fosse stata constatata in natura e sperimentalmente milioni di volte, secondo me sarebbe un accadimento prevedibile anche a livello di mera logica elementare: il più adatto all'ambiente, infatti, "ovviamente" si riproduce e prospera meglio degli altri.
Ed è questo dà luogo alla "evoluzione" della specie, se la vogliamo chiamare così; nel senso che una nuova popolazione con nuove più idonee caratteristiche, soppianta la precedente (in modo più o meno rapido e progressivo, ed anche con qualche salto).
Ma, beninteso, NULLA DI FINALISTICO, IN TUTTO CIO'.

NOTE
(1)
Per questo un antibiotico deve essere usato sempre sotto controllo medico e per il tempo strettamente necessario.
(2)
"When the Most Potent Combination of Antibiotics Selects for the Greatest Bacterial Load: The Smile-Frown Transition, è stata pubblicata su Plos Biology" 23 aprile2013.
(3)
Ne dà notizia il New York Times del 31 agosto 2011 in un articolo intitolato: Researchers Find Antibiotic Resistance in Ancient DNA.
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Vecchio 26-10-2015, 20.39.25   #13
green&grey pocket
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La questione Darwiniana la possiamo facilmente inquadrare nella storia politica del suo maggior esponente (ovveto venditore) in Italia ossia Pievani.
L'illustre scienziato è passato disinvoltamente dal darwinismo puro alle nuove teorie dell'EVO-DEVO ossia di tipo genetista.

Lo aveva già detto Monod, ripreso da Jay Gould: non c'è evoluzione alcuna, tutto è frutto del caso. (a pensarci bene lo avevano già detto i greci...)

Ma d'altronde basterebbe leggere lo stesso Darwin: non parla mai di evoluzione.
Come la più grande bufala ancora oggi valida: l'uomo deriva dalla scimmia.
Non è vero, lo stesso Darwin ci andava piano con certe cose.
(d'altronde le sue ipotesi errate erano dovute anche alla scarsità di informazioen archeologica e antropologica)

E' vera la questione dell'addamento ambientale, ma solo quello.

Per il resto le questioni del sociale o della cooperazione hanno a che vedere sempre e solo con il potere: ossia con la gerarchizzazione.


Purtroppo l'ideologia imperante ha sviato le considerazioni di questo 3d. Che condivido dunque solo nell'atto di giudizio di accusa, non nell'espozione lacunosa ed errata.


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Vecchio 26-10-2015, 22.19.51   #14
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Come la più grande bufala ancora oggi valida: l'uomo deriva dalla scimmia.
Forse mi sono perso qualcosa nel campo della biologia (che ammetto non essere di mio interesse),ma la teoria dell'evoluzione (o sarebbe allora meglio dire della selezione naturale) non è più valida?
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Vecchio 26-10-2015, 22.51.05   #15
maral
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Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche é un processo di avvicinamento alla conoscenza completa della realtà naturale-materiale (fisica) progressivo ma inesauribile, che si potrebbe definire, tanto per rendere grossolanamente l' idea, per certi aspetti “grossolanamente, irregolarmente asintotico” (ma con irregolarità, periodi di stasi e perfino e regressi).
Ma la calcolabilità (umana) degli eventi naturali, non solo in biologia ma anche nella fisica “di base”, non potrà che essere sempre limitata (l' onniscienza é una pretesa religiosa, non scientifica; irrazionalistica, non razionalistica).
Perfettamente d'accordo sull'impossibilità di un'onniscienza che penso non sarebbe nemmeno auspicabile. Un po' meno sul fatto che lo sviluppo delle conoscenze scientifiche siano un processo di avvicinamento completo alla realtà ove il disaccordo è su quel completo. Lo sviluppo della conoscenza scientifica si basa su un metodo di verifica peculiare che tiene conto della misurabilità quantitativa dei fenomeni e della loro ripetibilità normalizzata applicando criteri specifici di osservazione. Tutto questo è perfettamente lecito e costituisce la grande coerenza sintattica del discorso scientifico, ma è soggettivamente arbitrario, poiché il metodo stabilisce una prospettiva di osservazione e qualsiasi prospettiva non può che essere parziale (saperlo ci permette proprio di evitare ogni pretesa di onniscienza). Il discorso in merito comunque lo chiudo qui, anche se sarebbe molto interessante, onde evitare OT rispetto al tema della discussione proposta.
Sulle seguenti tue osservazioni sono in linea di massima d'accordo. Rispondo solo alla richiesta di chiarimento in merito all'autoreferenza dell'evoluzione naturale. Il punto che Darwin intuisce e lo mette a presupposto della sua teoria è che la natura non si muove in vista di alcun fine ed è per questo che è molto dubbioso sulla parola "evoluzione", proprio in quanto il termine è troppo facilmente associabile alla selezione artificiale che è invece sempre esercitata in vista di scopi. Per Darwin occorre non confondere le due cose. La natura semplicemente è ed è un divenire assoluto che continuamente muta senza indirizzo, disegno o progetto alcuno. Il fenomeno evolutivo è originariamente del tutto casuale e poi si muove in modo deterministico, ossia è un processo stocastico, ove il determinismo non tende a un fine (una causa seconda, come diceva Aristotele), ma è continuamente accompagnato da una casualità imbrigliata nella necessità del tutto autoreferente del processo stesso e questo è tutto ciò che occorre sapere. Si tratta insomma di un divenire assoluto che si attua secondo una praxis del tutto autoreferente, come il cerchio chiuso di una tautologia appunto. Il divenire non è per qualcosa, ma solo per se stesso, è mutamento per il mutamento. Per l'uomo non è così e in tal senso l'uomo può applicare senza limite di principio i suoi scopi sulla natura e questo è proprio quanto, soprattutto con la rivoluzione industriale, ci si impone di fare (basti accennare che la rivoluzione industriale nasce con la scoperta della macchina a vapore, la possibilità di trasformare il calore sviluppato dalla combustione, fenomeno del tutto naturale, in energia meccanica utile per produrre in base a un bilancio energetico ottimizzabile per calcolo ripetibile). Resta però a questo punto il problema di dove stia l'uomo, che agisce solo in vista di uno scopo e di un senso, in quella natura che sempre l'uomo vede essere radicalmente senza scopo e senza senso e credo che il problema non sia ancora risolto (sicuramente non nel pensiero occidentale di stampo cartesiano).
Per il resto Darwin si ispirò per costruire il suo modello meccanicistico ai diagrammi di Malthus che stavano gettando le basi della scienza economica: il rapporto tra domanda e risorse, con conseguente lotta per le risorse sempre insoddisfacenti a rispondere alla domanda. E' lo stesso meccanismo di base su cui si regge il motore economico del capitalismo che per l'appunto, assumendo quest'ottica a riferimento, intende attuare una sorta di selezione naturale.

Rispondo brevemente a elsire che cita l'esempio dei ceppi batterici come evidenza verificata del modello "evolutivo" facendo notare che però la teoria dell'evoluzione la si vuole come teoria biologica del tutto generale, non limitata ai batteri e non credo che a rigore sia semplicemente estrapolabile da questi a tutti gli altri organismi. Non lo credo proprio perché i batteri hanno caratteristiche biologiche del tutto diverse, come ad esempio la possibilità di scambiarsi direttamente filamenti del DNA per coniugazione (si potrebbe dire che nei batteri l'aspetto cooperativo, sia pure non voluto, prevale decisamente). Le mutazioni genetiche nei batteri avvengono in modo molto diverso e del tutto peculiare, tanto che non si parla di specie batteriche, ma di ceppi tra i quali non vi sono barriere: il mondo batterico è estremamente più fluido dal punto di vista genetico, quindi la conferma in termini generali mi pare assai azzardata. http://microrganismi.altervista.org/batteri_6.htm
Infine per tornare in tema, ricordo che l'evoluzione, che è stata descritta in termini stocastici (in primo luogo da Monod) è in realtà un fenomeno molto complesso in cui intervengono, per alcuni biologi (come il nostro Cavalli Sforza) addirittura in modo primario, fenomeni puramente casuali come la deriva genetica in cui la selezione del più adatto (per competizione o per cooperazione finalizzata a competere) non compare per nulla. L'unico selezionatore in questo caso è la pura e semplice statistica, esattamente come nella frequenza dei risultati complessivi del lancio di due dadi.
Proprio assumendo la deriva genetica come elemento evolutivo primario C.S. ha ricostruito un modello della diffusione dell'homo sapiens nel pianeta, se si fosse basato sull'evoluzione per selezione non ci sarebbe mai riuscito, infatti, a differenza dei fenomeni casuali statisticamente mappabili, quelli stocastici non sono per nulla calcolabili o prevedibili.

Ultima modifica di maral : 26-10-2015 alle ore 23.11.31.
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Vecchio 27-10-2015, 00.50.18   #16
Sariputra
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Forse mi sono perso qualcosa nel campo della biologia (che ammetto non essere di mio interesse),ma la teoria dell'evoluzione (o sarebbe allora meglio dire della selezione naturale) non è più valida?



Alla fine diranno che l'ipotesi più probabile sia quella che deriviamo tutti da una...coppia originaria di due ragazzotti che giravano nudi e che sembra si chiamassero Adam e Eva, tipi piuttosto ingenui, ma presto svegliati da un serpentello...sembra
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Vecchio 27-10-2015, 07.36.55   #17
elsire
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La questione Darwiniana la possiamo facilmente inquadrare nella storia politica del suo maggior esponente (ovveto venditore) in Italia ossia Pievani.
L'illustre scienziato è passato disinvoltamente dal darwinismo puro alle nuove teorie dell'EVO-DEVO ossia di tipo genetista.

Lo aveva già detto Monod, ripreso da Jay Gould: non c'è evoluzione alcuna, tutto è frutto del caso. (a pensarci bene lo avevano già detto i greci...)

Ma d'altronde basterebbe leggere lo stesso Darwin: non parla mai di evoluzione.
Come la più grande bufala ancora oggi valida: l'uomo deriva dalla scimmia.
Non è vero, lo stesso Darwin ci andava piano con certe cose.
(d'altronde le sue ipotesi errate erano dovute anche alla scarsità di informazioen archeologica e antropologica)

E' vera la questione dell'addamento ambientale, ma solo quello.

Per il resto le questioni del sociale o della cooperazione hanno a che vedere sempre e solo con il potere: ossia con la gerarchizzazione.


Purtroppo l'ideologia imperante ha sviato le considerazioni di questo 3d. Che condivido dunque solo nell'atto di giudizio di accusa, non nell'espozione lacunosa ed errata.



***
Dipende da cosa si intende per "evoluzione": se la vogliamo intendere in senso finalistico, sono d'accordo anche io...non c'è evoluzione alcuna, tutto è frutto del caso.
Ma quando il caso favorisce qualche mutante di una determinata specie (a seguito del cambiamento dell'ambiente), questo prende "numericamente" il sopravvento sugli altri esponenti della specie, per cui, per così dire -più o meno rapidamente- quella specie "cambia"; cioè, appunto "muta".
Se poi vogliamo invece dire che si "evolve" in un'altra specie, non ci vedo niente di scandaloso, purchè:
- non si dia alla parola un significato volontaristico e/o finalistico;
- non si dia alla parola il significato di "miglioramento" in senso assoluto, (è solo un relativo miglior -adatt- amento ad uno specifico ambiente).
E' vero: la più grande bufala ancora oggi ricorrente, è che l'uomo "deriva dalla scimmia".
Ed infatti, l'UOMO "E'" UNA SCIMMIA ; così come il gatto è un felino, e il cane un canide.
E' anche vero che le questioni del sociale o della cooperazione hanno sempre a che vedere "anche" con la "gerarchizzazione"; ed infatti, si tratta di un elemento comportamentale essenziale nella cooperazione, etologicamente riscontrato in quasi tutti i mammiferi "gregari"...e in particolar modo nei primati.
Dei quali (piaccia o non piaccia) la nostra specie fa parte (1).
Non siamo mica pesci!


NOTE
(1)
Ordine Primates (Scimmie)
Sottordine Haplorrhini
Superfamiglia Hominoidea
Famiglia Hominidae
Genere Homo
Specie H. sapiens
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Vecchio 27-10-2015, 10.33.44   #18
sgiombo
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Perfettamente d'accordo sull'impossibilità di un'onniscienza che penso non sarebbe nemmeno auspicabile. Un po' meno sul fatto che lo sviluppo delle conoscenze scientifiche siano un processo di avvicinamento completo alla realtà ove il disaccordo è su quel completo.

Parlavo di ”avvicinamento per certi aspetti grossolanamente e irregolarmente asintotico” , nel senso che per quanto vi giunga vicino non la raggiunge mai (la conoscenza completa della realtà naturale – materiale; e comunque non di quella mentale o di pensiero).

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Lo sviluppo della conoscenza scientifica si basa su un metodo di verifica peculiare che tiene conto della misurabilità quantitativa dei fenomeni e della loro ripetibilità normalizzata applicando criteri specifici di osservazione. Tutto questo è perfettamente lecito e costituisce la grande coerenza sintattica del discorso scientifico, ma è soggettivamente arbitrario, poiché il metodo stabilisce una prospettiva di osservazione e qualsiasi prospettiva non può che essere parziale (saperlo ci permette proprio di evitare ogni pretesa di onniscienza). Il discorso in merito comunque lo chiudo qui, anche se sarebbe molto interessante, onde evitare OT rispetto al tema della discussione proposta.

Non capisco il senso delle parole “il metodo stabilisce una prospettiva di osservazione e qualsiasi prospettiva non può che essere parziale”.

Il metodo é quello dell' osservazione empirica (e infatti la scienza conosce il “mondo -fenomenico- dell' esperienza materiale naturale”), della misurazione, della formulazione di ipotesi sulle costanze dei rapporti quantitativi fra i vari elementi ed aspetti del divenire -mutamento relativo e parziale, ovvero fissità relativa e parziale- di tale ambito fenomenico naturale-materiale della realtà, della verifica/falsificazione empirica di tali ipotesi (ma le osservazioni e misurazioni e verifiche/falsificazioni possono avvenire da qualsiasi prospettiva sia consentita dai limiti della possibilità fisica di spostarsi e di realizzare e utilizzare strumenti per osservare gli oggetti ed eventi naturali).

Non so se intendessi alludere alla critica humeiana della credenza nella causalità e dunque all' indimostrabilità (o soggettiva arbitrarietà del crederlo, almeno in un certo senso) del divenire relativo o parziale della natura materiale, ovvero ordinato secondo modalità o leggi universali e costanti (immutabili), che é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica.
In questo caso come puoi ben immaginare sarei perfettamente d' accordo.

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Sulle seguenti tue osservazioni sono in linea di massima d'accordo. Rispondo solo alla richiesta di chiarimento in merito all'autoreferenza dell'evoluzione naturale. Il punto che Darwin intuisce e lo mette a presupposto della sua teoria è che la natura non si muove in vista di alcun fine ed è per questo che è molto dubbioso sulla parola "evoluzione", proprio in quanto il termine è troppo facilmente associabile alla selezione artificiale che è invece sempre esercitata in vista di scopi. Per Darwin occorre non confondere le due cose. La natura semplicemente è ed è un divenire assoluto che continuamente muta senza indirizzo, disegno o progetto alcuno. Il fenomeno evolutivo è originariamente del tutto casuale e poi si muove in modo deterministico, ossia è un processo stocastico, ove il determinismo non tende a un fine (una causa seconda, come diceva Aristotele), ma è continuamente accompagnato da una casualità imbrigliata nella necessità del tutto autoreferente del processo stesso e questo è tutto ciò che occorre sapere.

Personalmente mi piace usare il termine di “pseudofinalismo a posteriori” per indicare il conseguimento per selezione naturale su mutazioni genetiche casuali di organi e comportamenti utili alla sopravvivenza-riproduzione (“come se” fossero stati fatti “a bella posta”, intenzionalmente, per uno scopo).

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Si tratta insomma di un divenire assoluto che si attua secondo una praxis del tutto autoreferente, come il cerchio chiuso di una tautologia appunto. Il divenire non è per qualcosa, ma solo per se stesso, è mutamento per il mutamento. Per l'uomo non è così e in tal senso l'uomo può applicare senza limite di principio i suoi scopi sulla natura e questo è proprio quanto, soprattutto con la rivoluzione industriale, ci si impone di fare (basti accennare che la rivoluzione industriale nasce con la scoperta della macchina a vapore, la possibilità di trasformare il calore sviluppato dalla combustione, fenomeno del tutto naturale, in energia meccanica utile per produrre in base a un bilancio energetico ottimizzabile per calcolo ripetibile). Resta però a questo punto il problema di dove stia l'uomo, che agisce solo in vista di uno scopo e di un senso, in quella natura che sempre l'uomo vede essere radicalmente senza scopo e senza senso e credo che il problema non sia ancora risolto (sicuramente non nel pensiero occidentale di stampo cartesiano).

Credo che esistano evidenti, inderogabili limiti all' applicazione dei fini umani alla natura; e pretendere di superarli può portare solo a guai serissimi e almeno in qualche caso irrimediabili, perché la cultura umana (con i suoi scopi) é parte della (subordinata alla) natura afinalistica e non viceversa.
A questo proposito non riesco ad astenermi dal citare un bellissimo passo di Engels nella Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia (scritto a fine '800, in pieno “ottimismo positivistico sfrenato”!):

“Insomma, l'animale si limita a usufruire della natura esterna, e apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza; l'uomo la rende utilizzabile per i suoi scopi modificandola: la domina. Questa è l'ultima, essenziale differenza tra l'uomo e gli altri animali, ed è ancora una volta il lavoro che opera questa differenza.

Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze. Le popolazioni che sradicavano i boschi in Mesopotamia, in Grecia, nell'Asia Minore e in altre regioni per procurarsi terreno coltivabile, non pensavano che così facendo creavano le condizioni per l'attuale desolazione di quelle regioni, in quanto sottraevano ad esse, estirpando i boschi, i centri di raccolta e i depositi dell'umidità.

Gli italiani della regione alpina, nel consumare sul versante sud gli abeti così gelosamente protetti al versante nord non presentivano affatto che, così facendo, scavavano la fossa all'industria pastorizia sul loro territorio; e ancor meno immaginavano di sottrarre, in questo modo, alle loro sorgenti alpine per la maggior parte dell'anno quell'acqua che tanto più impetuosamente quindi si sarebbe precipitata in torrenti al piano durante l'epoca delle piogge. Coloro che diffusero in Europa la coltivazione della patata, non sapevano di diffondere la scrofola assieme al bulbo farinoso.

Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle nel modo più appropriato”.-

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Originalmente inviato da maral
Rispondo brevemente a elsire che cita l'esempio dei ceppi batterici come evidenza verificata del modello "evolutivo" facendo notare che però la teoria dell'evoluzione la si vuole come teoria biologica del tutto generale, non limitata ai batteri e non credo che a rigore sia semplicemente estrapolabile da questi a tutti gli altri organismi. Non lo credo proprio perché i batteri hanno caratteristiche biologiche del tutto diverse, come ad esempio la possibilità di scambiarsi direttamente filamenti del DNA per coniugazione (si potrebbe dire che nei batteri l'aspetto cooperativo, sia pure non voluto, prevale decisamente). Le mutazioni genetiche nei batteri avvengono in modo molto diverso e del tutto peculiare, tanto che non si parla di specie batteriche, ma di ceppi tra i quali non vi sono barriere: il mondo batterico è estremamente più fluido dal punto di vista genetico, quindi la conferma in termini generali mi pare assai azzardata. http://microrganismi.altervista.org/batteri_6.htm
Infine per tornare in tema, ricordo che l'evoluzione, che è stata descritta in termini stocastici (in primo luogo da Monod) è in realtà un fenomeno molto complesso in cui intervengono, per alcuni biologi (come il nostro Cavalli Sforza) addirittura in modo primario, fenomeni puramente casuali come la deriva genetica in cui la selezione del più adatto (per competizione o per cooperazione finalizzata a competere) non compare per nulla. L'unico selezionatore in questo caso è la pura e semplice statistica, esattamente come nella frequenza dei risultati complessivi del lancio di due dadi.
Proprio assumendo la deriva genetica come elemento evolutivo primario C.S. ha ricostruito un modello della diffusione dell'homo sapiens nel pianeta, se si fosse basato sull'evoluzione per selezione non ci sarebbe mai riuscito, infatti, a differenza dei fenomeni casuali statisticamente mappabili, quelli stocastici non sono per nulla calcolabili o prevedibili.

Qui lascio rispondere Elsire per non esser invadente (eventualmente completerò la sua risposta con un argomento che sarei tentato di esporre qui, se lo riterrò utile.
sgiombo is offline  
Vecchio 27-10-2015, 12.02.24   #19
green&grey pocket
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Non ho certo il tempo di illustrare le centinaia di scoperte paleoantropologiche che testimoniano come una specie, al contrario di quello che diceva Darwin, non si evolva dall'una all'altra.

La specie si conserva o muore: tutto qui.

Per esempio nelle teorie dell'Evo-Devo si asserisce proprio questo, a livello genetico sono possibili mutazioni, come per i batteri, anche l'uomo ha interi segmenti per esempio uguali a quelli degli insetti.
Ma la struttura generale si definisce secondo leggi matematiche, per cui una specie si estingue dopo tot anni, perchè mantiene delle strutture fisse. Quindi oggi al massimo si parla (nell'evo-devo) di quello che NON può succedere.

Possiamo anche stabilire che biologicamente la specie nasce per morire.
Sono centinaia le classificazioni di animali estinti.

Poi ripeto anche queste ultime sono ennesime considerazioni generali, probabilmente errate quanto lo erano quelle di Darwin (ma non quelle sull'addamento ambientale). Fin quando la scienza non la smetterà di essere scientista e cioè di autocelebrarsi, invece che di occuparsi semplicemente di sperimentazione ed osservazione, temo che di queste teorie omologanti e chiaramente ideologiche ne avremo sempre a iosa.
green&grey pocket is offline  
Vecchio 27-10-2015, 12.21.44   #20
sgiombo
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Originalmente inviato da green&grey pocket
La questione Darwiniana la possiamo facilmente inquadrare nella storia politica del suo maggior esponente (ovveto venditore) in Italia ossia Pievani.
L'illustre scienziato è passato disinvoltamente dal darwinismo puro alle nuove teorie dell'EVO-DEVO ossia di tipo genetista.


Conosco e apprezzo moltissimo Pievani da vari scritti divulgativi; e mi pare (per quanto possa valutare) un ricercatore molto serio e rispettabile.

La scienza si evolve ed é fisiologico che si abbiano correzioni e/o intergarzioni delle teorie (o anche falsificazioni; ma non é il caso di quella della evoluzione biologica per mitazioni genetiche casuali e selezione naturale).

"Darwinismo puro -?- di tipo genetista -?-" mi sembra una tipica etichettatura denigratoria da "dinosauri" cha ancora si ostinano a negare l evidenza scientifica dei fatti.
sgiombo is offline  

 



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