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17-03-2014, 12.51.56 | #13 | ||||||||
Ospite
Data registrazione: 18-04-2007
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
Citazione:
Quindi sembri d'accordo sul fatto che l' "essere non manifestato" non ha realtà concreta, al di fuori del nostro pensiero, e quindi non è-non esiste. Citazione:
Ammesso che si accetti il tuo ragionamento, questo vale solo per come funziona la nostra mente, il nostro meccanismo di pensiero; non implica che la realtà esterna alla nostra mente non si possa comportare, come accade di fatto in molti casi, del tutto in modo controintuitivo. Citazione:
La possibilità o potenzialità ha valore solo concettuale, come finzione del nostro pensiero. Dire che il seme ha una potenzialità di essere pianta non significa rimandare a qualcosa di reale; ciò che è è solo il seme, e un soggetto cognitivo che per induzione immagina che si svilupperà (che si modificherà ontologicamente) quale pianta. Il mutamento del seme in pianta è un mutamento ontologico, quindi riguarda tutto l'essere del seme. Non c'è una cosa essente (né esistente) che si chiama potenzialità; questa è solo una finzione mentale utile che ci dice che probabilmente quel seme esistente si potrebbe mutare in una pianta esistente. La finzione mentale a sua volta ha la sua esistenza nei processi neuronali e solo in quelli. La potenzialità e la finzione mentale "sono" solo in quanto processi neuronali. Nel seme quale "essere seme" non c'è nulla di simile, nel momento in cui è seme. Citazione:
Ok, ma la borsa vuota ha senso solo appunto come un'immaginazione, una finzione utile per la comprensione, e il suo essere riguarda solo i nostri processi neuronali immaginanti. Non c'è un "lì dentro" vuoto e le cose esistenti non "sono" da nessuna parte (se non nel pensiero) "prima" di essere. C'è uno stato precedente e uno successivo; entrambi sono, e quindi esistono. Uno stato che non è, non esiste se non come processo neuronale. Citazione:
É solo l'intelletto che può immaginarsi un essere delle cose "prima" del loro esistere, per pura capacità di finzione (e per sostantivazione del verbo essere, cosa che come sappiamo crea facilmente confusione tra realtà puramente linguistiche o del pensiero e realtà ontologiche). Se cerchiamo di riferire tale "essere delle cose prima del loro esistere" a qualcosa, dobbiamo - come hai convenuto anche tu - riconoscere che non ci stiamo riferendo a nulla. In questo senso essere equivale ad esistere e non può non essere così. Citazione:
Ma un concetto o un pensiero è solo quando è pensato, e quindi quale cervello in un determinato stato di processo neuronale attivo. Parlare di pensiero non pensato ha lo stesso senso ontologico di parlare di un essere non esistente, cioè nessuno. Citazione:
Non vedo la contraddizione. Se qualcosa è, esiste; se non è, non esiste; possiamo, volendo, chiamare la condizione di "non essere o non esistere" col termine "nulla". Citazione:
La distinzione va fatta tra esistenza "come tale" ed esistenza "come pensiero che non si riferisce a nulla di esistente". Nel primo caso, la cosa esiste; nel secondo caso (Nonna Papera o l'unicorno) ad esistere non è la cosa ma il pensiero di essa. Il pensiero non è l'unicorno; è un pensiero e basta, ed è fuorviante caratterizzarlo come "esistenza di un unicorno". L'unica cosa che esiste è un processo neuronale, che chiamiamo "pensiero dell'unicorno". Confondere le due cose porta a dei non sequitur nello sviluppo successivo, se incauto. |
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17-03-2014, 16.26.19 | #14 | ||||||||
Moderatore
Data registrazione: 23-05-2007
Messaggi: 241
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
Citazione:
Ho già detto che dell'essere non manifestato non si può sapere niente perchè appunto non è manifestato, ma dovresti anche sforzarti di spiegare cosa intendi con "realtà concreta", perchè fare affermazioni dando per scontato che tutti intendano i tuoi concetti nel medesimo modo tuo non aiuta a capirsi. Citazione:
Non accettare il mio ragionamento, contestalo; dimostrami che è logicamente fallace. E parlare genericamente di "meccanismi di pensiero" senza spiegare cosa si intende, come funzionano, se sono uguali per tutti, da cosa sono mossi, se hanno le medesime conseguenze etc. è fare dell'inutile fumo. Se sono meccanismi, quindi come quelli delle macchine, saranno anche estremamente prevedibili, perchè se conosco una macchina so esattamente cosa accade muovendo quel tal meccanismo, e so che tutte le volte accade sempre la medesima cosa. I meccanismi di pensiero dunque se sono tali dovrebbero avere sempre i medesimi movimenti, le medesime reazioni e portare alle medesime conseguenze. E poi la realtà esterna alla nostra mente non può comportarsi in modo controintuitivo, perchè se lo fa è la nostra intuizione che è evidentemente sbagliata, non la realtà che ci fa un dispetto. Citazione:
La possibilità e la potenzialità hanno valore concettuale ed esplicativo; sono concetti che si usano per spiegare le cose agli esseri umani, perchè con loro non si può fare altrimenti. Non esistono "in sé", ma sono convenzioni grammaticali e semantiche per suscitare nell'interlocutore una comprensione che porti ad una giustificazione razionale dei fenomeni del mondo. Anche il mutamento ontologico del seme in pianta allora è una finzione, e anche l'ontologia, perchè se vogliamo andare all'essenza il seme è semplicemente quello che è e la pianta anche. Se si vuol parlare in termini di finzione allora anche tutte le parole del vocabolario sono finzione, e quindi non potranno mai raggiungere la realtà di alcunchè poichè vi è una profonda differenza ontologica fra realtà e finzione. Se invece le vediamo correttamente in termini di rappresentazione della realtà allora pur non potendosi identificare esattamente con quella potranno almeno evocarla, e saranno quindi utili a coloro che non si fossilizzeranno sulle mere parole. Citazione:
Il "processo neuronale immaginante" è altrettanto fumoso quanto i "meccanismi del pensiero" e il celeberrimo "caso", ma comunque visto che si parla di essere manifestato o non manifestato potresti spiegare logicamente da dove secondo te derivano le cose che man mano si manifestano? Se prima le cose non esistevano e adesso esistono significa che derivano dal nulla e quindi ti senti di smentire il famoso detto ex nihilo nihil fit? E se è così potresti allora spiegare cosa intendi tu per "nulla"? Citazione:
Ho detto che l'essere delle cose prima della loro manifestazione è "nulla che noi si possa conoscere", poichè noi possiamo conoscere solo ciò che si manifesta, ma non ho detto che è "il nulla" come definito inizialmente nel senso del non-essere di Parmenide. E comunque se intendi "immaginarsi" come sinonimo di "rappresentarsi" è ovvio che non può che essere così, ma non è affatto una finzione ma una rappresentazione della realtà, che viene arbitrariamente frammentata in concetti diversi per poterla meglio razionalizzare, ma di per sé allora prescinde da tutto ciò che noi possiamo dire su di essa, e non ha alcuna "ontologia" poichè anche l'idea che esista una ontologia è, per usare il tuo linguaggio, un "processo neuronale immaginante". Citazione:
E prima di essere pensato che cos'è? e dov'è? Citazione:
Ah, ma allora tu qui confermi che le cose prima di essere sono nulla. L'universo viene dal nulla, i pensieri giungono dal nulla, la luce, il tempo e lo spazio erano nulla. Come faccia il nulla a produrre l'essere, o l'impossibile a generare il possibile, è un mistero che spero svelerai senza contraddizioni di sorta. Citazione:
Cosa significa "esistenza come tale"? E nel secondo caso provo a farti un altro esempio: i miei "processi neuronali" mi portano ad immaginare un razzo che in tre giorni raggiunge Marte. Questo razzo a quanto affermi "non esiste", è solo un processo neuronale come tanti altri. Poi lo costruisco e vado su Marte. Come si spiega? Cosa lo fa passare da uno stato di mero processo neuronale (o di "finzione") ad uno stato di esistenza? E quando è costruito e ci si rende conto che "esiste" se qualcuno si domandasse che cos'era prima di essere costruito cosa dobbiamo rispondere? che era nulla? Forse che immaginare un razzo che raggiunga Marte è nulla? Forse che il progetto del razzo è nulla? forse che il materiale con cui l'ho costruito è nulla? Forse che gli studi per farlo arrivare su Marte sono nulla? Un altro esempio: l'unicorno. Anch'esso è un processo neuronale, ma se fabbrico un cavallino di plastica con un corno lungo in mezzo alla fronte allora l'unicorno esiste? A questo punto si direbbe di sì, a meno che qualche pazzo mi venga a dire che "No, quello è un unicorno fasullo". Che ne sa lui che è falso? Se prima non esisteva, era semplicemente "nulla", un mero processo neuronale immaginativo, allora quello potrebbe essere a tutti gli effetti un unicorno vero. Se si può dire di qualcosa che questo "non esiste" significa che dobbiamo sapere che cosa è, prima di giudicarne l'esistenza o meno. Ma se prima di esistere semplicemente "non è", o è "nulla", come possiamo saperne qualcosa per poi poter dire se esiste o meno? E poi se l'unica cosa che esiste, nel caso del "pensiero che non si riferisce a nulla di esistente", è il processo neuronale allora allo stesso modo non esiste l'amore, il potere, l'onestà, la libertà, la giustizia, la morale, la cultura e non esiste neanche lo stesso pensiero. Sono tutti meri e indifferenziati processi neuronali. E magari sarebbe interessante sapere come fanno dei meri processi neuronali che non si riferiscono a nulla di esistente (e quindi in sé sono "nulla") a condizionare la vita di tutto ciò che esiste. Torniamo al dualismo cartesiano e alla ricerca della allocazione fisica della "res cogitans"? |
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17-03-2014, 21.14.20 | #15 | ||
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
Citazione:
Come ho detto l'apparire non manifesto equivale alla dimensione inconscia (che come tale appare alla coscienza pur non apparendone i contenuti in quanto inconsci). Citazione:
Il problema che si presenta secondo la contraddizione C severiniana è che l'apparire del manifestarsi di ogni attributo può realizzarsi solo sullo sfondo dell'apparire di attributi che non si manifestano pur dovendosi per logica tutti manifestarsi e questo determina una apparente successione continua che via via restituisce l'integra totalità ontologica dell'essente. In conclusione ciò che per la logica è l'immediata totalità statica dell'essente che comprende ogni manifestazione ad esso pertinente, per la fenomenologia è il continuo sopraggiungere e oltrepassare apparendo di tutte le infinite manifestazioni che originariamente all'essente competono. |
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20-03-2014, 19.50.44 | #16 | |
Ospite
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
Hai ragione donquixote, e proprio per questo vorrei chiarire prima questo punto (cosa intendo quando chiedo, a te e a chiunque voglia partecipare, se l'essere non manifestato ha un esempio "concreto"). Mi sembra cruciale perché si possa andare avanti comprendendosi, come tu stesso dici.
Quando parlo di concreto intendo: oggettivo, che sussiste fuori da una costruzione concettuale, che si può in qualsiasi modo riscontrare empiricamente; e con ciò intendo anche in modo indiretto (ad esempio nel modo indiretto in cui si riscontra una particella subatomica oppure la cosiddetta materia oscura). Puoi farmi un esempio di "essere non manifestato" che sussista e sia riscontrabile in un qualche modo fuori dalla tua costruzione concettuale e dai tuoi pensieri di esso? Citazione:
Sul resto mi sembra che possiamo concordare maral, è questo che non capisco (ti chiedo pazienza). Mi sembra che ci sia uno spostamento di significato, se vuoi una fallacia di ambiguità. D'accordo, poniamo che l'essere sia definito nella sua totalità fenomenologica da tutte le manifestazioni dei suoi attributi; e poniamo che proprio per questo, nessun soggetto potrà mai cogliere tale totalità (questo è ovvio, a livello fenomenologico); come si arriva da qui al fatto che all'essere "mancherebbe" una qualche manifestazione? É il soggetto che non riesce fenomenologicamente a cogliere tali manifestazioni, non è l'essere che è manchevole a livello ontologico. E proprio per questo mi sembra improprio parlare di un fatto "logico" (stiamo parlando di un fatto fenomenologico che però non ha implicazioni su quello ontologico). Come ti dicevo prima, se dico "manifestazione" esco dalla logica, perché la logica non riguarda le manifestazioni di qualcosa - che attengono palesemente all'ambito in cui c'è un soggetto percipiente che possa cogliere nelle sue percezioni la manifestazione di qualcosa. L'ambito logico è quello in cui ci sono sistemi di assiomi e in base a quelli si possono formulare argomenti in base a premesse, inferenze e conclusioni e valutare tali argomenti. Qui la "manifestazione" - una relazione che implica necessariamente un soggetto percipiente e un oggetto percepito che quindi si manifesta così e così - che c'entra? |
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21-03-2014, 14.33.44 | #17 | |
Moderatore
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
Citazione:
Dunque abbiamo una contraddizione: A deve comprendere tutto il suo apparire m1...mn (altrimenti non è A che è proprio da esso definito), ma affinché ogni singolo m fenomenologicamente si manifesti è necessario che per contrasto appaia su manifestazioni che non appaiono, indispensabile sfondo di questo apparire. Nel momento in cui consideriamo la indispensabile esistenza di questo sfondo abbiamo restituito l'integrità ad A, ma solo in astratto, poiché concretamente tutto l'apparire non può mai apparire insieme, perché ha sempre bisogno di uno sfondo per farlo, ossia ha sempre bisogno che un non apparire, appaia per fargli da sfondo., ma poiché A è un tutto e come il tutto che è deve apparire, ciò che è impossibile appaia immediatamente in un colpo solo, appare come un eterno fluire fenomenologico ove c'è sempre qualcosa di diverso che si alterna nel ruolo di figura manifesta e sfondo non manifesto per quella figura. La trattazione in questo modo delle manifestazioni mi pare un modo del tutto logico di considerarne la fenomenologia. |
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21-03-2014, 14.52.46 | #18 |
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
C'è un seme, in ognuno di noi, che attende sia maturo il frutto che lo ospita. È un maturare vivendo che dà felicità e sofferenza, e quel seme avrà il colore dell'una o dell'altra, quando il corpo morirà, in dipendenza di come sarà riuscito a comprendere il senso dell'una e quello dell'altra. Poi quel seme si trasformerà in un nuovo e diverso frutto che avrà, al suo interno, lo stesso seme non manifestato che non muore mai.
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25-03-2014, 14.11.26 | #19 |
Ospite abituale
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
Salve, è da un po che non entravo nel forum.
Volevo dire che il discorso di Maral regge, presumibilmente, fintanto che si creda che qualcuno possegga delle proprietà; il ché io non lo credo affatto. La mia idea è che un essere non manifestato non esisterebbe affatto. Tutti gli enti dell'universo sono, però, degli osservatori, e solo nell'osservazione gli oggetti acquistano il "loro" contenuto. Al di fuori di questa relazione non c'è particolarità, riconoscibilità, diversità o soggettività. Il tavolo che non sto osservando "Io", in quanto recepito dalle altre entità "materiali" esiste nel modo da loro fenomenologicamente esperito. Finché lo osservo anche "Io" esisterà pure nel modo da me riscontrato. Nonostante alcuni accettino il fatto che gli enti esistano solo nella relazione (che contraggano un contenuto in quanto relativo a qualcosa), essi cadono nella contraddizione di considerare certe "relazioni date" come degli enti, finalmente, di per sé esistenti. Invece, anche questa realtà relazionale non dovrebbe esser pensata come qualcosa di analiticamente compiuto, ma di nuovo relativo a qualcos'altro; cosicché si avrà che nessuno è qualcosa di particolare che possa poi intrattenere una relazione con gli altri, con degli osservatori, ma una cosa sola è questa "relazione" continua i cui elementi analiticamente astratti dall'unità sono, invece, sempre assieme all'altro. Per far capire meglio la contraddizione che volevo evidenziare dico: si afferma che l'ente sia in certo modo determinato solo quando instaura un rapporto con qualcos'altro; una volta accettato questo però, si prende una rapporto dato e lo si considera come una entità di per sé determinata, cioè non si applica alla "relazione data" lo stesso principio che riguardava gli "oggetti dati" dei quali, invece, si affermava esser tali solo nella relazione con l'altro e non per sé. In questo modo si aggira fintamente l'dea di un ente di per sé significante, spostando la sua determinazione un passaggio più in là, dove si crede di aver trovato una "relazione", che è, in realtà, un ente a tutti gli effetti. Così si afferma l'ente "A" esser colui che detiene certi (infiniti presumibilmente) rapporti con gli altri enti del mondo; cosicché il senso di A è dato solo dall'intreccio che esso intrattiene con gli altri, ma cosa dire di questo stesso intreccio? Se A è questo intreccio, perché non potrebbe di per sé essere, cos'è questo stesso intreccio? Lui è di per sé? Per lui la regola di prima non vale? Ma poi il discorso degli enti che si relazionano non presuppone che siano dati questi oggetti prima della relazione stessa? O che abbiano della caratteristiche già prima della relazione tali da definire i particolari risultati della relazione stessa, la quale non si verificherebbe nello stesso modo di altre solo quantunque siano dati "oggetti di base" (cioè già determinati) diversi? In realtà è da molto che si parla con Maral di questi argomenti (senza però venire ad una soluzione condivisa! , ne approfitto per un cordiale saluto!), per cui, più che altro volevo riportare la mia idea: non c'è bisogno di supporre un piano degli oggetti non osservati, degli enti in sé direi, se si suppone, in contrasto con una concezione antropocentrica, che non solo l'uomo sia osservatore del reale. Se non guardo la Luna la Luna non esiste? Certo che esiste, perché ad osservarla saranno gli altri enti. Così potremo smettere di cadere nei paradossi del noumeno e del "tutto", cose di cui non si dovrebbe parlare, ma di cui si parla comunque per ovviare, "realisticamente" (=> attraverso una concezione realista), al problema della cooreferenzialità dei fenomeni (o significati). La mia teoria è realista fintanto che si diano per "reali" i soli contenuti mentali/significati/fenomeni, in quanto propri di ogni ente supponibile (compresi animali, cellule, atomi ecc.); il ché comunque riporta la mia tesi nell'abito dell'idealismo, direi. Lo spazio e il tempo possono essere, forse, e secondo me, principi trascendentali dell'esperienza (esperiti assai diversamente in ogni esperienza particolare), ma non sono, nelle loro particolari determinazioni -per esempio la lunghezza specifica di questo tavolo- proprietà oggettive delle cose, né proprietà oggettive una volta che sia dato un particolare rapporto tra le cose (per esempio: questo tavolo è piccolo perché tutti gli altri tavoli esistenti sono più grandi). Anche nel caso si riconosca una relazione data, questa non conferisce ad alcun ente le caratteristiche che emergono dalla relazione stessa. Non è il tavolo ad essere piccolo; con: <<questo tavolo è piccolo>> si descrive (attraverso, se si vuole, un gioco linguistico alla Witt.) la situazione del porsi (anche qui ci si esprime per intenderci, non come se la realtà fosse divisa in enti di per sé significanti) di tavoli grandi e piccoli (relativamente gli uni agli altri), non le caratteristiche obbiettive di "un tavolo" in quanto di per sé "piccolo". Un saluto |
25-03-2014, 20.58.06 | #20 |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-01-2008
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Riferimento: Cos'è un "essere non manifestato"?
Esistenza è termine che deriva dal latino "Ex-stare", e indica il non avere in sé le proprie essenziali ragioni di essere. Il materialista pensa che esista solo ciò che è misurabile, dunque il pensiero, le emozioni, le illusioni, le allucinazioni, i sogni, la fantasia, l'immaginazione e tutto quello che c'è, ma non è possibile metterlo su una bilancia... semplicemente ancora non esiste... Invece, ognuna delle realtà enumerate esiste, nella propria sfera di realtà. Il materialista pensa anche che, o una realtà esiste e ha un peso proprio, oppure, non esistendo nei modi che il materialista immagina, è sulla strada di combinare dei guai, nella deprecabile eventualità dovesse, un giorno nefasto per la materialità, apparire nel suo aspetto solido... Il materialista è convinto che il proprio cervello sia la propria intelligenza, e che la donna sia stupida a causa dei cinque grammi che mancano, rispetto al cervello maschile, alla sua massa cerebrale. Il materialista attribuisce alla quantità il dominio sulla qualità, e ne va fiero...
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