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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
14-03-2014, 12.16.37 | #2 | |
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2012
Messaggi: 335
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
Citazione:
Se può essere di interesse una questione simile viene trattata nella discussione: L' intangibilità dell' IO. |
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15-03-2014, 18.06.18 | #4 | |||
Ospite abituale
Data registrazione: 08-04-2002
Messaggi: 2,959
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
Citazione:
Citazione:
D'altro canto la risposta a quella domanda è un paradosso. Citazione:
La domanda in occidente accompagna la sapienza dai tempi di Socrate con il famoso “gnothi seauton ” iscritto nel tempio di Delfi mentre in oriente questa corrente sapienziale non si è mai estinta. Secondo me, oltre che un'indagine molto interessante, la questione su chi sono io rimane il quesito base. La conoscenza che prescinde dal conoscitore è quantomeno sospetta. |
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15-03-2014, 23.04.04 | #5 |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
Una risposta compiuta e definitiva ad oggi penso che non ci sia.
Noi forse siamo coloro che dal punto di vista ontologico, epistemologico e fenemenologico registrano gli eventi esterni e ne danno un senso, un significato. Il problema sta nella difficoltà che abbiamo di comprendere la realtà esterna quanto sia vera, cioè epistemologico. Quanto ci sia di essere ed enti ,cioè ontologico e quanto noi siamo all'esterno ed all'interno degli eventi, cioè fenomenologicamente. E già quì vi sono enormi difficoltà scientifiche , ma anche filosofiche. Ma in realtà quegli eventi entrano in noi ci turbano , ci coinvolgono, ci emozionano. Quì esploriamo allora altre dimensioni non logicamente predicabili con il solito linguaggio. Ma se gli eventi ci cambiano in qualche misura, potrebbe allora significare che noi uno stesso evento nei corsi del tempo lo viviamo in maniera diversa. Allora il dentro di noi e il fuori di noi si correlano in dimensioni che hanno linguaggi forse antichi o forse ancora da definire, anche se li abbiamo da sempre, ma siamo afasici nel mostrarli. Siamo Essere e registriamo dentro di noi il senso del mondo. Siamo identità e narrazione, perchè siamo noi stessi eppure cambiamo con i corso degli eventi:siamo storia. Siamo conoscenza e ignoranza, perchè creiamo leggi per capire il mondo, ma non riusciamo a capire la legge, il meccanismo, dentro di noi che ci governa. |
16-03-2014, 00.10.40 | #6 |
Ospite
Data registrazione: 18-04-2007
Messaggi: 16
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
Nel tuo discorso occorrerebbe fare molte distinzioni e precisazioni che però ci porterebbero troppo lontano. Ad esempio una componente di esso è la "conoscenza", ma con "conoscenza" si possono intendere molte cose diverse e a seconda di quale si intende, il tuo post cambia radicalmente significato.
Poi, mi domando chi pretenda (e come) di avere una visione "esatta" delle "cose", e se sia proprio possibile in generale o meno (indipendentemente dalla presenza o meno di qualcuno ci che abbia questa ambizione). Ma, nella seconda parte del discorso, sembri parlare di una "conoscenza" di noi stessi e di un concetto di "io" sul piano psicologico più che filosofico-ontologico, o magari scientifico-empirico. Da questo punto di vista, sono pienamente d'accordo con quanto scrivi. Non sono di certo solo gli altri a doversi fermare a alcune "manifestazioni del proprio io", quelle che emergono dalle relazioni. Anche noi stessi infatti conosciamo molto poco del nostro io, ne conosciamo solo alcune manifestazioni, quelle che emergono a coscienza, in determinate situazioni; e di queste ne selezioniamo alcune, una sparuta minoranza, che diventa un "fascio privilegiato" di manifestazioni di noi stessi (spesso già modificate e falsate nel ricordo, nella percezione distorta che si ha di sé) che vanno a formare una totalità apparente, di fatto solo immaginaria, che chiamiamo "il proprio io". Per conoscere veramente noi stessi non siamo in un punto di vista avvantaggiato rispetto agli altri, dato che ciò che selezioniamo per dipingere la "nostra identità" è spesso una distorsione di quel tumulto che siamo veramente. E di fatto una quantità imprecisabile di problemi psicologici (perlomeno di quelli non direttamente fisiologici), o forse tutti, deriva proprio dallo scarto che scopriamo, nell'agire, nel comportamento, nel dover interagire con la realtà momento per momento, tra "l'io" che ci siamo dipinti e ciò che siamo realmente, scarto che poi ci sforziamo in vari modi di sopprimere e dimenticare (finché non occorre una bella crisi d'identità, che però non ci porta mai a contatto con ciò che siamo realmente, ma solo con una nuova immagine, con un nuovo bel dipinto immaginario). Quindi, una volta compreso questo, come si può "indagare su noi stessi"? Penso che indagare sia un verbo che qui diventa fuorviante, perché l'unica indagine possibile è l'auto-osservazione (e qui Buddha, che considero "solo" un grande filosofo, aveva capito tutto): l'auto-osservazione proprio nel quotidiano, momento per momento, azione dopo azione; il più possibile sincera e onesta verso sé stessi (non lo sarà mai del tutto, ma piano piano si può demolire, man mano, l'immagine fasulla e avvicinarci - mai definitivamente - a quella reale). Il che significa anche essere preparati a sorprese molto spiacevoli e a farsi un'immagine di sé che potrebbe diventare molto poco lusinghiera, molto poco aderente a quelli che erano i nostri ideali o le nostre aspirazioni... E essere disposti ad accettare ciò che si osserva per quel che è senza dipingerci sopra un quadretto rassicurante. Ci vuole coraggio, e un'onestà intellettuale che riesca ad essere brutalmente totale. |
16-03-2014, 05.59.17 | #7 |
Moderatore
Data registrazione: 10-04-2006
Messaggi: 1,444
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
un aspetto che secondo me ce' da considerare sul quel "io sono" potrebbe essere questo;…(provo a fare questo ragionamento):
quando diciamo io sono la tendenza e' credere che questo appartiene a me,come se ci fosse un dentro,che dice "io sono" e un fuori,per dire "io non sono". a me sembra invece che le cose stiano diversamente,anche perché,provando a fare un esempio un po più pratico io sono e' un dinamismo in relazione all'altro (altro che può essere inteso come qualsiasi cosa,non solo persone) quindi io sono in relazione..non potrò mai conoscere chi io sono se non faccio esperienza con "altro" da me..ma che in realtà e' la stessa cosa,non e' altro da me ma sono sempre io in continuo divenire e in continua relazione. se non ce' relazione non ci sarei nemmeno io.. |
16-03-2014, 12.00.10 | #8 | |||||
Ospite abituale
Data registrazione: 08-04-2002
Messaggi: 2,959
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
Citazione:
Nella triade di conoscitore, conoscenza e conosciuto l'oggetto della nostra indagine deve sempre essere il conoscitore ma ecco che già qui comincia il paradosso. Chi è che stà indagando sul conoscitore? Il conoscitore reso un oggetto non è più quello che vogliamo scoprire noi vogliamo scoprire colui che indaga. Vogliamo scoprire l'ultimo testimone dell'esistenza che forse è il noumeno stesso a prescindere dal fenomeno, è l'essere in se e per se a prescindere dal divenire. Se ci perdiamo nei meandri del divenire abbiamo perso il conoscitore cioè abbiamo perso noi stessi.... Non so se queste riflessioni ti dicono qualche cosa..... spero di si! Citazione:
Uso il termine conoscitore ma qualsiasi termine delle triadi che rappresentano la manifestazione va bene. Potrebbe essere il testimone nella triade di testimone, testimonianza e testimoniato. Il vedente nella triade di vedente, vista, visto, il percettore nella triade di percettore, percezione, percepito. Insomma sotto il microscopio ho messo il soggetto che è a sua volta l'indagante e l'indagato e da qui l'inizio del paradosso. La risposta un po' la troviamo se capiamo che guardando nel microscopio non stiamo in realtà guardando noi stessi e che se vogliamo vedere noi stessi dobbiamo spostare il fuco dell'attenzione, ancora una volta dall'oggetto guardato a colui che guarda. Citazione:
Perché dici: - mai definitivamente -? Buddha per quanto ci è tramandato colse definitivamente la sua immagine reale a meno che io dopo 40 anni di studi fraintenda il termine illuminato e come lo fece lui che era un uomo lo può fare chiunque altro. Citazione:
Citazione:
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16-03-2014, 13.23.44 | #9 | ||
Moderatore
Data registrazione: 10-04-2006
Messaggi: 1,444
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
Citazione:
Citazione:
no….proprio perche sono in relazione che esisto.. vabbe',puo darsi benissimo che mi sono "perso" ..poco male esisto (senza io) |
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16-03-2014, 13.24.56 | #10 | |||
Ospite
Data registrazione: 18-04-2007
Messaggi: 16
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Riferimento: Chi sono io? La domanda impossibile.
Citazione:
Non concordo; è "un possibile" scopo di una possibile ricerca ma non l'unico possibile. Si tratta di scelte. Citazione:
C'è comunque almeno un senso per il quale si può dire che guardando nel microscopio ciò che vedo mi istruisce anche su me stesso. Citazione:
Non trinceriamoci dietro i nostri studi; in generale il ricorso ad auctoritatem è una fallacia se preso per sé, ma tanto più lo è quando entriamo in questo tipo di questioni, in cui gli stessi maestri insegnavano a diffidare dello studio nozionistico dei trattati della tradizione, ad 'uccidere il maestro' e ad essere maestri di sé stessi, guardare per proprio conto. Dico mai definitivamente per lo stesso motivo per cui un occhio non può vedere sé stesso (ma al massimo la sua riflessione in un oggetto che riflette). É vero che ci è stato tramandato che Buddha si sarebbe illuminato, e che alcuni interpretano ciò nel senso di aver colto definitivamente il proprio sé. Ma ci sono molti ma. Ci vengono tramandate molte cose la cui effettiva realtà è molto dubbia a dir poco. Inoltre, anche volendo prendere per buono il fatto che Buddha si sarebbe autoattribuito l'illuminazione, ciò non ci dice nulla sull'effettività di ciò (dobbiamo fidarci della sua parola, posto che ci sia stata). Inoltre, anche volendo fidarci di tale parola, quella per cui ciò corrisponderebbe a quello che dici (una -definitiva- comprensione del sé) è una possibile interpretazione, peraltro messa in discussione in alcune correnti del buddhismo. Nello zen, ad esempio, si usano molti paradossi verbali per sottolineare che l'illuminazione non c'è, non esiste, non è una meta, non è qualcosa cui si arriva, e quindi non è nulla di definitivo. L'illuminazione è caratterizzata dallo stesso Buddha in certi luoghi, e vista in molte interpretazioni (secondo me più corrette), come più vicina a un processo o a un'impostazione: un "modo" di conoscenza che è appunto l'auto-osservazione pulita, pura, scevra da sovrastrutture, ma che come tale è un continuo divenire e non raggiunge mai una meta definitiva, un porto sicuro. La meta è arrivare a un certo modo di guardare, non una conoscenza che può dirsi completa e definitiva (la stessa parola "illuminazione" è indicativa in questo senso: quando ho una corretta illuminazione posso vedere bene gli oggetti che indago, ma non ne ho per ciò solo una piena, completa e -definitiva- comprensione). |
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