ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
08-03-2014, 17.09.18 | #32 |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
|
Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Sgiombo:
Obietto solo alle affermazioni che più disapprovo (questa discussione non mi ha quasi per nulla coinvolto (mi sono imbattuto quasi per caso nelle brevi affermazioni di CVC che ho trovato assolutamente condivisibili, sentendo il bisogno di esprimare la mia approvazione). Green&grey pocket: L'effettiva cura degli psicofarmaci non esiste, essi sono solo forme lenitive. Forme che appunto colpiscono solo il sintomo. Sgiombo: Sono d' accordo. Ma penso che le cure psicologiche, e soprattutto quelle psicoanalitiche, non curino nemmeno i sintomi (non sono nemmeno cure sintomatiche, né semplici palliativi; cercando di sollecitare al massimo la mia generosità le potrei forse considerare, nei casi meno peggiori, dei placebo). Green&grey pocket: Quando si parla dell'importanza del giorno della memoria, non è perchè abbiamo prese le parti del popolo ebraico, ma perchè quell'evento storico è avvenuto quando nessuno poteva aspettarsi sarebbe avvenuto. Sgiombo: Trovo il cosiddetto "giorno della memoria" un' iniziativa vergognosamente razzista, che considera una (pretesa) razza, quella "ebrea" come "più uguale delle altre" non meno barbaramente perseguitate dai Nazisti e non solo, nel XX° secolo e non solo (pretendere che un razzismo sia del tutto diverso e peggiore di ogni altro razzismo é essere razzisti). Green&grey pocket: Purtroppo la propria identità l'uomo l'ha persa già nel 900, di quale onestà si sta parlando dunque? Riferita a quale uomo? Sgiombo: Per quel che mi riguarda, per esempio (fra i molti altri possibili) agli Arabi che hanno eroicamente combattuto (con i martiri Saddam e Gheddafi, fra gli altri, ai quali va tutto il mio rispetto e la mia ammirazione) e combattono la barbarie imperialistica occidentale, ai Venezuelani che combattono la loro rivoluzione bolivariana, a tutti coloro che nel mondo cercano di fare qualcosa perché gli iniqui, disumani e umanicidi assetti sociali dominanti vengano superati per tempo, così da salvare la nostra specie dall' autoestinzione. |
08-03-2014, 22.21.12 | #33 | |
Moderatore
Data registrazione: 12-09-2004
Messaggi: 781
|
Riferimento: il senso de "il lavoro rende liberi"
Citazione:
Ricordo ,sommessamente ,che il valore della testimonianza di qualunque imputato in un processo storico o giuridico che debba condurre ad una verita' storica o processuale, e' perfettamente superflua; pensare di ricomporre la verita' dell'Olocausto sulla scorta delle parole proferite da coloro che di quell'orrore furono sommamente colpevoli, sarebbe un voler dar credito alla buona fede di chi dimostro' tutto fuorche' la buona fede; detto questo , ribadisco che , a parer mio, l'etica cristiana e puritana del lavoro inteso come strumento di sacrificio attraverso cui guadagnarsi la benevolenza divina , la stima e la gratitudine del prossimo nulla c'entra con l'intento vessatorio e persecutorio organizzato nei campi di lavoro nazisti nei confronti di esseri umani non considerati mai come tali in quei tremendi contesti ( riguardo a Dachau , serbatoio di Auschwitz, consiglierei la lettura di esperienze veramente vissute , questo per rendersi conto del senso sprezzante, tutt'altro che cristiano, che i Nazisti davano al concetto di lavoro, io lessi quelle di Fridrich Volgger...) |
|
09-03-2014, 13.13.46 | #35 |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
|
Riferimento: il senso de "il lavoro rende liberi"
Tento di ricondurre la discussione al tema per evitare che si disperda in polemiche che possono anche essere di stimolo per altre argomentazioni specifiche, ma che qui stanno rischiando di degenerare in pure contrapposizioni di principio.
Allora il punto centrale di questa discussione è richiamato da queste 2 domande inizialmente da me introdotte: Vorrei proporvi se volete una riflessione filosofica sul senso del lavoro e della libertà e della schiavitù a esso connessi: quale lavoro rende liberi e da cosa? E se il lavoro viene sempre più a mancare ci ritroveremo domani più liberi o più schiavi di prima? Qual è il senso del lavorare? Il lavoro, a mio avviso, è una manifestazione essenziale dell'essere umano in quanto tale, è espressione proprio come attività lavorativa della sua integrità esistenziale più profonda in quanto è capacità di fare e di sentirsi apprezzato per questo fare in cui l'uomo trova di che sostenersi indipendentemente e di riconoscersi. Anche il lavoro più alienante lo è, pur esprimendo una contraddizione fondamentale e del tutto angosciosa, perché nel lavoro alienante la mia capacità di fare è alienata da uno scopo che mi esorbita completamente, in esso io divento mezzo per altro, anche se questo altro mi gratifica con uno stipendio che mi permette di vivere continuando a lavorare per ciò in cui mi alieno. In quanto manifestazione essenziale dell'essere umano progettare una società senza lavoro, come attualmente qualcuno prospetta, è a mio avviso assurdo quanto progettare una società tecnologica in cui il lavoro si misura solo in base alla sua funzionalità per altro (magari il profitto, aumentare il prodotto interno lordo o incrementare l'efficienza della macchina produttiva). Questo non toglie che il lavoro sia stato e sia continuamente sentito dal potere come strumento di imposizione della schiavitù che assume il senso di una rieducazione sociale (come in tutti i campi di lavoro di tutte le epoche e di tutti i regimi) e di conversione a un meccanismo di potenza che illudendo di gratificare l'io individuale in realtà lo annienta in quanto lo riduce sistematicamente a mezzo per se stessa (si vive per lavorare). Il lavoro si trova cioè oggi più che mai in bilico: esso rende a mio avviso effettivamente liberi, ma può certo rendere effettivamente schiavi (a volte anche senza accorgercene, a volte schiavi volontari che volontariamente accettano la propria dolorosa costrizione) e qui sta tutta la problematicità della questione che si traduce nell'interrogarsi sul come essa troverà sviluppo nel mondo contemporaneo e nel mondo futuro. In sostanza se il lavoro rende liberi e in quanto tale è indispensabile per godere della propria libera e incondizionabile esistenza, come si può evitare che questo slogan diventi ancora una volta solo espressione di un enorme ipocrisia più o meno consapevole affissa all'ingresso di un campo di rieducazione economica e sociale in cui a mio parere rischia sempre di più di trasformarsi il mondo intero? Un saluto |
10-03-2014, 02.26.11 | #36 | |
______
Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
|
Riferimento: il senso de "il lavoro rende liberi"
Citazione:
Un lavoro tradotto in una modalità o finalità capace di alienare l’uomo a se stesso, capace di rendere l’uomo estraneo a se stesso, non è espressione di alcun riconoscimento tantomeno di una integrità esistenziale. Sostenere il contrario significa a mio avviso tentare di non voler prendere coscienza che finalità e modalità non siano fondamentalmente la medesima questione, significa non avvertire l’alta tossicità di questa discriminazione. Ho un sentire chiaro di fronte alla questione che mi porta ad affermare che l’unica possibilità di coniugare un’autentica libertà al mondo del lavoro sia quella di una maturazione profonda in seno alla cultura sociale e quindi politica. Maturità culturale sociale e politica che radica su di una diretta personale profonda coscienza intorno al significato di dignità umana. Qui il discorso si fa complesso, nel senso di articolato che consta di molteplici chiarezze intorno al pensiero ed al sentire umano. Di fronte questa complessità l’unica strada di luce possibile è quella profonda analitica. Il sentimento di estraneità e separazione, differente dalla capacità del discriminare, la risposta emotiva che la mente mette in atto nel tentativo di preservare se stessa, annulla gradualmente la diretta coscienza di sé e del proprio sentire, non viene ad assumere un compromesso con il senso di realtà ma ne stravolge completamente il significato. L’uomo “ad una sola dimensione” insomma dove tra la presunta “oggettivazione” della realtà e l’individuo non v’è fondamentalmente alcuna differenza, alcuna mediazione: l’irrazionalità pura s’insinua come caposaldo della razionalità stessa. Forse allora ho sbagliato nel mio precedente intervento a dichiarare che dalle ceneri di una distruzione “andata troppo oltre” verrà il sorgere di una coscienza autentica.. Forse non c’è un “oltre”.. Forse l’unico “oltre” non può che essere un autentico vomito individuale una riappropriazione di quella razionalità autentica che sfocia come rifiuto ad un senso dell’esistenza venduto come inderogabile, quella voce della disperazione individuale che deve sfociare in una conversione autentica (o nella morte). |
|
10-03-2014, 13.29.26 | #37 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
|
Riferimento: il senso de "il lavoro rende liberi"
Citazione:
Il lavoro è una necessità da sempre se vogliamo continuamente vivere. Noi umani lo abbiamo fatto diventare un valore economico collegato al soggetto l’uomo. Così che non è il lavoro ad essere soggetto al mercato della domanda e dell’offerta, ma è l’uomo in condizione di lavorare che presta la sua opera in cambio di denaro per poter vivere. La conseguenza è che senza la voro quell’uomo rischia di non avere un reddito. Da ciò il lavoro è divenuto un obbligo per molti, peri privilegiati forse una scelta, e tanto più è obbligo e tanto più è facile che diventi alienazione. Il tecnicismo e la modernità hanno continuamente separato l’uomo (essere) dai suoi predicati (le sue proprietà). Oggi l’uomo è cittadino per lo stato di diritto, è negoziazione nel contratto di lavoro, è diritto di famiglia nel ruolo del coniuge o del genitore, è diritto del malato quando ha problemi di salute, ecc. E allora accade che il signor X quando lavora deve dimenticare i problemi familiari e di salute, quando è a casa in famiglia deve dimenticare lo stress del lavoro, ecc. Dell’”unità” del signor X non gli importa nessuno, ognuno nel contesto in cui si trova nel momento, desidera il meglio dai suoi “pezzi”. Noi siamo e viviamo in un contesto che non ha una unità organica, ma siamo “pezzi” funzionali ad una organizzazione sociale ed economica, ed è chiaro che questo porta ad una “schizofrenia” umana. In un ambiente del genere il sogno è vivere senza lavorare, per fare del proprio tempo ciò che ci piace egoisticamente. La vita sta diventando una schiavitù ,nati per essere durante un percorso formativo che inizia dalla scuola(ma direi dalla famiglia) funzionali e allenati ai meccanismi sociali ed economici: non c’è scampo. Non dovrebbe essere così, perchè il lavoro è una autogratificazione quando socialmente ci sentiamo utili agli altri e se corrisponde ad un proprio talento personale. |
|
10-03-2014, 22.38.54 | #38 |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
|
Riferimento: il senso de "il lavoro rende liberi"
Dunque secondo voi il lavoro è una schiavitù di cui occorre al più presto liberarsi (magari affidandolo alle macchine) oppure un mezzo di cui riappropriarsi per potersi sentire autonomamente realizzati?
|
10-03-2014, 23.06.38 | #39 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-01-2013
Messaggi: 331
|
Riferimento: il senso de "il lavoro rende liberi"
Citazione:
se vogliamo intendere il lavoro come trasformazione del mondo, io lo immagino come dice assai bene paul, in una dimensione comunitaria, nel mio specifico mi piace quella cosmogonica ateniese, dove la felicità e non la libertà del singolo era intesa nel complesso rapporto "conosci te stesso per poter star meglio con gli altri", fulcro di tutta la filosofia focaultiana, con il problema tutto da pensare all'interno della polis, e cioè l'eterogeneo del fuori delle mura, che si cristallizza nello stato di diritto d'eccezione, che garantisce un eccessivo immobilismo, mai dimentichi però del problema della guerra così feroce (e perciò lontanto dal mio sentire) nel pensiero intramoenia-extramoenia eppur tanto presente che per la maggior parte parliamo sempre di utopie. |
|
11-03-2014, 04.57.48 | #40 | |
Moderatore
Data registrazione: 10-04-2006
Messaggi: 1,444
|
Riferimento: il senso de "il lavoro rende liberi"
Citazione:
forse un possibile scenario potrebbe essere questo; il lavoro (per come si e' trasformato fino ai nostri giorni e per come lo intendiamo noi oggi) finirà per scomparire del tutto e il sistema basato su questo colassero' definitivamente…al suo posto verra il "lavoro" inteso pero come utilità al bene comune e non individuale...gia oggi penso si stia intravedendo un percorso del genere vedi per esempio,sistemi locali di produzione autogestita,scambi solidali,co-housing,l'invenzione di una moneta solidale,che viene scambiata solo attraverso il servizio che fai,utile per la comunità.. |
|