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04-03-2014, 12.36.52 | #33 | |
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2012
Messaggi: 335
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Citazione:
Allora ciò significa che per qualunque mio contenuto di coscienza (ente di cui ho esperienza) è già stata stabilita una relazione attraverso il linguaggio. Ora sarebbe il caso di definire meglio ciò che si intende per linguaggio perchè: Quale linguaggio mi permette di entrare in relazione col suono di una chitarra? Quale linguaggio mi permette di entrare in relazione con la vista di una montagna? ... Si tratta forse del medesimo linguaggio con cui quotidianamente comunichiamo con gli altri e con noi stessi o si tratta d' altro? Ultima modifica di jeangene : 04-03-2014 alle ore 17.02.42. |
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04-03-2014, 18.01.08 | #34 | |
Simpatizzante di Vattimo
Data registrazione: 06-02-2014
Messaggi: 45
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Citazione:
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04-03-2014, 23.47.03 | #35 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-01-2013
Messaggi: 331
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Citazione:
Non sono d'accordo, non si tratta del linguaggio quotidiano inteso come qualcosa di formale, di regole preformate, bensì proprio di una sorta di "impersonifizazione del linguaggio", si tratta della stessa Langue di Saussuriana memoria: intesa fino a pochi anni fa, come apertura storica del linguaggio al vissuto, e oggi invece corretta dall'istituto svizzero di filologia Saussuriana come una sorta di premessa vivente al pensiero stesso. Heidegger per primo si accorse dell'importanza del suono, Gadamer ne ha sottolineato l'importanza tramite l'idea di fulmine, il linguaggio è il fulmine prima che prenda suono. Ancora bisogna ricordare in ambito italiano Semerano e la sua filologia-fonetica, ripresa tra gli altri da Severino, Cacciari, Galinberti. Non ultimi gli studi delle neuroscienze sulle lingue artificiali, che dimostrano come i linguaggi non naturali siano difficilmente assimilabili nonchè attivino aree del cervello diverse dalle naturali.(poi ovviamente deviano e pensano di ritrovare nella forma il segreto dell'essere...ma ormai abbiamo capito il loro problema...). Cioè l'essere come giustamente nota Vattimo risiede nel prima-del-linguaggio e lo determina. Mi piace il paragone del fulmine e del tuono, se il tuono è il linguaggio quotidiano, allora il fulmine è qualcosa che appena prima l'ha determinato. Questo qualcosa prima è il suono.(Inutile dire la vertigine che scaturisce dai paralleli dal vangelo di Giovanni alle letture della Cabale ebraica). In questo senso Heidegger (immagino) legge il linguaggio che determina l'uomo. (a me piace vederla così cmq) |
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05-03-2014, 08.27.53 | #36 | ||
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2012
Messaggi: 335
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Citazione:
"Ora questa precomprensione si concreta di fatto in un linguaggio, in un mondo di parole, di regole grammaticali e sintattiche." "È la parola che procura l’ essere alla cosa." Leggendo queste frasi però sembra proprio si parli di quel linguaggio che usiamo per pensare, per parlare, per comunicare (o comunque qualcosa di molto simile). Citazione:
Ma il suono (se inteso come suono percepito) è già un contenuto di coscienza, si è già dato nella presenza e quindi deve essersi già messo in relazione con noi attraverso il linguaggio. Da quanto ho capito è il linguaggio a rendere possibile il sentire, l' esperienza (in quanto esso è la concretizzazione dell' apertura storica in cui l' esserci incontra gli enti) e quindi tentare di scorgere l' essenza del linguaggio attraverso il sentire stesso, attraverso l' esperienza stessa non penso sia la giusta via. |
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05-03-2014, 13.01.09 | #37 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Prima del linguaggio (a mio avviso, pur con tutti i limiti nel parlar di successione di eventi in cui il tempo non è quello dell’orologio) c’è “l’informazione”, che viene “interpretata-decodificata” da questo (linguaggio).
Il linguaggio però non rivela un senso che si trovi insito nelle cose: l'eventuale senso viene continuamente formato proprio dall'interazione tra soggetto, essere e linguaggio. Non esiste (o comunque non è possibile parlare di) un senso a se stante, che il linguaggio o il soggetto si incarichino di rivelare. (cit. A. Cannata) Se c’è, almeno una parte del senso procede dall'informazione e quest'ultima la contiene. L’informazione attiva il linguaggio che renderà possibile la percezione. Differente per categorie differenti. Tutto è linguaggio perché tutto è relazione. I diversi infiniti linguaggi che riusciamo a identificare (le lingue con cui parliamo e scriviamo, i linguaggi dei gesti, quelli della musica, i linguaggi con cui l'inconscio si esprime nei sogni e nei nostri comportamenti, ecc.) sono soltanto degli esempi a cui possiamo fare riferimento per renderci conto della nostra condizione di esseri fatti di linguaggio. (cit. A. Cannata) E ancor prima (se c’è un prima) siam fatti (per una certa parte) d’informazione. come i linguaggi non naturali siano difficilmente assimilabili nonchè attivino aree del cervello diverse dalle naturali.(cit. g&g pocket) Dipende quale sia l’informazione che ci riguarda, infatti “difficilmente assimilabili”, non impossibili da assimilare. Da quanto ho capito è il linguaggio a rendere possibile il sentire, l' esperienza (cit. Jeangene) Il linguaggio è il traduttore-decodificatore dell’informazione e rende possibile comprenderla (farla propria, più o meno bene, più o meno compiutamente). Il sentire e l’esperienza son in mezzo ai due (informazione>sentire/esperienza>linguaggio/traduzione). Cos’è l’informazione, da dove arrivi… è un’altra questione, meno in linea con questa discussione e maggiormente con quella che ho iniziato (Da dove veniamo, che siamo, dove andiamo?) . un saluto |
05-03-2014, 13.35.37 | #38 | |
Moderatore
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Citazione:
Se il linguaggio è l' apertura storica entro la quale l' essere si rivela non ci può essere niente che lo precede (specialmente il sentire/esperienza). Questo almeno per quanto riguarda il pensiero di Heidegger o almeno per come io l' ho interpretato. |
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05-03-2014, 14.37.34 | #39 | |
Simpatizzante di Vattimo
Data registrazione: 06-02-2014
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Citazione:
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05-03-2014, 21.07.43 | #40 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Heidegger: l' essere e l' uomo
Ho premesso “a mio avviso”, a significare che non intendevo interpretare il pensiero di Heidegger, ma al par d’altri ho fornito un suggerimento ampliando la prospettiva, che una seria e ben condotta discussione come questa può permettersi di inglobare (purché, giustamente, limitata e circoscritta) senza venir meno al tema d’avvio.
Subito dopo ho aggiunto: pur con tutti i limiti nel parlar di successione di eventi in cui il tempo non è quello dell’orologio. Rispettando tali limiti (togliendo il nostro tempo) il fenomeno ritorna un tutt’uno, senza distinzione. Per Heidegger noi nasciamo già immersi nel linguaggio, perché tutto ciò che avviene in noi sin dal concepimento avviene all'interno di linguaggi; perciò ci è assolutamente impossibile separare il linguaggio dal contenuto, cioè dall'informazione di cui il linguaggio dovrebbe essere, in una visione metafisica, soltanto veicolo. Nella prospettiva di Heidegger distinguere tra informazione e linguaggio significa ricadere in un modo di pensare metafisico, che pretende di considerare l'informazione come un dato oggettivo. (cit. A.Cannata) Tuttavia mi sembra che nel mondo d’oggi molte discipline considerino l’informazione un dato oggettivo (non la sua interpretazione). Su cosa sia il pensare metafisico credo le opinioni siano variegate. E poi, se davvero come vien affermato, il tempo potrebbe scorrere anche nel verso opposto (o già lo fa... in certi luoghi?), allora la successione proposta informazione>sentire/esperienza>linguaggio/traduzione diventa informazione<sentire/esperienza<linguaggio/traduzione (il linguaggio permette l'esperienza/la percezione del contenuto dell'informazione) in accordo con Se il linguaggio è l' apertura storica entro la quale l' essere si rivela non ci può essere niente che lo precede (specialmente il sentire/esperienza ). (cit. Jeangene) Apparenti divergenze. |