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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 11-02-2014, 08.23.25   #31
sgiombo
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

Sgiombo:

Il divenire non impedisce la (conoscenza della) verità: se un' attimo dopo aver constatato qualcosa tale qualcosa é cambiato o non esiste più, l' affermazione dell' esistenza di tale qualcosa proposta mentre esso esisteva (un attimo prima di cambiare o cessare di esistere) resta perfettamente vera

Iugulatus:
L'introduzione del tempo come categoria fondativa del concetto e della filosofia in generale fa sì che la verità che resti non sia altro che l'accadimento storico,(il quale preso isolatamente è circoscritto temporalmente), di cui si cerca di conservare la verità all'interno di una Wirkungsgeschichte, la famosa Storia degli Effetti brandita da Gadamer. Ma l'accadimento storico non è l'accadimento nudo e crudo, è l'evento filtrato contemporaneamente dalla scienza e dall'ignoranza dell'essere umano, è un concetto concretizzato, un'idea di cui cogliamo il respiro nel nostro presente...ma in una maniera così costitutivamente vaga ed evanescente che il gioco dell'interpretazione diventa una malattia perenne; c'è qualcosa di troppo mistico ed irrazionale nel contentarsi di una presunta partecipazione, attraverso il linguaggio, della verità, che non è altro che ciò che si raccoglie nel tempo, nella forma di una cultura continua e senza cesure con cui siamo sempre in comunicazione.

Sgiombo:
Non so che significhi "Wirkungsgeschichte" e non conosco la famosa (ma non per me) storia degli effetti bandita da Gadamer e non comprendo proprio cosa possa significare " l'accadimento storico non è l'accadimento nudo e crudo, è l'evento filtrato contemporaneamente dalla scienza e dall'ignoranza dell'essere umano, è un concetto concretizzato, un'idea di cui cogliamo il respiro nel nostro presente...ma in una maniera così costitutivamente vaga ed evanescente che il gioco dell'interpretazione diventa una malattia perenne; c'è qualcosa di troppo mistico ed irrazionale nel contentarsi di una presunta partecipazione, attraverso il linguaggio, della verità, che non è altro che ciò che si raccoglie nel tempo, nella forma di una cultura continua e senza cesure con cui siamo sempre in comunicazione".

Ma qualunque cosa tutto ciò (da me ignorato e/o non capito) possa significare, resta il fatto che, se nella lingua italiana le parole hanno un senso, allora: se un' attimo dopo aver constatato qualcosa tale qualcosa é cambiato o non esiste più, l' affermazione dell' esistenza di tale qualcosa proposta mentre esso esisteva (un attimo prima di cambiare o cessare di esistere), o anche successivamente ma riferita al tempo in cui esisteva (prima di cambiare o cessare di esistere), resta perfettamente vera.

Iugulatus:
Stiamo attenti al fatto che la filosofia non sviluppa contenuti avulsi dall'organo sociale, politico ed economico in cui è inserita, che il suo stato rischia di essere non altro che la traduzione, nel neolinguaggio di cui parlava Don Quixote, di una situazione in cui essa, con nessuna trasparenza a se stessa, si trova al servizio di un meccanismo molto più silenzioso e molto più operativo di essa.
Il riflesso, in un codice più nobile e grazioso, di realtà ben più elementari.

Sgiombo:
Accolgo l' invito a tener conto della situazione sociale, politica ed economica in cui si é inseriti nel fare filosofia e dei rischi che ciò comporta (fra l' altro sono marxista).
Ma si tratta di rischi ben fronteggiabili e positivamente superabili con buona volontà, onestà intellettuale, senso critico, razionalità.
E non semplicisticamente di riflessi passivi, acritici, ineluttabili (per lo meno non necessariamente se si fa buon uso di razionalità e senso critico).
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Vecchio 11-02-2014, 12.59.48   #32
green&grey pocket
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

Citazione:
Originalmente inviato da Iugulatus
L'introduzione del tempo come categoria fondativa del concetto e della filosofia in generale fa sì che la verità che resti non sia altro che l'accadimento storico,(il quale preso isolatamente è circoscritto temporalmente), di cui si cerca di conservare la verità all'interno di una Wirkungsgeschichte, la famosa Storia degli Effetti brandita da Gadamer. Ma l'accadimento storico non è l'accadimento nudo e crudo, è l'evento filtrato contemporaneamente dalla scienza e dall'ignoranza dell'essere umano, è un concetto concretizzato, un'idea di cui cogliamo il respiro nel nostro presente...ma in una maniera così costitutivamente vaga ed evanescente che il gioco dell'interpretazione diventa una malattia perenne; c'è qualcosa di troppo mistico ed irrazionale nel contentarsi di una presunta partecipazione, attraverso il linguaggio, della verità, che non è altro che ciò che si raccoglie nel tempo, nella forma di una cultura continua e senza cesure con cui siamo sempre in comunicazione.

Stiamo attenti al fatto che la filosofia non sviluppa contenuti avulsi dall'organo sociale, politico ed economico in cui è inserita, che il suo stato rischia di essere non altro che la traduzione, nel neolinguaggio di cui parlava Don Quixote, di una situazione in cui essa, con nessuna trasparenza a se stessa, si trova al servizio di un meccanismo molto più silenzioso e molto più operativo di essa.
Il riflesso, in un codice più nobile e grazioso, di realtà ben più elementari.


E' chiaro che l'evento storico viene filtrato dal singolo e ancor di più dalla società che lo determina come già Spinoza o Preve indicano, ma la storia come evento nudo è crudo è infatti qualcosa di diverso, Gadamer che rielabora Heidegger che a sua volta rielabora la storia della filosofia occidentale, intendono riferirsi esattamente come a quello che Hegel chiamava la fine della storia, ossia la fondazione il grund della filosofia principe cioè la metafisica stessa.

E' un processo che necessariamente parte d alle categorie aristoteliche ancora assai confuse, per arrivare a quelle kantiane infine risistemate definitivamente da Peirce.

E' a partire da quelle categorie che Gadamer immagino cerchi le nuove vie del metafisco.(e purtroppo che io sappia, di strada in quella direzione se ne è fatta poca.)
Immagino Hegel ne abbia fatto qualcosa di geniale, io sono fermo alla categoria del tempo relativo alla formazione io-oggetto.

Infatti l'oggetto, ossia per Heidegger quello su cui come occidentali ci siamo maggiormente soffermati.

La scienza oggi parla di oggetti, con i suoi metodi che siano popperiani, formali, anarchici o kuhniani, non risolve certo il compito più largo della filosofia.

La filosofia si occupa anche dell'uomo, del rapporto fra gli uomini, del rapporto tra il proprio io e il costantemente diverso da se a cui la realtà lo chiama.

Ma sono solo alcune delle tematiche.

Oggi il problema è anche quello, ossia che la filosofia al di là della oziosa domanda se vale o meno, è sempre più specialistica.

Oggi la chiamiamo scienza, psicologia, politica, linguistica ma ognuno che abbia studiato almeno uno di quei campi, sa benissimo che vi sono ulteriori diramazioni alcune adirittura in forte scontro di metodologie e intenti.

Sembra quasi che al filosofo venga richiesto di trovare ancora una verità all'interno di tutte queste discipline (brutto termine lo so).

La verità la sappiamo già, è quella metafisica, non ve ne sono altre, per poterla intendere viene richiesto però ciò che le altre discipline non possono fare nè metodologicamente nè intenzionalmente.
Ossia un allontanamento dall'oggetto.

In questo senso qualcuno la paragona ad una nuova teologia, altri a sogni ad occhi aperti.

Ma questo qualcuno sono esattamente coloro che stanno dentro alle discipline, che non possono capire che non esiste verità sull'oggetto.

Il buon Sgiombo applica una filosofia quella humiana, che è nei paraggi di quell'oggetto, da buon militante della propria disciplina infine egli non può rinnegare un concetto seppur grossolano, seppur fideistico, identificandolo in un una sorta di monismo-dualismo, che riguarda l'esistenza di quell'oggetto.
Il motivo è semplice: come potrebbe avere una relazione con qualcosa che sarebbe fantasma?

In questo senso Iugulatus nemmeno tu puoi esimerti dal rinnegare allora quell'oggetto, per portare avanti la discussione.
Nel senso che in cuor tuo nella tua vita sai che non hai a che fare con oggetti-fantasma.
E' invece giusto dire che esistano discorso fantasmatici.E qui siamo di nuovo al nocciolo del pensiero dialettico e non solo (penso anche alla psicoanalisi per esempio o a Spinoza).

Ma non basta, infatti il concetto di verità che tu esprimi, è un concetto di matrice chiaramente materialistica (dialettica?).
Un concetto che ha già fallito nella storia, e che richiama tutte nozioni politiche.(questo se sposi un materialismo storicista alla Gramsci).
La storia che ci starebbe dietro sarebbe quella hegeliana o anche quella escatologica cristiana a mio parere.
Ossia siamo ancora nei pressi del dibattito apodittici-aporici di tanta filosofia contemporanea, che appunto non riesce ad indicare alcuna verità sostanziale.
Il relativismo è dietro l'angolo e con esso la fine del rapporto privilegiato che la filosofia intratteneva con il concetto di verità di un Parmenide.

A mio parere questo tipo pensiero relativistico, che sfocia in etiche abbastaza discutibili sempre sulla soglia di tentazioni totalitarie, è esattamente quello che il pensiero del nostro tempo, ossia l'ideologia dominante produce.(uso le stesse categorie del materialismo dialettico per arrivarci).
E' per questo che la filosofia oggi come oggi, per i non addetti ai lavori sul metafisico sembra, nelle discipline, problematica e nella percezione pubblica, inutile o peggio "sospetta".

Il concetto di verità in realtà ha già raggiunto vertici assoluti in Hegel.
Spiace sentire parlare di Hegel solo come se fosse stato il Politico e non anche il Filosofo.
Lo stesso Preve che determina un tipo di comunitarismo dalle categorie hegeliane, richiede che per non cadere nel relativismo dello storicismo dei post-hegeliani, si debba leggere anche l'Hegel squisitamente fenomenologico. (cosa indubbio assai complessa, per esempio ad un logico o ad un neuroscienziato sarebbe come togliergli il pavimento sotto i piedi).
E' proprio in questa osticità, che risiede lo scontro del potere sul sapere anzitutto.
E' uno scontro spesso silenzioso ma assai trasparente, e già molti ne stanno delineando almeno per quest'epoca i connotati: età liquida, postmoderna etc....

Questo non ci risparmia come filosofi a rispondere sull'oggetto, come già facevano i presocratici (per primi), ma ad andare fino in fondo.

E' per questo che stimo Sgiombo, perchè seppure dall'interno della sua stessa disciplina, esprime un pensiero che in lunga parte condivido, e che appunto sul metafisico si divide senza possibilità di riconciliazione.

Il metafisico di cui ho parlato e che non può essere nè l'anima storicistica che tu Iugulatus mi sembri rappresentare (posso sbagliarmi e ti prego di meglio definire la tua posizione, indubbiamente interessante) nè quella scientifica o peggio scientista (ma sono molti che mi dicono sono una minoranza rispetto ai veri scienziati).

Che poi dal metafisico le domande di Holzweg diventano assai dense ed è quello di cui mi occupo è altra storia.

saluti.
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Vecchio 12-02-2014, 00.14.25   #33
donquixote
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

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Originalmente inviato da sgiombo

resta il fatto che, se nella lingua italiana le parole hanno un senso, allora: se un' attimo dopo aver constatato qualcosa tale qualcosa é cambiato o non esiste più, l' affermazione dell' esistenza di tale qualcosa proposta mentre esso esisteva (un attimo prima di cambiare o cessare di esistere), o anche successivamente ma riferita al tempo in cui esisteva (prima di cambiare o cessare di esistere), resta perfettamente vera.


Le parole hanno senso come rappresentazione di una realtà, vera o presunta, ma non sono la realtà. La possono evocare per analogia, per approssimazione, ma bisogna sempre guardare al di là delle parole, appunto alla realtà, altrimenti non si riuscirà mai a comprendere ad esempio come mai Achille riesce sempre a superare la tartaruga quando le parole ordinate sintatticamente e logicamente affermano il contrario. Nel caso di specie l'affermazione che fai è inesatta, perché l' "attimo", che dovrebbe indicare un momento preciso del tempo in cui una verità è tale, nella realtà non esiste poiché il tempo è un continuum, non una serie di "attimi" giustapposti l'uno all'altro (se lo fosse effettivamente vorrebbe dire che il nostro mondo, il mondo del divenire, "esiste" durante quegli attimi e "non esiste più" fra un attimo e l'altro, che sarebbe una assurdità). La divisione del tempo in attimi (che poi quanto "dura" un attimo?) è una mera convenzione umana che si utilizza per comodità di rappresentazione, ma nei fatti non potendo "bloccare" il tempo poiché questo continua a scorrere non si può nemmeno affermare che vi è un momento in cui qualcosa è vero e un momento in cui non lo è più. La Verità può dunque appartenere solo alla sfera dell'essere e non a quella del divenire.
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Vecchio 12-02-2014, 00.22.51   #34
paul11
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

In fondo che sia filosofia della tradizione, analitica o scienze il soggetto è sempre lui: l'uomo.

La metafisica dell'ontologia argomentata e discussa fino ad Hegel è elucubrazione del verosimile. L'analitica del linguaggio nasce proprio in contrapposizione all'idealismo.

La filosofia ,o meglio il pensiero umano, lo vedo storicamente camminare con l'evoluzione umana.
Nel linguaggio del mito le tre sfere, umano, natura e divino , sono armonizzate in una accettazione del destino.
La natura corrisponde agli umori degli dei nelle sfere celesti, e l'uomo chiede indulgenza, preghiere e sacrifici affinchè la natura grazie agli idei dia loro un buon destino.
la filosofia rompe questo schema già in germe dagli antichi greci.
Il sistema di relazioni fra esistenza e conoscenza, fra ontologia ed epistemologia, porterà gradualmente ma inequivocabilmente a focalizzarsi nel rapporto uomo fenomeno.
Era inevitabile che una volta costruita una logica (quella aristotelica) che questa una volta accettata dai pensatori fosse il codificatore del pensiero, delle future semantiche e sintassi fino a Frege, Russell, Wittgenstein con la logica moderna.
Era inevitabile che più che i contenuti e le argomentazioni sfuggenti fosse il codificatore la verità, cioè la logica e la metafisica pura che è la matematica.
Perchè la loro forza sta nella simmetrizzazione della realtà fenomenica con il codifiicatore che validifica e certifica.
La scienza come metodo è solo l'effetto di questo modellazione assiomatica che ha la potenza della predittività e l'intelligenza non della certezza e dell'epistemologia meccanicistica ormai finita, ma come concetto probabilistico del "quasi certamente", "del molto probabilmente"...avverrà..
La potenza delle scienze naturali sta proprio nell'epistemologia della fallibilità, paradossalmente, che la invita a perfezionare metodiche.

La filosofia ha consegnato le potenti armi alle scienze insegnando loro le propedeutiche,costruendo il climax culturale in cui vive la scienza.

La separazione dell'ontologia dell'essere nella metafisica e della epistemologia o gnoseologia alle scienze (estremizzo il concetto per farmi capire) ha costituito
la chiusura della filosofia della tradizione che ha continuato con l'analitica del linguaggio, inizialmente a braccetto con il positivismo delle scienze.
Così mentre Hegel elucubra, altri inventeranno i quantificatori universali della moderna logica e si chiederanno come l'uomo costruisce la sua conoscenza, quale sia il sistema di relazioni che intercorre fra l'uomo e il fenomeno fisico.
La teoria della relatività, la meccanica quantistica sono ormai la metafisica delle scienze naturali poichè sono modelli matematici, ben più potenti per ricadute tecnologiche, perchè funzionano, impattano con il mondo reale della quotidianeità.

Il non prendere atto di tutto questo significa giustificare la propria sconfitta imputando ad altri la propria sottrazione di ruolo.
A cosa serve la filosofia nel ventunesimo secolo?

Se nel mito le tre sfere erano armonizzate, oggi è proprio quella intermedia della natura materiale che è esaltata. La sfera umana e quella divina si sono perse. Se quella natura rispecchiava gli umori divini così narrati nelle mito-logie, oggi il fenomeno naturale è centrale, è studiatissimo.
E l'uomo......cosa ne sappiamo di più rispetto al tempo antico.

Può la filosofia ridare una centralità all'uomo ? Un destino.
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Vecchio 12-02-2014, 08.35.00   #35
sgiombo
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

CONFUTAZIONE LOGICA DEI PARADOSSI DI ZENONE DI ELEA

DONQUIXOTE:
Le parole hanno senso come rappresentazione di una realtà, vera o presunta, ma non sono la realtà. La possono evocare per analogia, per approssimazione, ma bisogna sempre guardare al di là delle parole, appunto alla realtà,

SGIOMBO:
Ovvio ma irrilevante circa la non esclusione reciproca di mutamento (divenire) e (possibilità di) conoscenza vera.

DONQUIXOTE:
altrimenti non si riuscirà mai a comprendere ad esempio come mai Achille riesce sempre a superare la tartaruga quando le parole ordinate sintatticamente e logicamente affermano il contrario.

SGIOMBO:No, le parole correttamente intese non affermano affatto che Achille non raggiungerà mai la tartaruga: Zenone considerava (legittimamente su un piano puramente logico - astratto) le distanze finite percorse da Achille e dalla tartaruga (o dalla freccia) come divise in un numero infinito di parti (segmenti coincidenti con punti geometrici), ma ometteva erroneamente di considerare anche l' infinita brevità della loro estensione (segmenti coincidenti con punti geometrici sono infinitamente brevi) e così faceva un ragionamento errato: un ragionameno corretto impone di moltiplicare l' infinito numero dei segmenti-punti considerati per la loro infinita brevità, cosicché l' infinito presente al numeratore si elide con l' infinito presente nel denominatore (l' infinita grandezza del numero dei segmenti-punti considerati si elide con l' infinita piccolezza della loro lunghezza) restituendoci le reali lunghezze finite percorse realmente in tempi finiti a (diverse) velocità finite da Achille (che così raggiunge e supera tranquillamente la tartaruga) e dalla tartaruga (che così é tranquillamente raggiunta e superata da Achille; e dalla freccia).

DONQUIXOTE:
Nel caso di specie l'affermazione che fai è inesatta, perché l' "attimo", che dovrebbe indicare un momento preciso del tempo in cui una verità è tale, nella realtà non esiste poiché il tempo è un continuum, non una serie di "attimi" giustapposti l'uno all'altro (se lo fosse effettivamente vorrebbe dire che il nostro mondo, il mondo del divenire, "esiste" durante quegli attimi e "non esiste più" fra un attimo e l'altro, che sarebbe una assurdità).

La divisione del tempo in attimi (che poi quanto "dura" un attimo?) è una mera convenzione umana che si utilizza per comodità di rappresentazione, ma nei fatti non potendo "bloccare" il tempo poiché questo continua a scorrere non si può nemmeno affermare che vi è un momento in cui qualcosa è vero e un momento in cui non lo è più. La Verità può dunque appartenere solo alla sfera dell'essere e non a quella del divenire.

SGIOMBO:
La mia affermazione é esatta, eccome!

Infatti, a parte qualsiasi considerazione circa gli "attimi" in cui il tempo continuo (non é detto che realmente lo sia, ma posso tranquillamente concederlo sospendendo il giudizio circa l' ammetterlo) può essere diviso concettualmente (se legittimamente Zenone di Elea ha diviso concettualmente all' infinito lo spazio, allora chiunque altro lo può fare per il tempo altrtettanto legittimamente), le mie condiderazioni valgono tali e quali per intervalli di tempo finiti:

se nella lingua italiana le parole hanno un senso, allora: se un certo lasso di tempo finito dopo aver constatato qualcosa tale qualcosa é cambiato o non esiste più, l' affermazione dell' esistenza di tale qualcosa proposta mentre esso esisteva (per un lasso di tempo finito prima di cambiare o cessare di esistere), o anche successivamente ma riferita al lasso di tempo finito in cui esisteva (prima di cambiare o cessare di esistere), resta perfettamente vera.

Ammesso e sospeso il giudizio circa il concederlo che la divisione del tempo all' infinito (nella realtà e non solo nelle convenzioni umane) non sia lecita (ma allora non la é nemmeno la divisione dello spazio a Zenone), si può sempre affermare che (é vero che) vi é un lasso di tempo finito in cui qualcosa é reale; o anche in cui qualcosa accade, diviene:

la verità (nome comune e non proprio: la grammatica italiana vuole l' iniziale minuscola) può dunque benissimo appartenere al divenire.
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Vecchio 13-02-2014, 01.18.19   #36
donquixote
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
La mia affermazione é esatta, eccome!

Infatti, a parte qualsiasi considerazione circa gli "attimi" in cui il tempo continuo (non é detto che realmente lo sia, ma posso tranquillamente concederlo sospendendo il giudizio circa l' ammetterlo) può essere diviso concettualmente (se legittimamente Zenone di Elea ha diviso concettualmente all' infinito lo spazio, allora chiunque altro lo può fare per il tempo altrtettanto legittimamente), le mie condiderazioni valgono tali e quali per intervalli di tempo finiti:

se nella lingua italiana le parole hanno un senso, allora: se un certo lasso di tempo finito dopo aver constatato qualcosa tale qualcosa é cambiato o non esiste più, l' affermazione dell' esistenza di tale qualcosa proposta mentre esso esisteva (per un lasso di tempo finito prima di cambiare o cessare di esistere), o anche successivamente ma riferita al lasso di tempo finito in cui esisteva (prima di cambiare o cessare di esistere), resta perfettamente vera.

Ammesso e sospeso il giudizio circa il concederlo che la divisione del tempo all' infinito (nella realtà e non solo nelle convenzioni umane) non sia lecita (ma allora non la é nemmeno la divisione dello spazio a Zenone), si può sempre affermare che (é vero che) vi é un lasso di tempo finito in cui qualcosa é reale; o anche in cui qualcosa accade, diviene:

la verità (nome comune e non proprio: la grammatica italiana vuole l' iniziale minuscola) può dunque benissimo appartenere al divenire.


Chiamarlo "attimo" oppure "lasso di tempo finito" non cambia di una virgola. Valgono pertanto le considerazioni già esposte.

Per quanto concerne la v maiuscola o minuscola del vocabolo veritá la maiuscola la uso per indicare verità superiori, quelle che Leibniz definiva verità di ragione, mentre la minuscola per le "affermazioni vere" ovvero, per rimanere sempre a Leibniz, le veritá di fatto.
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Vecchio 13-02-2014, 03.33.48   #37
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
In fondo che sia filosofia della tradizione, analitica o scienze il soggetto è sempre lui: l'uomo.

La metafisica dell'ontologia argomentata e discussa fino ad Hegel è elucubrazione del verosimile. L'analitica del linguaggio nasce proprio in contrapposizione all'idealismo.

Non è l'analitica del linguaggio ma la filosofia analitica, che travisa completamente le istanze Peirciane, non distinguendo tra connotazione (la lingua, anche nel senso ampio sasussuriano) e denotazione (ossia il concetto), questa filosofia è destinata a essere di natura formale, e assiomatizza un oggetto pretendendolo per vero.

Hegel semplicemente dubita della veridicità di quella verità e costruisce un valore di vero assai più complesso, dove le istanza sono l'io, l'oggetto, il tempo, il punto dell'osservante, il punto dell'osservato, il punto che trascende l'osservante (la ragione) e il punto che trascende il punto che trascende l'osservante (Dio).
Cosa distingue il vero dal verosimile hegeliano. Non l'hai spiegato.
A me non sembra centrato il passaggio.


Citazione:
La filosofia ,o meglio il pensiero umano, lo vedo storicamente camminare con l'evoluzione umana.
Nel linguaggio del mito le tre sfere, umano, natura e divino , sono armonizzate in una accettazione del destino.
La natura corrisponde agli umori degli dei nelle sfere celesti, e l'uomo chiede indulgenza, preghiere e sacrifici affinchè la natura grazie agli idei dia loro un buon destino.
la filosofia rompe questo schema già in germe dagli antichi greci.
Il sistema di relazioni fra esistenza e conoscenza, fra ontologia ed epistemologia, porterà gradualmente ma inequivocabilmente a focalizzarsi nel rapporto uomo fenomeno.
Era inevitabile che una volta costruita una logica (quella aristotelica) che questa una volta accettata dai pensatori fosse il codificatore del pensiero, delle future semantiche e sintassi fino a Frege, Russell, Wittgenstein con la logica moderna.

Non credo fossero semantiche, tant'è che Wittgenstein poi ci ha ripensato, e Russel fu liquidato come neoplatonico da Godel.
Sono le categorie universale-singolare una delle eredità del passato, ma erano legate strettamente al pensiero cosmogonico greco.
Non sono semantiche.
Ti seguivo invece fino alla necessità di confronto con il fenomeno.
E' come se mancasse un passaggio, qualcosa che non hai digerito.
probabilemte la fase idealista della metafisica, ma è una mia supposizione.

Citazione:
Era inevitabile che più che i contenuti e le argomentazioni sfuggenti fosse il codificatore la verità, cioè la logica e la metafisica pura che è la matematica.

beh ma è una tua illazione, a me i contenuti e le argomentazioni non sembrano sfuggenti.
e la metafisica non è certo la matematica.
forse sei tu che ne vuoi darne una coloratura personale.



[/quote]Perchè la loro forza sta nella simmetrizzazione della realtà fenomenica con il codifiicatore che validifica e certifica.
La scienza come metodo è solo l'effetto di questo modellazione assiomatica che ha la potenza della predittività e l'intelligenza non della certezza e dell'epistemologia meccanicistica ormai finita, ma come concetto probabilistico del "quasi certamente", "del molto probabilmente"...avverrà..
La potenza delle scienze naturali sta proprio nell'epistemologia della fallibilità, paradossalmente, che la invita a perfezionare metodiche.

La filosofia ha consegnato le potenti armi alle scienze insegnando loro le propedeutiche,costruendo il climax culturale in cui vive la scienza.

La separazione dell'ontologia dell'essere nella metafisica e della epistemologia o gnoseologia alle scienze (estremizzo il concetto per farmi capire) [/quote] [/quote]

Fino a qui niente da dire ma poi non capisco il seguito...

Citazione:
ha costituito
la chiusura della filosofia della tradizione che ha continuato con l'analitica del linguaggio, inizialmente a braccetto con il positivismo delle scienze.

Dissento assolutamente, meglio così: mentre negli states e in inghilterra si formava un nuovo tipo di filosofia chiamato analitico...la filosofia metafisica raggiungeva nuove vette nelle figure della filosofia husserliana e heideggeriana, coniugandosi ad una filosofia storicista che verrà chiamata esistenzialista in francia con sartre e camus.
nel frattempo la filosofia analitica si frammenta in ulteriori scuole formaliste, e solo ultimamente sta riaprendosi alle proprie radici, portando con sè i suoi potenti strumenti logici.

Citazione:
Così mentre Hegel elucubra, altri inventeranno i quantificatori universali della moderna logica e si chiederanno come l'uomo costruisce la sua conoscenza, quale sia il sistema di relazioni che intercorre fra l'uomo e il fenomeno fisico
La teoria della relatività, la meccanica quantistica sono ormai la metafisica delle scienze naturali poichè sono modelli matematici, ben più potenti per ricadute tecnologiche, perchè funzionano, impattano con il mondo reale della quotidianeità..

?? non mi sembra che la teoria della relatività e la meccanica quantistica siano la metafisica delle scienze naturali (che non so cosa siano).
tra l'altro non sono nemmeno modelli matematici, ma fisici che sono cose assai distinte.


Citazione:
Il non prendere atto di tutto questo significa giustificare la propria sconfitta imputando ad altri la propria sottrazione di ruolo.
A cosa serve la filosofia nel ventunesimo secolo?

Se nel mito le tre sfere erano armonizzate, oggi è proprio quella intermedia della natura materiale che è esaltata. La sfera umana e quella divina si sono perse. Se quella natura rispecchiava gli umori divini così narrati nelle mito-logie, oggi il fenomeno naturale è centrale, è studiatissimo.
E l'uomo......cosa ne sappiamo di più rispetto al tempo antico.

Può la filosofia ridare una centralità all'uomo ? Un destino.

Ma la filosofia non imputa nessuna sconfitta, nè sottrazione di ruolo, francamente questa affermazione è gratuita.

Tra l'alto il fenomeno non è assolutamente inteso come possiamo immaginarlo da un ottocentesco naturalismo positivista.

Questo tuo giusnaturalismo demodè, benchè affetti molti individui non avvezzi al lavoro intellettuale, in realtà dovrebbe stimolarti a riprendere in mano Hegel, e se proprio ti è indigesto, tutta quella pletora di filosofi che si rifanno alla tradizone, e che testimoniano di un interesse sempre vivo per la filosofia tradizionale che tu ritieni misteriosamente morta.

Non capisco Paul questa tua ostilità, eppure lunghi tratti del tuo intervento sono anche assai condivisibili e testimoniano che nonostante tutto, della filosofia come fenomeno più ampio hai buona visione.

Io non penso che la matematica sia così decisiva nella formazione del fenomeno(inteso ovviamente come rapporto io-mondo), tant'è che anche ascoltando i premi nobel della fisica e della matematica noterai che c'è molta prudenza, e anzi un ripetuto segnale di allarme alle sirene che vorrebbero molto fascinosamente pensare a quelle scienze come il grimaldello che fornisca le risposte ultime all'uomo.

sapere che vi siano quantificatori universali (forse ti riferisci alle costanti?) non cambia una virgola nel rapporto che l'uomo intrattiene con il mondo.
molto di più, può un buon governo o un cattivo governo, una crisi economica, o un boom industriale.
E' sempre una questione di rapporti.
il più importante è poi sempre quello tra io e proprio io.

Insomma non è così facile affidare tutto ad una equazione numerica, come il tuo intervento sembra quasi voler far notare.
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Vecchio 13-02-2014, 08.03.12   #38
sgiombo
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

Donquixote:
Chiamarlo "attimo" oppure "lasso di tempo finito" non cambia di una virgola. Valgono pertanto le considerazioni già esposte.

Sgiombo:
Appunto: non cambia il fatto che la (conoscenza della) verità é compatibilissima col divenire (anche se "attimo di durata infinitamente breve" e "lasso di tempo finito" sono concetti ben diversi).



Donquixote:
Per quanto concerne la v maiuscola o minuscola del vocabolo veritá la maiuscola la uso per indicare verità superiori, quelle che Leibniz definiva verità di ragione, mentre la minuscola per le "affermazioni vere" ovvero, per rimanere sempre a Leibniz, le veritá di fatto.

Sgiombo:
La mia conoscenza di Leibniz é purtroppo limitatissima e di seconda mano, ma non vedo cos' altro si posssa intendere con "verità di ragione" in contrapposizione a "verità di fatto" se non le verità logico-matematiche (matematiche pure). Esse sono giudizi analitici a priori e dunque non dicono nulla circa il modo in cui é (o non é; e diviene o non diviene) la realtà ma si limitano ad esplicitare le conseguenze implicitamente comprese in un sistema di definizioni, assiomi e postulati arbitrariamente stabilito (a prescindere da come é o non é la realtà); dunque sono perfettamente compatibili con il divenire della realtà (dalla quale appunto prescindono, cioé non ne affermano nulla, né che diviene né che non diviene).
sgiombo is offline  
Vecchio 13-02-2014, 23.33.53   #39
paul11
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

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Originalmente inviato da green&grey pocket
Non è l'analitica del linguaggio ma la filosofia analitica, che travisa completamente le istanze Peirciane, non distinguendo tra connotazione (la lingua, anche nel senso ampio sasussuriano) e denotazione (ossia il concetto), questa filosofia è destinata a essere di natura formale, e assiomatizza un oggetto pretendendolo per vero.

La semiotica e o semiologia e la filosofia analitica del linguaggio sono diversi nei sistemi di relazione. Una tratta di Type e token e l'altra di logica formale, con enunciati ecc.

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Originalmente inviato da green&grey pocket
Hegel semplicemente dubita della veridicità di quella verità e costruisce un valore di vero assai più complesso, dove le istanza sono l'io, l'oggetto, il tempo, il punto dell'osservante, il punto dell'osservato, il punto che trascende l'osservante (la ragione) e il punto che trascende il punto che trascende l'osservante (Dio).
Cosa distingue il vero dal verosimile hegeliano. Non l'hai spiegato.
A me non sembra centrato il passaggio.

...che sono voli pindarici



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Originalmente inviato da green&grey pocket
Non credo fossero semantiche, tant'è che Wittgenstein poi ci ha ripensato, e Russel fu liquidato come neoplatonico da Godel.
Sono le categorie universale-singolare una delle eredità del passato, ma erano legate strettamente al pensiero cosmogonico greco.
Non sono semantiche.
Ti seguivo invece fino alla necessità di confronto con il fenomeno.
E' come se mancasse un passaggio, qualcosa che non hai digerito.
probabilemte la fase idealista della metafisica, ma è una mia supposizione.

Ho un gran rispetto per tutto ciò che è pensiero e cultura e che comunque influisce sulla nostra esistenza costruendo l'ambiente culturale in cui viviamo. Non ho una particolare forma di antipatia per Hegel e l'idealismo o la metafisica , ma distinguo criticamente ciò che è pura astrazione e psicologismo da ciò che è realtà quotidiana in cui ci misuriamo empiricamente ,tautologicamente in un sistema che non è affatto costruito da verità filosofiche, tanto meno metafisiche, quanto da credenze, opinioni, tradizioni e costumi.

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Originalmente inviato da green&grey pocket
beh ma è una tua illazione, a me i contenuti e le argomentazioni non sembrano sfuggenti.
e la metafisica non è certo la matematica.
forse sei tu che ne vuoi darne una coloratura personale.

Che cosa distingue una argomentazione metafisica da un'altra? Quale sistema di misura è applicabile per dire che una argomentazione è giusta e un'altra è sbagliata nei puri concetti astratti dell'Essere e degli enti/essenti?
Perchè ci piace? perchè è bello? perchè ci è simpatico l'autore? perchè ci colpisce un concetto metafisico invece di un'altro?

Ora, che il principio di identità, di non contraddizione e del terzo escluso, validifichino e ambiscano al ruolo di costruzione architettonica di un pensiero essendo il metodo regolativo dell'applicazione dei predicati, non pregiudica il fatto che possa credere più in Nembo Kid che in Dio. Cioè posso costruire anche una cattedrale seguendo le equazioni ingegneristiche ,poi ci metto dentro Baal o Cristo o i Fantastici Quattro sull'altare. Conta il contenuto o la costruzione architettonica? Il giudizio è estetico, etico, o puro formalismo logico? Quanto e come impatta in noi e nella cultura queste scelte?

Della metafisica non conta se è "bella" e ci piace o è valida formalmente nella logica. Ma quanti aderenti la seguono, cioè la ricaduta quotidiana nella cultura che respiriamo vivendo. Molte teorie non sono state superate nella filosofia come nelle scienze, semplicemente non sono state più adoperate ritenendole obsolete. Noi cambiamo l'automobile quasi mai perchè si è rotta e non funziona più, ma per convenienza(così pensiamo) o perchè spinti da una consuetudine da una abitudine sociale, perchè ci piace l'ultimo modello di quell'auto,ecc.

[/quote]Perchè la loro forza sta nella simmetrizzazione della realtà fenomenica con il codifiicatore che validifica e certifica.
La scienza come metodo è solo l'effetto di questo modellazione assiomatica che ha la potenza della predittività e l'intelligenza non della certezza e dell'epistemologia meccanicistica ormai finita, ma come concetto probabilistico del "quasi certamente", "del molto probabilmente"...avverrà..
La potenza delle scienze naturali sta proprio nell'epistemologia della fallibilità, paradossalmente, che la invita a perfezionare metodiche.

La filosofia ha consegnato le potenti armi alle scienze insegnando loro le propedeutiche,costruendo il climax culturale in cui vive la scienza.

La separazione dell'ontologia dell'essere nella metafisica e della epistemologia o gnoseologia alle scienze (estremizzo il concetto per farmi capire) [/quote] [/quote]

Fino a qui niente da dire ma poi non capisco il seguito...


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Originalmente inviato da green&grey pocket
Dissento assolutamente, meglio così: mentre negli states e in inghilterra si formava un nuovo tipo di filosofia chiamato analitico...la filosofia metafisica raggiungeva nuove vette nelle figure della filosofia husserliana e heideggeriana, coniugandosi ad una filosofia storicista che verrà chiamata esistenzialista in francia con sartre e camus.
nel frattempo la filosofia analitica si frammenta in ulteriori scuole formaliste, e solo ultimamente sta riaprendosi alle proprie radici, portando con sè i suoi potenti strumenti logici.

Quella filosofia che passa fra Oxford e Cambridge e si irradia nelle Univeristy statunitensi è la pragmatica che detiene il vero potere da un secolo.
E' stato il vero volano di tute le scienze comprese quelle sociali.
La scuola continentale (guarda come Europa culturalmente, socialmente dove stiamo finendo) è fallita: troppi narcisisti presuntuosi e megalomani che fingevano proteste per poi sedersi nelle cattedre accademiche legate al sistema politico .


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Originalmente inviato da green&grey pocket
?? non mi sembra che la teoria della relatività e la meccanica quantistica siano la metafisica delle scienze naturali (che non so cosa siano).
tra l'altro non sono nemmeno modelli matematici, ma fisici che sono cose assai distinte.

Le forze fisiche: elettromagnetismo, gravità, nucleare debole e nucleare forte, vigono per il sistema metafisico dell'essere, per una argomentazione di retorica oppure per equazioni matematiche?
Una casa sta in piedi perchè sono state calcolate matematicamente attraverso equazioni il peso delle solette e i muri maestri con gli sforzi di sospensione, di taglio , di trazione, di compressione oppure perchè gli dei ascoltano le nostre suppliche?

Citazione:
Originalmente inviato da green&grey pocket
Ma la filosofia non imputa nessuna sconfitta, nè sottrazione di ruolo, francamente questa affermazione è gratuita.

Tra l'alto il fenomeno non è assolutamente inteso come possiamo immaginarlo da un ottocentesco naturalismo positivista.

Questo tuo giusnaturalismo demodè, benchè affetti molti individui non avvezzi al lavoro intellettuale, in realtà dovrebbe stimolarti a riprendere in mano Hegel, e se proprio ti è indigesto, tutta quella pletora di filosofi che si rifanno alla tradizone, e che testimoniano di un interesse sempre vivo per la filosofia tradizionale che tu ritieni misteriosamente morta.

Non capisco Paul questa tua ostilità, eppure lunghi tratti del tuo intervento sono anche assai condivisibili e testimoniano che nonostante tutto, della filosofia come fenomeno più ampio hai buona visione.

Io non penso che la matematica sia così decisiva nella formazione del fenomeno(inteso ovviamente come rapporto io-mondo), tant'è che anche ascoltando i premi nobel della fisica e della matematica noterai che c'è molta prudenza, e anzi un ripetuto segnale di allarme alle sirene che vorrebbero molto fascinosamente pensare a quelle scienze come il grimaldello che fornisca le risposte ultime all'uomo.

sapere che vi siano quantificatori universali (forse ti riferisci alle costanti?) non cambia una virgola nel rapporto che l'uomo intrattiene con il mondo.
molto di più, può un buon governo o un cattivo governo, una crisi economica, o un boom industriale.
E' sempre una questione di rapporti.
il più importante è poi sempre quello tra io e proprio io.

Insomma non è così facile affidare tutto ad una equazione numerica, come il tuo intervento sembra quasi voler far notare.

Bellissimo questo scivolamento da vero gentleman di "giusnaturalista demodè". Mi piacerebbe capire perchè sarei un giusnaturalista, da cosa lo hai dedotto?

Vedi il dito che indica la luna ,ma non la luna.
Sono tutt'altro che ostile alla filosofia, la vorrei "viva" e non un reperto archeologico da museo, buona per intellettuali narcisisti che creano complessità invece di cercare la semplicità e la chiarezza espositiva.
Il mio intervento era finalizzato a spronare e non a denigrare, a esercitare una creazione e non una contemplazione nel passato.

Il filosofo per l'uomo comune, è un intellettuale fine a se stesso: e ha ragione.


Il quantificatore universale e il quantificatore esistenziale sono nella logica formale moderna:"per ogni x..."; " esiste almeno un x..." . Prova a studiarti la logica modale e le sue applicazioni nei sistemi di credenze e forse capirai come i sociologi, gli uomini di marketing, gli economisti , applicano algoritmi e analisi statistiche per capire i nostri stili di vita, per inquadrarci meglio. Se capisci il tuo avversario, come ragiona, riesci a prevederne le mosse, la sua tattica e la sua strategia , i suoi punti di forza e i suoi limiti...e allora... in fondo Marx fece questo a suo tempo ( la prossima volta mi dai del marxista demodè ?)
A...dimenticavo: sono pure credente (forse sono un anche un cristiano demodè?) (Ma come ? Un cristiano ostile alla metafisica?)

paul11 is offline  
Vecchio 14-02-2014, 13.55.23   #40
green&grey pocket
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Riferimento: La filosofia ha una vera valenza?

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
....
Il quantificatore universale e il quantificatore esistenziale sono nella logica formale moderna:"per ogni x..."; " esiste almeno un x..." . Prova a studiarti la logica modale e le sue applicazioni nei sistemi di credenze e forse capirai come i sociologi, gli uomini di marketing, gli economisti , applicano algoritmi e analisi statistiche per capire i nostri stili di vita, per inquadrarci meglio. Se capisci il tuo avversario, come ragiona, riesci a prevederne le mosse, la sua tattica e la sua strategia , i suoi punti di forza e i suoi limiti...e allora... in fondo Marx fece questo a suo tempo ( la prossima volta mi dai del marxista demodè ?)
A...dimenticavo: sono pure credente (forse sono un anche un cristiano demodè?) (Ma come ? Un cristiano ostile alla metafisica?)

Mi spiace Paul ma continuo a non capire la tua ostilità.

Lasciamo perdere se sei giusnaturalista o meno, non volevo offenderti, ma è uno degli aspetti che si nascondono nell'ideologia contemporanea.
Parafrasando Fusaro "Capitalismo sive Natura".

Provo a riassumere così(d'altronde mi sembra di averlo scritto da qualche parte):

La metafisica si occupa delle realzioni fenomeno-io, la scienza si occupa dell'oggetto.

Per quale motivo un intellettuale che si occupa di metafisica (vedi su) dovrebbe essere un narcisista (cos'è una equazione?), mentre uno scienziato che si occupa d'altro non lo dovrebbe essere?
Perchè mi sembra che la rabbia verso un certo modo di intendere il mondo, nasconda altro.(è una mia illazione, non perdiamo il tempo su questo)

Infatti ha forse da dire molto più la filosofia ad un credente come te che non uno scienziato qualsiasi.(E quindi di nuovo dove sta il narcisismo? io la vedo al contrario in una sorta di Cura)

Tu dici che vuoi portare un nuovo tipo di filosofare più legato all'analitico: ma questo nelle università già avviene.
La differenza continentale analitico è solo una etichetta, in realtà gli strumenti usati sono sempre più mututati da una sponda dell'oceano all'altra.

Nella proliferazione delle discipline ognuno può inoltre scegliere quello che più gli aggrada, non mi sembra vi sia necessità di scagliarsi contro un certo tipo di figura intellettuale.

Come direbbe CB se la vogliamo mettere sul calenbour va bene, ma se dobbiamo specificare la questione, mi sembra che tu non lo abbia fatto.

Probabilmente anche perchè come sospettavo la metafisica che descrivi è tutta personale e la confini nelle categorie dell'universale aristotelico.

Anzi nemmeno, la tua principale obiezione è che l'Essere puro non esiste sostanzialmente (o almeno questo è quello che ha capito dal tono della tua risposta).
Infatti sono le categorie a essere pure non certo l'essere, questo anche partendo dal solo Aristotele.

Non è che non capisca le posizioni popolari dell'antimetafisico, anche perchè sono avvallate da esponenti di rilievo, tipo un Vaillati.
Mi sembrano però appunto diatribe legate un pò al potere delle cattedre universitarie.
Io non sono nè un professore, nè uno studente, mi interesso di entrambe le discipline analitiche e continentali, e anche di scienze, con limiti importanti nel campo della matematica.
Ma lo so benissimo cosa è un "per ogni x" per esempio.

E ti ripeto tutte le tue allusioni della risposta a quelle discipline le conosco sommariamente, e ti ripeto per concludere che non si capisce perchè la metafisica dovrebbe logicamente cedere il passo a qualcos'altro. (prova a spiegarlo dico, non a suggerirlo e basta)

A meno che veramente tu credi che stiamo parlando di auto, in quel caso possiamo cessare qui tranquillamente la discussione.

ciao!
green&grey pocket is offline  

 



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