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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-02-2013, 19.24.51   #1
Soren
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Il caos nella metafisica

Apro questo topic per cercare di chiarirmi una questione che mai sono riuscito a circoscrivere completamente, cioè la questione dello spazio filosofico del caso, quale sia la sua giusta posizione nella mappa concettuale del mondo ( per me, è la metafisica. mi si perdoni, forse, l'ovvietà del pensiero ), e per cercare di dare il mio contributo a quella che reputo una delle questioni più interessanti e sottovalutate nella suddetta materia.
Vorrei dunque iniziarla con un'esposizione sistematica e positiva ( cioè affermando solamente ) del mio pensiero a riguardo, così da rendere possibile fin da subito esprimere una critica solida.
Il caso è sempre stato uno dei miei argomenti filosofici, se non il, mio preferito. E' in fondo l'antitesi della causalità, cioè il dipendere di uno stato da uno precedente. Cioè caso è qualcosa che esprime un "in sé" perché è autoregolato secondo una norma propria che norma non però non può essere, o si annullerebbe nella sua essenza di "non dipendente da altro" ( da qui, una certa vuotezza intrinseca nell'elemento. ).
Stando a questa definizione di caso, io trovo che sia impossibile non relegarne lo spazio alla metafisica, cioè aldilà della serie di cause ed effetti, e di non imparentarlo concettualmente con l'essere "dei filosofi".
Ora, attraverso Nietzsche e Schopenhauer, sono arrivato all'idea che questo concetto abbia il suo spazio metafisico esattamente dove il secondo collocava la volontà: cioè aldilà del velo di maya "principium individuationis" che frammenta l'orientaleggiante "uno e tutto" di partenza, quello che credo corrisponda pressoché all'essere parmenideo.
Da qui vorrei lasciare la parola a voi e proseguire magari un'altra volta. Che idea avete voi di "caso" ?
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Vecchio 10-02-2013, 21.18.24   #2
green&grey pocket
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Riferimento: Il caos nella metafisica

mmm non si capisce molto, forse non lo hai riletto.

provo a ipotizzare quello che intendi.

per te il caso è assimilabile ad una "causa in sè" che a sua volta è assimilabile all'essere dei filosofi.

poi citi schopenauer e parli della sua volontà svelante di impronta vedica-indiana, e proponi di parlare di "caso svelante" e non di "caso contingente".

più o meno capisco l'originalità della visione.

però è mal argomentato: il caso non è una causa in sè, in quanto è pur sempre un evento, le teorie del caos moderno cosa sono? sono calcoli statistici che calcolano la frequenza di queste eventualità, che sfuggono per inciso da un calcolo apriori tipico della meccanica newtoniana classica, e che sono perciò a posteriori.
non voglio dilungarmi con il fatto che per esempio in hume la causa viene destutturata in una serie potenzialmente ad alta frequenza di casi.

l'evento è un tratto metafisico in sè? no nemmeno, in quanto esprime una contingenza di oggetti presenti e non il loro statuto ontologico.

l'essere della filosofia inoltre non coincide con quello della metafisica, anche se spesso li si scambia, il primo è lo studio dello statuto dell'essere in quanto tale e non del suo prodotto(la cosa, l'oggetto,l'uomo, l'animale etc..)è un livello di astrazione ultimo per così dire.


ora io però avendo studiato l'indusimo durante la mia infanzia e adolescenza
trovo interessante la tua visione che il caso, il contingente sopratutto quando inaspettato non è altro che una ri-velazione del macrocosmo in cui noi saremmo incatenati sotto forma di una dimensione (illusoria )inferiore.
il caso come epifania potremmo dire, bello!
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Vecchio 11-02-2013, 00.31.04   #3
ulysse
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Riferimento: Il caos nella metafisica

Citazione:
Originalmente inviato da Soren
Apro questo topic per cercare di chiarirmi una questione..... .........Da qui vorrei lasciare la parola a voi e proseguire magari un'altra volta. Che idea avete voi di "caso" ?
Di primo acchito e di istinto mi viene che il "caso" metafisico non esiste:
Esiste, piuttosto, il Principio di indeterminazione di Einsemberg....e l'alternanza della misurabilità degli eventi o dei caratteri non è una questione metafisica, ma puramente fisica...nel micro...con inferenze sul macro.

Esiste poi che non riusciamo a seguire il percorso di ogni goccia d'acqua in una cascata...eppure prevediamo, grosso modo, gli affetti globali della cascata.

Esiste che non riuscimo a rilevare precise misure degli oggetti, delle cose, dei fenomeni e degli eventi...per cui, negli algoritmi che costruiamo inserendo tali misure e che poi risolviamo...magari con modalità cicliche... succede che gli effetti degli errori si accumulano con la conseguenza che il battito d'ali d'una farfalla a Parigi provoca un temporale a Pechino, ma solo nei calcoli previsionali ecc...Questo si definisce caos e non caso!

Veramente non è detto che lo stesso effetto di accumulo non succeda anche fisicamente...e infatti succede in modo macro nei cicloni, negli tsunami, ecc...

Succede poi che non sempre riusciamo a definire la cause degli eventi e li attribuiamo al caso...ma le cause ci sono, solo che sono troppo complesse per poterle individuare ed attribuirne le specifiche inferenze sull'evento in studio.

Ritengo anche che non esistono due verità...e non sono possibili, nel macrouniverso, due punti vista oggettivi in contemporanea...non c'è un punto di vista filosofico, uno metafisico ed uno scientifico...c'è un solo punto di vista...la verità non può contraddire la verità!

Ora è anche vero che tutto può essere e tutta la realtà dell'universo non la conosciamo!
Forse esiste, persino, a nostra insaputa, una forza oscura pervadente il cosmo che toglie consequenzailità agli eventi e distrugge a piacere le connessioni logiche o le costruisce a caso...ma è improbabile!

Credo, però, che dobbiamo anche saper scegliere la strada che, perseguita, può, piu' probabilisticamente, portare ad una sempre maggior conoscenza del reale universo in cui siamo immersi...comunque e qualunque sia l'imprinting iniziale o il wishfulthinking di ciascun agente indagante.

Quale è probabile che sia una tale strada...quella della metafisica o quella della scienza fisica?...oppure è dissacrante e "riduttivo" porre il probelma in tali termini?

Comunque potrei essere stato, in questa mia esternazione, un pò troppo assolutista e impositivo...tanto più che mi ritengo relativista!

Ultima modifica di ulysse : 11-02-2013 alle ore 12.35.47.
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Vecchio 11-02-2013, 03.03.48   #4
Soren
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Riferimento: Il caos nella metafisica

@Green and Grey pocket

purtroppo l'ho riletto, ma come ho detto all'inizio, la questione non mi è così chiara, a volte l'argomenterei meglio forse, ma comunque se scrivo qui è proprio per approfittare di altre menti pensanti ( magari più o meglio della mia :P ), a scopo chiarificatore . riguardo l'originalità: se è così, è certamente un punto debole della tesi! ma non è certo abbastanza per poterla abbandonare così facilmente, con una qualche ragione logica. Comunque è vero che ho cambiato intenzione a metà post: se da principio volevo sottoporvi qualcosa di "completo" mi è sembrato poi un tentativo al di sopra delle mie capacità, per quanto magari avrebbe facilitato la discussione. Chiedo venia. Ma trovo comunque che il concetto di caso sia troppo interessante per lasciarlo da parte ( essendo quasi tutto il pensiero filosofico basato sulla ben più intelligibile causalità )

Vorrei citare, prima di rispondere al resto, un pensiero di Nietzsche, credo nella genealogia della morale, quando rifletteva sui concetto di colpa e merito, e li confrontava poi con la cultura della necessità, e sottolineava come, per una persona per essere davvero libera nel suo agire, cioè per un agire "libero" questo dovrebbe essere svincolato dal corso del tempo, cioè non possedere un "prima" perché questo determinerebbe il "dopo", e per cui la cosiddetta libertà umana non si potrebbe imputare ad altro che all'ignoranza delle cause o al loro essere parte di noi ( cioè all'oggetto del soggetto e non al soggetto di per sé. questo è un pensiero opinabile perché empiricamente non c'è nessuna differenza, ma in astratto, mi pare rilevante ). Insomma il tema della metafisicità del caso, non me ne vogliate, me lo sono ritrovato dappertutto in Nietzsche per simili considerazioni.

La questione fondamentale credo sia questa: che nel mondo fenomenico il cambiamento agisce secondo regole precise e che una vera e propria creazione è estranea alla causalità, a cui attiene soltanto la trasformazione del preesistente. Per cui mi chiedevo se non è nel concetto di caso, estraneo al "tempo" ( io lo legherei piuttosto all'altro asintoto, lo spazio. Ma questo è un pensiero secondario che non val la pena considerare al momento ) a cui andrebbe dato valore metafisico cioè capacità di creazione.

Siccome sto parlando di caso e metafisica, poi, vorrei esplicare per me la rilevanza della relazione partendo dall'idea che ho della seconda, così che sia più facile capirne il contenuto ( della relazione ) secondo me.
Detta molto semplicemente: il mondo non può esistere senza avere sovrastruttura, cioè un sistema logico all'interno di cui il suo sussistere sia necessario. Riformulando ancora più semplicemente: il mondo deve avere una causa esterna ad esso che gli faccia da ragione sufficiente e che non sia a sua volta causata, cioè ci deve una logica per cui il nulla è messo in condizione di creare. In un certo senso, per me l'unico ambito metafisico possibile è il processo attraverso il cui dal nulla esce il mondo, poi il discorso è della scienza e della prova empirica. Da qui credo che la parentela riscontrabile, sempre se si è d'accordo con ciò, tra caso e metafisica sia ben visibile. Ma è appunto per il livello di pensiero di cui qua si parla che sono restio a fidarmi del mio limitato intelletto e preferisco confrontarmi sulla questione! Spero che ora comunque l'argomentazione risulti più chiara.

@ Ulysse:

Sapevo che da te potevo aspettarmi un po' di sano e crudo realismo! :P

Parlando di fenomeni, sono in linea con te. Credo di aver già scritto in diversi post che il mio pensiero a riguardo della realtà è che l'indeterminismo si derivi soltanto dalla impossibilità di conoscere, o comunque dalla non conoscenza di un tot di dati. Però io nel post iniziale non parlavo di mondo fenomenico ma per così dire del suo "ambiente esterno".
E poi sì, ho letto un qualche articolo sulla teoria del caos ( non sono praticamente i sistemi non-lineari ? ) ma non è il caso-caos di cui parlavo io: perché lì lo schema c'è solo che non è convenzionale, cioè il risultato è sempre dato come range. Ma questa è semplice non-linearità mi pare :P
La casualità parlando di fenomeni si realizza semplicemente come incognita, cioè limite intellettivo nel ricavare e calcolare tutti i dati delle equazioni fisiche. Ma questa è ancora fisica!

Citazione:
Ritengo anche che non esistono due verità...e non sono possibili, nel macrouniverso, due punti vista oggettivi in contemporanea...non c'è un punto di vista filosofico ed uno scientifico...c'è un solo punto di vista...la verità non può contraddire la verità!

Ancora, sono d'accordo. il problema è che la scuola positiva non tiene conto di una problematica insita nella questione che hai esposto: cioè che così dicendo ( ed a ragione ) si toglie qualsiasi spazio "fisico" ( interno alla realtà ) alla contingenza, cioè alla compresenza di più possibilità. il conseguente problema è che detto questo per essere coerenti si dovrebbe ricadere in una delle due seguenti posizioni: il mondo esiste per un determinato fine, e pertanto è necessario; il problema dell'esistenza si risolve nella necessità della sua esistenza. Il fine, ovviamente, non potrà mai essere conosciuto. Lo si trova in particolare in Spinoza, Kant, Schopenhauer. Poi c'è l'altra posizione: il mondo non ha una teleologia e dunque non è necessario secondo causa finale ma soltanto efficiente. Dunque la sua ragione sufficiente non può stare in un principio di necessità, ma è possibile solo come principio di possibilità ( Nietzsche. Anche Luhmann, per chi lo conosce, ha un pensiero simile )
E' per questo che sto parlando di caso e metafisica...

Siccome mi sa che ho finito lo spazio, sono già stato abbastanza prolisso e l'ora è tarda, per oggi mi fermo qui. Ciao :P
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Vecchio 11-02-2013, 13.40.19   #5
ulysse
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Riferimento: Il caos nella metafisica

Citazione:
Originalmente inviato da green&grey pocket
mmm non si capisce molto, forse non lo hai riletto.
Può essere! Ma a me pare relativamente chiaro...per lo meno nei suoi intenti.
Mi pare un pò deviante, invece, la citazione circa la scienza del caos che, magari in altra sede, potrebbe essere un poco chiarita.

Tralascio il resto…magari di maggior interesse per Soren… e salto all’ultimo paragrafo per me un poco curioso.
Citazione:
ora io però avendo studiato l'induismo durante la mia infanzia e adolescenza, trovo interessante la tua visione che il caso, il contingente sopratutto quando inaspettato non è altro che una ri-velazione del macrocosmo in cui noi saremmo incatenati sotto forma di una dimensione (illusoria) inferiore. Il caso come epifania potremmo dire, bello!
Effettivamente è una bella immagine…poetica…ma frutto di fantasia!?
Forse sono troppo precisino, ma direi che il cosmo non si rivela e non vi siamo incatenati …se mai ci sforziamo di interpretarlo.
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Vecchio 11-02-2013, 18.44.04   #6
maral
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Riferimento: Il caos nella metafisica

Sì, credo di capire ciò che intendi Soren: il caso, essendo incausato, è solo in sé, in sé ha le proprie regole esaustive senza bisogno di altro, dunque è il principio metafisico autentico, ciò che causa tutto senza essere causato da nulla se non da se stesso.
Pur rilevando la finezza del tuo ragionamento, a me il caso così inteso, appare piuttosto come un cadavere metafisico, la salma di un universo a cui è stata sottratta ogni finalità (ogni essere per altro) che gli dava vita affinché tutto restasse in esso e dove l'essere per altro è dopotutto e in essenza solo un caso.
Forse il caso esprime solo il nostro assoluto non sapere, ove certo anche questo "non sapere" appare secondo regole che, guarda caso, sono le regole della probabilità. Nel voler dire ciò che non si può dire avendo l'ultima parola, lo si chiama caso e lo si rende materia prima per una volontà tecnica che può farne ciò che vuole, basta sapere come. Il caso dopotutto si potrebbe anche più onestamente chiamarlo Volontà di Potenza.
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Vecchio 12-02-2013, 23.06.48   #7
Soren
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Riferimento: Il caos nella metafisica

Citazione:
ora io però avendo studiato l'induismo durante la mia infanzia e adolescenza, trovo interessante la tua visione che il caso, il contingente sopratutto quando inaspettato non è altro che una ri-velazione del macrocosmo in cui noi saremmo incatenati sotto forma di una dimensione (illusoria) inferiore. Il caso come epifania potremmo dire, bello!

Citazione:
Forse sono troppo precisino, ma direi che il cosmo non si rivela e non vi siamo incatenati …se mai ci sforziamo di interpretarlo.

Il caso di cui noi facciamo esperienza nella vita è assimilabile al caso di cui parlo io. Ricordo la scena di un film ( Gallipolis ) in cui il portaordini viene ostruito da un mulo mentre corre per portare l'ordine della ritirata, e per quei pochi secondi il suo plotone, tra cui il suo miglior amico, viene trucidato dalle mitragliatrici. l'asino ovviamente non avrebbe non essere lì secondo il pensiero della necessità: eppure credo che da questo e mille altri esempi che si possano fare riesce difficile concepire il mondo come un ente perfetto che si realizza secondo finalità proprie. Ho sentito dire ( non ricordo se su questo forum o da qualche filosofo ) che un'analisi filosofica seria del mondo non può più fare a meno di integrare la follia nei suoi massimi sistemi, pena la delegittimazione dell'intera analisi; perché la ragione come la intendiamo noi è evidente mancante di fine all'esterno dei sistemi biologici. L'errore è quello che ci rimproverava Kant: siccome noi agiamo in vista di un fine, abbiamo la presunzione che il mondo debba fare lo stesso. Ma se rimuoviamo questo fine così come lo intendiamo il rovescio filosofico è che la necessità dell'evento sparisce, per lasciar spazio alla pura possibilità dell'essere come legittimazione di questo. Ora, siccome questa contingenza non ha spazio nel tempo, credo che l'unica operazione logica ancora valida sia di considerare "necessità" e "possibilità" come due logiche che non possono coesistere sullo stesso piano di realtà, ma che siano entrambe indispensabili per l'esistenza di qualcosa. Da qui il mio sentito "bisogno" di un quadro metafisico che consideri entrambe le logiche ( in altre parole, creazione e trasformazione. Mi pare che, messa così, il bisogno di una scissione ontologica tra caso e causalità venga da sé, ma potrei ovviamente sbagliarmi, cioè di un ontologia che tenga conto di un dentro ed un fuori ).
Io trovo perciò che il cosmo si ri-veli ( ma meglio dire: che si s-veli ) proprio in queste sottigliezze, come la presenza del mulo su quel percorso, che costò la morte ad un plotone intero.

Per cui l'assetto finale di una simile teorizzazione non può essere altro che quello che Maral ha riassunto tanto bene: il caso, come principio di non-causa, è l'unico attraverso si può verificare una creazione.

In pratica si tratta semplicemente, comunque, di trattare l'ambito metafisico in termini modali ( -contingenza- massima apertura operazionale -potenza- ) anziché ontologici ( necessità - massima chiusura operazionale -atto- ).

Ultima modifica di Soren : 13-02-2013 alle ore 19.42.45.
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Vecchio 15-02-2013, 19.35.22   #8
ulysse
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Riferimento: Il caos nella metafisica

Citazione:
Originalmente inviato da Soren
@Green and Grey pocket
..................chiedo venia se mi sovrappongo: ulysse
..............
Citazione:
Chiedo venia. Ma trovo comunque che il concetto di caso sia troppo interessante per lasciarlo da parte (essendo quasi tutto il pensiero filosofico basato sulla ben più intelligibile causalità)
A me pare che il cosiddetto evento casuale sia legato al probabilismo conseguente al Principio di Indeterminazione di Heisemberg nonchè alle infinite possibili storie di Feynmann, delle quali, una almeno, ha probabilità di giungere all’evidenza: non è metafisica…è fisica quantistica!
Citazione:
Vorrei citare, prima di rispondere al resto, un pensiero di Nietzsche, credo nella genealogia della morale, quando rifletteva sul concetto di colpa e merito, e li confrontava poi con la cultura della necessità,
Veramente non capisco bene cosa significhi “cultura della necessità”! Comunque, mi pare, se accettiamo che l’indeterminismo di Heisemberg si propaghi anche al macro, la cultura della necessità va a pallino!
La storia degli eventi in cui ciascuno di noi è implicato non è legata a niente di necessario ed inderogabile…non esiste un determinismo assoluto…solo certe consequenzialità possibili…quindi ognuno è implicato in una delle possibili infinite storie…magari entro un certo ambito di coerenza con le altre possibili storie connesse in un universo realizzato fra i possibili multiversi.

La colpa ed il merito di cui possiamo essere incolpati o gratificati ha senso poichè anche il nostro cervello quantistico, eccitato dalle nostre capacità e volontà, “interferisce” con queste storie in un senso o nell’altro.
Citazione:
e sottolineava come, per una persona per essere davvero libera nel suo agire, cioè per un agire "libero" questo dovrebbe essere svincolato dal corso del tempo, cioè non possedere un "prima" perché questo determinerebbe il "dopo", e per cui la cosiddetta libertà umana non si potrebbe imputare ad altro che all'ignoranza delle cause o al loro essere parte di noi ( cioè all'oggetto del soggetto e non al soggetto di per sé. questo è un pensiero opinabile perché empiricamente non c'è nessuna differenza, ma in astratto, mi pare rilevante ). Insomma il tema della metafisicità del caso, non me ne vogliate, me lo sono ritrovato dappertutto in Nietzsche per simili considerazioni.
Un essere “davvero” liberi nel nostro agire non esiste, poichè dovremmo essere, come dici, completamente svincolati sia dalla consequenzialità che dal probabilismo delle storie di Feynmann...cose non possibili.
E’ indubbio quindi che il nostro grado di libertà è “relativo” (limitato ma non nullo) in relazione a qualunque serie di eventi ...ma pur esiste... ad un qualche livello.
E’, altresì, indubbio che un nostro grado di libertà è più o meno elevato a seconda del mischio probabilistico di indeterminismo e consequenzialità delle storie che ci troviamo a vivere…ove, a volte, decidiamo noi (soggetti) a volte ci pare di essere costretti ed a volte siamo veramente costretti (oggetti), da inferenze che scaturiscono dalle altre storie che convivono in parallelo con la nostra storia e di esse sono, entro certo range, possibile risultanza o consequenzialità.

In queste incertezze probabilistiche anche il nostro cervello quantistico può avere la sua influenza nel recepire e determinare gli eventi.

E’ solo un mio pensamento, ma quanto detto mi parrebbe logico e credo potrebbe essere (magari con miglior definizione) posto come alternativa al supporre una qualche metafisica come creatrice di eventi e di essere ed essenze assolute.
Citazione:
La questione fondamentale credo sia questa: che nel mondo fenomenico il cambiamento agisce secondo regole precise e che una vera e propria creazione è estranea alla causalità, a cui attiene soltanto la trasformazione del preesistente. Per cui mi chiedevo se non è nel concetto di caso, estraneo al "tempo" …………. a cui andrebbe dato valore metafisico cioè capacità di creazione.
Infarri non c' solo causalità...ma nemmeno creatività dal nulla!
L’ipotesi di evento creativo potrebbe essersi concretizzato con l’avvio dell’universo (il big-bang), che però è messo in dubbio, anzi negato, nel libro di Stephen Hawking…”Il grande Disegno”.

Tuttavia opterei per l’ipotesi che, nell’universo fisico, di creazione non si possa parlare, ma solo di “trasformazione”, determinata o indeterminata che sia.
Citazione:
Siccome sto parlando di caso e metafisica, poi, vorrei esplicare per me la rilevanza della relazione partendo dall'idea che ho della seconda, così che sia più facile capirne il contenuto ( della relazione ) secondo me.
Veramente da quanto ho detto (per quanto non esaustivo) discenderebbe una irrilevanza del concetto di metafisica.

Dal punto di vista scientifico non esistono teorie e ricerche che tengano in conto un esplicarsi della metafisica. D’altra parte di tutto ciò che utilizziamo e conosciamo nell’ambito del concreto…dalle grandi strutture macro alle minime nell’ambito del micro, niente esiste che dia conto di consequenzialità e funzionalità metafisiche (controsenso) o di essenze assolute e puri concetti.

Quindi mi chiedo ove e come la metafisica abbia rilevanza e come possiamo pensare e sperare di dare una giustificazione e spiegazione ad eventi, sensazioni e pensieri umani basandoci su un sapere o su effetti e giustificazioni che non hanno esistenza o dimostrazione di esistenza esperienziale…ammesso che di un “esperienziale” si possa parlare in ambito metafisico.
Senza un possibile riferimento "esperienziale" sensibile... se non proprio un "esperimento"... non ci può essere che fantasia o c'è il dubbio che lo sia.

Il mio sospetto è che l’idea di metafisica sia insorta negli antichi pensatori in causa della loro impossibilità (comprensibile del resto) di dare una qualche spiegazione agli eventi strani per loro (ma spesso anche per noi) dell’universo.

La metafisica era il loro modo di approccio al sapere che oltretutto pretendevano assoluto quindi oltre ogni limite umano e non sperimentabile…la qual cosa non era, e non è, scevra da strampalate elucubrazioni...nonostante le mirabili intuizioni.

Oggi, e sempre più, sembra prevalere l’idea che l’approccio scientifico al sapere, persino oltre il contingente sperimentabile (le grandi teorie come quella evoluzionista, la relatività, la quantistica, le stringhe, la teoria M, ecc…) sia più efficace e foriero di un sapere concreto esente da fantasie, immaginazione e wishfulthinking.

Soprattutto tendenzialmente mi sembra che le pure idee, le essenze, gli assoluti, la verità assoluta ed eterna, ecc… non abbiano grande campo in questa nostra cultura moderna: la realtà dell’universo psicofisico è un continuo tendere al limite…magari anche con ritorni…non mai un limite raggiunto!
Prevale, penso, la dinamica della evoluzione continua non la statica eterna dell’essere.
ulysse is offline  
Vecchio 18-02-2013, 10.01.57   #9
Soren
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Riferimento: Il caos nella metafisica

Citazione:
A me pare che il cosiddetto evento casuale sia legato al probabilismo conseguente al Principio di Indeterminazione di Heisemberg nonchè alle infinite possibili storie di Feynmann, delle quali, una almeno, ha probabilità di giungere all’evidenza: non è metafisica…è fisica quantistica!

senza dubbio, la casualità che noi esperiamo nella vita deriva da una causalità statistica, cioè da un'indeterminazione che non rompe la causalità ma ne rende i risultati incerti e, sotto una certa soglia, imprevedibili ( posso ad esempio ridurre le chances all'interno di un certo range, ma all'interno di questo non posso prevedere alcunché ). Tutti gli eventi derivano da un insieme di cause nel cui la conoscenza di una certa parte sul totale ci mette in grado di prevedere con una qualche probabilità statistica il risultato eventuale... ma questo non è caso, è semplicemente questione di informazioni incomplete sull'insieme causale di partenza ( l'indeterminismo di Heisenberg non si sottrae a questa riflessione secondo me, cioè il fatto che esso sia tale solo perché derivato dai nostri limiti intellettivi/conoscitivi ) ma a parte il principio di indeterminazione non mi sentirei di parlare di fisica quantistica; filosoficamente però la meccanica mi risulta semplice ( la contingenza è pensabile solo come presenza di incognite nell'insieme di partenza ).

Citazione:
Veramente non capisco bene cosa significhi “cultura della necessità”! Comunque, mi pare, se accettiamo che l’indeterminismo di Heisemberg si propaghi anche al macro, la cultura della necessità va a pallino!
La storia degli eventi in cui ciascuno di noi è implicato non è legata a niente di necessario ed inderogabile…non esiste un determinismo assoluto…solo certe consequenzialità possibili…quindi ognuno è implicato in una delle possibili infinite storie…magari entro un certo ambito di coerenza con le altre possibili storie connesse in un universo realizzato fra i possibili multiversi.

Con cultura della necessità ( ammetto che è una mia definizione alquanto fallibile, ma comoda per riassumere ) intendo tutta la filosofia positiva che, per la parte di filosofia che conosco, quindi a partire da Spinoza, vede il mondo come un ente perfetto nelle sue determinazioni tra parti ed infallibile nella sua consequenzialità, cioè quella corrente filosofica ( ma più una meta-corrente, siccome attraversa i più svariati indirizzi ) che pensa il principio di ragione sufficiente come principio di causa: "tutto ciò che accade è per causa, e nulla è per caso" questa è quella che chiamo, in parole povere, cultura della necessità.

Le infinite possibili storie di Feynman non le conoscevo, me le sono andate a vedere un po' su internet dopo il tuo post, ma trovo che il suo discorso sia a livello quantistico lo stesso di cui si è dibattuto sopra, ovvero quello della contingenza basata su indeterminazione... che poi lo si faccia per microvariazioni visibili al telescopio o eventi ad occhio nudo, mi pare filosoficamente che la differenza sia nulla, rimanendo invariato il meccanismo sopra esposto ( della contingenza ). Cioè questo probabilismo che è visto come rottura del determinismo è solo dato dal non riuscire a vedere l'interno di un sistema e a poterlo prevedere solo parzialmente, onde il risultato è esplicabile solamente come range. ma non è davvero una rottura del determinismo, mi pare piuttosto un limite dell'osservazione.

il fatto che il cervello abbia una sua parte nella determinazione degli eventi pure non spezza il determinismo a mio parere, a meno che non si voglia argomentare un certo "potere creatore" del cervello, e la potenza creatrice è sempre un "tirare fuori dal nulla", il che è lontano dal pensiero di entrambi sulla realtà, mi pare... è vero che il cervello è un sistema complessissimo dove le risposte agli stimoli spesso non sono affatto banali, ma il vincolo o c'è o non c'è, una libertà parziale si rifà alla discussione del range di prima: il nostro range di libertà d'azione è tale in semplice virtù della nostra complessità sistemica, e se ogni nostra componente cerebrale e quantistica fosse sviscerata ( intellettualmente! ) a dovere, il range si assottiglierebbe fino a scomparire, se non fosse che ovviamente ciò è impossibile per un osservatore; ma è una libertà un po' "fake" secondo me, cioè apparente! anche se è vero che ciò non toglie che le mie azioni derivano da me... ma io non derivo da me. E' giusto imputare le azioni di un individuo a quello per necessità di ordine, ma oltre a questo io non vedo "responsabilità" se non che nella consapevolezza di sé.

Mi fa piacere comunque che accogli nel tuo pensiero la possibilità di multiversi.

Citazione:
E’ solo un mio pensamento, ma quanto detto mi parrebbe logico e credo potrebbe essere (magari con miglior definizione) posto come alternativa al supporre una qualche metafisica come creatrice di eventi e di essere ed essenze assolute.

non credo che ciò sia possibile per limite della realtà di non avere alcuna meccanica predisposta alla genesi dei contenuti se non come aumento di complessità del sistema, che comunque è una strutturazione per gradi di un preesistente materiale. Io credo in una metafisica proprio perché mi è impossibile senza ammettere la presenza di una fisica, cioè la sua possibilità.
Che poi il discorso della contingenza si avvicini molto ad essa, sono d'accordo. Ciò su cui non sono d'accordo è portare la contingenza "al di qua" perché il nostro intelletto non è capace di accettare i suoi limiti. Il principio di indeterminazione non dice che la particella non agisca in modo determinato, dice che noi non lo possiamo, né possiamo sperare di, determinarlo. Mi pare ci sia una sensibile differenza...

Citazione:
Veramente da quanto ho detto (per quanto non esaustivo) discenderebbe una irrilevanza del concetto di metafisica.

è quanto sostengo anch'io! Ma, come deformazione personale, vale per me della metafisica quello che si dice dell'arte: imparala e mettila da parte. Appunto perché una questione che si lascia aperta prima o poi torna a trovarti nei pensieri; penso che sia un'esperienza comune. Per cui prima di smettere di pensarci gradirei essermi dato una risposta definitiva sulla suddetta questione, di modo da poterla accantonare definitivamente. Io lo vedo un po' come un puzzle intellettuale: stai ore a guardare ogni pezzo, dopo un po' cominci a mettere insieme i pezzi e comincia a disegnarsi una figura, diventa poi più facile proseguire, lo finisci, lo appendi in salotto, e ti dedichi ad altro. Non è il divertimento un motivo già sufficiente per fare i puzzle ? :P

Citazione:
Infatti non c' solo causalità...ma nemmeno creatività dal nulla!

la causalità è nella relazione tra enti ( li chiamerò così per mancanza di definizioni generali migliori ), ma l'esistenza stessa dell'ente la causalità non la può spiegare né può dare ragioni sul cui è così anziché altrimenti, se non che come derivazione da altro ente... è una catena infinita, se la vediamo a questo modo...ma se neghiamo l'inizio, trovo che neghiamo la stessa esistenza. Anche se ciò potrebbe essere, lo riconosco, un mio semplice limite intellettivo.

Citazione:
Il mio sospetto è che l’idea di metafisica sia insorta negli antichi pensatori in causa della loro impossibilità (comprensibile del resto) di dare una qualche spiegazione agli eventi strani per loro (ma spesso anche per noi) dell’universo.

questo è a mio parere sbagliato: i popoli antichi si erano creati dei per risolvere il problema della creazione... che non sono per nulla paragonabili alla metafisica se non a livello di "funzione"... gli dei sono semmai l'esatto contrario della metafisica. Questa non deve spiegare i singoli eventi ma la possibilità del tutto ( l'evento "mondo" stesso ) di esistere.

Ciao
Soren is offline  
Vecchio 20-02-2013, 20.45.51   #10
ulysse
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Riferimento: Il caos nella metafisica

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Originalmente inviato da maral
Sì, credo di capire ciò che intendi Soren: il caso, essendo incausato, è solo in sé, in sé ha le proprie regole esaustive senza bisogno di altro, dunque è il principio metafisico autentico, ciò che causa tutto senza essere causato da nulla se non da se stesso.
L'avvento della quantistica sembra abbia rivelato che ciò che causa tutto senza esere causato, non esiste: nessuno e niente causa se stesso! Si tratta solo delle caretteristiche fisiche della materia che a livello subatomico provoca una tale illusione, ma è solo probabilità intrinseca della materia nell'alternarsi degli eventi o dei rilievi o del manifestarsi.
L'ipotesi di una non conoscenza o incapacita dell'osservatore di risaslire alle cause, a questi livelli micro, non vale: il probabilismo è intrinseco della materia.
Citazione:
Pur rilevando la finezza del tuo ragionamento, a me il caso così inteso, appare piuttosto come un cadavere metafisico, la salma di un universo a cui è stata sottratta ogni finalità (ogni essere per altro) che gli dava vita affinché tutto restasse in esso e dove l'essere per altro è dopotutto e in essenza solo un caso.
Infatti la finalità non è sottratta...è proprio che niente dimosta che ci sia: l'essere peraltro, quando si dia ...è solo un caso...ma un caso intrinseco...fisico!..niente di metafisico!
Citazione:
Forse il caso esprime solo il nostro assoluto non sapere, ove certo anche questo "non sapere" appare secondo regole che, guarda caso, sono le regole della probabilità.
Certo si dà anche che scambiamo il nostro non sapere per casualità.
Ma la casualità di per sè esiste. Vedi il Principio di Indeterminazione di Heisemberg per il quale l'evolversi dell'universo, pur ammetendo tutte le consequenzialià fenomentiche, non è deterministico.
Noto che l'indeteminismo di Heisemberg non è affatto confinato al micro: un esempio eclatante della propagazione dell'indeterminismo al macro è il paradosso del gatto di Shroedingher....insieme con tutte le apparecchiture eletroniche che infestano il nostro vivere: funzionano per prevalente indeterminismo quantistico degli elettroni.
Del resto il nostro stesso organo cerebrale quantistico decide per prevalenze neuroniche e probabilismi a livello micro...a senconda che prevalga, di massima, la pressione razionale o la pressione emotiva, estetica, sessuale, ecc...
Citazione:
Nel voler dire ciò che non si può dire avendo l'ultima parola, lo si chiama caso e lo si rende materia prima per una volontà tecnica che può farne ciò che vuole, basta sapere come.
Volontà tecnica? ...sarebbe da definire!
Comunque il "sapere come" ha ben poco a che fare col caso: occorre un forte orientamento al sapere ed al conoscere...con impegno di esperienza, disciplina e studi: siamo abbastanza vicini ad un determinismo che, la pur presente labilità probabilistica delle concentrazioni neuroniche e geniche, rende abbastanza indeterminato!
Citazione:
Il caso dopotutto si potrebbe anche più onestamente chiamarlo Volontà di Potenza.
Il caso come volontà di potenza? ...non saprei! ...non vedo il nesso!
Comuque il potere..specie se smodato, lo si persegue con una prevalenza neuronica ben orientata...lontano dal casuale: il potere, infatti e per lo più, non lo si persegue per caso...magari è per talento...o come, accade oggi, per presenze in TV...sempre dovute a concentrazioni e prevalenze geniche e neuroniche...con inquinamento elettronico... non lo si persegue per caso!
ulysse is offline  

 



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