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26-03-2013, 22.22.21 | #22 | |
Moderatore
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Riferimento: Il caos nella metafisica
Citazione:
Se intendiamo (cosa comunque assai discutibile) che lo 0 matematico possa venire assunto a metafora del niente possiamo ancora rilevare come non solo lo 0 non aggiunge nulla a ciò che è (per la regola dell'addizione), ma che rende nullo ogni altro valore (per la regola della moltiplicazione) senza mai determinare nulla. Il fatto poi che 0/0 sia indeterminato rivela pertanto a mio avviso solo l'assoluta insignificanza del rapporto tra il nulla e se stesso. Un saluto |
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27-03-2013, 04.03.52 | #23 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Il caos nella metafisica
Citazione:
appunto perché non determina nulla è l'unico numero che può lasciare all'x lo spazio che le serve per autodeterminarsi secondo un principio di potenza, che aldilà delle nostre concordanze sulla ragione, credo lo riconosciamo entrambi ( ma se hai critiche a proposito, sono felice di leggerle ). Il discorso è che proprio il fatto che sia nulla aggiunge infinite possibilità autonome a x mentre qualsiasi altro valore le limiterebbe rendendo così limitata la sua portata. Limite che non è proprio dell'essere. Se al confine dell'essere è ponibile solamente il nulla, 0=0 è certamente insignificante considerato come autoreferente, a me però interessa il fatto che si riferisca anche così indirettamente ad x, annullandola e però anche dandole lo spazio che le è proprio ontologicamente ( l'infinito, modalmente inteso, che non trova in nessun'altra equazione ). Non credo ne era mia intenzione pensare di riuscire ad indicare così facilmente la sostanza di x, ammesso che ciò sia anche solo ammissibile in via teorica ( che esista una sostanza degna di questo nome in genere ), ma credo che la forma della relazione sia pressapoco questa e mi chiedo se ciò non può dare informazioni a riguardo di x. Perché nell'ontologia classica ( x=x ) non ci dice niente a suo riguardo se non qualcosa di assolutamente autoevidente, mentre 0=0x ci dice una cosa in più riguardo alla presenza di x nel nulla ( 0=0xyz ) cioè la sua libertà di autodeterminazione e soprattutto la sua non dipendenza da altri fattori. Se, siccome immagino che così sia poco chiaro, prendessimo qualsiasi altra equazione, x sarebbe alla fine determinata ( o ridotta ad un range ristretto ) e perderebbe il suo valore di x. Si chiama tale proprio perché è un incognita, se fosse un valore già determinato, non avrebbe nemmeno senso chiamarlo essere a meno che non si voglia fondare un'ontologia basata su un valore finito, il che avrebbe a mio avviso poco senso. Ma l'indeterminazione tale e quale è portata in gioco solamente dallo 0. Per questo per analizzare gli attributi di x starei dentro questo contesto, cioè dell'unico numero che ha una qualche valenza metafisica, essendo l'equivalente di x come essere per il non-essere. Purtroppo, pur rendendomi conto che dal tuo punto di vista ciò possa apparire anche più spinto del termine "metafora" non credo che sia la parola che descriva la relazione tra il numero 0 ed il concetto di nulla: mi pare più appropriato "equivalente funzionale" in matematica. Ma mi rendo anche conto che il mio concetto di nulla è derivato direttamente dallo zero, cosa che il tuo può non essere. Però a questo punto mi viene anche da farti una domanda che reputo fondamentale per la discussione: come interpreti dunque l'x se non come incognita matematica ? e se l'essere è riducibile a questa, non ha senso che anche il nulla sia legato ( o meglio derivi ) da un oggetto matematico ? perché in fondo mi pare che fondare una metafisica sulla logica e sottrarsi poi su una riflessione matematica sulla questione quando le due sono per così dire da sempre legate dal cordone ombelicale ( e quando una parte ha già ricevuto il suo significante matematico ). Insomma su quale altro campo bisognerebbe intendere il discorso per arrivare a farsene una ragione ? perché pensare l'essere come pura autoreferenza è giusto, il problema è che pensare alla pura autoreferenza come irrelata al suo limite quando è forse l'unico confronto significativo per comprenderla come tale un po' meno. Per quanto sono d'accordo con te che a questo livello il paradosso e la contraddizione logica siano la logica dominante, come da parecchio tempo a questa parte quando si parla di nulla in generale: ma se l'essere non si può contraddire, dove può partire questa se non che dalla sua controparte negativa ? ha senso non-significarla come non-essere ( cioè rimuoverla dalla discussione ) quando questo è l'unico altro elemento a nostra disposizione per comprendere l'essere ?... è questo che mi lascia perplesso: l'essere significa tutto, il nulla niente. Ma è proprio nella relazione tra questo "tutto" e "nulla" che a me pare di poter dare veramente senso ad entrambi mentre né l'uno né l'altro mi sembrano da soli spiegare alcunché. Se del nulla come dici tu questo si dice da sempre, a me pare vero anche dell'essere o del tutto come preferisci. Stringendo il discorso intero in due righe: Paradossalmente, come dici tu, il limite dell'essere è contraddizione pura perché è il nulla e dunque è piuttosto un non-limite, cioè un autolimite dell'essere. Ma fino a che punto è l'essere autolimitato e fino a che punto il nulla non è limite ? la risposta ovvia sarebbe: fino all'infinito: dunque questo sarebbe l'essere. Ma questo infinito non si può porre solo nei confronti del nulla che per sua essenza non è ? dunque ci troviamo con un limite che non limita e con una relazione che non lega. Ma a ben pensarci ciò è possibile solo se dall'altro lato ( quale lato ? anche queste definizioni perdono di senso ) non c'è appunto nulla o per meglio dire il nulla. Mi rendo conto comunque che sia una questione estremamente spinosa. Però, siccome non ho fin'ora trovato chiarezza da nessuna parte in quello che credo essere la punta del monte chiamato filosofia, ci terrei prima o poi ad avere uno schema chiaro, per quanto necessariamente ed evidentemente insignificante, perché è evidente che qualsiasi relazione di livello metafisico non ne ha una diretta con noi. Però in fondo, come diceva Nietzsche, se uno fa filosofia perché gli frutti pane, significa che da qualche parte ha sbagliato qualcosa ( l'ho riportato parzialmente perché era un pensiero che giudico un po' troppo offensivo per poterlo postare. Comunque stava in Schopenhauer come educatore ). |
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22-04-2013, 17.47.09 | #24 |
Ospite abituale
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Riferimento: Il caos nella metafisica
La mia "soluzione" ai tuoi quesiti, Soren, è che il temine Essere denoti lo stesso del termine "non-Essere" (posizione in antitesi rispetto a quella del caro maral :/ ). In effetti non abbiamo cognizione di questi "oggetti", ma solo di cose che diciamo partecipare dell'Essere. D'altronde mi pare che se vorrai astrarre questa caratteristica (l'esistenza) dagli oggetti e contemplarla per sé ti ritroverai in mano un nulla.
Dalle tue equazioni si direbbe che, per ottenere libertà di autodeterminazione, una x deve essere uguale a 0, cioè, stando all'interpretazione che dai dello 0, "qualcosa" deve essere lo stesso di "nulla". Ultima modifica di Aggressor : 23-04-2013 alle ore 12.21.32. |
23-04-2013, 19.56.51 | #25 | |
Moderatore
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Riferimento: Il caos nella metafisica
Citazione:
E' evidente che nel momento in in cui parliamo di essere, come insieme di tutte le cose che non sono, lo possiamo concepire solo in contrapposizione con un non essere, quindi Aggressor ha certo ragione nel sostenere che i due termini si implicano a vicenda, ma resta il fatto che definire (e concepire) il significato del non essere come qualcosa che possa reggersi da solo al di fuori dell'essere resta logicamente impossibile, Non possiamo infatti intenderlo come insieme di tutte le cose che non sono: come farebbe a esistere un tale insieme e quali sono le cose che non sono. Pure lo 0 numerico è positivamente qualcosa, pertanto lo 0 non è il non essere, appartiene all'essere. Restiamo comunque nell'ambito aritmetico e in particolare consideriamo l'equazione che Soren ha proposto, assumendo che lo 0 sia un puro segno che indichi il niente (l'antitesi dell' essere): 0.x=0, ossia secondo le regole e gli assiomi dell' aritmetica qualsiasi valore di x ripetuto 0 volte produce 0. Ma il qualsiasi valore di x è già implicito nel significato di x variabile. Dallo 0 in sé non può saltar fuori alcun x, non è lo 0 a dare luogo a tutti i valori di x. Se scrivo semplicemente x (ove x può essere qualsiasi valore, anche 0 in quanto x può variare da 0 a infinito) Ho già tutta la gamma dell'essere, senza altra necessità. Se invece scrivo 0, questo segno di per sé non implica alcun x, dunque è x (variabile numerica) che genera 0 come un suo particolare significato aritmetico e non viceversa. |
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24-04-2013, 12.24.33 | #26 |
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Riferimento: Il caos nella metafisica
E' evidente che nel momento in in cui parliamo di essere, come insieme di tutte le cose che non sono, lo possiamo concepire solo in contrapposizione con un non essere, quindi Aggressor ha certo ragione nel sostenere che i due termini si implicano a vicenda, ma resta il fatto che definire (e concepire) il significato del non essere come qualcosa che possa reggersi da solo al di fuori dell'essere resta logicamente impossibile, Non possiamo infatti intenderlo come insieme di tutte le cose che non sono: come farebbe a esistere un tale insieme e quali sono le cose che non sono. Pure lo 0 numerico è positivamente qualcosa, pertanto lo 0 non è il non essere, appartiene all'essere.
Restiamo comunque nell'ambito aritmetico e in particolare consideriamo l'equazione che Soren ha proposto, assumendo che lo 0 sia un puro segno che indichi il niente (l'antitesi dell' essere): 0.x=0, ossia secondo le regole e gli assiomi dell' aritmetica qualsiasi valore di x ripetuto 0 volte produce 0. Ma il qualsiasi valore di x è già implicito nel significato di x variabile. Dallo 0 in sé non può saltar fuori alcun x, non è lo 0 a dare luogo a tutti i valori di x. Se scrivo semplicemente x (ove x può essere qualsiasi valore, anche 0 in quanto x può variare da 0 a infinito) Ho già tutta la gamma dell'essere, senza altra necessità. Se invece scrivo 0, questo segno di per sé non implica alcun x, dunque è x (variabile numerica) che genera 0 come un suo particolare significato aritmetico e non viceversa. In realtà non ho detto che i concetti di Essere e non-Essere si possono concepire solo nella reciproca contrapposizione, io affermo piuttosto che non v'è alcun contenuto effettivo dietro la parola Essere e che lo stesso vale per il non-Essere. Io credo che quando pensiamo qualcosa noi diamo una modalità d'esistenza a questo qualcosa; che un oggetto, in generale, sia ente con caratteristiche particolari, mentre il concetto d'Esistenza dovrebbe astrarre dalla modalità come quello di non-Essere, ma così non potrebbe nemmeno presentarsi a noi che esperiamo nella contrapposizione, cioè nella delimitazione (che porta la particolarità con sé e la modalità). Per quanto riguarda lo 0 effettivamente non credo che possa rappresentare davvero il non-Essere, anche perché esso ha delle proprietà, tipo quella di essere un numero pari, ciò che qualcosa che non esiste non dovrebbe poter detenere.. |
24-04-2013, 18.54.18 | #27 | |||||
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Riferimento: Il caos nella metafisica
rispondo in disordine
@Gyta Ti chiedo perdono per non avere visto prima il tuo ultimo messaggio, è stata una lettura molto interessante, purtroppo credo che sia uscito col mio ultimo post e ho dimenticato di vedere se ce ne fossero stati altri lo stesso giorno. Ti ringrazio per tutti gli spunti di riflessione. @Maral Citazione:
Ma la prima parte è quello che dicevo anch'io: che non ha senso cercare un significato ed un "identità" a essere e non-essere presi singolarmente e per questo che ho svalutato il principio di identità a proposito dell'essere posto come non-contraddizione perché non ci da nessun'informazione sul contenuto. Così anche lo 0: 0 non dice nulla di per sé, non ha significato: il significato è nella relazione e più precisamente nella specificità della sua reciprocità: il significato di 0 per x e viceversa. Semmai è quel principio di identità x=x che chiede di considerare l'essere solo in sé stesso senza relazione al suo ( unico possibile, per altro ) alter, rendendo ovviamente impossibile proseguire qualsiasi analisi ontologica o metafisica che si voglia. Dico unico possibile perché relazionando un x ad un altra x siamo già nel "reale" cioè all'interno del positivo ontologico e per cui sintetizzando quanto si vuole tra elementi di questo genere non usciamo dal tetto di x. Per la questione aritmetica: non sono abbastanza ferrato da potermi esprimere con piena certezza siccome non ho piena cognizione degli argomenti che potrebbero entrare in gioco ma lo 0 non sarebbe neutro ? cioè da +0 a -0 non c'è intervallo, per cui non capisco secondo quale criterio lo consideri positivo. Poi, non credo che il positivo e negativo aritmetico sia uguale a quello ontologico: il primo ad esempio -17 ontologicamente sarebbe comunque positivo avendo segno e contenuto per cui significato, mentre -0 ha un contenuto informativo ( si definisce ) ma non numerico né positivo né negativo per cui il segno è come se non ci fosse - non ha significato - ergo è nullo o neutro, o sbaglio ? capisco comunque la critica che volevi farmi con questa notazione, cioè sul fatto che 0 sia ancora un valore numerico. Questo è senz'altro vero ma il fatto è che è tale solo analiticamente, è un'ipotesi operativa, in realtà dire "in questa stanza ci sono 0 elefanti" è come dire "in questa stanza non ci sono elefanti": 0 pur dovendo essere un numero per fare tale operazione in matematica, significa assenza di numero e in quanto tale sia di positività sia di negatività, proprietà che nessun'altro numero può "vantare". Mi hai fatto comunque venire in mente un ragionamento di un po' di tempo fa e che ora che ci penso è attinente alla nostra discussione. Se io penso di elencare tutti gli oggetti contenuti in una stanza arriverò sempre ad un numero finito, mentre contando tutti gli oggetti assenti non smetterò mai di contare: ciò che uno spazio finito contiene è sempre 0 rispetto a ciò che potrebbe contenere. Per dire un numero negativo per esempio è necessario che qualcosa prima ci fosse e poi sparisca ( in realtà sotto lo zero non si può andare, no ? ), perché positivo qualcosa deve esserci, ma perché sia 0 può essere qualsiasi cosa che non c'è. è per un ragionamento analogo che prendo 0 come segno del nulla in matematica: pur essendo un numero non parla di quel che c'è o che non c'è in riferimento a quel che c'era ma semplicemente di ciò che non c'è, in generale il negativo ontologico puro ( il neutro aritmetico ). Citazione:
è vero che x già da sé sta per quel range infinito di cui prima, però non ha localizzazione, non è ponibile in nessun'equazione, insomma è solo un'incognita misteriosa senza dove e perché. L'equazione che io ho proposto l'ho tirata in ballo perché risolve almeno nella mia teoria questi problemi: il dove ( il nulla ) ed il perché ( la causa: nessuna - il nulla stesso è la causa-causata - non essendoci tempo fuori dal tempo, il rapporto non può essere generante-generato, era una dicotomia che ho usato all'inizio ma è "un modo di dire" per come si è tutti credo abituati a figurarsi il rapporto causa-effetto ). C'è anche da dire che Citazione:
@Aggressor Citazione:
Ed in effetti, metafisicamente parlando, sono d'accordo: i due, come ho cercato di rappresentare matematicamente, sono un'identità unica: l'uno non può essere senza l'altro, se non fosse che noi guardiamo alla faccenda da un'ottica analitica basata su un'antitesi posta nella logica delle cose reali, che poi vorrebbe dire, sistema di relazioni chiuso. Dico metafisicamente perché è l'unico ambito in cui emergano gli assoluti: poi si sa che, guardando al nostro mondo empirico, la relatività è di ordine ed essere e non-essere significano cose diverse. Citazione:
Beh, tralasciando che non sono certo "mie" equazioni, al massimo quelli proposti qui dentro miei ragionamenti sulle tali, vorrei specificare nel merito della quotazione una cosa. Ho riflettuto a lungo ultimamente sulla questione e più specificamente dal linguaggio che sarebbe proprio ad un discorso metafisico, per cercare di esprimermi il più possibile senza errori - per esempio pur sapendo bene che in tale spazio ( che non è uno spazio: ecco già un errore di linguaggio! ) non c'è tempo per cui il discorso generante-generato non ha senso, l'ho usato per abitudine, ma evidentemente è meglio che me la tolga perché poi se non sto attento mi confonde i pensieri ( Schopenhauer insegna per fortuna ). Comunque, rispondendoti, una X non dev'essere uguale a 0, è proprio la moltiplicazione con 0 che le dà l'opportunità di poter avere qualsiasi valore senza che l'equazioni cambi: 0=0(x) all'interno delle parentesi qualsiasi valore di x è ammissibile, proprio per il fatto che dopo si annulla; x è qualcosa e più precisamente in quanto x è possibilità, la mia tesi è che uno spettro infinito di possibilità avviene soltanto nell'equazione indeterminata e che quelle determinata non evidenzi l'indeterminazione propria di x che è esattamente ciò che la caratterizza come tale - per cui ne nasconda il significato autentico e la sua relazione con il nulla - che è una relazione contraddittoria come dice Maral, perché i due non possono essere mischiati siccome antitetici, nello stesso valore: li si può sintetizzare secondo me solo attraverso una funzione del genere. In effetti la ragione per cui ho ragionato tanto a partire dalle indeterminate è che mi paiono uno schema comprensivo di tutto ( il nulla, l'infinito, la parentesi che li separa ). Per il resto ho ancora tanto da scrivere, ma rischiando di finire lo spazio per ora termino qui, rileggendo questo post vedrò cosa aggiungere... Ciao |
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25-04-2013, 10.29.03 | #28 | |||
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Riferimento: Il caos nella metafisica
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x è localizzato proprio in x e come causa ha se stesso, non il nulla, il suo modo di essere che è indeterminato e aperto a infinite, ma peculiari possibilità, non ha bisogno di un luogo assenza di luogo e di una causa assenza di causa per essere ciò che è, dunque non ha bisogno di un'equazione per essere ciò che è. Al massimo potrebbe averne bisogno per ritenersi onni-potente, ma questo creerebbe grossi problemi con altre incognite come y, z e via dicendo. Mi sa che però stiamo debordando in una arbitraria e filosoficamente ingiustificabile mitologia di metafore pseudo matematiche . |
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25-04-2013, 10.31.20 | #29 |
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Riferimento: Il caos nella metafisica
Il tuo post, soren, è interessante, individuare il non-essere quando esso è in relazione con gli enti invece che per sé lo trovo si interessante (anche se non saprei prendere posizione, ora, su una simile possibilità).
Poi quello che mi viene di dire è che la x nelle tue parentesi non è un valore valido nella tua equazione. Cioè, per farmi capire, non c'è un numero x nella tua equazione, bensì il numero 0(x), che è 0. Puoi dare qualsiasi valore alla x, è vero, ma quel valore, nella equazione non ha significato poiché è già relazionato con lo 0, non c'è un numero x nella equazione ma x0. come se ti dicessi che ho 5 mele o 2+3 mele, alla fine quello di cui stò parlando sono 5 cose, non 2 o 3. Così nella equazione tu parli del numero x0 e non del numero x. Sono riflessioni forse azzardate, ma te le pongo comunque. Saluti! |
26-04-2013, 10.33.17 | #30 |
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Riferimento: Il caos nella metafisica
Il fatto Maral è che le cose che esistono possiedono una modalità, una soggettività, per cui si può anche dire che ciò che è distinguibile da qualcos'altro esiste. Se l'Essere è distinto dal non-essere allora entrambi avrebbero un modo d'Essere e il nulla sarebbe qualcosa.
Tu stesso parli dell'Essere come di "un tratto", ma "un tratto" è qualcosa di particolare cioè di distinguibile, se ne stai effettivamente parlando, da qualcos'altro. Se non riesci a distinguerlo da qualcos'altro non ne stai parlando, ma se vuoi distinguerlo dal non-essere dovrai ammettere che il non-essere è qualcosa, quella cosa distinta dall'Essere. Potrai allora trattare l'esistenza come un attributo e dovrai cercare un principio, come per gli altri attributi, che ne gestisca l'attribuzione. Per esempio una maglietta è rossa se si ritrova in certe condizioni che non dipendono dalla rossezza ma che ne causano la manifestazione, così l'essere "esistente" dovrà dipendere da un principio superiore all'Essere come nell'ipotesi Plotiniana. Secondo me questo è un buon argomento se si pensa l'Essere come un attributo, cioè, in generale, come qualcosa di distinguibile da qualcos'altro (ma io non credo che ciò sia possibile). Un saluto maral! |