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08-12-2009, 22.08.48 | #42 | |
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
Citazione:
Credo -ma posso anche sbagliarmi- che ogni conoscenza "valida" si fondi sull'intuizione, ossia sull'evidenza; e, quindi, anche la validità della matematica e della fisica fanno leva su di essa. Assumere l’evidenzia come criterio di verità, però, a molti sembra errato, perché essa appare come un dogma, e quindi la rigettano in quanto principio. C'è da aggiungere, comunque, che anche coloro che in generale la criticano in verità la presuppongono e la accettano (anche se implicitamente): l’evidenza è presente nella stessa negazione. Infatti, se qualcuno domandasse ai critici qual è il motivo della loro obiezione, cioè perché criticano l’evidenza come criterio di verità, gli interrogati dovrebbero mostrare, e quindi “far vedere” (cioè porre in “evidenza”) dove, secondo loro, sta l’errore; in altre parole, anch'essi dovrebbero utilizzare il medesimo criterio. Così, anche per negare che il criterio di verità sia l’evidenza bisogna fondarsi sull’evidenza o su una pretesa evidenza; bisogna “vedere” che le cose non stanno così: vedere, per esempio, che gli uomini hanno scambiato per evidenti tesi che tali non erano, cioè che gli uomini sbagliano. Sbagliano, sì, ma si accorgono anche dell’errore commesso; se non se ne accorgessero mai, non potrebbero neppur parlare di errore, e non potrebbero accorgersene se non "vedessero" qualcosa. Negare l’evidenza vuol dire concepire il complesso dei discorsi umani come una serie di espressioni senza senso, di ghiribizzi (sarebbero ghiribizzi in quanto non “si vedrebbe”, cioè non si comprenderebbe, ciò che si afferma); ma anche il dir questo presuppone l’evidenza: l’evidenza, cioè, che i discorsi umani siano puri ghiribizzi. Insomma: o si ammette che l’evidenza sia criterio di verità o ci si affida alla forza per sostenere le proprie affermazioni; ma in questo caso diventano inutili le affermazioni stesse: bastano i pugni! Perché gli uomini, allora, vedono cose diverse? Il problema non è che vedono cose diverse, è che “dicono” di vedere cose diverse. Cioè il veduto (l’evidente) è ben poco in ciò che si dice, in ciò che si ammette: basta pensare a tutto quello che diciamo perché, per esempio, l’abbiamo letto sul giornale (anche per le semplici affermazioni di cronaca, del tipo: “domani scioperano i ferro-tranvieri dalle 10,00 alle 18,00”; non è evidente che i ferro-tranvieri scioperino, è evidente, invece, che ci sono caratteri stampati e comprensibili su un foglio di carta che chiamiamo giornale; l’evidenza non è nel contenuto della notizia ma nel fatto che c’è una notizia, anche se il contenuto di essa potrebbe essere errato; infatti, avrebbe potuto esserci un errore di stampa, avrei potuto commettere un errore di lettura, il cronista avrebbe potuto riceve una notizia sbagliata, etc.) oppure trutto ciò che diciamo per motivi ideologici ("per partito preso"). Quindi l’errore è a-teoretico, cioè molto spesso l’impulso, la volontà di dare l’assenso ci spinge a darlo anche quando non si vede, o si vede solo parzialmente; il che in molti casi è necessario per la vita: guai, per esempio, se volessimo avere l’evidenza della solidità del pavimento che ci sostiene, della potabilità dell’acqua che beviamo, etc.; affidarci ad una persuasione non evidente, per la conduzione della vita, è meglio che avere l’evidenza assoluta in ogni caso o situazione (per esempio: affidarsi alla persuasione non evidente sulla potabilità dell’acqua può determinare un’epidemia di colera e di tifo, ma le pretese dell’evidenza in proposito condannerebbe tutti gli uomini a morire di sete, ed è meglio rischiare un’epidemia ogni tanto piuttosto che far morire di sete tutta l’umanità; il che non vuol dire che i governanti non abbiano il dovere di cercare tutta l’evidenza possibile sulla potabilità dell’acqua -cosa che, tra l’altro, è di loro pertinenza-, ma vuol dire che se il singolo, se ogni uomo volesse avere tale evidenza, tutti morirebbero di sete). L’errore, dunque, non è sempre frutto di una malvagia o irresponsabile volontà. Qualche volta può anche essere che l’errore dipenda dalla mancanza di senso critico, cioè dalla mancanza di volontà di andare a vedere come stanno le cose; ma per le persuasioni della vita quotidiana rinunciare all’evidenza (e accettare il rischio dell’errore) è una saggia decisione: in filosofia no! In filosofia non bisogna mai rinunciare alla ricerca dell’evidenza. Però, non ha senso cercare se non si ritiene di poter trovare (ossia vedere), e d’altra parte, non si ammetterà che solo l’evidenza è criterio originario di verità se non ci si porrà nell’atteggiamento di radicale spregiudicatezza (spregiudicatezza indicata dall’epochè -sospensione del giudizio- di Husserl o dal dubbio cartesiano, cioè dal dubbio radicale). A volte, quando si critica il criterio dell’evidenza, si portano esempi di proposizioni ritenute per molti secoli evidenti e poi rivelatesi errate. Esempio classico è quello della geometria euclidea soppiantata da quella non-euclidea. A parte che, come si diceva sopra, per rivelarsi falsa una proposizione presuppone proprio il criterio dell’evidenza; inoltre, non è detto che l’avvento delle geometrie non-euclidee abbia annullato la geometria euclidea; cioè, le nuove geometrie hanno “allargato il concetto di spazio”, ma in uno spazio euclideo vale ancora la geometria euclidea. A bene vedere, comunque, le obiezioni nella loro radicalità nascono dal pretendere che il concetto di evidenza sia univoco; cioè dal pretendere che l’evidenza filosofica sia la stessa dell’evidenza geometrica. Si dirà che “vedere” vuol dire “vedere” e basta, e se si cambiano le carte in tavola, ossia se si cambia il significato delle parole, non ci si capisce più niente. A questa obiezione rispondo che è vero quanto detto, e cioè che “vedere” significa “vedere” e basta; ma gli oggetti “veduti” cambiano, ossia possono essere diversi. In questo senso, credo abbia ragione Kant (il Kant pre-critico dello scritto: Ricerca sull’evidenza dei principi della teologia naturale e della morale, redatto nel 1762, anche se pubblicato qualche anno dopo), quando, rispondendo ad una questione sollevata dall’Accademia delle Scienze di Berlino, nella quale si chiedeva se i principi della teologia naturale e della morale siano suscettibili di dimostrazioni tanto chiare quanto quelle delle verità geometriche, nega che ciò sia possibile. A ciò qualcuno potrebbe replicare che per Kant è chiaro che non sia possibile, soprattutto alla luce di quanto egli stesso scriverà nella Critica della Ragion Pura, nella quale svilupperà la dottrina che porterà a negare la possibilità della metafisica come scienza. Ed io rispondo che: -la risposta che Kant dà all’Accademia è indipendente dalla dottrina della Critica della Ragion Pura (siamo, infatti, ancora nel periodo pre-critico, cioè nel 1762, e la Critica della Ragion Pura fu pubblicata nel 1781 -la prima edizione- e nel 1787 -la seconda-) e vale anche per coloro che quella dottrina non accettano, o non l’accettano interamente; -Kant sostiene che la matematica comincia con definizioni “arbitrarie” (esempio: «intendo per trapezio una figura costruita così e così»), ossia la matematica “costruisce” i propri oggetti [certo, deve costruirli partendo da qualche dato, altrimenti le sue conclusioni non potrebbero applicarsi alla realtà; in ogni caso, comunque, idealizza questi dati] e quindi può partire dalla definizione di essi (li ha creati lei, e quindi sa come sono fatti): dalle definizioni passa agli assiomi e di qui deduce i teoremi. La filosofia, invece, deve indagare su che cosa è la realtà esistente, ossia trova già dato l’oggetto della sua indagine e quindi deve ancora conoscerlo: insomma deve indagarlo a partire “dal di fuori”, senza averne alcuna definizione essenziale (ad una qualche definizione semmai giunge alla fine dell’indagine); infatti, deve ricavare faticosamente i propri concetti dall’esame della realtà (e anche quando la ricerca mette in luce acutamente aspetti reali di una cosa, non arriva ad una definizione essenziale come quelle della geometria); e dunque deve procedere in modo diverso: non deve mai cominciare con definizioni, perché altrimenti rischia di lavorare solo su definizioni nominali illudendosi di avere in mano definizioni reali; «qui [cioè in filosofia -scrive Kant-] il concetto delle cose è già dato [e non costruito o idealizzato come nella matematica], ma in modo confuso e non sufficientemente determinato. Bisogna suddividerlo, confrontare nei vari casi le note che si sono separate con il concetto dato, per poi determinare e rendere compiuta questa idea astratta» (I, 1); ossia in filosofia bisogna analizzare l’oggetto dato confusamente, cercare, fra i vari elementi che si sono distinti, quali sono quelli caratteristici; e ancora, distinguere quello che si sa con certezza da quello che è ancora oscuro, e cercare di approssimarsi così alla realtà; infine, non credere di saper tutto quando si sa qualcosa, non negare l’esistenza di ciò che ancora non si conosce. continua... |
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08-12-2009, 22.09.08 | #43 |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
... continua dal post precedente
È, dunque, necessaria l’intuizione; ma come essa si applica alla matematica ed alla fisica? Tentiamo di capire in che modo essa ci permette di cogliere il nesso fra soggetto e predicato. E qui occorre distinguere due tipi di ricorso all’intuizione, a seconda che l’intuizione serva: -da punto di appoggio psicologico; -da fondamento logico. Nelle proposizioni che esprimono un dato di fatto, cioè nelle proposizioni sperimentali (ossia nelle affermazioni della "fisica", che -per utilizzare il linguaggio kantiano- sono sintetiche, ossia derivano dall’intuizione sensibile), l’esperienza è fondamento logico; nelle proposizioni matematiche, invece, è punto di appoggio psicologico. Che vuol dire? Semplicemente che il matematico -forse- non riuscirebbe a pensare le proposizioni matematiche se non rivolgendosi ad immagini, cioè costruendo figure e tracciando segni. La differenza tra i due (ossia tra l’appoggio psicologico e il fondamento logico) risulta chiara se si pensa che le conclusioni del matematico conserverebbero la loro piena validità anche se il matematico soffrisse di allucinazioni e immaginasse di scrivere su una carta inesistente segni che di fatto non ci sarebbero se non nella sua fantasia (in questo senso ricorrere all’intuizione serve di appoggio psicologico); mentre perderebbero ogni valore le conclusioni di uno scienziato sperimentale che, nel fare gli esperimenti, soffrisse di allucinazioni (in questo senso ricorrere all’intuizione perderebbe il suo valore di fondamento logico). Per quel che riguarda le verità matematiche, dunque, credo che dovremo dare ragione a Leibniz ed a Hume, ossia dovremo affermare che esse sono giudizi analitici. Grazie per l'attenzione! Gaetano T. |
09-12-2009, 09.19.36 | #44 | ||||||||
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
Citazione:
Ho già spiegato che il senso letterario della domanda, secondo me, non si riferisce al senso assoluto di gerarchia. Altrimenti avrebbe dovuto chiedere soltanto: meglio la matematica o la fisica? Invece ha scritto: Filosofi! Meglio la matematica o la fisica? Se non si è concordi nemmeno sul senso letterale mi sembra inutile continuare il dialogo. Citazione:
Mi sembra di aver risposto più di una volta su questo problema e se su questo si può avere opinioni diverse e rispettabili (nessuno può sapere l’intenzione che ne aveva emmeci) diverso il discorso sulla definizione di frazione e sul senso fisico di essi. Citazione:
Hai citato un'opinione, io invece ho citato una definizione, mio carissimo Giorgiosan, se non comprendi la differenza non è colpa mia. Citazione:
Io conosco solo ciò che leggo. Quello che hai riportato sono solo opinioni. Mostra qualche definizione su cui non ci sia nulla da discutere come ho fatto io! Citazione:
Hai capito male, quel libro è di fisica (con larghi accenni alla matematica), poi Penrose è innanzitutto un matematico (è stato professore emerito all’università di Oxford, ora in pensione) ha ricevuto il premio insieme a S.Hawking il Wolf Prize per la fisica; evidentemente credo sia più idoneo per spiegare, in modo dignitoso, le frazioni. Comunque vedo che sei ancora convinto di quello che hai quotato. Libero di credere che 3/8 abbia un senso fisico. Epicurus l'ha cancellato. Vedremo quanto duri tu... Citazione:
Vedo che hai cercato su internet. Non hai letto nemmeno "La mente nuova dell'imperatore". Mi domando come fai a criticare senza manco leggere una riga. Quello non è un libro che spiega cosa sia una mente, al massimo cosa non sembra essere. Citazione:
L'hai quotato, hai detto che epicurus aveva spiegato l'arcano oltre ogni ragionevole dubbio, ora non l'hai capito? Citazione:
Ho fornito la definizione di frazione, ho sostenuto che le frazioni 1/3 e 3/8 non hanno alcun senso fisico (che hai quotato dalle parole di epicurus, che ha poi cancellato), ti ho fornito una definizione di matematica minima ma importante non molto diversa da chi la matematica la mastica tutti i giorni e mi dici che sono stato furbo? Forse ero più furbo se non ti rispondevo… |
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09-12-2009, 17.48.28 | #45 | |
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
Citazione:
Questa discussione mi ricorda quella fatta all'articolo di Alberto Viotto che trovi qui: https://www.riflessioni.it/scienze/pa...-tartaruga.htm. Sfogliando nuovamente il librone di Penrose mi sono accorto di aver sottolineato vari punti che qui (ed anche li) interesserebbero. Per esempio oltre alle frazioni vi sono per esempio i numeri complessi (il virgolettato sarà di Penrose) che effettivamente sono stati " considerati con sospetto per così tanto tempo, mentre le estensioni molto più complicate dai razionali ai reali sono state, dopo l'epoca degli antichi greci, generalmente accettate senza problemi." Il problema (però mi accorgo che sarebbe una discussione lunga e difficile), come dice anche Penrose (e che ipotizza anche Viotto nel suo articolo), è che " la connessione che i numeri reali matematici hanno effettivamente con i concetti fisici di lunghezza o tempo non è così chiara come avevamo immaginato...non è neppure così evidente che in natura esistano effettivamente tempi o lunghezze arbitrariamente grandi o piccole". "Malgrado ciò (Penrose lo scrive una pagina prima, lo dico per correttezza, non è la conseguenza di quello che ho citato su) possiamo ancora chiederci se il sistema dei numeri reali sia realmente corretto per la descrizione della realtà fisica ai suoi livelli piu profondi" (accenna alla meccanica quantistica)..."Tuttavia questa teoria, per come adesso comprendiamo la m.q., non ci costringe (e neppure ci porta) all'opinione (scrive proprio opinione) che vi sia, ai suoi più piccoli livelli, una natura discrieta e granulare per lo spazio e il tempo o energia." Riporto questo perché sia evidente che la piena comprensione del mondo fisico attraverso la matematica è altamente problematica, ma non ancora impossibile. |
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09-12-2009, 19.20.39 | #46 | |
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
Citazione:
Una poco alla volta, ora...per capirci. Ho citato le parole di G.F con le quali egli definisce l'episteme ma questa sua definizione rimane una sua opinione... per Kant l'episteme non è la stessa cosa e neanche per Liebniz..ecc. ecc. Capito? Quello che hai citato non è affatto una definizione...anzi è una banalità così come l'hai citata fuori dal contesto ( spero che il contesto le dia un senso) "...L'idea di una frazione come 3/8 si basa semplicemente sul fatto che essa è una specie d'entità che ha la proprietà di dare 3, quando è sommata a se stessa 8 volte." Quale sia l'acutezza di questa affermazione mi sfugge del tutto. 3/8x8= 3 ...e allora? Prosegue "La magia risiede nel fatto che l'idea di frazione funziona effettivamente, nonostante non abbiamo realmente esperienza diretta di cose che nel mondo fisico sono esattamente quantificate da frazioni..." I numeri razionali possono essere tutti rappresentati da una frazione...e beh? La magia? Questo sarebbe un discorso matematico, questa è una affabulazione. Certo che di tre ottavi di un essere umano non se ne ha esperienza ... ma di tre ottavi di una torta divisa in otto fette se ne ha....ovviamente quei tre ottavi di torta funzionano solo per approssimazione nel senso che non possono fare riferimento al numero di atomi reali della torta perchè tutto è in continuo movimento e la torta non ha nel tempo t2 gli stessi atomi che aveva nel tempo t1....ed anche parlare di atomi intesi come realtà "fisse" è un'approssimazione. I nostri rilevamenti quantitativi della realtà materiale sono sempre una approssimazione. La magia è anch'essa una forma di religiosità...ma non è la mia. Ultima modifica di Giorgiosan : 10-12-2009 alle ore 06.22.18. |
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10-12-2009, 00.59.35 | #47 | ||
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
Citazione:
Non hai letto bene la definizione che ho citato è un po' più completa. Citazione:
L'unica cosa che hai indovinato è che quella frazione, rapportata ad una torta, è un'approssimazione. Ciò significa che quella frazione non ha alcun senso fisico. Spero che ora tu sia d'accordo. Per dire la verità avevo già suggerito che era una banalità (e non per la questione degli atomi, ma su questo non ci ritorno); felice che te ne sia, in qualche modo, accorto e direi finalmente. Il problema è che spesso, per rispondere troppo velocemente, si finisce con il non leggere le cose che si dicono... e la definizione di frazione ne è una testimonianza. |
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10-12-2009, 07.03.31 | #48 | |||
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
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Quello che hai riportato non spiega certo cosa è una frazione e non credo che un matematico insigne intendesse farlo. Una frazione è il prodotto di un numero intero m per il reciproco di un asltro numero intero n (non nullo), ossia nella forma mn-1 ( -1 e la potenza di n). Si pone m/n = mn-1. Non credo si debba scomodare Penrose per spiegare cosa è una frazione! Suppongo invece che Penrose voglia fare delle considerazioni di altro ordine ma solo il contesto lo può dire... ma ancora non lo conosco. Quello che ho detto lo posso affermare senza conoscerlo. Citazione:
Non solo non ho letto "La mente nuova dell'imperatore" ma non ho letto alcun testo di Penrose e credo che risultasse chiaramente dai miei post. Certo che ho cercato in rete, ho cercato: chi era Penrose, i suoi titoli, i suoi scritti, le sintesi dei suoi scritti, i giudizi favorevoli e quelli critici. Ha scritto anche Ombre della mente....dunque vuoi asserire che afferma di non sapere niente sulla mente...e come farebbe a comparare l'intelligenza artificiale con quella umana? C'è qualcosa di negativo a cercare in rete? Cosa? Citazione:
Era ironica la frase....significava che non c'era alcun arcano da spiegare...un numero periodico espresso in altro modo non lo è più. Ultima modifica di Giorgiosan : 10-12-2009 alle ore 12.10.03. |
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10-12-2009, 07.16.40 | #49 | |
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
Citazione:
Mi rendo conto da questo tuo ultimo post che hai cognizioni elementarissime di fisica e di matematica. Capisco la tua meraviglia nel renderti conto che i sistemi simbolici non "fotografano" la realtà ma la rappresentano per mezzo di modelli, però credevo che questo concetto fosse scontatisssimo....in un forum di filosofia. Certo che una circonferenza quale è pensata in geometria non esiste nel mondo reale ma solo nella mente dell'essere umano. E guarda che non disprezzo né la tua meraviglia..anzi, né la tua ignoranza in queste materie, non disprezzo l'ignoranza altrimenti dovrei disprezzare anche me stesso. Il tema filosofico che ti appassiona mi sembra essere quello della corrispondenza delle idee con la realtà. Ciao |
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10-12-2009, 17.26.21 | #50 | |
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Riferimento: Filosofi! Meglio matematica o fisica?
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Non tanto scontato se l'hai quotato. Se poi la tua era ironia o ignoranza è impossibile dirlo. Poi non comprendo su cosa io sarei ignorante se praticamente mi stai dicendo che avevo ragione. La mia meraviglia consiste nel fatto di constatare che ora fai retromarcia su un tuo iniziale errore dandomi anche dell'ignorante. meglio concluderla qui |
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