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23-11-2009, 20.32.30 | #22 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
Citazione:
Ove si pone la verità rispetto ad esse? Ultima modifica di Noor : 23-11-2009 alle ore 20.47.35. |
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24-11-2009, 11.34.28 | #23 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
Non so – Stavrogin - se hai letto con attenzione il mio brano, che già cominciando con un verbo al condizionale potrebbe metterti sull’avviso che non sono affatto del parere di chi “crede nello spirito”, e tanto meno mi sentirei con quella fede al sicuro….mentre le righe seguenti non fanno che aumentare la portata dell’implicito rifiuto di usare la metafisica per difendere le proprie certezze. Tanto che la domanda finale - che è un’evidente domanda retorica - dovrebbe dimostrare che il coraggio sta dalla parte del biologo e dell’evoluzionista o – tanto per non farmi accusare di grezzo scientismo - del leopardiano gettare lo sguardo nella notte dell’infinito.
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24-11-2009, 15.24.08 | #24 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
Citazione:
Il Giacomo Leopardi è uno "zibaldone" di pessimismo e di materialismo, come tutti i pessimisti suppongo che vivesse nella paura e la paura non sembra essere il sentimento che meglio accompagni la ragione. Paura che Manzoni gli soffiasse il premio della Crusca, per esempio... più o meno come succcede oggi... Nel Dialogo fra un fisico e un metafisico le cose più sagge le mette in bocca al metafisico....vale più una vita vissuta intensamente che una vita lunga ( il fisico aveva trovatto una "ricetta" di lunga vita). Quanto all'astronomia ne scrisse solo una storia...mutuata da altri. Leopardi insomma né carne né pesce...solo un uomo insoddisfatto. Darwin e Leopardi provarono emozioni? Certo...ma chi non le prova. Ciao |
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29-11-2009, 00.31.24 | #25 |
Moderatore
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Messaggi: 781
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
Il concetto di autoreferenzialita' in se' stesso non e' autoreferenziale, non genera cioe' alcun paradosso sul piano logico razionale; una lampada da tavolo puo' benissimo arrivare a gettare specularmente la propria luce sopra se' stessa nel momento stesso in cui la si considera come tale, e un cervello puo' ragionevolmente interpretare se' stesso nell'ottica di una logica che lo considera gia' dato e presupposto a priori, il razionale puo' cioe' considerarsi reale nel momento in cui si da' per razionalizzabile tutto cio' che e' reale, e si da' per realizzabile tutto cio' che e' razionale; la via dell'idealismo puro e' l'unica che ha concesso alla scienza un varco alla comprensione razionale dell' Io Reale, quindi, in fin dei conti, solo la filosofia ha potuto concedere alla scienza l'unico titolo per poter giudicare il reale nel modo in cui lo si e' fatto dall'inizio dell'era moderna fino ad oggi.
Se un neurologo puo' arrivare a credere, oggi, di poter descrivere la realta' dell'io in modo piu' o meno fenomenico-emergenziale (fenomeni che emergono dall'unione e dalla sinergia di altri),e in termini fisico-chimici, lo deve anzitutto ad Hegel ed al consenso ormai implicito che il suo idealismo riscuote presso il nostro attuale modo di pensare il mondo. La vera domanda , quindi , dovrebbe essere un'altra; Ha davvero logicamente senso dire che tutto cio' che e' razionale e' reale e viceversa? Ha davvero senso dire che tutto cio' che io penso di apparentemente coerente abbia un inevitabile riscontro nel Reale, e che tutto cio' che la Realta' mi pone innanzi e' comunque razionalizzabile e quindi comprensibile al mio intelletto?...perche' questo e' quello che crede oggi la scienza tutta, questa e' la vera fede, una fede idealista i cui fondamenti razionali sono tutti da dimostrare. |
29-11-2009, 13.23.40 | #26 | |
Ospite abituale
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Messaggi: 2,959
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
Citazione:
Una lampada, (persino la lampadina nella lampada), può illuminare se stessa ma la luce non può illuminare se stessa. Un cervello, o meglio un “io” può arrivare a conoscere molte cose su stesso ma il fatto stesso che le può conoscere dovrebbe dirgli che quanto ha conosciuto non appartiene a lui bensì alla falsa concezione che quell’”io” si è fatto di se stesso. Nella metafora della lampada è come se la luce, in un dato momento, avesse iniziato a credere di essere la lampadina, inorgogliendosi della sua capacità di illuminare. La forza illuminate è della luce in rapporto alla quale la lampadina è solo lo strumento incidentale che le da l’opportunità di manifestarsi. Attributi della realtà, oltre la concretezza, dovrebbero anche essere la non transitorietà, la permanenza. Una lampadina ha un ciclo vitale mentre la luce è per sempre, infatti, per quanto ne sappiamo, l’universo, con la sua luce, potrebbe essere sempre stato e potrebbe rimanere per sempre, non così per la nostra lampadina che, sempre per quanto ne sappiamo, prima o poi si consumerà. C’è un altro perché che, dando ragione a Benini, ci spiega logicamente perché non possiamo conoscerci. La manifestazione diventa evidente attraverso le triadi. Esempi: Sperimentatore, esperienza sperimentato. Conoscitore, conoscenza, conosciuto. Amante, amore, amato. Vedente, vista, visto ……….. …………. E così via. Nella ricerca di stessi, nella triade “conoscitore, conoscenza, conosciuto”, si avrebbe che “conoscitore” e “conosciuto” puntano alla stessa entità, cioè all'"io" e questo nella manifestazione non è solo paradossale ma persino impossibile perché si smonterebbe la dualità che origina il flusso di corrente, (in questo caso la conoscenza), che alimenta la manifestazione. Se non c'è un polo + ed un polo - non c'è corrente, (questa è fisica) e se nulla fluisce e tutto è immoto non c'è la manifestazione. Verrebbe da pensare che, essendo impossibile conoscere se stessi, il mettersi a farlo è un inutile perdita di tempo. Lo sarebbe se noi ci identificassimo con la luce ma siccome ci identifichiamo con la lampadina, o peggio con la lampada, o peggio ancora con gli oggetti illuminati, quella ricerca diventa lo scopo massimo dell’esistenza perché è solo conoscendo ciò che non siamo che riusciremo a rettificare la nostra falsa identificazione. L’importante è che siamo coscienti che – ciò che siamo non possiamo conoscerlo ma solo esserlo– |
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29-11-2009, 17.23.59 | #27 |
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
Ma, VanLag, posso forse pensare che con le nuove rivoluzionarie idee della fisica, il paragone con la lampadina possa sembrare un po’ elementare. Così io preferisco richiamarmi alla potenza del pensiero, anzi alla potenza solare del pensiero – che, una volta avviato, sorpassa tutti i limiti della fisica, compresa la velocità della luce e lo stesso modello di un universo infinito…e allora, perché non potrebbe riuscire a voltare anche la freccia del tempo e andare alla ricerca della sua origine, cioè del punto in cui il neurone diventa pensiero – a costo di cogliersi in flagranza di reato?
(Penso infatti che per qualche spirito religioso potrebbe essere proprio un reato questo cercare in sé stessi: un’infrazione del dogma che rimanda a Dio l’origine dell’uomo e quindi anche del suo pensiero, conservando tutt’al più quella specie di occasionalismo che è l’ultimo rifugio del filosofo quando cerca di risolvere il dilemma: prescienza divina o libero arbitrio? Due orologi, tarati su un’unica ora. No, Dio solo ha l’onnipotenza del pensiero, lui solo ne conosce origine e fine!) |
29-11-2009, 18.02.02 | #28 | |
Moderatore
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
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29-11-2009, 19.54.08 | #29 | |
Ospite abituale
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
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Ora se il soggetto della ricerca ne diventa anche l’oggetto, ne consegue che la dualità si annulla e non c’è flusso, cosa che nel mondo fenomenico in cui viviamo non ha riscontro, perché tutto fluisce per differenza di potenziale checché ne dica and1972rea. Ma il pensiero non è detto che coincida con ciò che siamo, anzi proprio il fatto che possiamo guardare i nostri pensieri certifica che non siamo essi, ma siamo l’entità che guarda …. Abbiamo fatto un passo avanti nella conoscenza di ciò che siamo. |
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30-11-2009, 09.08.12 | #30 |
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Riferimento: "Che cosa sono io?"
….di ciò che siamo - VanLag - o di ciò che crediamo di essere? Nel sottile e ostinato sforzo di ricerca della verità che ci occupa da migliaia di anni non mi pare si possa parlare di obiettivi raggiunti, nonostante i trionfali “eureka!” di empiristi e idealisti, religiosi e filosofi. E sì che la filosofia è nata con la certezza che l’uomo dispone, attraverso il logos, dell’arma decisiva per arrivare alla verità….Forse l’equivoco è dipeso dal fatto che l’uomo, nella sua ricerca dell’assoluto, non si è mai sciolto dall’orbita rappresentata da sé stesso, anche se ha creduto di superarne i limiti inventando la metafisica e alla fine appellandosi a Dio: ma un Dio che non era affatto (e non lo è neanche oggi) un superamento dei limiti umani, ma:è sempre interno alle nostre prospettive, anzi è fatto a nostra immagine e somiglianza: è un ego ingigantito e buttato “lassù”, non sapendo trovargli un posto migliore, al riparo dalle scalate che minacciano, ieri come oggi, i cocciuti titani. Mentre si può pensare che la verità assoluta non abbia questi limiti cioè queste fattezze umane, e anzi proprio per questo possa essere detta assoluta.
Ma qual è la conclusione di tutto questo? Forse che anche l’assillo di conoscerci non è la cosa essenziale, perché dopo tutto potrebbe darsi che di fronte all’assoluta verità l’uomo sia, come diceva Pindaro, il sogno di un’ombra. O, come può dire più rudemente la scienza, un essere che l’evoluzione ha già condannato alla fine. |