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02-09-2009, 11.32.29 | #22 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
Citazione:
Il concetto è tutt’al più una trasposizione ,un’immagine della realtà,un simulacro della stessa. E qui ,evidentemente,ci fermiamo al pensiero soggettivo concettuale come ben rilevi,senza possibilità di sfrondare il reale oggettivo (e che è esattamente il vero.) La rinuncia della modernità al ricercare lo stesso,denota soltanto la crisi involutiva marcata da un certo procedere del pensiero occidentale iperintellettualizzato ma poco reale (nonostante le apparenze realistiche poiché riferite al fenomenologico,ma con astrattezze linguistiche mascherate da sofisticazioni metodiche e giustificate come specialistiche) . Non è affar mio se la filosofia moderna si sia fermata soltanto a questi strumenti (da qui l’inevitabile sbocco pessimista che evidenzi) ma mi sembra evidente che di ben’altro sia capace l’approfondimento della conoscenza tramite il potere intuitivo dell’essere-uomo nella sua pienezza di essere. Mi scuso per l’off-topic. Saluti ricambiati. Ultima modifica di Noor : 02-09-2009 alle ore 21.45.20. |
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02-09-2009, 22.20.22 | #23 |
Ospite abituale
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
Cultura, erudizione, sapere, saggezza e ... libri
Parlare di libri, riferirsi alla cultura cartacea, alla saggistica, alle ricerche nelle biblioteche; esaltare le funzioni di una citazione azzeccata in tema di argomentazione, in un editoriale, in un articolo culturale, nei forum virtuali di discussione è un'avventura nel dissenso. Perfino nei settori “Libri”. Là s'incontrano anche lettori forti, soprattutto donne che rivendicano, se non il valore della non lettura, una libertà di scegliere libri non “difficili”, non saggistica, non “classici”, ma perlopiù quelli indicati nelle classifiche. Io non imporrei mai letture non gradite di cui non si è convinti o fuori dal proprio orizzonte e sono d'accordo con i precetti di Pennac e di altri grandi lettori. Ma non posso non far notare, come Calvino nel suo “Perchè leggere i classici, il loro valore formativo, il loro inesauribile dire, o certi viaggi in mondi anche interiori che altrimenti rimarrebbero sconosciuti. Per non trarre conclusioni affrettate, mi sono chiesto il perchè di questa disaffezione e di questa automatica associazione: libri-erudizione- non vita. Una responsabilità già notata è da attribuire alla scuola dove fin dalla scuola media il libro colto si associa a pesantezza, noia, falsità di sentimenti, anacronismo. Si è sempre criticata la scelta istituzionale dei soliti testi da scuola, quando la letteratura potrebbe offrite una vasta scelta di altrettanto valore ma molto più stimolante Specie se accompagnata da letture guidate non pesanti, non filologiche, ecc. Nella mia regione è da tempo avviato il progetto per la lettura ai bambini fin dal primo anno di vita “Nati per leggere”,per emanciparli dall'unico curriculum della “maestra” tivù e dalla società dell'immagine. Molto precocemente ho imparato una lettura non passiva, con la matita in mano, con un quaderno per le sintesi, in nome di quelle elaborazioni che sono il contrario dell'erudizione. L'attuale temperie culturale è afflitta da un'atonia mentale, dalla povertà di pensatori e investigatori del nostro esistere al mondo. Degrado non estraneo alla politica di cui è coerente il ridimensionamento dell'efficienza della Scuola. L'industria culturale educa i palati in un certo modo e crea un circolo tra offerte e richieste,con la complicità di critici che lodano i libri primi in classifica. Quale rapporto e se sì , in quale misura, possono avere i libri con la cultura, l'erudizione, il sapere, la saggezza? Essere colti significa raccogliere conoscenze con lo scopo di formarsi una compiuta personalità attraverso una individuale e autonoma rielaborazione , arricchendo così le proprie risorse e potenzialità, una mente aperta e interdisciplinare. Erudizione è il deserto di conoscenze apprese che non diventano vita. Già nel '700 ci si accorse che i filosofi erano soltanto inutili eruditi, spegnevano la vitalità delle idee nei salotti del tempo,e si contrapposero loro i “philosopes”. Ma erano state estromesse pure le donne, coltissime che ravvivavano un conversare non futile o difficile, e fu la fine di questi incontri mondani. Nella “Nausea” Sartre delinea la figura dell'Autodidatta che pretende di impadronirsi di tutto lo scibile cominciano dalla lettera “A” dello schedario della biblioteca,per proseguire fino alla “zeta”. Apparentato a Bouvard e Pecuchet di Flaubert, i celebri studiosi con stesse velleità. Cultura è discernere, rettificare, perfezionare, adeguare alla realtà, riflettere, confrontare,elaborare concetti altrui, senza stroncare ciò che vale solo perchè è stato espresso da un altro. Cultura è ancora permanente automonitoraggio, mai un traguardo. Soprattutto è conoscere i propri limiti. Analisi, sintesi, rigore critico,dubbio metodico, chiarezza concettuale, fuori da assolutismi,da sotterfugi per ottenere sempre ragione. Non contrapporre a priori le proprie idee mai revisionate; non difendere tesi e opinioni già disconfermate nel passato dopo ricerche. Non sostenersi su stampelle fideistiche, ideologiche, dogmatiche. La “saggezza” è saper fronteggiare con equilibrio e prudenza gli eventi: saggio può esserlo Salomone o l'ortolano, in diversità di situazioni. La saggezza ha bisogno della libertà concessa dalla cultura? E la cultura c'entra in qualche modo con la lettura, la parola scritta? Il “sapere” fin dall'illuminismo è un conoscere con alcune garanzie. E' capacità intellettuale e morale per criticare con fondamenti altre visioni del mondo. Dettero incremento al sapere Galileo con il metodo scientifico, poi Descartes,Keplero, Newton. Ma sapere, ragione, onestà intellettuale, oltre che da scuole di vita (escludiamo i libri e senza reticenze confrontiamo le nostre esperienze e vissuti di vita pratica?) dipendono da un fortunato ambiente familiare e scolastico che fornisce informazioni organizzate per apprendere e pensare. Cultura sono pure quegli ambienti che assecondano le nostre inclinazioni. Il “sapere” è stato sempre temuto dai regimi politici,dalle menti retrograde, da quelle stantie, clericaleggianti. Per distruggere il ... buon senso mandarono al rogo i libri. Oggi non sarebbe necessario, vi hanno provveduto la sottocultura di stampo tele-mediatico e il pattume tuttologico di qualche network. |
03-09-2009, 11.22.19 | #24 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
Citazione:
Ben altra cosa. Ribadisco dunque che dev’esserci differenza tra il filosofo e l’uomo di cultura-intellettuale : se li confondiamo ,abbiamo tolto di mezzo l’esperienza della conoscenza diretta,esperienziale ed abbiamo ucciso l’uomo di conoscenza : il Filosofo. |
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03-09-2009, 23.08.35 | #25 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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“conoscenza” sono vissuti svariati, che entrano nella nostra anima per mutarvi qualcosa e ora parliamo pure a favore di un per un sapere compiuto che sia una disciplina utile alla vita, come per i classici della Grecia del quinto sec. a. C. quando si discuteva nell'agorà. Ma oggi , converrai che Internet non vi equivale. Quindi certo alludi a contatti con persone in carne ed ossa, a dialoghi, sul campo, non con certi accademici sempre estremamente astratti. Ho seguito seminari al Centro Veritas di Trieste tenuti da docenti di varie università ed erano estremamente fuori da ogni concetto utile alla vita e alla conoscenza di problemi attuali ,più critici di quelli prevedibili per insegnamenti ormai superati. Ma se alludi a qualcosa di esoterico e di trascendente, di “sentimenti oceanici” di esperienze e consonanza con qualche Tutto o Assoluto o Conoscenza con la maiuscola, non ci siamo. Perciò a questo punto è necessario che specifichi cosa intendi veramente, essendo un concetto da te spesso ripetuto, se vuoi proseguire il discorso. Già a Freud a tale proposito aveva detto che lui non ha mai sperimentato questi stati exrasensoriali oceanici, ma non tanto per sminuire, semplicemente perchè non facevano parte dei suoi vissuti. Eppure fu anche lui un “filosofo” (sempre con la lettera minuscola) e non manca mai in tutti i manuali di filosofia per ogni ordine di scuola. Quindi dovremmo parlare di qualcosa di diverso, certamente, da letture, di conferenze, di dibattiti da forum virtuale. Di contatti con persone? Ma non tanto di esperienze in sé, perchè conta come uno la vive, anche la stessa esperienza. Puoi iniziare accennandomi a queste (tue?) lezioni di vita in diretta, poi vediamo se posso capire. Da “filosofi” che tengono gli occhi in basso e non al cielo come Talete che cercava la Conoscenza in chissà quale esperienza illuminante, o come qualche guru zen nostrano che attende ancora la Conoscenza transpersonale sforzandosi invano di creare il vuoto mentale. |
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04-09-2009, 08.57.48 | #26 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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ciò sarebbe unicamente desiderio dell’ego e per il quale ci si appaga (se si vuole) già con le droghe. Parlo semplicemente di non di porsi limiti,dunque di essere totalmente aperti . Essere aperti significa innanzitutto affrontare le proprie paure ,dunque aver anche ben lavorato su se stessi,come lo scovare proiezioni personali e false conoscenze dedotte che si sovrappongono all’esperienza diretta. Un limite è la mente come ho sempre detto,ciò non significa che oltre la stessa ci si imbatta nell’extrasensoriale esoterico,quanto ad un’espansione della coscienza. L’unica vera lezione che posso mostrare è la vita quotidiana come campo d’azione ,con i suoi problemi e ove porsi con più lucidità e consapevolezza possibile,senza fughe,idealismi o giustificazioni: non c’è miglior palestra,dunque non immagino mai il filosofo come colui che si isola chinato sui libri.. anche se non disdegno il momento contemplativo (che non significa di riflessione). Poiché però ,non voglio far rientrare nell’opinione e giudizio altrui ove possa condurre ciò,mi fermo qui:all’onestà dell’approccio che propongo,senza falsi idealismi o aspettative particolari. Serietà innanzitutto (che non significa non saper giocare con la vita). |
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06-09-2009, 22.08.22 | #27 |
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
X noor e altri eventuali interessati
Quale formazione per la vita? Oggi gli studiosi chini sui libri paghi di uno scibile cartaceo non esistono più e anche per questo la concatenazione individuo colto-erudito-libri – non vita è irrealistica. Leopardi stesso passò solo quatto anni di studio “matto e disperatissimo” sulle sue “sudate carte”. Ma poi ebbe una vita intensa ricca di viaggi, salotti letterari, amori sia pure infelici, vivaci scambi epistolari, amicizie selettive, contatti con altri letterati e filosofi. Scrisse pensieri che rivelano una sua profonda conoscenza dei rapporti sociali. Unita al talento ebbe a disposizione una vastissima biblioteca, composta dal padre bibliomane. Altrimenti non avremmo tale genio completo, creativo, logico, razionale, sensibile poeta, filosofo, ecc. Smentisce la credenza che vale solo il proprio “buon senso” perchè chi ama i libri esclude necessariamente la vita; oppure che il genio è voluto da una scintilla di una Spirito Divino sceso per grazia nel suo cervello. Eppure a tali superstizioni si crede ancora nel terzo millennio. Così fu per migliaia di grandi pensatori, filosofi, poeti, scrittori di ogni tempo: proprio dai libri ricavarono un terreno fertile per stimoli e visioni di vita che altrimenti non avrebbero raggiunto. Ovviamente rinchiudendo uno stolto senza vocazioni in una fornita biblioteca, si solo peggiorerebbe il suo stato d'ignoranza. Nessuna combinatoria casuale può equivalere alla formazione metodica per un'intelligenza creativa che si accompagna sempre a solido e assiduo lavoro selettivo ed a ogni possibile fonte di conoscenza. I grandi giornalisti come Montanelli, Biagi, ecc. dalla capacità prodigiosa nell'associare nomi, periodi storici, frasi memorabili, per analogie, confronti, citazioni che rivelano un sapere eclettico, furono anche attenti viaggiatori, conferenzieri, uomini mondani in relazione con molte persone e personaggi. Lettori e osservatori della realtà che sta intorno. A un certo punto possono vivere di rendita culturale avendo accumulato un archivio di conoscenze nella loro testa, senza perdere eccessivo tempo tra ricerche cartacee. Capaci di comporre un lungo articolo in una sola notte. Molti di loro dissero che erano più che altro ri-lettori di non molti libri e che una biblioteca intelligente si forma non per accumulo ma per eliminazione del superfluo via via che si raccolgono i volumi. Si tratta di saper usare i libri e lo strumento della lettura sempre più perfezionato. Le contemplazioni solitarie servono poco se non accompagnate da accurate riflessioni su qualcosa. Possono altrimenti essere una delle tante “droghe” oggi intese nel senso metaforico che si dà a ogni dipendenza con funzione di fuga, evasione anestetica : alcol, stupefacenti, fumo, ma anche videodipendenze, perpetue connessioni Internet, cellulari, gioco d'azzardo, passatempi tecnologici, cibo, ecc. Nel coltivare una disciplina si dovrebbe porsi uno scopo specifico e coerente. La filosofia è il campo dell'intelletto, della ragione, del dubbio, dell'argomentare logico e consequenziale, dello scoprire le nostre e altrui contraddizioni. Per chiedersi il fonda mento su cui si sostengono le nostre conoscenze, discernere tra scienza, religione, arte e loro obiettivi. Oggi ci libera dalle astrattezze metafisiche, interrogandoci su cosa possiamo attenderci da noi stessi e dal mondo. I filosofi teoretici analitici sperano di scoprire una teoria che diventi applicazione di un metodo, o la formula che sveli il mistero del mondo. Ma chi è convinto della sufficienza di un suo indisciplinato rigore logico o privo di affidabili fondamenti,allora non ha bisogno né di libri, né di altre fonti all'infuori della sua autorefernzialità. E' pago di ciò che s,a non gl' interessa né di leggere,nè di ascoltare gli altri, che non potrebbero insegnarli nulla che non sa già. Oggi il nuovo indirizzo filosofico è antiaccademico e il nuovo indirizzo è la “consulenza filosofica”. Il consuelor è un operatore alternativo (non sostitutivo) al terapeuta. E' una “cura di sè” non per malati nella psiche ma per chi intende dare un senso alla sua esistenza, scoprendo sue risorse latenti in piena autonomia di scelte. Solo coadiuvato da qualcuno che faciliti tale processo in un'avventura delle idee. Per capire cosa occorre a se stessi, come unici e irripetibili individui, per superare una personale situazione difficile. Per imparare a usare parole equilibrate, distinguere tra fatti, emozioni, interpretazioni; per reinterpretare con distacco propri eventi passati, confrontandosi e confrontarsi con l'altro nella nostra diversità ed estraneità. E' inevitabile che ci siano ostacoli dovuti a differenze culturali, educative, di esperienze e conoscenze. Ma se ci si pone a priori in competizione e non si accetta una nostra “inferiorità” per quanto riguarda qualche campo, si reagisce con la disconferma e il dialogo è finito. La nuova necessità sarà di diventare esperti in relazioni private, da cui scaturiscono nuove idee e visioni di vita. Altrimenti si diventerà entro un decennio disabili sociali. Estinto il colloquio lineare e cooperativo, confidenziale e intimistico, tra persone incarnate,faccia a faccia. Il gioco, il calembour linguistico, la fantasia sono essenziali, perchè non vanno intesi solo come pure evasioni o sogni ad occhi aperti,ma come ipotesi di adattamento alla realtà, per esprimere a tutto campo la propria coscienza, sempre con il fine anche di un più proficuo realismo comportamentale. Seguo da anni regolarmente seminari e aggiornamenti previsti per i consuelor. (indirizzo Gestalt). Non si usano libri ma svariate tecniche di confronto, simulazioni, analisi di casi reali portati da persone presenti, psicodrammi. In gruppo, tra persone in carne ed ossa, dove sono bandite chiusure dottrinali e pregiudizi. La saggezza è sempre teorica, come un bel fiore che potrebbe sbocciare. C'è un insegnamento evangelico che dice: “La strada che porta all'inferno è lastricata dalle buone intenzioni”. “vedo il meglio e mi attengo al peggio”, dice Spinoza. Oggi l'avversione ai libri non è solo un fatto di costume culturale (specie a certi libri formativi) ma ha origine da un'ideologia diffusa e pericolosa, e si associa all'involuzione voluta all'istruzione scolastica pubblica e ad altre politiche culturali. Dovute solo a ragioni di economia? Ma per fronteggiare gli eventi problematici nemmeno i libri sono sufficienti, né solo le esperienze di vita, se non sono anche presenti certi tratti di personalità. Non basta l'intelligenza da manipolazione simbolica dell'Occidente, ma anche tratti di intelligenza sociale ed emotiva, plasticità della mente, educazione psicoaffettiva conseguente a un equilibrato ambiente educativo familiare fin dalla primissima infanzia. Senza condizionamenti limitanti e pregiudiziali che sarà quasi impossibile estirpare. |
07-09-2009, 09.21.31 | #28 | |
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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per evitare di incappare in inutili digressioni.. Per il resto posso anche concordare con te,anche se poco m’interessano queste tue accademiche riflessioni (probabilmente sei preside in una scuola,non so..dunque sei portato a tal genere di disamina tecnico-culturale-pedagogico). E’ chiaro che parlo di altro.. Ciao,grazie. |
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07-09-2009, 11.39.55 | #29 | |
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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Se l’uomo di conoscenza non ha alternative che l’apertura alla realtà come dicevo,qui invece abbiamo la descrizione esattamente contraria,ovvero dell’uomo d’intelletto o intellettuale. Sembra che si scambi la conoscenza che significa innanzitutto essere sempre nuovi,freschi,disponibili al presente,per invece un’acquisizione di memorie e conoscenze indirette o inferenze, deduzioni logiche ecc.. La conoscenza non è un cartella di file,ove riporre dati,ma l’hardware stesso col sistema di base e con un antivirus sempre aggiornato con ciò ad esprimere l’attenzione stessa alla realtà sempre nuova ma dalla quale non essere mai inconsapevolmente condizionati. Il consuelor? Qualcuno che indirizzi? Vedo che il bisogno di inventarsi nuove etichette per mascherare i neo guru è dura a morire.Questo è il bisogno di certezze della mente che è dura a morire..che ha bisogno di nuovi condizionamenti,verbi che mascherino dubbi,incrtezze,paure.. Ciascuno ha sempre ciò che gli abbisogna,senza discriminare ciò che è giusto o sbagliato: la conoscenza non è un’opinione su questo o su quello,ma ciò che traccia le strade. |
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09-09-2009, 21.12.51 | #30 | |
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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Le digressioni erano risposte a punti che hai sollevato: droghe affrontare le proprie paure lavorare su se stessi le false conoscenze espandere la coscienza la vita quotidiana da privilegiare chi è il “chinato sui libri”, oggi? contemplazione e riflessione serietà e gioco Un tempo si usava la metafora per cui il cervello sostrato materiale è l'hardware, mentre la mente - conoscenza è il software, e non viceversa. Ora secondo le neuroscienze non esiste più tale dualismo. Consuelor è un anti-guru e senza nessuna certezza. Ma se non conosci bene tale figura non ne parliamo più. Riassumere uno scritto senza omissioni e non estrapolarne frammenti sarebbe il modo giusto per imporsi attenzione e controllo e decidere se si è d'accordo o meno. Un lessico vario e appropriato che non sottovaluti le altrui capacità di comprensione, è diverso di un linguaggio oscuro perchè povero di idee e incerto. Ma anche se si comprendono i contenuti,si rifiutano se non corrispondono a ciò che già si crede. In tal caso si mistifica, distorce, ribalta un'idea per adattarla ai propri preconcetti, che insediati da tempo, non si possono estinguere. Molti studenti sono abili a usare termini astratti, ma la loro comprensione sottostante è nulla. Adottano impressioni personali e buon senso. Perciò si dovrebbe conoscere cosa sa già il nostro interlocutore e regolarsi di conseguenza, per non parlare inutilmente su cose che non conosce o solo crede di conoscere. E in reciprocità. Oggi ovunque si nega sistematicamente quello che è in controtendenza con gli orientamenti del tempo, e si esclude chi tocca certe realtà. Poi c'è sempre chi non cerca un confronto, né ne sarebbe in grado, ma l'ottenere ragione anche negando l'evidenza. Si dovrebbe riconoscere se ci si fonda su una realtà o su opinioni. Conoscenza è mettere in discussione diverse opinioni, comprese le proprie. Chiedersi se il nostro interlocutore, sul tema proposto, possiede più informazioni di noi, quanto noi o meno di noi. I forum con la maggior affluenza sono scaduti di qualità. Molti nick sono usciti ma non rimpiazzati da altrettanto preparati. I siti si sono chatizzati, invasi da immagini e chiacchiere. Oppure si partecipa con evasioni nel trascendente. Sono ore di connessione sottratte ai reali problemi e vissuti della vita quotidiana, solo per far procedere una chat. I forum sono uno specchio dell'attuale sottocultura massmediatica da TV a zapping, Internet a salti da link a link, sms lanciati dai cellulari, chat, network, wikipedie approssimative. I partecipanti più fragili e privi di sicurezza, come alcune donne pur ricettive a certi problemi, si assimilano, si assuefano a tale sistema povero e ne diventano satelliti spersonalizzati nel pensiero di gruppo spesso condotto da “leader” informali. Sarebbe alquanto strano, se tale subcultura non fosse intollerante verso i libri formativi e stampati, i concetti “difficili” perchè fuori portata a chi non legge più nemmeno una pagina culturale di quotidiano o almeno un editoriale di alto giornalismo. Se non si adotta un linguaggio semplificato, se non si banalizza tutto, non ci si fa comprendere. Perciò desista e rinunci che non riesce o non ha interesse a omologarsi appiattendosi nel gruppo. Eppure a scuola s'insegnava che parlare, ascoltare, leggere, scrivere, sono strettamente connessi. Non ha senso ragionare in termini di “o libri o vita” e non “sia libri sia vita”, in proficua complementarità. Non possiamo forse essere uomini “saggi” e “sapienti” e nel contempo con comportamenti adatti a ogni situazione pratica, esseri sociali e riflessivi? Non si può insegnare a scrivere , non per ozio ma per la vita, senza valorizzare nello stesso tempo le pratiche di lettura. Per organizzare e chiarire il proprio pensiero, per conoscere il mondo e l'elaborazione concettuale. Chi resta nei forum deve usare un parlato povero trascritto, frasette che accompagnano immagini da cartoline, o trascendenze confuse su cui si può improvvisare tutto ciò che si vuole e il suo contrario. Quali sono le tue strategie per una conoscenza diretta della vita, delle persone, ecc. non mediata da letture o da partecipazioni a forum? Il tempo che io dedico a libri e forum è ben modesto rispetto al sociale. |
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