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28-08-2009, 15.08.32 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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Che sia in errore solo questa volta sarebbe lusinghiero ...ma non si tratta di errore, né miei né di altri. Per poter giudicare degli errori altrui bisognerebbe essere riconosciuti quale maestri ma io credo che sia molto difficile essere maestri ed ancor più difficile essere riconosciuti come tali. Oggi è piuttosto risibile porsi come maestro: il relativismo culturale è proprio la conseguenza della caduta degli dei, di presunti criteri oggettivi, di modelli culturali, quali che siano, proposti come unici perché veri....e questo perché la storia dell'umanità ha mostrato quante falsificazioni, quante mistificazioni sono state proposte come insegnamento magistrale sotto l'etichetta di cultura. Pur tuttavia l'aspirazione è legittima e nobile. Ma...per me, ben inteso, il maestro quando diventa tale non legge più. Il maestro ha smesso di leggere le idee altrui perché ha maturato una visione del mondo, dell'umanità e di quanto è stato trasmesso dalla storia culturale, unica e compiuta che è il frutto di una vita vissuta intensamente e di una riflessione continua. Il maestro cita poco e quando cita lo fa solo per favorire la comprensione negli altri, non per esibire una presunta erudizione o le sue molte letture. Se è colto ed erudito non lo si capisce affatto: egli appare soprattutto come umile e semplice. Ognuno ascoltandolo lo ritiene autorevole senza bisogno che esibisca titoli o studi o letture...anche se può dissentire. Il maestro non ha né la frenesia né l'inquietudine di essere riconosciuto perché è sicuro del fatto suo... e sa che quanto c'è di vero e di buono nel suo insegnamento non può non essere riconosciuto dalle coscienze. Il maestro è soprattutto sintetico. Il maestro non disprezza l'ignoranza, la guarisce. Capiscii perché ritengo che i mastri siano rarissimi? Accontentiamoci di esporre le nostre convinzioni...se c'è qualcosa di vero e di buono non andra perduto il seme che abbiamo seminato anche inconsapevolmente...non tutto perlomeno e in attesa di diventare maestri accogliamo i semi del nostro prossimo. |
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29-08-2009, 14.21.26 | #14 | ||||||
Lance Kilkenny
Data registrazione: 28-11-2007
Messaggi: 362
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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Ma trovo ingiusto consentire ad un utente tra i più prolifici di permanere in questo atteggiamento autoreferenziale per cui non esistono interlocutori possibili a meno che non siano tutti su posizioni omologhe più che analoghe alle sue;per il quale ogni critica è fallace nel metodo e cmq non viene mai controargomentata per punti e ponendo il focus sulle singole questioni affrontate;per il quale il concetto-slogan unico è l'esistenza di un'incultura profonda appannaggio di un pò tutti gli altri da sè, di cui il braccio armato è un linguaggio storpio e involgarito dalle nuove tecnologie comunicative, che alla bisogna rende pregnanti analisi sia della povertà di valori delle nuove generazioni, sia delle dinamiche intersessuali di massa, sia dei fenomeni politici epocali. Lo trovo ingiusto perchè banalmente un dialogo è una proposta di scambio e non una delle declinazioni di blog. Personalmente sono d'accordo su di una conclusione possibile del tema testuale posto da Arsenio, (chi potrebbe non esserlo se scomponiamo i singoli termini della questione e li disponiamo su di un tavolo senza tradurli con le possibilità ulteriori che la semantica concede?Da qui l'assumere come, una volta di più, il porre questioni retoricamente equivalga altrettanto spesso a negarle e a svuotarle di senso, per usarle dunque solo come pretesti): leggere libri è una forma di ascolto, arma possente quanto la sua negazione conculcata, un'affermazione di umiltà intellettuale dunque, a patto che poi abbia come sbocco il rapporto con "altri" altri da quelli letti, la dissemina cioè altrettanto umile di quel 'verbo' presunto volta ad implementare in costoro il meccanismo della volontà di conoscere. Mentre invece il noto paradosso dell'intellettuale, tema caro ad esempio a Garimberti, è che il medesimo si trova spesso ad accentrare conoscenza più che a produrla ed elaborarla a fini sociali, e ad usarla a sua volta come strumento di potere e di controllo, di solipsistica autoidentitificazione, di narcisitica e reiterata conferma del proprio sè. Citazione:
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29-08-2009, 19.02.13 | #15 |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
Ho ritenuto utile il presente post per chi mi ha risposto, tenendo conto di vari interrogativi sollevati, anche su l'uso di fonti altrui per un discorso di tipo argomentativo, sul valore della lettura in determinati contesti selettivi. ecc.
saluti Come si forma un pensiero creativo? Oltre a sminuire chi argomenta nei forum in un modo non banale e informativo, opponendo “le più importanti lezioni di vita,la pratica più della teoria, le personali esperienze più che la lettura” (come se le due cose si escludessero a vicenda) un'altra comunissima obiezione è: “ti avvali di cose altrui, non inventi nulla”, ecc. Particolare grave perchè s'ignorano completamente quali sono le basi della creatività, in ogni luogo e in ogni tempo. Creatività è riconoscere tra pensieri e oggetti nuove connessioni che portano a innovazioni e cambiamenti. Ma non basta un'”originalità”,se si tratta di un'arbitrarietà gratuita. Occorre che segua un ordine coerente, consequenziale, e il riconoscimento di qualche valore da parte di altri. Sarebbe come dire, prendo uno scimmione e lo faccio estrarre da un bussolotto cartellini che recano parole a caso, poi le accosto e ... ottengo un'opera altamente creativa. Oppure trascrivo il delirio di uno schizofrenico e lo spaccio per una creazione d'avanguardia altamente personale. Chiedetelo a scienziati e artisti, cos'è la creatività e come nascono le idee, e ne possiamo riparlare in occasione del Festival della mente che si terrà a Sarzana il 5,6,7 settembre. Inoltre c'è differenza tra una mente divergente-laterale,in una attività scientifica, artistica, o di argomentazione culturale,filosofica, di critica letteraria, ecc. E' possedere una fluidità ideativa, una capacità di ri-organizzare elementi, ma è la precedente padronanza di conoscenze e non di improvvisazioni balzane che permette applicazioni utili e produttive ( chi conosce il classico “Il pensiero produttivo” di Werheimer? )Non s'inventa nulla dal nulla, ma tramite accostamenti, trasformazioni, associazioni, inesauribili combinazioni delle stesse cose, intuizioni e ristrutturazioni alternative, re-inquadramenti, e se richiesto a volte completi ribaltamenti di una consueta visione inefficace o non trasferibile in altro contesto. E' stato assodato che soccorrono soprattutto interessi di tipo “femminile”, che le donne non hanno avuto modo di sviluppare in un ambiente a loro mai molto favorevole. Inoltre, essere curiosi, intuitivi, empatici. Dare spazio alla fantasia per incursioni in mondi anche irrazionali per illuminazioni che poi vanno rielaborate. Non s'inventano “cose nuove” ma si scoprono esistenti fattori nascosti che non apparivano a tutti. La storia del progresso ce ne ha dato vari esempi. L'incredibile paradosso è che spesso, navigando nei forum, ti rinfacciano di non essere agganciato alla vita pratica e quotidiana, che veramente serve. Ma chi? Proprio i “metafisici” che si arenano nelle secche del nonsenso, i tossici di parole sul nulla che si logorano per giorni e giorni evadendo in dibattiti asfittici, ben distanti dai reali problemi della vita a cui pur si stanno avvicinando le nuove pratiche filosofiche programmate anche negli atenei. Si vive con la nostra coscienza, non con quella cosmica, perdendosi in un mondo che non c'è, attratti dal vuoto e dai neospiritualismi. Oppure si tratta di idee banali, involtolate in una verbosità nemmeno accademica o specialistica, ma qualcosa che assomiglia a un linguaggio burocratico ragionieristico che un tempo ci affliggeva. Come esempio, sentite questa frase rivoltami recentemente in un forum virtuale e ditemi cosa si capisce: “L'approccio potrebbe sembrare uno scivolamento nel personale,eppure la nemesi ricorsiva nel personale del tuo pubblico piglio e il carattere inequivocabile di copione della maggioranza delle risposte che, di conseguenza ricevi in cambio, meritino ampiamente a mio avviso un'opera di intercettazione che ti offra uno stimolo possibile verso l'autoriflessione” E' questa, una forma di linguaggio “creativo”, è una lode, una critica? Che tipo di registro linguistico è? Filosofico? Culturale? Legalistico? Burocratico, curiale? Che retroterra ne ricavate? Le pratiche filosofiche sono più adatte a chi a chi ha una sensibilità umanistica, anche a prescindere dall'effettiva formazione, e non alla freddezza di un funzionario statale. In ogni modo i denigratori verbosi sono quelli che vorrebbero nascondere che non hanno nulla da dire, e che possono far colpo soltanto su chi ha maturato scarse possibilità critiche. Nel virtuale troppe teste sono formattate dal web in nome di un connivente disimpegno dove si dis-apprende la vita per criteri di appartenenza. E , se in qualche confronto con qualcuno che trasgredisce, si nota di essere in una posizione di inferiorità,lo si svaluta, disconferma come si può. Oggi nel mondo del lavoro, quali creativi sono richiesti? Si cercano gli esperti in strategie comunicative, che riescano a comprendere in modo veloce e preciso testi complessi, che sappiano riformularli. Lo stesso studiare è saper capire e collegare per conoscenze rinnovate. Capire gerarchie,selezionare,riordina re e collegare. Anche chi parla nelle conferenze deve saper compilare scalette, appunti, disporre le proprie conoscenze, e non sproloquiare. Sono competenze che si sviluppano fin dall'infanzia, anche con la precoce passione per i libri: letteratura, romanzi, ecc. E come, senza la letteratura classica, si può sapere cos'è l'amore, il dolore, la noia, la tristezza, i loro percorsi, riuscendo a chiamarli per nome? Anche in un amore, solo un creativo dà spessore a chi gli sta vicino. Un amore finisce se non si creano forme fantastiche in cui chi ama si possa calare. La poesia deve far vibrare per inediti accostamenti di parole sensate, che esistono, e non da giustapposisizioni casuali di vocaboli. Viceversa, che vale? “Un matematico che non abbia in sé nulla di poetico non sarà mai un matematico completo”, affermò il famoso matematico Weierstrauss. Ritornando ai libri, i 9/10 vengono costruiti per incassare denaro. Dovuti a congiure tra autore, editore, recensore, e servono alla gente per conversare su qualcosa che tutti leggeranno. Così il pubblico conosce solo i nomi di autori di successo commerciale. L'arte in tal caso in realtà consiste nel non-leggere ciò che la maggior parte prende in mano. Il chiasso del momento fa parecchie edizioni. Chi scrive per gl' imbecilli trova in tutti i tempi il suo pubblico. Sono veleno intellettuale, rovinano lo spirito. Il primo precetto culturale sarebbe non leggere roba cattiva, evitare le scribacchiature nuovissime. Leggete quelle opere che rimangono, e il possesso di un libro non significa che se ne è assimilato il contenuto. Si legga subito due volte per capire e per seguire le concatenazioni. Sapete di chi sono queste ultime considerazione sugli scrittori? Di Schopenhaur, in Parerga e Paralipomena. Come vanno in Italia le letture? Il 7% di lettori abituali, il 50% nemmeno un libro all'anno. Il marketing del libro prevede quelli banali e americanizzati. Le ragazze di Internet leggono il doppio rispetto ai maschi. Peccato che poi cedono alle norme del gruppo,se non ne escono, perdendo indipendenza di giudizio e di cultura. |
30-08-2009, 13.19.17 | #16 | |||||||||
Lance Kilkenny
Data registrazione: 28-11-2007
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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Il pensiero creativo non è un obbligo evidentemente, ai fini della discussione intrapresa non era singolare invece inquadrare un tratto peculiare della tua attitudine forumistica perchè più in generale caratteristico di molti intellettuali sedicenti tali.Quello Shopenauer che sembri leggere con frequenza dice con ovvia provocazione ne "Il mondo come volontà e rappresentazione" che "leggere significa pensare con la testa degli altri". Citazione:
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ti domando quale sia il criterio con cui tu analizzi questo cedere da parte loro alle norme del gruppo e il conseguente (pare) perdere indipendenza di giudizio. ti chiedo poi una tua definizione di "gruppo" nell'accezione in cui usi il termine. |
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30-08-2009, 15.09.01 | #17 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
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la cultura come forma di autoaffermazione narcisistica ed identificazione in uno status di potere personale e sociale. Lontani dunque da ogni filantropico scopo,non ci resta che rilevare come ogni ruolo richieda una maschera.. Solo di questo stiamo parlando.. |
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30-08-2009, 19.44.19 | #18 |
Ospite abituale
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
Il buon senso della ... filosofia
Se traggo alcune conclusioni dopo aver frequentato forum di discussioni filosofiche, direi che si trovano svariate cose, ma non molta filosofia. Intesa come addestrarsi al ragionamento, all'interiorizzare il sapere e i suoi processi. Come aggancio a problemi di ogni giorno e loro impostazione, con l'impegno di sostenere la verità delle proprie asserzioni. Chi può meglio indicare i senso di tale “amore per il sapere” se non i classici, quando era una disciplina per migliorare la vita e indurre al cambiamento? Ad esempio Epicuro, anni fa a lungo bestsellerista con un libriccino sulla felicità: “Vana è la parola di quel filosofo con la quale nessuna passione umana viene curata.” Non credo che lo scopo della filosofia sia arrovellarsi sulle trascendenze,sugli assoluti universali, su Dio. Ogni concezione definitiva sul mondo è nemica della verità. “L'uomo può districarsi in molti modi e non vi è narcotico migliore della speculazione astratta perchè ciò che in essa è necessario è mantenersi più impersonali che sia possibile” (Kierkegaard, aut-aut). Filosofare come obnubilante pillola antidepressiva? Ma non si tratta di ricorrervi come fosse un antidepressivo, né trovarvi un ansiolitico. Se il filosofo non dovrebbe temere di affrontare i problemi che opprimono gli uomini. Ricavare spunti di riflessione soprattutto da quei grandi pensatori emarginati e scomodi,indagatori e maestri dello svelamento, come Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche, Benjamin, Adorno, Simmel, Kracauer, Cioran, Montaigne, Dostoevskij, Kafka, ecc. Spiriti liberi che dialogarono con se stessi. Ma chi oggi osa leggerli e riferirne? Mettere in luce verità contrarie all'opinione pubblica, rendendosi impopolari al proprio gruppo di riferimento, alle proprie prime idee che si affacciano alla mente, che sono luoghi comuni? E cercare piuttosto smentite che conferme a proprie convinzioni a cui si è troppo assuefatti? Ma gli uomini oggi sono estranei a quesiti sottili, il loro concetto di filosofia è fragile. Sono perlopiù come Talete, inabili a parlare di cose concrete sull'essenza dell'uomo terreno. Ciechi verso l'uomo singolo che esiste, più inclini a insistere sull'esistenza di Dio e simili, senza cogliere le cose reali. Sono pochi gli atenei dove si segue un indirizzo teorico-problematico. Non si fa critica, non si risolvono problemi, non si elaborano idee e visioni del mondo,nè letture commentate dei classici: in una parola non s'impara a “filosofare”. E' assente l'allenamento alla discussione critico-razionale, su religione, letteratura,arte, filosofia politica e della scienza, ecc. con pertinenza su problemi esistenti. Apprendere la chiarezza e la precisione terminologica, senza essere costretti ad assumere astrusi registi linguistici fuori contesto, riflessioni fuori da dogmi e pregiudizi. Sono nulle le combinazioni arbitrarie o dire la propria per “ragione naturale”: non è questo un pensiero libero. Non si fa filosofia senza logica, tecniche argomentative, regole del discorso, uso della ragione, senza logiche al di fuori di quelle che vorrebbero imitare un computer; sono diffusi autoreferenzialità, surrogati spirituali, spontaneità dilettantesche. Un'avventura personale del pensiero non è mettere fuori sciocchezze una dopo l'altra e tutte quelle oscure e “originali” deviazioni di chi non sa comunicare. Se qualcuno mi pone un problema, oppure se a parer mio noto un'improprietà, in genere rispondo dopo aver riletto con attenzione, dilungandomi, con intenti costruttivi. Ebbene poi nel riscontro non ci si riferisce alla globalità del discorso ma sovente si estrapola anche solo una locuzione, una parola sola ... e con quella si vorrebbe demolire ... l'avversario? Anche distorcendone il senso. Avviene ovunque, nei forum virtuali. Sono questi i veri narcisisti insicuri che non ascoltano ma estrapolano, distorcono, per non ammettere che l'altro ha ragione anche se è palese. Ma l'etica filosofica è ricerca collaborativa della verità, e non un' autoingannevole vittoria che non innalzerà la stima di chi si adatta a tali poco onorevoli mezzi. In Italia non si sa né s'insegna a scrivere di filosofia; non c'è un addestramento all'argomentare, sono ignoti i grandi logici. Si va per associazioni libere, non si riportano esempi personali e pertinenti. Ma sovente si dice ciò che si vuole, nel totale arbitrio,inventando, facendo dire ad altri, anche se si tratta di illustri studiosi, ciò che più aggrada. Chiacchiericci su ciò che appare, senza vedere ciò che sta dietro, senza saper concettualizzare la vita e la cultura. Vaniloqui. |
31-08-2009, 14.02.14 | #19 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
Citazione:
ahimè il più delle volte non trovo tutto di mio interesse o mi piaccion poco le disquisizioni-divagazioni. Per questo mi concentro solo su qualcosa che dici cercando di capire ove porterebbe eventualmente il discorso.. Ecco,ad esempio,concludi con questa tua frase sopra quotata e che mi porta a chiederti: il senso del vero,l’amore per la verità (altro scopo non vi sarebbe, mi pare nel dire filosofico..)si approfondisce per te “concettualizzando la vita e la cultura? E’ dunque per te, il vero, una concettualizzazione della realtà? |
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01-09-2009, 14.20.41 | #20 |
farabutta
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Riferimento: Buon senso o buoni libri?
Torno all'argomento esponendo credo delle ovvietà.Chi è dotato di buon senso lo userà, forse anche leggendo dei libri dal quale ne verrà arricchito in termini di conoscenza o cultura, difficilmente aumenterà il buon senso di partenza. La domanda da porsi semmai è un altra: Un uomo di buon senso può far a meno di leggere dei libri?E viceversa: Cosa deve leggere una persona priva di buon senso per sopperire a tale gap?La prima domanda non merita risposta, perchè porsi tale domanda?La seconda domanda invece può trovare risposta nelle parole dei saggi, scritte o meno, ma anch'essa per quanto possa ritenersi una risposta plausibile, non può certo ritenersi una risposta oggettiva ed asettica.
Quando una verità è chiara, è impossibile che ne nascano partiti e fazioni. Non si è mai disputato se c'è luce a mezzogiorno." aforisma Voltaire (1694-1778) Per quanto riguarda la Filosofia, si può disquisire su tutto, e dire tutto e il suo l'opposto, ma la Filosofia deve ambire al vero, immagino che ci si arrivi più facilmente utilizzando appunto il buon senso, la immagino come un 'azione di scrematura dal superfluo e falso, piuttosto che l'accumulare nozioni |