ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
22-04-2009, 22.01.16 | #32 | |||||
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
D'accordo, la definizione però non è descrittiva, ovvero anche se ci fosse uno che osserva l'ente, non capirà mai cosa sia un ente sempre che non sia egli stesso un ente (come era stato il mio esempio dell'extraterrestre), ed era quello che volevo sottolineare. Citazione:
Ok, credo di aver capito, infatti mi stavo chiedendo se un "logos potesse essere quell'ente di cui parlavo". Citazione:
Citazione:
Il caso, assieme all'informazione (o logos), diventa l'ente!. E' possibile? Sarebbe possibile se nell'informazione vi siano anche i codici che descrivono un ente. Citazione:
Se chiaramente tutto è logos, l'ente è un logos. Attualmente però l'ente si sottrae a questa deduzione...e in questo caso uno crede cosa vuole,mentre la scienza, a parer mio, dovrebbe sospendere il giudizio. Poi le deduzioni non le condivido: se tutte le pecore che ho visto sono nere deduco che tutte le pecore sono nere. Perciò se tutto è logos deduco che anche l'ente è logos....però anche se fosse valido questo criterio ad oggi tutte le controdeduzioni, filosofiche e fisiche, sono state contrarie a questa principale deduzione. Io aspetterei quindi,come minimo, di vedere la centounesima pecora |
|||||
23-04-2009, 09.20.00 | #33 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 13-06-2007
Messaggi: 529
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Non mi sbilancio su questo aspetto, pero' vorrei richiamare il 3d sulla coscienza dove riporto la formuletta della relatività speciale. Sebbene un'informazione non possa viaggiare a velocità superiori a quella della luce, l'informazine stessa misura un tempo esterno infinitamente rallentato nel senso che "per lei" non esiste alcun intervallo di tempo tra la partenza e la destinazione qualunque sia la distanza. Se l'informazione, come dici, possedesse un "logos" e questo fosse cosciente, tale coscienza sarebbe onnipresente e onniscente perchè sarebbe dappertutto, in ogni momento, perfettamente "informata sui fatti"..... |
|
23-04-2009, 14.50.55 | #34 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Che vuoi dire con: "l'informazione stessa misura un tempo esterno...?" Chiaramente gli argomenti sono intrecciati, ma qualcuno potrebbe non comprenderne il nesso. L'argomento da te e da me ricordato è questo:https://www.riflessioni.it/forum/altr...scienza-2.html Io tempo fa, in scienze, sempre con argomento coscienza, avevo già sottolineato che essa, per esercitare l'ipotetico libero arbitrio, dovrebbe essere svincolata dal tempo. Per una coscienza assoluta (ammesso che esista) la mancanza assoluta del senso di cambiamento tra uno stato e l'altro (quindi assenza assoluta del tempo) risulterebbe, appunto, con proprietà di onnipresenza e quindi di onniscenza. Ora, ritornando al tema precedente, se la coscienza è logos, quindi informazione classicamente intesa, quindi codici di informazione che contengono anche la coscienza, essa dovrebbe poter essere descrittiva. Quindi sarebbe risolto sia il problema della coscienza che quello della conoscenza. Ovvero un giorno potremo considerare la conoscenza umana in modo da riuscire a descrivere anche la percezione umana la quale ci fa comprendere di essere in possesso di una conoscenza. In quest'ultimo caso la giustificazione sarebbe automatica. Dunque: io sarei in possesso di una vera conoscenza se l'informazione di cui sono composto ha in se i codici per conoscere. Tali codici sono descrittivi, quindi non può esistere una diversità di conoscenza tra me e un ipotetico extraterrestre. Entrambi, possedendo tali codici, riusciremmo a conoscere, fino in fondo, l'informazione totale. Citazione:
Se no non ci capiamo : l'informazione, da quello che avevo compreso secondo la tua definizione, è il logos. Al massimo bisognerebbe comprendere se la coscienza, e quindi anche la conoscenza, si avvale di un logos, ovvero di un'informazione casuale come è classicamente intesa, comprendente i codici informativi per descrivere l'ente (che a questo punto diventata "la coscienza"). Non comprendo quindi quel "possedere un logos"; l'informazione dovrebbe essere il logos non possederlo soltanto. Altrimenti io toglierei il termine logos e lascerei solo genericamente il termine "informazione", che sarebbe svuotato anche del suo significato intrinseco qualora si constatasse che al suo interno non esista la descrizione per comprendere l'informazione stessa e si ammettesse che c'è bisogno di un ente esterno (all'informazione) per comprenderla. |
||
23-04-2009, 18.26.06 | #35 | |||
Ospite abituale
Data registrazione: 13-06-2007
Messaggi: 529
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Intendo che se, per ipotesi, un onda elettromagnetica (e quindi anche la luce, come le onde radio) che viaggia a velocità c, potesse misurare lo scorrere del tempo dello spazio circostante, non riuscirebbe a misurare nulla poichè per v che tende a c il coefficiente di correzione relativistica del tempo tende a infinito, ossia l'istante di inizio misurazione t0 risulta dilatato indefinitamente, come se l'osservazione restasse "congelata" per tutta la durata del percorso. Questo mentre il tempo proprio della radiazione e.m. (supposta cosciente ) scorre, invece, normalmente. Sembra un paradosso, ma è così, almeno stando alla formula. L'informazione, allora, che si propaghi come, ad es, un'onda radio puo' impiegare effettivamente miliardi di miliardi di eoni per andare da un capo all'altro dell'universo, come pochi secondi per andare dalla terra alla luna, ma - sempre stando alla formula - non misurerà alcun scorrere di tempo del "fuori di se" in entrambi i casi, sia che decida di misurare il tempo dopo un secondo che decida di farlo dopo 10 secondi del proprio tempo che, ripeto, scorre normalmente. Ovviamente alla dilatazione del tempo corrisponde l'infinita contrazione dello spazio "visto" dall'informazione....Tutto cio' appare paradossale perchè sappiamo (o almeno crediamo di sapere) che l'informazione non vede nè misura nulla. Citazione:
E che ce vo' ? Basta chiedere.... Citazione:
Si forse così è piu' corretto. |
|||
23-04-2009, 21.30.39 | #36 |
Ospite abituale
Data registrazione: 19-05-2007
Messaggi: 189
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
qui si voleva partire da pochi punti fermi quali la def. di informazione legata all'entropia (e a doppio filo al caos/caso e al determinismo ) descrivendo come poco banale cio' che è poco probabile e che quindi "risalta" su uno sfondo temporale di eventi appiattiti sui grandi numeri al valore medio, aggiungendo che la stringa che costituisce l'informazione è fatta da imput casuali. poi si è passati alla consequentia mirabilis che vuole che qualche verità là fuori esista, poi ancora a dare valore semantico alla stringa stessa volando sulle ali dell'ontologia (essa è il caso del mondo che tutto contamina, oppure è un modo per deviare dalla casualità? e se è cosi è un "modo" casuale o no?) ed infine si tira in ballo il tempo relativistico (ma sarebbe meglio tirare dentro il concetto di inseparabilità della meccanica quantistica) ... non capisco piu' dove si voglia giungere... non è una critica anzi! è bello discutere così a ruota libera e fuori dagli schemi, ma qui davvero io nn c capisco piu niente... vorrei solo sottolineare una cosa: in che misura l'arco riflesso di uno scimpanzè sia casuale e in che misura non lo sia è una questione che prescinde la stessa natura della coscienza (peraltro alcune grandi scimmie altro che non rendersi conto di cosa fanno, sono anche capaci ad attuare comportamenti basati sulla strategia dell'inganno e quindi hanno ben presente il senso del loro proto-sè, il senso dell'altra scimmia che hanno davanti e del suo comportamento, e possono prefigurarsi ipotesi su un futuro plausibile da anticipare o eludere (intenzionalmente ? non si sa ma parrebbe difficile credere il contrario) e che va guardata constatando che, in fisica classica, nulla è casuale, al piu' e' caotico (imprevedibile all'atto pratico), e che ogni comportamento dipende da una reazione - retroazione di eventi esterni ed interni. Se accettiamo che nel mondo esterno tutto accada perchè deve accadere (determinismo) allora c'è ben poco di casuale e lo stesso concetto di caso è solo una maschera alla nostra ignoranza a descrivere ogni causa e ogni effetto in termini precisi. |
23-04-2009, 22.46.11 | #37 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Dopo molte parole purtroppo anche dopo molti concetti personalizzati sulle parole è normale che ci si può perdere comunque se per te va bene il discorso principale, ti ripropongo questa frase: Si suppone che gli input casuali creano un essere che percepisce l'informazione stessa, ovvero quest'essere ha già in se gli elementi per riconoscerla, come se nell'informazione ci siano descritti anche le regole e i codici per percepirla. Questa informazione deve essere descrittiva se vogliamo conoscerla per davvero poichè la conoscenza non può non essere descrittiva (le mie motivazioni per il momento non le riscrivo, ma se hai dubbi chiedi) . Puoi almeno intervenire da qui se ti va Citazione:
Bhe qui ti ci metti anche tu però Comunque non è un problema gli scimpanzé possono benissimo avere una conoscenza del mondo come la nostra; il discorso fatto in precedenza non cambierebbe. |
||
26-04-2009, 14.49.10 | #38 |
Ospite abituale
Data registrazione: 19-05-2007
Messaggi: 189
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
IL DUBBIO scrive:
la conoscenza che ho dell'informazione "Arturo è sposato" dipende dall'informazione che ho creato attorno a questa definizione, la stessa che mi permetterà di riconoscere lo sposalizio di Arturo. Bene. il resto, il canale con cui si trasmette il "messaggio" è solo convenzione. Il signifcante è un segno (voce, simbolo, gesto) e coincide con il significato in via convenzionale. Nella mente questo capita perchè le esperienze di un significato (ad es. gli eventi connessi al fatto che "Arturo è sposato" sono unificati in una nuova sensazione dotata di "senso" a cui simbolicamente si da' un nome. come la mente crea queste "idee" sembra essere il nocciolo della conoscenza fattuale. Lo fa essenzialmente percependo, nel fluire delle cose, un "ordine", una struttura che poi viene detta causa-effetto (cioè anche a questa stessa necessità di ordine - ovvero il modo con cui noi "sentiamo" gli eventi - è stata dotata di etichetta cioè di sostantivo: principio causale (che poi in realtà esista o meno non importa. Seguendo Hume: le cause sono solo abitudini forse, ma le abitudini sono utili!). Come queste idee si formino poi è essenzialmente legato all'analogia, alla metafora. Questa innata capacità di fare specchiare e autoriflettere le idee e le strutture dei pensieri è alla base della capacità che chiamiamo "chiedersi i perchè" o "spiegare" quindi della "gnosi" in senso epistemico. tutto quindi parte da un meccanismo automatico (ma dinamico, adattabile, PLASTICO) tra livello fattuale (fatti ed eventi del mondo) che si rispecchiano in strutture chimiche, fisiche neuronali e dalle quali emerge, ad un livello superiore cioè mentale, la percezione (cioè il "sentire", l'"interiorizzare" una sensazione data dai sensi). IL DUBBIO scrive: Si suppone che gli input casuali creano un essere che percepisce l'informazione stessa, ovvero quest'essere ha già in se gli elementi per riconoscerla, come se nell'informazione ci siano descritti anche le regole e i codici per percepirla. Questa informazione deve essere descrittiva se vogliamo conoscerla per davvero poichè la conoscenza non può non essere descrittiva (le mie motivazioni per il momento non le riscrivo, ma se hai dubbi chiedi) . Puoi almeno intervenire da qui se ti va questo è un'idea interessante e sicuramente suggestiva, che va analizzata. Sgombriamo il campo immediatamente dalle questioni nominalistiche: qui per input casuali ci si riferisce al modo di prenderne atto, al modo cioè in cui la mente ne diviene consapevole e in cui le sensazioni (che poi diventano percezioni quando c'è una coscienza che le riceve) si presentano sulla scena. Attenzione non possiamo a priori dire nulla pero' al modo di "essere" in sè di questi input. Infatti se il caso non esistesse (fosse cioè quasi-simulato dal caos determinsitico) gli input sarebbero totalmente pre determinati (cosi come noi stessi e i nostri "specchi" mentali a questi input) dal big bang ad oggi e fino alla fine dei tempi. tornando alla questione, secondo me dire che un'informazione contiene già le regole per "farsi capire" è un po' fuorviante anche se all'atto pratico è cosi. E' cioè un modo che spiega gli effetti delle cose ma non il vero "come" delle cose stesse. Mi spiego xkè nn s capirà niente d quello che ho scritto: l'informazione in sè è descrittiva e questo lo deve a: - rete di ricordi che la definiscono in via sintetica (da tanti esempi ed esperienze , ricaviamo cioè delle strutture indipendenti - o dotate di una semi indipendenza relativa - a cui poi diamo un valore a sè stante isolandole in SIMBOLI (da cui scaturisce la parola che le nomina). - capacità di relazionare (chissà per quale complesso gioco di "specchi" neurologici e quindi,a livello superiore, in "riflessi" mentali di idee) strutture diverse cogliendone le analogie, gli isomorfismi e quindi le differenze complementari. (meditate... l'unica logica completa e consistente (quella proposizionale) che siamo stati capaci di formalizzare (e che si rispecchia nei computer che abbiamo davvero poi costruito) si basa infatti sulle congiunzioni "e" e "non" , spesso sappiamo cogliere il contrario ma solo quello complementare (o supposto tale) e abbiamo due soli valori di verità che si autoescludono). Dire che i codici per decifrare, inquadrare e poi comprendere le informazioni siano già nell'informazione stessa per me è scorretto: essi sono piu' che altro insiti nei processi mentali dell'uomo (in parte innati, in parte che si modificano via via essendo meccanismi dinamici e flessibili) di sentire le cose, e tradurle da sensazioni a PERCEZIONI (cioè in idee, qualia ecc..). questi meccanismi sono potentissimi, esibiscono autoreferenzialità (specchi di specchi mettiamola così) che ci portano a guardare le cose dall'alto e che danno senso alla sensazione dell'io (un insieme di funzioni integrate che si auto "vede" in qualche modo) ma spesso naufragano in oceani viscosi non appena tentano di analizzare idee (estrapolate dai fatti, o dal "caso" dei processi interni che appaiano metafore impossibili e "sfumate" (non cioè sull'idea rigorosa e manichea della complementarietà del vero vs falso, del bianco vs nero ecc.) e che sono l'anima a ben vedere dell'IMMAGINAZIONE) oltre la gamma di "specchi" (che fanno da analogia e metafora) che già abbiamo dentro la memoria. E qui ci si ricollega alla valenza informativa: piu' una sequenza di input è "casuale" piu' , una volta colta dalla mente (cioè, mi ripeto, una volta che nella mente questa sequenza ha trovato uno specchio adatto in cui riflettere la sua natura strutturale) essa darà INFORMAZIONE, proprio perchè essa porterà la conoscenza a sondare non le solite reti di metafore "classiche" ma coglierà strutture e relazioni piu' PROFONDE e paradossali (contro l'opinione corrente e quindi contro la memoria mentale delle cose) che per essere capite (specchiate in qualche struttura mentale) comporteranno: 1) l'INVENZIONE (forse appto casuale, dovuta all'immaginazione) di un nuovo "specchio" interiore, che servirà poi anche come armamentario per interpretare fatti affini in futuro 2) l'associazione di tanti specchi precedentemente incamerati nella mente-memoria in un MODO NUOVO utile alla bisogna. (in questo caso cmq nn avremmo mai davvero "capito" il fatto da percepire, xkè sarà appto troppo complesso, ma l'avremmo approssimato e avremmo "sentito" di averlo capito in qualche modo: pensate alle famose proposizioni goedeliane che si "sentono" essere vere ma che non potranno mai essere dimostrate (quindi esibite con processi finitisti e dualistici della logica) partendo dal sistema che le genera; oppure pensate ancora a quel senso di "affogamento" che si prova quando si tenta di analizzare casi limite del sapere che portano a circoli viziosi in discorsi filosofici oppure per finire al senso di "perdersi in un minestrone fangoso" quando tentiamo di affrontare di petto delle domande su grandi numeri e calcoli che richiedano, per venirne a capo, regole combinatorie ma che non riusciamo a definire ricorsivamente e compiutamente!) detto questo resta il problema intimo della conoscenza: 1) o essa è davvero solo casuale... cioè il gioco di specchi è fortuito e a volte porta a scoprire la via giusta e altre no (e quando capita x un gioco mentale di auto-riflessi noi diamo anche un nome simbolico all'idea vincente trovata e allarghiamo il LINGUAGGIO e quindi la CULTURA); 2) oppure quel senso di finalità che diamo ai nostri sforzi mentali (prefiggendoci un dato obiettivo e non un'altro), l'attenzione consapevole che sempre vigila con occhio attivo il percorso che facciamo e la capacità di scartare le vie che riteniamo sbagliate (il veto del DUBBIO!) non sono le ennesime illusioni del logos , concetti vuoti ipostatizzati dalla mente che si auto-specchia in sè e che ivi riflette i suoi processi superiori, ma hanno un'esistenza a sè. e sono del tutto inspiegabili forse. Sono semplicemente la prova che la nostra intelligenza non è così potente da spiegare sè stessa. |
26-04-2009, 19.25.40 | #39 |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Assiomi:
Conoscenza è sinonimo di amore. Per questo i buoni non capiscono il male, ed i cattivi non capiscono il bene, ma i cattivi conoscono il male che amano ed i buoni il bene che amano. Ed ognuno capisce ciò che ama e solo quello ed ama ciò che capisce. La prova dell'autencità dell'amore è la conoscenza della realtà che si ama. Che sia perché l'essere umano ha poca capacità di amare che la sua conoscenza è limitata? |
26-04-2009, 19.42.25 | #40 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
|
Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
E' interessante (non sono sicuro di aver compreso tutto però), ma bisognerebbe maggiormente comprendere cosa siano questi "giochi di specchi". Prima però bisogna dire che autoreferenzialità non credo sia sinonimo di descrizione; quindi se il gioco di specchio a cui alludi è autoreferenziale, questa modalità di conoscenza non potrà essere descrittiva. Siccome l'informazione, tu supponi, si manifesta, nella mente umana, con un meccanismo di gioco di specchio, tale gioco o è descrittivo oppure non lo è. Riprendo un attimo l'esempio dello scimpanzé: lui vede la banana che cade e ricorda di aver usato un braccio per farla cadere. Ora qui non c'è bisogno di giochi di specchi molto complicati, in lui vi sono questi due fatti distinti ma collegabili da una non tanto sottile, per noi, connessione di causa ed effetto. Questa diventa informazione per noi, nonostante che entrambi gli input siano stati assolutamente casuali. Il fatto di riconoscere una connessione tra questi fatti casuali potrebbe voler dire, seguendo il tuo esempio, che l'ultimo specchio (diciamo così) della mente ha collegato i fatti in modo causale. Questa non è però una spiegazione di come operi la mente umana nella sua modalità conoscitiva. Se non ho capito male quindi il tuo discorso potrebbe fare piu o meno così: l'informazione prima era casuale, poi diviene causale in quanto la mente umana utilizza un X specchio, che non si sa quale strategia usi per fare questa operazione, che riconosce l'informazione casuale in causale. Chiaramente noti che la modalità di conoscenza non l'hai detta, quindi non capisco perché dici che non è corretto dire che nell'informazione dovrebbero esserci anche i codici per decifrare l'informazione stessa; se questa è davvero descrittiva come sembrerebbe essere tutta la nostra presunta conoscenza, ciò dovrebbe essere una conseguenza logica. Non voglio fare altri esempi oltre quello dello scimpanzé se no arriviamo a parlare di altro, a me interessa sapere qual è la modalità che utilizziamo per conoscere. Il fatto antecedente a questo è la considerazione che non vi può essere alcuna teoria della conoscenza che non sia descrittiva. Ma se però la modalità di conoscenza non lo è? In pratica utilizziamo un criterio descrittivo per conoscere (la realtà esterna), e pensiamo anche che debba in qualche modo essere giustificato, però poi noi stessi, pare, ne utilizziamo un altro per "riconoscere" lo stesso criterio. Sembra un controsenso si o no? |
|