Riferimento: Libertà e conoscenza
Condivido l'idea generale sostenuta da S.B., però vorrei precisare alcune cose.
Sono convinto anch'io che lo scetticismo radicale sia pragmaticamente insostenibile, perché porterebbe alla non-vita, dato che nessuna conoscenza ha la caratteristica di essere certa nella misura nella quale è assolutamente indubitabile.
Ma lo scetticismo è anche teoreticamente insensato, infatti poniamo che io dubiti della proposizione p, ma ora potrei dubitare che sia corretto dubitare di p... quindi o dubito di una cosa o dubito dell'altra, non di entrambe, perciò non si è più uno scettico radicale (cioè che dubita su ogni cosa).
Ancora: la conoscenza è fondamentale per il dubbio, infatti senza la conoscenza non si può neppure formulare un dubbio; Wittgenstein ("Della Certezza") scrive “310 Uno scolaro e un maestro. Lo scolaro non si lascia spiegare nulla, perché interrompe continuamente il maestro con dubbi riguardanti, per esempio, l’esistenza delle cose, il significato delle parole, ecc. Il maestro dice: ‘Non interrompermi più, e fà quello che ti dico; finora il tuo dubbio non ha proprio nessun senso’.”
Peirce e Wittgenstein hanno giustamente notato come il dubbio necessiti di giustificazioni proprio come le credenze ordinarie. Questo è sfuggito a molti filosofia, ma mi pare di centrale importanza.
Anche se lo scetticismo radicale -- come abbiamo visto -- non è una strada percorribile, dobbiamo riconoscere come di fondamentale importanza lo scetticismo moderato, nel senso di utilizzo delle nostre facoltà critiche: solo così potremo progredire epistemicamente ma anche politicamente.
Non esiste solo la certezza assoluta e l'incertezza assoluta, in mezzo ci sono diverse gradazioni di plausibilità e ragionevolezza: anche di questo, alcuni filosofi, si dimenticano spesso.
Quindi, non è tanto -- come dice Socrate78 -- che noi dobbiamo avere i nostri pregiudizi, non è una nostra cattiva conoscenza dei fatto o una nostra fallacia di ragionamento che ci dà libertà. Sono proprio i pregiudizi che ci incatenano ed imprigionano in una visione del mondo non corrispondente ai fatti, noi dovremo infatti aver più timore di essere autoingannati invece di temere che gli altri ci facciano cambiare idea.
Ricollegandomi alla prima parte del mio intervento: è cosa buona e giusta applicare lo spirito critico ed è giusto volersi informare sui fatti (sopratutto se sono fatti per noi importanti), ma sempre nell'orizzonte della ragionevolezza e plausibilità, senza farsi sedurre dalla mitica (e mitologica) certezza assoluta.
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