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19-04-2009, 19.39.42 | #22 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Mi sembra che tu abbia individuato il nocciolo, uso il dubbio come mia ispirazione alla conoscenza. Se invece partissi da una teoria della conoscenza a priori ogni passo successivo sarebbe una certezza. Ed in effetti io sto dando sicurezza a un ragionamento partendo da delle definizioni che io ho posto come vere; però sono stato coerente nel porle come solo ipoteticamente vere; in altri ambiti le conclusioni diventano certezze anche se non si conoscono le premesse. I ragionamenti che ovunque si fanno (al lavoro, a casa, tra gli amici,nelle conferenze sui banchi di scuola, all'università ecc.) partono sempre da dei criteri di "verità fittizia"; esse vengono conosciute (o studiate tramite i libri o per sentito dire) e utilizzate per ricavarne, dopo un calcolo finito, le conclusioni. E', o sarebbe questa, la conoscenza epistemica, il tentativo di ricavare una verità, o una conclusione, partendo da delle basi solo supposte vere. Io sto procedendo a ritroso, facendo, o cercando di fare, tutti i passaggi, per ricavare tutte le possibili conclusioni solo partendo da delle premesse. Citazione:
Come ho risposto a emmeci, voglio arrivare a delle conclusioni sulla conoscenza partendo da delle premesse. Se le premesse non sono vere anche le conclusioni non saranno vere. Siccome le premesse sono solo supposte vere le conclusioni sono supposte vere. Le premesse sono state: 1)una definizione di informazione 2)ogni piccolo input è un'azione casuale. Per il momento già aver dedotto che l'informazione non è la fuori ma è dentro l'ente che conosce, è già una conclusione che "sorprende". La conoscenza non si basa, a questo punto, su una fantomatica informazione della realtà esterna (supposta come oggettiva),che invece non c'è, ma si basa sui alcuni criteri che abbiamo stabilito a priori: le cosiddette modalità di conoscenza. Quindi alcune conclusioni: Non esiste giustificazione se no nelle premesse. Non esiste informazione senza le premesse. Non esistono premesse senza un ente, supposto tale, che individui tali premesse. Alla fine non possiamo che necessariamente supporre un "ente" prima di tutto, sia dell'informazione sia delle premesse che delle conclusioni. Quindi non esiste conoscenza senza un "ente". Chiaramente in alcuni casi sembra che stia scoprendo l'acqua calda, in altri invece, sempre seguendo le stesse premesse, scopro conclusioni nuove (almeno per me) e interessanti. A questo punto per sapere cos'è la conoscenza dovremmo solo scoprire cos'è un ente... ma non credo di riuscire a definire e descrivere un ente da queste premesse! |
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20-04-2009, 08.14.15 | #23 |
Ospite abituale
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Forse possiamo avere un aiuto da Heidegger? Il quale, per dare validità all’ente (che mi pare tu voglia alla fine identificare col dasein, ma potrebbe essere qualunque altra cosa) è ricorso al Sein, cioè all’Essere che sembrava scomparso dalla scena della filosofia e invece eccolo là, intatto e trionfante come un’idea di Platone, pronto a riverberarsi nell’ente come in una sua ombra magari accompagnata da leggiadre metafore come sapeva inventarle Heidegger. Certo che senza questo ricorso quasi soprannaturale (ma con juicio!) è difficile sostenere la validità dell’ente e quindi ipotizzare un successo alla nostra ansia di conoscenza….ma possiamo affidarci alla poetica logica di Heidegger? Come vedi, il dubbio non cessa perché ammettere l’Essere al di sopra dell’ente è altrettanto aleatorio che ammettere di trovarci in contatto con un alieno …e allora? Allora credo proprio che l’unica cosa che possiamo tranquillamente ammettere è – lo dico ancora una volta – che una verità assoluta c’è anche se non la conosciamo, e dobbiamo accontentarci di cercarla, faute de mieux.
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20-04-2009, 09.43.38 | #24 | |
Ospite abituale
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Mi pare di intravedere in cio' che dici la definizione di "logos" piu' che di "ente". Anche un pietra è un "ente" - e se pure non fosse una pietra perchè noi ci si trova nella caverna di Platone - rimane un "ente" qualsiasi cosa sia perchè la sua presenza ai nostri sensi è evidente. Il logos è cio' che oltre ad accorgersi della presenza dell'ente, lo definisce e ne giustifica l'esistenza. La domanda sarebbe invece : è il logos un ente ? |
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20-04-2009, 21.08.33 | #25 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Citazione:
Avete ragione, le strade possono essere tante, bisogna cercare quella piu vicina a quella che sentiamo vera. Riprendo in mano le definizioni da cui sono partito : 1)Definizione di informazione il contenuto informativo di un messaggio è legato alla sua probabilità di mostrarsi entro un insieme di messaggi possibili: maggiore è la probabilità di realizzarsi, minore è il contenuto informativo. Quindi il messaggio meno probabile ha in sè la massima quantità di informazione. Postulato: 2): ogni input è casuale. Chiaramente queste scelte a priori potrebbero essere sbagliate, oppure potrei aver commesso un errore nel valutare entrambe le premesse, insomma potrebbero esserci stati degli errori nel comprendere io stesso le premesse o qualcosa che non ho valutato... Questo però dovremmo farlo assieme, potrebbero sorgere sempre dei dubbi , quindi ricapitoliamo la cosa: Valuto la 1) il messaggio è quello che ho considerato come "sequenza", tanti input uno dietro l'altro. Per messaggio però già si presuppone un'informazione ma non dobbiamo vederla in questi termini il concetto più giusto è "sequenza" quindi sostituite la parola messaggio con sequenza Quindi si può riproporre così: il contenuto informativo di una sequenza di input è legata alla sua probabilità di mostrarsi entro un insieme di sequenze possibili: maggiore è la probabilità di realizzarsi, minore è il contenuto informativo. Quindi la sequenza meno probabile ha in sé la massima quantità di informazione. Detto così sembra che possa andare, ma sorge ancora qualche dubbio, cosa può voler dire: maggiore è la probabilità di mostrarsi minore è il contenuto informativo. Qui credo si debba intendere così: se io vedessi 100 scimpanzé che muovono a caso il braccio e una parte di questi producesse una sequenza diversa, particolare, magari con un ritmo temporale, diventa per me un vero messaggio con contenuto informativo in quanto la sequenza è la meno probabile, infatti è l'unica che si è realizzata in modo diverso, ed è strutturata in modo tale che la sua realizzazione casuale sarebbe molto improbabile. Questo si collega all'ipotesi 2: ogni input è casuale. Chiaramente ci accorgiamo che se fosse vero che l'input singolo sia casuale diventerebbe sorprendente come la sequenza invece non lo sia più. (ricordo che nell'esempio per input si intendeva l'azione che fa lo scimmione quando muove il braccio, mentre la sequenza è quella molto particolare composta da tutte le azioni di uno o piu scimmioni che con scansione temporale alzano il braccio facendo cadere una banana). Quindi qualcosa potrebbe essere errato... prendiamo il postulato 2: ogni input è casuale, e supponiamo che invece non sia casuale. Qui Marius aveva già obiettato, ogni input non può essere casuale. Infatti è possibile pensare, a ragione, che il movimento istintivo dello scimmione corrisponda a un criterio di scelta non casuale del suo cervello che istintivamente calcola la risposta adeguata. L'ente preposto al movimento del braccio dello scimmione è da cercare quindi nell'organo preposto a farlo: il cervello, che coordina tutti gli input casuali esterni (questa volta debbono essere casuali?) in modo da creare una risposta non casuale. Si sa che il grado di entropia, in un essere vivente, diminuisce a tal punto che si ritrova coerente con la definizione di informazione. Il conoscere diventa il gioco, assolutamente istintivo, della natura dell'essere vivente (piante comprese)! La natura dell'essere vivente, come sappiamo, ha un guscio interno ed uno esterno: internamente l'essere vivente ha dei bisogni che vengono ricercati all'esterno tramite i sensi. All'esterno gli input sono assolutamente casuali e l'essere vivente che più si adatta, che ciò riesce a calcolare la migliore risposta possibile, sopravvive. Mi state facendo diventare darwinista questa è la seconda ipotesi... valutate voi se qualcosa non va In pratica nell'uomo la conoscenza si basa su un calcolo solo un po' più complesso. Altrimenti se valesse la mia ipotesi iniziale, la casualità risiederebbe nella vita stessa e quindi il cervello,nato, come si suppone, casualmente, calcola secondo i bisogni e nel modo del tutto casuale il modo migliore per giungere allo scopo. Siccome l'origine si suppone tutta casuale non vedo il motivo di intendere la sequenza che vedo con un senso causale. Quindi se vedo uno scimmione che si attiva a tirar giu banane per me quella è sempre una sequenza tutta casuale come casuale è stata l'origine. In altre parole In quanto l'origine è casuale, come si suppone, ha piu senso continuare a parlare di casualità nell'azione dello scimmione. La nostra conoscenza, benché la nostra origine possa credersi casuale , è diversa dal resto della natura perché il cervello non è piu adibito al solo calcolo "casuale", istintivo e secondo i bisogni; il nostro cervello preleva le sequenze casuali esterne e le legge secondo un criterio causale. Quindi continuo a sostenere, perché mi sembra almeno piu coerente, che all'esterno non vi sia alcuna informazione, almeno fino a che si continui a sostenere che tutta l'origine sia assolutamente casuale. Come vedete stiamo andando a ritroso come sospettavo |
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20-04-2009, 22.17.07 | #26 | ||
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Ok. Citazione:
Siamo d'accordo....Non ci sarebbe nessuna informazione nè conoscenza, ma semplicemente adattamento del cervello alle modifiche casuali che avvengono all'esterno come all'interno..Perfettamente in linea con i principi darwinisti.... |
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20-04-2009, 23.28.33 | #27 | |
Ospite abituale
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Non ho compreso... Hai ragionato come ho ragionato io? Cioè io ho detto che se tutto fosse un adattamento casuale del cervello non ci sarebbe nessuna vera conoscenza come la intendiamo noi... in pratica useremmo il metodo dello scimmione;sei d'accordo con quanto ho detto? Sarebbe inutile parlare di conoscenza, staremmo qui a prenderci in giro, per tale conoscenza ci sono due possibilità o tutto ha una casualità iniziale come si suppone è noi siamo un ente destabilizzatore di questa "catena casuale", oppure tutto ha origini da una causalità di cui noi ne prendiamo solo coscienza con la nostra conoscenza. |
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21-04-2009, 08.53.13 | #28 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
Certamente. Citazione:
Infatti.....In un altro 3d ho sostenuto che non puo' esistere una filosofia del caso, dove con filosofia intendevo l'arte piu' nobile e profonda dello spirito umano ossia la ricerca della sapienza e, quindi, di una verita assoluta. Capisci bene che in una natura meccanicamente stocastica non puo' darsi nessuna verità assoluta, ma soltanto una serie di verità relative, tutte di pari dignità... |
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21-04-2009, 15.07.10 | #29 | |
Ospite abituale
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
La constatazione ancora piu sorprendente è che seguendo quella traccia non ha senso parlare di "verità", non solo non esiste una verità ma il termine non ha alcun significato ne soggettivo ne oggettivo (e questa è una risposta a emmeci). Stiamo cercando una conoscenza che non esiste. Se ci sembra sorprendete che invece per noi esista dobbiamo pensare o che è sempre esistita una causalità (cosa negata dalle teorie piu in voga al momento), oppure che l'ente uomo abbia spezzato, in qualche modo, questa monotonia" casuale" per donare una causalità che prima non esisteva. Ma se pensiamo che sia vera quest'ultima opzione non avremo mai modo di parlare di realtà oggettiva; tale conoscenza, che ci sembrerà oggettiva, non è giustificata in nessun caso. |
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22-04-2009, 14.25.03 | #30 | |
Ospite abituale
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Riferimento: che cos'è la conoscenza?
Citazione:
La differenza fra logos e ente dovrebbe essere contenuta nella descrizione dei due termini. Non mi sento di descrivere logos perché non so cosa tu intenda precisamente, posso però dire in che senso, il nome da me proposto, deve essere inteso; non certo può essere inteso con una descrizione di cui non possiedo elementi, ma sarebbe per me ente quell'entità (appunto da ente) di cui non esiste una descrizione, anche se individualmente ne sentiamo l'effettiva esistenza (ne ho parlato piu estesamente nell'argomento: "le proprietà di dio secondo la logica umana"), e ha riguardato, all'inizio di questo e di quel argomento, l'esempio sull'extraterrestre. Quest'ente, nell'argomento invece di "filosofia dell'informazione, è denominato "informato" e "informatore". L'informato è l'ente predisposto a "riconoscere" le informazioni, l'informatore colui il quale ha con se i codici per leggere e trasferire l'informazione. Nel mezzo vi è,appunto, l'informazione. Quello che mi chiedevo era: abbiamo bisogno di un informatore e di un informato o basta la sola informazione per creare entrambe le figure? La conoscenza potrebbe essere definita semplicemente come: conoscenza dell'informazione. La domanda quindi può essere rigirata qui: al fine della conoscenza è necessario un ente preposto al riconoscimento e al trasferimento dell'informazione, oppure basta la sola informazione oggettiva (che questa volta è da intendere esterna all'ente ed effettivamente esistente) per creare entrambe le figure? Se fosse così gli input casuali creano un essere che percepisce l'informazione stessa, ovvero quest'essere ha già in se gli elementi per riconoscerla, come se nell'informazione ci siano descritti anche le regole e i codici per percepirla. Sembra strano però che non si riesca a descrivere l'essere che riconosce, ma solo l'informazione che l'ente percepisce. L'essere dovrebbe essere fatto lui stesso di informazione, quindi tutta l'informazione dell'essere (che io avevo innalzato a ente) dovrebbe essere descrivibile. Ma così non è... |
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