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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 25-02-2009, 16.40.02   #21
Anakreon
Ospite abituale
 
Data registrazione: 27-06-2007
Messaggi: 297
Tempo e bene.

Caro Epicuro,

osservi:

"Detto questo, alla domanda "esiste il tempo?" si potrebbe rispondere semplicemente "è vero che ieri sono andato al cinema, ora sto mangiando e domani andrò a trovare un mio amico".".


E veramente noi non possiamo propriamente considerare il tempo in sé e per sé, ma consideriamo sempre un certo tempo ben definito:
un momento, un'ora, un giorno, un mese, un anno, un secolo, cento mila secoli; anche quando pensiamo l'eterno, pensiamo sempre un tempo definito, di cui simuliamo estendere perpetuamente i confini estremi.

Non senza ragione, come ricordava San Giorgio, l'origine della voce si suppone sia nella radice "tem", che significa dividere recidendo, donde il Greco "temnein", recidere, ed il Latino "templvm", cioè spazio sacro ad un dio, diviso, quasi reciso, da quello profano, accessibile all'uomo.

E' forse la medesima operazione della mente, per cui disputiamo bensì del bello e del bene, ma siamo sempre ed ineluttabilmente incatenati, per così dire, a questa ovvero quella cosa bella o buona:
il bene in sé e per sé, perfetto, uno, semplice, eterno, immoto, universalmente intelleggibile è, temo, un'elucubrazione deliziosa, ma inane.

Non è tale anche il tempo, se lo separiamo dalle cose, del cui movimento è per noi misura ?.

Anakreon.
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Vecchio 25-02-2009, 16.41.15   #22
Giorgiosan
Ospite abituale
 
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Messaggi: 2,009
Riferimento: Il tempo esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
Il tempo è sacro per le religioni, Giorgiosan? Solo se si esaurisce e quindi non c’è. La storia, nella concezione dell’ebraismo e del cristianesimo (ma credo di ogni religione istituzionalizzata) è un controsenso, cioè non ha nulla di creativo, è una condanna imposta a seguito di una caduta, che cesserà con la nostra morte rendendoci all’eterna gioia o all’eterno dolore: comunque a qualcosa che non è più storia o è inconcepibile in termini storici. Per alcune religioni, come quella cattolica, la storia è sostituita e raggrinzita dallo scandirsi dei sacramenti, dal battesimo all’estrema unzione. Per me la storia, proprio come storia, cioè con l’avventurosità e la precarietà di tutto ciò che in essa accade, può rappresentare invece la ricerca della verità – si voglia o non si voglia chiamarla Dio.
Sembrerebbe una posizione non dissimile, alla fine, da quella dei religiosi. Ma tutto sta nel valore che viene dato alla storia, cioè nel significato di quel rapporto con l’assoluto che non è paragonabile a un rogo capace di purificare ciò che ha avuto la sfortuna di entrare nell’esistenza, ma è un fertile rapporto, che i filosofi potrebbero definire dialettico, cioè tale che proprio attraverso la sua relatività adombra l’assoluto, o che – direbbe Hegel – solo attraverso la negazione può arrivare all’ultima affermazione, a qualcosa che può suggerire l’immagine o la somiglianza di Dio. Sembra una bestemmia, ma è una bestemmia sublime questo fare della storia qualcosa che non solo ricerca ma crea l’assoluto, attraverso, per così dire, una divina commedia, cioè un’arte, una scienza, una filosofia che sormontano qualsiasi sforzo delle religioni del mondo, qualsiasi pseudo-storia imposta dalle chiese, che fanno credere nell’insostituibilità del loro intervento, sostituendo il proprio potere a quello che nasce dal basso cioè dagli uomini senza qualità, nati dal fango e destinati al fango ma sollevatisi a cercare un segno di verità e di bene, cioè un’ombra dell’assoluto - si voglia o non si voglia chiamarlo Dio.

Puoi fare, ovviamente, ogni considerazione personale sul tempo e la religione ma sostenere che il tempo è nemico della religione non ha alcun riscontro.
E' evidente il contrario.


La Bibbia privilegia con evidenza una nozione del tempo che non è somma di momenti puntuali ma svolgimento storico dotato di senso e di direzione irreversibile in cui si esercita l’azione dell’uomo per conformarsi alla volontà di Dio.
Il tempo è prezioso perché è il tempo della prova, l’appello unico di Dio.
La fonte di significato della temporalità umana è l’alleanza con Dio che con Cristo si incarna nel tempo e nella storia. La rivelazione che ha il suo culmine in Cristo avviene con progressione storica e la storia viene recepita come storia della salvezza.
Di avvenimenti particolari della storia poi viene fatta memoria quotidiana.

E’ fuori di dubbio che il tempo è vissuto dai credenti alla luce della fede come tempo prezioso che deve essere santificato.

Per la Bibbia e per la religione ebraica e cristiana il tempo è dono ambito di Dio.

Il tempo è tanto significativo che continuamente la liturgia lo celebra appunto nell’anno liturgico che ripercorre le fasi salienti del tempo storico della salvezza.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 27-02-2009, 11.10.04   #23
ornella
farabutta
 
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Riferimento: Il tempo esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
Questa – Ornella - sarebbe la funzione distruttiva del tempo, ma quella che vale veramente e che ho cercato di far riconoscere è la sua funzione costruttiva o addirittura creatrice, che innalza il tempo a principe della storia e addirittura a nemico di Dio: il quale al settimo giorno si riposò mentre il tempo non ha pause, domeniche o venerdì santi, sfugge a calendari e orologi e a ogni tentativo di contenimento.
Sì, il tempo è il nemico di ogni forma di religione, che è sempre un tentativo di sfuggire a lui e cancellare la storia, quando, di fronte a una dimostrazione contraria, cioè a ogni documento che attesti una mutazione o il tramonto di un credo, il religioso dirà che non è vero, che là dove la ragione o la scienza sembrano sgretolare la forza del dogma, cioè dove la storia sembra trionfare, brilla sempre quella spada di fuoco che sbarra la strada facendo rimpiangere l’innocenza del paradiso. E che giova se ricordiamo agli adoratori di un Dio che quello non è mai l’ultimo Dio, che ce ne sono altri, così come ci sono altre Ornelle a confondere le idee del marito: un’altra Ornella ogni volta che entra in questo forum d’idee assumendo il piacere ma anche la sofferenza di una libertà che il tempo ha strappato a Dio continuando l’opera della creazione al di là di tutte le bibbie e le chiese?
L'essere non può durare per sempre? Le stelle bruciano e si dissolvono? Il tempo è tempo di vita e di morte? Ebbene, ci sarà sempre un angelo a mettere a tacere questa logica con la sua spada di fuoco, anche se qualcuno vorrà resisterà a quella spada e guardare al di là, sfidando il Dio del settimo giorno e cercando l’ultima, la vera verità, a costo di essere estromesso dal coro dei fedeli per il suo orgoglio pericoloso. Pericoloso, perché il nemico di Dio non è satana ma è proprio questa affannosa ricerca della verità, che i religiosi di tutte le chiese credono d’aver raggiunto anche se non è ancora l’assoluta verità – almeno finché la storia continua travolgendo, insieme con ogni filosofia, ogni altare e ogni fede. Sì la verità prosegue nella sua opera distruttrice e creatrice. Perché l’onnipotente non è Dio ma la storia.
Ritengo anzi che sia la funzione creatrice, la vita stessa, un inesistente immobilismo. Se così fosse se bastasse anche un solo elettrone in più o in meno per rendermi scientificamente e fisicamente mutevole. Mi chiedo: l'anima poggia su questo corpo instabile? A dire il vero non mi basta, non difenderei mai questa teoria, ma è bello immaginare la possibilità, non d'invecchiare ma di esser ogni giorno nuova, poter esser nuova ricominciare come nuova linda. Se solo chi mi osservasse non riconoscesse in me superficialmente la stessa Ornella. Allora qui lo dico e qui non difenderò questa teoria"Il tempo è un pregiudizio che limita la mia Libertà".
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Vecchio 01-03-2009, 17.14.38   #24
nexus6
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x Epicurus

Innanzitutto precisazioni.

“La palla sta (ora) rotolando giù dallo scivolo” non può avere valore di verità indipendente dal tempo in cui viene pronunciata, così come “il mio orologio sta (ora) segnando le 17 e 05” non può averlo poiché evidentemente ha un valore di verità “vero” solo alle 17 e 05!

Differente è un evento che interpreto, in base alle mie teorie, sia avvenuto in una era passata: “questo dinosauro di cui (ora) osservo i resti e li dato in un certo modo è morto un milione di anni fa” ha valore di verità per definizione indipendente dal tempo in cui viene proferita, ovvero valore di verità (vero/falso) costante nel tempo (la questione sarà poi discutere intorno ai metodi di datazione ed alle teorie su cui mi baso: scientifica, “biblica” o altre). Altri fatti di questo tipo sono: “l'eruzione del Vesuvio in cui muore Plinio il Vecchio avviene nel 79 d.c.” o il tuo “nel mesozoico un dinosauro ne uccide un altro” o in generale: “questo evento è prima di/dopo di/simultaneo a questo altro evento”, ovvero tutte le proposizioni di ogni teoria fisica.


°°°

Ammetto che qualcosa sia, dunque quando affermo che “ciò che accade/che è dipende dalla mente” non intendo realisticamente negare che "qualcosa" di indipendente dalle “intenzioni rappresentatrici” della nostra mente sia, ma che catalogare, descrivere, selezionare ciò che sia quel dato evento/cosa sia strettamente dipendente dalle nostre scelte e a monte dai nostri schemi concettuali. “Là fuori”, fuori dalla nostra mente, non esistono le categorie e le divisioni con cui ci occupiamo delle “cose”. Non so nemmeno cosa siano “le cose” senza una mente che se le rappresenti, né tantomeno cosa possa mai essere in questo senso la fusione nucleare o l'intero divenire temporale! E mi spingo pure oltre, affermando che la stessa possibilità di descrivere certi accadimenti o proprietà di essi dipenda dai nostri schemi mentali nel senso che con altri potrebbe proprio non darsi questa possibilità. Banalmente ci è preclusa la possibilità di osservare, e lo potremmo fare senza bisogno di altri sensi (non come succede per i raggi X ad es.), avvenimenti che mutano più velocemente di millisecondi (non ricordo esattamente quanti). Il presente che percepiamo è già esso, in realtà, un presente “latente” ed esteso.

Il concetto di “ora” ovvero di -presente- richiede, secondo me, la “presenza” inevitabile di un atto di consapevolezza cosciente. Il concetto di “presente” in fisica, ad esempio, è molto problematico, tant'è che si può pure dire che viene utilizzato solo metaforicamente e non può avere status particolare (come invece nel mondo mentale) o esistenza oggettiva, nel senso di intersoggettiva. Il presente non entra dunque concettualmente nelle teorie, se non in modo molto particolare in cosmologia con la nozione di “tempo cosmico” e perciò di “presente cosmico” (ricordi, ne parlammo in una tua vecchia discussione sul determinismo in cui mi pare intendevi giustamente dire che non hanno senso, dal punto di vista della relatività, espressioni filosofiche come “il divenire del mondo”).

Ritornando alla palla, per me non ha senso, dunque, parlare del fatto che avvenga il suo rotolamento senza potervi accedere direttamente od in qualche maniera inferendolo indirettamente. Non capisco perciò cosa si intenda per dati eventi o cose che si dicono accadere senza che sia possibile per essi una concettualizzazione mentale, poiché ciò mi sembra fallace: già il pensarli, l'immaginarli presuppone una rappresentazione nello spazio(tempo) della mente.
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Vecchio 01-03-2009, 17.17.21   #25
nexus6
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Citazione:
Originalmente inviato da Diego Marconi
Il sale non era cloruro di sodio prima della creazione della chimica? E allora che cos'era? D'accordo, era una sostanza presente nel mare e in certe formazioni rocciose, usata per insaporire i cibi e conservarli ecc. Ma qual era la composizione delle sue molecole? O non era costituito da molecole? Il nucleo delle stelle non era soggetto a fusione nucleare prima dell'introduzione dei concetti della fisica nucleare? I meccanismi dell'evoluzione non erano all'opera prima dell'introduzione dei concetti della fisica nucleare?
Ciò che sta domandandosi Marconi non è se il concetto di "sale" sia uguale, ma se l'ente "sale" (o gli enti che lo formano in sé) sia lo stesso. Il nostro concetto non è chiaramente lo stesso dei Greci, o meglio a livello quotidiano è il medesimo, ma noi abbiamo in aggiunta (non in sostituzione!) la rappresentazione scientifica. Ed è questa che Marconi utilizza non so quanto consapevolmente per argomentare la sua posizione, visto l'esempio della fusione nucleare è in un qualche modo sottile maggior indice di quanto pensa riguardo l'ontologia delle cose. Non ho voglia di andarmi ad impantanare in questo momento in discussioni sul realismo, ma due parole sulle frasi citate mi sembrano d'obbligo, per quanto già nel post precedente vi ho accennato: Marconi presuppone due tacite e sofisticate ipotesi fisiche (e forse altre che ora non mi vengono in mente):

1) ogni atomo di una stessa specie è -uguale-, nel senso di sperimentalmente indistinguibile, da ogni altro atomo della stessa specie;
2) le proprietà atomiche non variano nel tempo, ovvero sono costanti anche su scale cosmologiche, secondo cui, comunque, qualche migliaio di anni risulterebbero un'inezia. Ciò che ho chiamato come “proprietà atomiche” sono alcune tra le costanti universali della fisica ovvero l'assunzione in realtà è la seguente: le costanti della fisica sono davvero costanti (nel tempo).

Senza entrare nei particolari, il consenso scientifico sulla prima ipotesi è universale (poiché viene spiegata in una serie di teorie fondamentali), quello sulla seconda no, tant'è che è oggetto di discussioni ed esperimenti tesi ad evidenziare possibili variazioni “cosmologiche” delle costanti della fisica che dunque sarebbero variazioni “nel tempo”.

Detto questo, per la fisica piccole variazioni potrebbero pure essere accettabili, ma non per una ontologia fatta di “cose” direttamente mutuate dagli oggetti fisici ovvero un atomo “oggi” sarebbe differente dallo stesso atomo al tempo dei Greci ovvero non si riferirebbero alla stessa realtà in sé, ammesso che Marconi mi spieghi cosa questa sia, visto utilizza la sua presunta assolutezza per difendere ed argomentare (in modo definitivo?) la propria posizione. Quando costruisci una tale ontologia fatta in sostanza di oggetti fisici non mutui solo l'”oggettività” o -intersoggettività- della fisica (che affascina proprio in virtù della difesa di un realismo ingenuo), ma anche tutti i problemi annessi e connessi; di ciò molti filosofi seguitano a non rendersene conto.

L'esempio del sale sembra dunque quasi banale, ma non lo è, poiché implica a monte (come dicono loro) un forte e forse irragionevole impegno ontologico: infatti sembra si basi sul fatto che, siccome possiamo osservare questi “mitici” fatti indipendentemente da ogni teoria (o essi comunque siano specchio della realtà metafisica), al cloro ed al sodio così come alla “fusione nucleare” corrispondano i relativi enti, la cui definizione filosofica rimane tuttavia fumosa.

Concludo dicendo che non ho letto il libro in questione e spero costruisca un discorso filosofico decente, ovvero che si renda conto di ogni sua premessa, almeno affinché i soldi per il libro siano ben spesi. Mi sembra tuttavia, almeno le frasi riportate, il classico realismo “de' panza” più che di sostanza, che viene giustamente etichettato come “ingenuo”. Di “realismi” ce ne possono essere altri e più sofisticati, visto che abbiamo alle spalle millenni di illustre filosofia. A me, ad esempio, quando sono savio , piace una certa forma di realismo che tende ad essere “silenzioso” sulla metafisica, cioè che la demanda ad altro che non sia la razionalità, scientifica o no. Preciso che quando invece sono meno savio affermo che sia proprio il soggetto a creare il mondo, il singolo soggetto, ma è molto problematico tutto ciò, poiché solleva molti più problemi di quanti non ne risolva, del tipo: perché si dà la possibilità di una conoscenza intersoggettiva? Comunque, anche da savio (come sono ora), credo che la conoscenza non possa essere altro che costruita dal soggetto, ovvero soggettiva e dunque tal quale rimane la domanda sulla possibilità reale di una conoscenza oggettiva, che intendo sempre nel senso di condivisa/intersoggettiva, come sono il senso comune (ad es. il convenire sulla solidità di un tavolo) e le rappresentazioni scientifiche (ad es. il convenire sull'invarianza di una data proprietà microscopica).

E questo è tutto ciò che mi va di dire ora sulla questione del realismo, visto l'ho già espresso altrove, tipo (mi pare) l'abnorme discussione “anche le scienze vivono di fede”.

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Detto questo, alla domanda "esiste il tempo?" si potrebbe rispondere semplicemente "è vero che ieri sono andato al cinema, ora sto mangiando e domani andrò a trovare un mio amico".
Lecito, ma mi sembra un po' come rispondere alla domanda: "esiste/cosa è l'autobus?" con "posso prendere l'autobus"; non è un sottile modo per evitare la questione?

Saluti.
nexus6 is offline  
Vecchio 09-03-2009, 11.49.34   #26
emmeci
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Riferimento: Il tempo esiste?

“La freccia del tempo”: vorrei intitolare così questo intervento in coda al rosario di domande e risposte sul tempo - forse una maniera più concreta di rispondere alla domanda di Sono Uno, da alcuni interpretata in termini idealistici, cioè nella forma: il tempo c'è o non c'è?
Purtroppo a livello macroscopico, al quale siamo posti noi esseri umani, la freccia c’è, eccome! Nessuno può tornare bambino se non ad opera del morbo d’Alzheimer, e, ancora purtroppo, nessun regime totalitario sembra in grado di convertirsi motu proprio in democrazia, dovendo attendere che qualche paese generoso superi la sua riluttanza alla guerra per andare a liberare popoli schiavi, come dovrebbe aver dimostrato la strategia del predecessore di Obama alla presidenza Usa. I risultati sono però ancora incerti, e ci sono esempi di segno opposto, cioè di paesi che invece sognano l’uomo forte e senza moralistici tentennamenti….
Ma per rispondere con un po’ di concretezza al problema del tempo, forse non è necessario aspettare che l’universo abbia compiuto la sua espansione e cominci a recedere, perché c’è almeno un altro caso in cui la freccia sembra invertirsi, ed è un caso estremamente vantaggioso per noi, che condizionerà il nostro futuro in maniera ben più corposa del trionfo di una democrazia. Si tratta delle staminali, le famose cellule onnipotenti (capaci di dar luogo a qualsiasi tessuto umano) che oggi non sono più ritenute, come una volta, definitivamente perdute per un individuo adulto ma possono essere ricavate da cellule adulte trasformate in bambine semplicemente aggiungendo al brodo di cultura sostanze in grado di risvegliare in esse quattro geni addormentati dal trascorrere del tempo. Per il momento l’inversione della freccia del tempo da adulto a bambino è stata ottenuta su un pizzico di cellule, ma scienziati di tutto il mondo stanno operando su tutti i tipi di cellule, al fine di creare una riserva pronta per ogni restauro su tutti gli organi del nostro corpo.
Allora auguro agli amici del forum di poterci ritrovare fra qualche decina d’anni a discutere ancora del tempo, avendo ormai risolto il problema della sua freccia, cioè constatato se è un tempo che c’è o non c’è, o magari va e viene.
emmeci is offline  
Vecchio 15-03-2009, 20.15.37   #27
hava
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Riferimento: Il tempo esiste?

E' un tema interessante, che tendo a trattare in funzione al corso della vita.
Secondo me la dimensione temporale non e' innata, ma viene imparata. Nei primi anni di vita il bambino non ne ha alcuna idea, ne' la sa usare.
E con il processo d'invecchiamento anche questa dimensione come quella spaziale tende ad esaurirsi, e spesso scompare dalla nostra conoscenza.
Queste osservazioni mi fanno pensare che la coscienza di una dimensione temporale sia stata ideata dall'uomo per trovare un ordine nei fenomeni della natura e poterli studiare.
hava is offline  
Vecchio 16-03-2009, 12.04.55   #28
tunequris
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Riferimento: Il tempo esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da hava
E' un tema interessante, che tendo a trattare in funzione al corso della vita.
Secondo me la dimensione temporale non e' innata, ma viene imparata. Nei primi anni di vita il bambino non ne ha alcuna idea, ne' la sa usare.
E con il processo d'invecchiamento anche questa dimensione come quella spaziale tende ad esaurirsi, e spesso scompare dalla nostra conoscenza.
Queste osservazioni mi fanno pensare che la coscienza di una dimensione temporale sia stata ideata dall'uomo per trovare un ordine nei fenomeni della natura e poterli studiare.

Sono in un certo senso d'accordo con questo intervento.
Io ho cominciato a ritenere che il tempo sia un fenomeno legato alla coscienza degli esseri senzienti, e non un entità in se che scorre come un fiome nel quale siamo immersi.
Non si puo' non citare Agostino, quando nelle Confessiones dice che alla domanda cos'e il tempo, se glielo si chiede non lo sa, ma se non glielo si chiede lui sente di saperlo benissimo.
E infatti per Agostino il tempo è da dividersi in tempo esterno, quello che lui considera oggettivo e scandito dal sole, la luna e i fenomeni astronomici, e un tempo interno che lui ritiene diverso da quello oggettivo e legato all'emozione: il tempo è extensio animae, una specie di respiro dell'anima che si espande e contrae a secondo dell'emozione.
Ora pero' se è intuitivo che il tempo della coscienza sia qualcosa di molto soggettivo, e notando che il passato e il fututro sono fenomeni del presente (che preferisco chiamare istante), anche il tempo oggettivo, quello della scienza ha qualcosa di poco convinciente come entità in se'.
Innanzitutto non è osservabile direttamente.
é una grandezza fisica (come lo spazio a cui è strettamente legato) all'interno della quale si presuppone che tutti gli eventi abbiano una collocazione secondo una linea retta che ha un solo verso (dal passato al futuro).
Già questa cosa mi ha sempre insospettito.
Nelle scienze fisiche il tempo è usato come misura del mutamento (mutamento di posizione, di stato ecc).
Ma quando parliamo di mutamento, perchè questo sia riconoscibile, occorre che si possa riconoscere che un corpo X sia variato (ad esempio enlla posizione) dal tempo t1 a t2, ma sia sempre il tale corpo X. Ma se possiamo comunque riconoscerlo è perche riteniamo che alcune suè caratteristiche siano variate, ma esso rimanga in un qualche senso uguale a se stesso.
Nel caso dell'essere umano, questi ha una memoria ed una coscienza chè gli fanno ritenere di essere un io, sempre uguale a se stesso, seppur nel mutamento continuo che egli vive. Questa è la coscienza: quel fenomeno mentale per cui un essere senziente si riconosce uguale a se stesso e riconosce che gli altri abbiano una loro individualità e che anche gli oggetti inanimati la abbiano.
Ma a ben vedere anche uno stesso essere umano se preso nella sua essenza materiale, ogni istane è sempre diverso. le sue cellule muoiono e si riproducono, le sue attività elettriche e biochimiche variano istante per istante. Tuttavia la sua coscienza fa in modo che egli si senta comunque un continuum.
E' questo il nocciolo fondamentale, quello che è chiamato "principium individuationis".
Ma come fa notare un fisico inglese Julian Barbour nel suo libro "La fine del tempo", se il nostro corpo è sempre diverso in senso fisico istante per istante, ed anche l'universo ha una configurazione fisica che non è mai la stessa, ha davvero senso di parlare di mutamento?
Oppure forse bisogna ritenere che il tempo sia un modo di percepire della nostra coscienza, che ci fa ritenere che istanti unici e diversi abbiano una continuità, cosi' come noi ci sentiamo sempre noi stessi seppur in diverse condizioni?
Questi interrogativi hanno un grosso fascino, se si aggiunge cha al di la della filosofia, anche la fisica è molto perplessa su cosa sia e se sia davvero necessario il tempo.
Noi pero' siamo esseri che hanno un'intuitiva percezione dello tempo e pense di vivere in un universo atemporale ha qualcosa di paradossale. Tuttavia una cosa è la nostra esperienza quotidiana e un'altra è la realta dei fenomeni fisici, basti pensare che a livello subatomico ( livello presente anche nei nostri corpi) la materia ha dei comportamenti del tutto bizzarri che non sarebbero mai concepibili sulle nostre scale percettive.

Ultima modifica di tunequris : 16-03-2009 alle ore 23.40.02.
tunequris is offline  
Vecchio 21-03-2009, 08.48.36   #29
Sùmina
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Riferimento: Un po' di palestra mentale...

Epicurus
Citazione:
La conclusione che si tra da tutto ciò che il concetto di tempo e il concetto di cambiamento sono interdipendenti, e che nessuno dei due è prioritario rispetto all’altro (oppure, detto in altro modo: nessuno dei due termini è riducibile all’altro).

Ho letto l'articolo "Sul Tempo e sul Cambiamento" e devo dire che la penavo esattamente nello stesso modo, il tempo ci si manifesta solo perche' esiste "variazione di stato", se infatti non vi fosse, anche il tempo"rimarrebbe congelato" (passatemi la metafora)

Non mi convince pero' la concusione di quell'articolo (il quote), ovvero che non vi e' priorita' tra cambiamento di stato e tempo.

Infatti il tempo si puo' dare solo attraverso fenomeni che mutano in maniera costante, e questa costanza e' cio' che chiamiamo unita' di tempo.

Ci potrebbe infatti essere nell'universo (in linea terorica) un principio secondo cui nulla e' costante,"nulla si ripropone mai uguale a se stesso e puo' essere ricondotto/sovrapposto allo stato precedente", eppure esserci variazione.

Bene, in questo caso, senza costanza alcuna, non esisterebbe nemmeno il tempo.

E questo, a mio parere, fissa la gerarchia tra tempo e variazione.

Animus

Bye bye..
Sùmina is offline  
Vecchio 22-03-2009, 10.13.08   #30
emmeci
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Riferimento: Il tempo esiste?

Mi pare che mentre l’argomentazione viene svolta dagli altri partecipanti intendendo il tempo come realtà o misura fisica, Giorgiosan continua a interpretarlo in una prospettiva religiosa quando dice (sintetizzo): “La Bibbia privilegia con evidenza una nozione del tempo e uno svolgimento storico dotato di una direzione irreversibile in cui si esercita l’azione dell’uomo per conformarsi alla volontà di Dio….il tempo è dono ambito di Dio”.
Ho detto anch’io, in questo argomento, che il tempo è condizione della storia e la storia è ricerca della verità: quello che mi distanzia da Giorgiosan è il terminus ad quem, che non è il Dio ebraico-cristiano anzi non è il Dio delle chiese, ma la verità assoluta di cui siamo tutti in cerca e che oltrepassa il concetto ecclesiale, cioè sfugge a una raffigurazione umana, una definizione o un groppo di qualifiche quali le chiese si ingegnano di applicare a Dio quasi per il timore che possa sfuggire e toglier loro il privilegio di esperte di Dio e sue rappresentanti in terra…
Il tempo dunque, conclude Giorgiosan, non è ostile alla religione. Dipende, Giorgiosan, dal grado d’amore che il fedele nutre per Dio: e parlo non solo del grande amore dei mistici che costellano – talvolta col rischio di essere considerati eretici - la storia della chiesa, ma anche dell’intimo amore che l’umile nello spirito nutre dentro di sé. C’è chi si ferma ai primi pioli della scala e chi la percorre d’un balzo. In ogni modo, trascurando le differenze che dipendono dal grado di passione degli individui, mi pare che per un religioso il tempo è sempre relatività rispetto all’eterno. E’ al massimo un’ascesa all’eterno, dopo di che la scala non ha più senso e viene gettata via - sia la scala usata dall’individuo che la grande scala della storia - mentre per me proprio perché la meta è l’assoluto che non ha volto né nome la scala della storia non finirà mai, lasciando i mistici alla loro estasi, i preti alla liturgia delle ore e gli uomini comuni a percorrere questa valle di lacrime.
Però questo non significa che il tempo non abbia senso: solo che ha un senso più forte di quello che gli impone una chiesa: un senso che cerca di arrivare a cogliere la verità assoluta che, per dirla tutta, oltrepassa qualunque nome e qualunque aureola, e lascia libertà di credere che l’assoluto sia fisica o metafisica, essere o nulla, Lucifero o Dio….così che ha pieno significato anche quello che hanno detto gli altri interlocutori del forum che hanno inteso il tempo non in termini religiosi, ma in termini fisici e, diciamo così, relativistici.
emmeci is offline  

 



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