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Vecchio 09-12-2008, 10.08.43   #1
emmeci
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Una critica laica a Darwin

Tutti siamo consapevoli del contrasto di fondo che ha opposto i religiosi (soprattutto i fedeli alla tradizione cattolica) a chi ritiene che l’evoluzionismo darwiniano costituisca un’interpretazione valida della natura, bisognosa semmai solo di essere corretta o completata in base ai risultati acquisiti dalle scienze fisiche e biologiche.
Mi domando invece se il darwinismo è accettabile per motivi filosofici, cioè (che strana espressione!) “laicamente filosofici”. In sintesi: se il concetto darwiniano di evoluzione può conciliarsi con quello di storia, intesa come il risultato delle attività umane - cioè se l’evoluzionismo può diventare storicità senza perdere le sue connotazioni fisiche basate su adattamento e caso, o se in questo passaggio subentra qualcosa d’altro, magari ciò che contraddistingue l’homo sapiens dall’homo faber o addirittura l’uomo dall’animale.
Mi pare che sia difficile operare questa conciliazione per chi crede nella visione biblica ossia ebraico-cristiana, che del resto già per Darwin poteva rappresentare un fantasma da superare, ma si può anche lasciare da parte questo dissidio storico, perché effettivamente l’evoluzionismo ha avuto interpretazioni diverse nel corso del tempo, soprattutto interpretazioni vitalistiche come quelle di Simmel e di Bergson, che però hanno considerato l’aspetto evoluto del processo evoluzionistico piuttosto che la sua realtà universale….Ora la domanda da rivolgere ai darwinisti mi pare possa essere questa: dove, in che punto l’evoluzione diventa storia? In altre parole, è sempre natura o c’è qualcosa che lo porta oltre, trasformando i neuroni in pensiero e il caso in responsabile volontà? O alla fine perfino il concetto di storia può sostituirsi a quello di evoluzione?
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Vecchio 11-12-2008, 21.47.42   #2
ornella
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Riferimento: Una critica laica a Darwin

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Originalmente inviato da emmeci
Tutti siamo consapevoli del contrasto di fondo che ha opposto i religiosi (soprattutto i fedeli alla tradizione cattolica) a chi ritiene che l’evoluzionismo darwiniano costituisca un’interpretazione valida della natura, bisognosa semmai solo di essere corretta o completata in base ai risultati acquisiti dalle scienze fisiche e biologiche.
Mi domando invece se il darwinismo è accettabile per motivi filosofici, cioè (che strana espressione!) “laicamente filosofici”. In sintesi: se il concetto darwiniano di evoluzione può conciliarsi con quello di storia, intesa come il risultato delle attività umane - cioè se l’evoluzionismo può diventare storicità senza perdere le sue connotazioni fisiche basate su adattamento e caso, o se in questo passaggio subentra qualcosa d’altro, magari ciò che contraddistingue l’homo sapiens dall’homo faber o addirittura l’uomo dall’animale.
Mi pare che sia difficile operare questa conciliazione per chi crede nella visione biblica ossia ebraico-cristiana, che del resto già per Darwin poteva rappresentare un fantasma da superare, ma si può anche lasciare da parte questo dissidio storico, perché effettivamente l’evoluzionismo ha avuto interpretazioni diverse nel corso del tempo, soprattutto interpretazioni vitalistiche come quelle di Simmel e di Bergson, che però hanno considerato l’aspetto evoluto del processo evoluzionistico piuttosto che la sua realtà universale….Ora la domanda da rivolgere ai darwinisti mi pare possa essere questa: dove, in che punto l’evoluzione diventa storia? In altre parole, è sempre natura o c’è qualcosa che lo porta oltre, trasformando i neuroni in pensiero e il caso in responsabile volontà? O alla fine perfino il concetto di storia può sostituirsi a quello di evoluzione?
Caro Emmeci, giorni fa leggevo questi scritti di Ernst Mayr, mi sembra rispondono alla tua domanda.


Prendiamo per esempio il fenomeno della selezione naturale. Una coppia di animali genera, poniamo, una prole di mille individui, un numero frequente tra gli insetti e gli organismi marini, benché talvolta, per esempio nel caso delle ostriche, un'unica coppia di genitori può generare una prole di un milione di individui. Alla fine, quando arriva il momento in cui la prole si riproduce a sua volta, in media solo due di questi individui sono ancora in vita.

Se si ha una concezione di tipo teleologico del futuro, si considera la selezione come qualcosa di preesistente che selezionerà i due organismi più adatti a diventare i progenitori della generazione successiva. In realtà le cose stanno diversamente. La vita delle migliaia o dei milioni di figli è esposta a ogni genere di fattori diretti e accidentali. Alla fine, dopo molti giorni, molte settimane, molti mesi o magari perfino molti anni, due di questi individui sono gli unici sopravvissuti. Ora, tutto quello che possiamo dire è che la selezione di questi due individui è stata semplicemente un risultato a posteriori di tutte le vicissitudini e di tutte le esperienze per cui è passata questa prole. E così viene a cadere la sfumatura teleologica del termine selezione, e cominciamo a dirci che forse molti fenomeni del mondo vivente e addirittura di quello inanimato che noi attribuiamo a una causa - in realtà non parlo in senso stretto - non sono dovuti a una causa soltanto, a meno che non siano il risultato diretto di una legge universale, ma sono anche, per così dire, ciò che rimane, l'effetto a posteriori, di un'intera serie di eventi. Per esempio, se un organismo prende una certa decisione e nel corso della giornata decide dove cibarsi, dove andare, fin dove spingersi e via di seguito, compie una continua selezione tra una serie di scelte.

Ovviamente, molte di queste selezioni non sono altro che il risultato di fenomeni puramente casuali, di decisioni fortuite. Alla fine, quando abbiamo il risultato procedendo a ritroso possiamo ricostruire passo per passo queste decisioni e stabilire che una data successione di decisioni è stata la causa che ha determinato il risultato finale. Ma questo è un modo completamente diverso di considerare le causalità, il tipo di causalità che prima prevaleva nelle scienze fisiche, dove a monte di una catena di eventi c'era una causa determinata. Questo fatto ha molta importanza nella questione del libero arbitrio. Dimostra che di fatto il libero arbitrio è un concetto legittimo e non qualcosa di metafisico che dovrebbe essere escluso dai dibattiti sui progetti scientifici.


http://www.caffeeuropa.it/attualita/93genetica5.html
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Vecchio 11-12-2008, 21.49.12   #3
and1972rea
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Riferimento: Una critica laica a Darwin

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Originalmente inviato da emmeci
Tutti siamo consapevoli del contrasto di fondo che ha opposto i religiosi (soprattutto i fedeli alla tradizione cattolica) a chi ritiene che l’evoluzionismo darwiniano costituisca un’interpretazione valida della natura, bisognosa semmai solo di essere corretta o completata in base ai risultati acquisiti dalle scienze fisiche e biologiche.
Mi domando invece se il darwinismo è accettabile per motivi filosofici, cioè (che strana espressione!) “laicamente filosofici”. In sintesi: se il concetto darwiniano di evoluzione può conciliarsi con quello di storia, intesa come il risultato delle attività umane - cioè se l’evoluzionismo può diventare storicità senza perdere le sue connotazioni fisiche basate su adattamento e caso, o se in questo passaggio subentra qualcosa d’altro, magari ciò che contraddistingue l’homo sapiens dall’homo faber o addirittura l’uomo dall’animale.
Mi pare che sia difficile operare questa conciliazione per chi crede nella visione biblica ossia ebraico-cristiana, che del resto già per Darwin poteva rappresentare un fantasma da superare, ma si può anche lasciare da parte questo dissidio storico, perché effettivamente l’evoluzionismo ha avuto interpretazioni diverse nel corso del tempo, soprattutto interpretazioni vitalistiche come quelle di Simmel e di Bergson, che però hanno considerato l’aspetto evoluto del processo evoluzionistico piuttosto che la sua realtà universale….Ora la domanda da rivolgere ai darwinisti mi pare possa essere questa: dove, in che punto l’evoluzione diventa storia? In altre parole, è sempre natura o c’è qualcosa che lo porta oltre, trasformando i neuroni in pensiero e il caso in responsabile volontà? O alla fine perfino il concetto di storia può sostituirsi a quello di evoluzione?

Dal mio punto di vista, la teoria di Darwin , a rigor di logica, non inficia alcuna dottrina che si possa rifare ad un credo fondato sulla fede, e questo perche' lo stesso Darwin fonda il suo modello di evoluzione naturale sopra un' idea che di razionale e di spiegato all'intelletto non ha prorio nulla, e cioe' , “ il caso”. Noi adoperiamo questo “flatus vocis” , il caso, per dare un'etichetta a tutto l'inconoscibile, a tutto lo sconosciuto; il fatto che delle basi azotate possano scambiarsi di posto per caso, il fatto che il crossing over casuale di pezzi di geni possa permettere il mutamento di un genotipo rendendo un fenotipo piu' adatto ai fatti contingenti della natura, ci induce a “credere” che una eventuale “volonta'” superiore che avrebbe potuto agire sull'uomo in “persona”, non possa agire sull'uomo a partire da tutto cio' che gli viene prima e dopo e addirittura lo costituisce nelle basi essenziali del suo essere fenomenico; ma questa credenza mi pare chiaramente priva di un fondamento razionale, il caso non puo' escludere razionalmente alcuna credenza fideistica.

Saluti
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Vecchio 13-12-2008, 08.17.12   #4
emmeci
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Riferimento: Una critica laica a Darwin

Lasciamo stare il grande foro dell’evoluzione cosmica e fermiamoci al nostro foro interiore: forse è questo il modo di condurre l’argomento all’estremo, ponendo la teoria darwiniana di fronte a difficoltà che in questo caso – cioè nel caso dell’uomo - sembrano insormontabili mentre la possono confermare senza riserve, interpretando la natura come capace di superare sé stessa senza bisogno del caso o di un intelligent design.
Certo la scienza può spiegare in termini naturali l’emergere e la funzionalità della mente – e sono impegnati in questa ricerca biologi e cognitivisti - ma non si può negare che i termini stessi che definiscono ciò che è natura si evolvono: dalla fisica alla chimica alla biologia alle scienze del pensiero, sociali, morali: e per capire un piano superiore non basta ciò che si sa dell’inferiore e trattarlo allo stesso modo – anche se la sostanza, possiamo dire, è unica. Ma il concetto di evoluzione non può avere limiti di vocabolario, opera lungo la nostra intera esistenza e nei momenti stessi in cui ci sembra di non riconoscerci, di non poterci afferrare…Forse è la nostra specie che sta mutando e non sappiamo ancora che cosa saremo? O è la mente, che ha la capacità di sottrarsi ai suoi condizionamenti automatici, vede aprirsi le porte della verità andando oltre la dura soglia dei fatti, mutando e rivoluzionando memoria e progetti di vita, fino a giudicare le leggi del mondo e non solo quelle della storia indegne e immorali? E’ questo dunque il clou dell’evoluzione, questa possibilità della mente di sostituire alla parola “è” la parola “dev’essere”, al suo stato funzionante come un computer una prospettiva che non trova riscontro nel battere digitale, ma in un’espressione estetica, ideale, magari utopica o rivoluzionaria, al di là di ciò che poteva apparire un destino. E perfino la mente non basta: non solo la morte ma la pazzia è apparsa ad alcuni una via di liberazione.
Così, vorrei dire a And1972drea che forse non c’è neppure bisogno di un Dio per ammettere che la nostra mente va oltre sé stessa, e comprendo l’atteggiamento di Ornella quando si dichiara religiosamente anarchica. Perché porre limiti all’evoluzione, cioè perché non può diventare da fisica metafisica, vincendo la forza di inerzia di qualche termine rinchiuso nel vocabolario?
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Vecchio 13-12-2008, 22.09.17   #5
ornella
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Riferimento: Una critica laica a Darwin

A Fontamara forse, Berardo Viola rappresenta non a caso il protagonista della Storia di Silone. Coloro che per paura istintiva subiscono gli eventi possono rappresentare l'evoluzione passiva, l'istinto di conservazione.
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Vecchio 20-12-2008, 16.03.23   #6
emmeci
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Ornella, forse ho lasciato passare troppo tempo dalla tua risposta e me ne scuso, anche se quello che hai detto mi permette di dare una svolta più radicale all’argomento: nel senso che giustificherebbe quell’ombra di trascendenza che mi è parso di poter riconoscere nell’evoluzionismo, e che anche and1972rea non esclude.
Vedo, Ornella, che richiami l’attenzione sul rapporto che può sussistere fra il mondo e Dio e quindi sull’abissale distanza che li divide. Io pure non ammetto che bisogna giudicare Dio dalle sue opere o dai suoi mancati o discussi interventi, perché penso che, se c’è, sia un essere al di sopra di tutto ciò che per noi esiste – e quindi anche al di sopra di tutte le proprietà che le chiese gli attribuiscono, tanto da giustificare semmai solo un misticismo così radicale da considerare Dio simile più alla tenebra che alla luce. Molti diranno che questo equivale a non significare più nulla, e che è meglio rivolgersi a temi più pressanti per noi. Ma questo innalzare Dio al di là di ogni qualifica tanto da farlo sembrare simile a nulla non significa che egli sia una cosa da nulla…..e se il problema di Dio ritorna così spesso anche nel forum, dimostra che è un problema assillante, e che il filosofo non può in alcun modo metterlo da parte e non pensarci più. Perché, quando un uomo si apre alla speranza o alla disperazione, vede questo fantasma o questo spettro davanti a sé? Perché lo si loda o si accusa? Perché, anche se non lo vediamo, lo sentiamo sempre possibile? E l’uomo l’avrebbe davanti a sé anche se non esistessero chiese e, come l’Emilio di Rousseau, non avesse altra prova che la sua coscienza e ciò che non vede…. Dio è ciò che noi sentiamo che “può essere” e questo ci basta. Un poter essere che non ha escluso nemmeno quel Darwin a cui ho dedicato il tema su cui discutiamo: mentre il dubbio è stimolato proprio da ciò che dicono le religioni, cioè dalla loro pretesa di dare a Dio un volto ed un nome, con quella serqua di attributi che lo cingono come una corona di spine e su cui i nostri amici si sono impegnati a rispondere, sia pure con molte varianti, nell’argomento che qui compare per primo:“Difesa filosofica di un ente perfetto”.
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Vecchio 22-12-2008, 13.03.56   #7
ornella
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Ornella, forse ho lasciato passare troppo tempo dalla tua risposta e me ne scuso, anche se quello che hai detto mi permette di dare una svolta più radicale all’argomento: nel senso che giustificherebbe quell’ombra di trascendenza che mi è parso di poter riconoscere nell’evoluzionismo, e che anche and1972rea non esclude.
Vedo, Ornella, che richiami l’attenzione sul rapporto che può sussistere fra il mondo e Dio e quindi sull’abissale distanza che li divide. Io pure non ammetto che bisogna giudicare Dio dalle sue opere o dai suoi mancati o discussi interventi, perché penso che, se c’è, sia un essere al di sopra di tutto ciò che per noi esiste – e quindi anche al di sopra di tutte le proprietà che le chiese gli attribuiscono, tanto da giustificare semmai solo un misticismo così radicale da considerare Dio simile più alla tenebra che alla luce. Molti diranno che questo equivale a non significare più nulla, e che è meglio rivolgersi a temi più pressanti per noi. Ma questo innalzare Dio al di là di ogni qualifica tanto da farlo sembrare simile a nulla non significa che egli sia una cosa da nulla…..e se il problema di Dio ritorna così spesso anche nel forum, dimostra che è un problema assillante, e che il filosofo non può in alcun modo metterlo da parte e non pensarci più. Perché, quando un uomo si apre alla speranza o alla disperazione, vede questo fantasma o questo spettro davanti a sé? Perché lo si loda o si accusa? Perché, anche se non lo vediamo, lo sentiamo sempre possibile? E l’uomo l’avrebbe davanti a sé anche se non esistessero chiese e, come l’Emilio di Rousseau, non avesse altra prova che la sua coscienza e ciò che non vede…. Dio è ciò che noi sentiamo che “può essere” e questo ci basta. Un poter essere che non ha escluso nemmeno quel Darwin a cui ho dedicato il tema su cui discutiamo: mentre il dubbio è stimolato proprio da ciò che dicono le religioni, cioè dalla loro pretesa di dare a Dio un volto ed un nome, con quella serqua di attributi che lo cingono come una corona di spine e su cui i nostri amici si sono impegnati a rispondere, sia pure con molte varianti, nell’argomento che qui compare per primo:“Difesa filosofica di un ente perfetto”.


Sono un essere umano, e mi sforzo tutti i giorni di rispondere di ciò che faccio nel Bene o nel Male.Mi pare veramente troppo rispondere per Dio, e quando ho dei problemi chiedo direttamente a Lui.Poi si può teorizzare, sapendo però sentire la propria esilità intellettuale.
Io ti direi che gli altari andrebbero costruiti al proprio interno, di prodigiosi, perchè ho idea come ho accennato, che l'evoluzione percorra strade diverse.Il corpo ne segue una, e ciò che ci rende esseri umani un 'altra. Annulare i conflitti tra le due evoluzioni, dovrebbe essere una priorità.
Un caro saluto Emmeci, e auguri se ti fa piacere.
ornella is offline  
Vecchio 23-12-2008, 09.03.16   #8
emmeci
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Riferimento: Una critica laica a Darwin

Sì, forse è vanità e presunzione cercare di capire che cosa è Dio, anche per chi lo pone ai vertici del pensiero identificandolo con quella assoluta verità alla quale noi non potremo mai arrivare. Ma io volo alto solo col pensiero, perché per il resto sono ancorato alla storia, che è alla fine una piccola storia, storia dell’uomo terreno che nasce e che muore…. . Proverò comunque a metterla in altro modo, ricordando che qualcuno ha accostato la mia posizione a quella dei mistici, che in tutte le religioni hanno sempre rappresentato qualcosa di prossimo all’eresia perché guardano in alto invece che in basso: forse accusano i mistici di vanità e presunzione? Però in questo una certa ragione ce l’hanno, perché se mi piacciono per quanto li distanzia dalla comunità parrocchiale, forse mi sembra che smanino e gridino troppo, mentre talvolta hanno addirittura annunciato di essere Dio….Ma tu, da come ti esprimi, mi sembra che neppure tu credi nel Dio delle religioni, che sembra talora simile a quel fantoccio intorno a cui si svolge la giostra del saracino; e per quello che qualche volta hai detto, mi sembri vicina anche per ciò che riguarda il Cristo, perché io credo che effettivamente il messaggio del Cristo può essere stato travisato dai suoi seguaci che hanno trasformato in un Dio chi forse non si riteneva tale….Eppure una piccola fiamma d’orgoglio possiamo tenercela, anche senza pensare che l’uomo sia l’ultima specie dell’universo, la sola fatta a immagine e somiglianza di Dio, mentre dobbiamo faticare tanto nella nostra vita e quanto al soffrire….Si, forse ne avrò finché vivo, ma non solo per la debolezza del corpo e dell’anima come qualsiasi mortale, ma perché il mio soffrire è piuttosto simile a quel respiro o a quell’ansimo che attraversa l’intero universo e lo spinge a cercare una verità che è al di là di tutto, anche al di là di chi agli altri sembra un sovrano, intento a dividere il bene dal male e a impartire premi e castighi, mentre vola talmente alto da non avere né volto né nome, perché è questo, alla fine, il mistero di un Dio.
Bene, finché sono qua, non solo mi piacciono i tuoi auguri ma mi ricordano che ne ho bisogno per sostenere un'idea senza farmi presumere di essere altro che un uomo radicato alla terra e quindi, come si diceva una volta, un semplice nello spirito. Auguri anche a te, Ornella.
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Vecchio 29-12-2008, 16.56.22   #9
Il_Dubbio
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Mi domando invece se il darwinismo è accettabile per motivi filosofici, cioè (che strana espressione!) “laicamente filosofici”. In sintesi: se il concetto darwiniano di evoluzione può conciliarsi con quello di storia, intesa come il risultato delle attività umane - cioè se l’evoluzionismo può diventare storicità senza perdere le sue connotazioni fisiche basate su adattamento e caso, o se in questo passaggio subentra qualcosa d’altro, magari ciò che contraddistingue l’homo sapiens dall’homo faber o addirittura l’uomo dall’animale.

L'uomo, a sentire le audaci proposte dei biologi genetisti è nato all'incirca 150 mila anni fa. E' difficile scalfire la teoria evoluzionistica che invece deve essere allargata a milioni di anni. Quindi nessun problema con la Storia...dell'uomo. Rispetto agli altri animali non ha ceppi isolati (popolazioni staccate dalla sua stessa specie) quindi l'uomo è sempre rimasto tale e quale a se stesso(con piccolissimi cambiamenti dovuti al luogo di permanenza), ed è poi una specie giovanissima, direi ancora in fasce (forse per questo anche abbastanza delicata).
Da questo punto di vista quindi l'uomo si distingue come specie -non molto- in evoluzione, anzi per nulla in evoluzione... possiamo dire che naturalmente ciò non è molto positivo, perchè non può acquisire e selezionare quei patrimoni genetici che lo migliorerebbero rispetto all'ambiente (almeno se l'evoluzionismo è una teoria esatta, e cioè che da una specie ne nasce una totalmente differente... su questo ho le mie riserve che però qui non evidenzio piu di tanto).

Quindi l'uomo ad oggi è un ceppo chiuso, non sbocceranno ominidi diversi dall'uomo sapiens, o quello sapiens sapiens o come li si voglia chiamare

Questo è il motivo per cui per l'uomo l'evoluzione si è fermata per incominciare quella "Storica" propriamente detta che finirà appena se ne presenterà l'occasione (siamo una specie giovane, anche se in via di estinzione, almeno se non si trascura che piu siamo e piu preleviamo dalla natura, a discapito del suo equilibrio, essenziale per il mantenimento della sua salute, da cui noi tutti traiamo giovamento).

Se per esempio fra due milioni di anni l'acqua ricoprirà tutte le terre emerse e l'aria sarà poco respirabile avremo bisogno di branchie per respirare sott'acqua e filtri di depurazione per l'aria (la teoria dice che casualmente sono nati polmoni nei pesci... allo stesso modo, casualmente potrebbero nascere negli uomini, sempre che la teoria sia esatta le sirene e i "sireni" un giorno potrebbero essere una realtà )... se fra due milioni di anni un ceppo umano avrà "casualmente" costruito in se le branchie al posto o assieme ai polmoni e filtri di depurazione per l'aria, alcuni uomini (fra due milioni di anni),ovvero i piu fortunati, saranno simili ai mammiferi di mare e penseranno sotto l'acqua e probabilmente costruiranno le città sotto l'acqua. Se tutto questo determinerà invece una maggiore stupidità degli uomini questo sarà dovuto alla "necessità" che l'uomo per vivere deve essere fisicamente idoneo alla sopravvivenza, il che non significa che tale necessità sia compatibile con l'intelligenza. Fin tanto che l'intelletto aiuta alla sopravvivenza non sarà eliminato dalla natura. Se un giorno non sapremo manovrare la natura a nostro favore allora saremo annientati. E' facile comprendere che se l'intelletto non è stato di grande aiuto per la sopravvivenza dell'uomo e il fisico non trova naturalmente le giuste risposte all'ambiente, storicamente, ma anche naturalmente, l'uomo è un fiasco. Solo le specie (e solo alcune popolazioni di esse) attrezzate per proseguire il cammino della vita meritano di vivere.

Questo ce lo dice la casualità della natura (se ci cade un asteroide che non riusciamo a deviare con chi ce la possiamo prendere? ); essa gioca con noi a mosca ceca... solo che invece noi ci vediamo benissimo. Questo ci racconta la Storia: l'uomo guarda lontano, calcola e vuole vivere per il piacere o per l'amore o altri sentimenti(o fini) piu o meno coscienti. Con l'uomo la natura può giocare a nascondino quanto vuole, ma mentre la natura si nasconde l'uomo trova.
Ed anche in questo caso ho descritto un modo (tutto mio) per distanziare e distinguere la natura dall'uomo, l'evoluzione dalla Storia, il "nulla" dalla coscienza. Se poi un giorno l'uomo rientrerà, annientandosi, nella natura, la sua storia si perderà nei meccanismi dell'evoluzione e la sua coscienza nell'oscurità del nulla, questo ad oggi non possiamo saperlo.

p.s.
non so se quello da me detto ha attinenza con la tua domanda emmeci, comunque approfitto per farTi i miei migliori auguri di un buon 2009
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Vecchio 30-12-2008, 09.45.03   #10
Giorgiosan
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Riferimento: Una critica laica a Darwin

I dinamismi evolutivi sono senz'altro più complessi di quanto Darwin potesse teorizzare, ma non è questa una critica che gli si può muovere.

Il punto cruciale, secondo me, è il finalismo dell'evoluzione opposto al casualismo di Darwin.

Il mio argomento-domanda:

se ipotizziamo che la vita biologica si sia sviluppata su altri pianeti dell'universo, riteniamo possibile che la vita abbia seguito altra traiettoria che non sia quella di uno sviluppo da forme meno complesse a più complesse sino all'emergenza di quella che è stata chiamata la noosfera?

Ultima modifica di Giorgiosan : 30-12-2008 alle ore 12.41.50.
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