Ospite abituale
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Riferimento: Hitler era un eroe?
In questo argomento, consacrato all’eroico, ci siamo finora dimenticati di considerare la donna. Si può pensare all’eroe-donna? E siccome ho cominciato con un'evocazione di ciò che pensavano i greci, risalirei anche in questo a loro, cioè tenterei di vedere come essi potessero concepire una donna-eroe, divisi fra la concezione omerica, per la quale uomini e donne – Agamennone e Clitennestra, come pure Apollo ed Atena - potevano essere equiparati nella loro realtà eroica e quindi sempre gloriosi e innocenti, e la concezione tragica secondo la quale quel criterio è forse sbagliato e l’eroico – umano o divino - è nella sua essenza nefasto e condannato alla fine, perché quella è la sola vera catarsi. Ma come si deve giudicare Antigone, il personaggio della tragedia di Sofocle, condannata a morte per essersi opposta a Creonte cioè alla legge di Tebe che, mentre onorava di sepoltura uno dei suoi fratelli difensore della città, vietava di dare sepoltura all’altro fratello che aveva combattuto contro di essa?
Questa famosa vicenda può essere considerata la contrapposizione di due caratteri (Creonte altezzoso e volgare, Antigone nobile e ardita), oppure la lotta ideale fra una donna ispirata da un compito sacro e un uomo votato all’ordine e al vantaggio della città. Oppure fra la donna che difende le norme non scritte che il suo cuore pietosamente conserva e l’uomo ligio al suo dovere di difensore delle leggi scritte. Credo però che Sofocle si sollevi, forse contro le sue stesse preferenze di poeta e di cittadino, a un confronto metafisico che è quello che sancisce l’avvento della tragedia davanti ad un pubblico che era stato educato alla concezione omerica dell’esistenza, la quale proprio nella gloria dell’eroismo e nella sua fondamentale innocenza vedeva fissata un’intangibile ideologia esistenziale.
A me pare che, qualunque siano le ragioni immediate della sua scelta, Antigone afferma duramente il suo volere contro Creonte e contro la sorella Ismene, cioè contro i piccoli personaggi e contro la polis: come tale – ed è qui il marchio della tragedia – essa è un fantasma della Grecia arcaica, un essere chiuso, assetato di gloria, ossessionato dal genio dinastico. La tragedia si erge su questo tremendo non-senso: che l’essere moralmente eroico, cioè posto al vertice della natura, è giudicato malefico e vano. Antigone vera donna? Antigone devota alla coscienza e agli dei? Antigone emblema della pietà? O il principio che sembra ispirarla si traduce in un’affermazione di volontà eroica e dunque cattiva, coinvolgendo gli dei dell’Olimpo in provocatori o alleati?
La sua opposizione alle leggi politiche è proclamata in nome di altre irrevocabili norme: che non sono fondamentalmente leggi del cuore o leggi morali, ma sono quelle che hanno plasmato la Grecia e hanno determinato l’insorgere della tragedia, che le ritiene infauste e maligne perché fondate sull’ira e sulla proterva violenza, inquinando famiglie, stirpi, città: volontà contro volontà e dei contro dei. Questa è l’essenza del tragico nella sua quasi irrapresentabile verità e nella sua sfida ai costumi dell’Ellade che su quelle leggi ha eretto la sua civiltà, sublime come l’Acropoli che incombe sulla miseria degli angiporti. La luce è dalla parte di Antigone o di Creonte? E c’è davvero una differenza fra essi, portati nel teatro di Atene, se non una differenza di maschere? Il tragico non ha parzialità storicistiche o personali – egli deve far scaturire il tragico dal terribile enigma dell’eroismo che è fiorito nei miti e nell’epos, e non ci sono magistrati o profeti che ci proteggano ma solo le nostre azioni mortali e parole mortali. L’esistenza eroica, cioè l’esistenza, è qui: è ciò che non deve esistere.
Ma il problema che ho adombrato all’inizio non è ancora risolto, perché esso era: può la donna essere eroe? O ciò l’avvicina inesorabilmente a quello che sembra consustanziale al concetto di eroe, cioè all’uomo maschio, mentre la donna sembra quasi rappresentare (non solo nella tragedia greca, ma – se mi si consente di volare al di là dei millenni - anche nella tragedia di Shakespeare), il contrario dell’uomo, tanto che quanto più la donna si approssima alla figura di eroe tanto più sembra discostarsi dalla femminilità, come nella tragedia di Shakespeare lady Macbeth, e in quella di Sofocle Antigone, che alla sorella Ismene appare "ardente sopra il suo gelo"?
(Scusate se ogni tanto rievoco lontani scenari per discutere problemi di un valore eterno: sì, perché questa dialettica uomo-donna è ancora attuale, tanto che mi piacerebbe sentire che cosa pensano non filosofi con la barba ma qualche rappresentante di quello che Goethe chiamava das ewig-weibliche, cioè il femminino eterno).
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