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09-01-2008, 17.50.39 | #22 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Oggettivo
Citazione:
Il rinvenimento di una pietra con le particolari caratteristiche da te descritte, è un evento generale, presumo che la realtà dell’accadimento non possa essere discussa, poiché si discuterebbe o si disputerebbe sul nulla, o sull’evidenza dell’evento in sé. Viceversa, il processo d’analisi cui lo storico sottopone il reperto affinché questo gli parli delle sue vicissitudini, è il particolare intrinseco al generale. La ‘testimonianza’ è dunque l’ambito entro cui si sviluppa la disputa e la discussione, poiché decifrare i segni e spiegarne la genesi e il senso, implica un impegno ermeneutico da cui non è possibile prescindere. Lo storico, così anche l’esegeta o l’agiografo analizzano il reperto sulla scorta delle proprie esperienze e conoscenze. E’ presumibile che questi studiosi scorrano le pagine che compongono il voluminoso catalogo delle proprie cognizioni scientifiche per giungere a formulare qualche ipotesi circa la reale natura e senso del racconto che il ‘cippo’ custodisce, che traspare labilmente eccedendo da quei misteriosi segni incisi sulla sua dura crosta. Il catalogo delle cognizioni accademiche si combina sovente con quelli delle proprie convinzioni e delle convenzioni cui sono adusi. La formula alchemica che rivela l’arcano, è così il combinato di più cataloghi, che, in un amalgama non facilmente districabile, incrostano il dato oggettivo dei segni incisi sul ‘cippo’. Così è che il dato oggettivo (pietra e segni) viene a trovarsi soffocato da una coltre di “forse” (onore a Maxim), di “se”, di “ma”, che è la cifra e il segnaposto delle differenze ermeneutiche che quell’analisi ha originato. Le domande poste dall’osservatore, sono premesse dalla risposta che si vuole estorcere al reperto; le risposte che si ottengono, procreatrici delle domande rivolte al ‘cippo’, sono a loro volta premesse dal catalogo di cui si dispone, ma il catalogo stesso (sia di convenzioni, sia esso di cognizioni accademiche), è a sua volta presupposto dal mosaico di conoscenze e convenzioni che nel corso del tempo ne hanno redatto le pagine. Tutto ciò in una spirale autoreferenziale che in buona parte tende a disabitare il campo del conoscere. In questa progressiva contrazione gnoseologica, è lasciato sempre più spazio libero alla protervia della tecnologia. I macchinari, il cui scopo dovrebbe essere quello di essere supporto del conoscere e dell’analisi, stanno sempre più sottraendosi al loro precipuo ruolo di strumenti o utensili della conoscenza e tendono ad usurpare il campo non di loro competenza, imponendosi non più come mezzi, bensì come fini… a se stessi. Lo spettro che si sporge oltre il nostro orizzonte è una tecnocrazia senza morale e priva d’etica. La scienza che ricusa se stessa. La scienza non approda mai a certezze oggettive, in modo speciale quando incunea la sua indagine nell’abisso del particolare. Anche in campo naturalistico o paleontologico, oggi si elaborano ipotesi inattese in ordine alla morfologia di certi giganti della terra, insospettate ‘verità’ solo qualche lustro fa. La scienza non può dare certezze, ma approssimazioni all’oggettivo, quanto maggiore è l’approssimazione – il ‘verosimile’ – tanto più è veritiera, mai del tutto vera. Detto ciò, non posso che concordare con te: la Verità e l’oggettività, qualora esistessero, non sono compiutamente accessibili, poiché si tratterebbe di una trascendenza non metafisica che oltrepasserebbe la nostra finitudine ed i nostri limiti. Ciao |
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10-01-2008, 09.56.05 | #23 |
stella danzante
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Riferimento: Oggettivo
Leggendovi tutti mi sorge un dubbio, che l’oggettivo si stia confondendo con assoluto quando magari non ha a che fare con questo quanto con l’universale?
Noi immaginiamo il mondo nella sua totalità non ancora pervenuto alla nostra conoscenza, reputiamo le nostre conoscenze ancora limitate, e lo strumento razionale non adatto alla contemplazione della verità assoluta, quindi nei limiti della conoscenza cui siamo riusciti ad arrivare, senza chiamarla assoluta possiamo però ritenerla oggettiva ed universale. Mi spiego un po’ meglio, la verità scientifica non si pretende assoluta, ma nessuno credo possa negare che una applicazione nella tecnologia di scoperte scientifiche sia valida in qualsiasi altra parte del mondo. Come ha giustamente fatto notare Van Lag, oggi a Napoli c’è una situazione tremenda, una guerra civile, una città sommersa dalla immondizia, e nessuna relativizzazione delle interpretazioni può fare si che questo fatto scompaia. È oggettivo e reale, cosa lo rende dunque tale? I politici potranno anche fare il teatrino a loro più congeniale magari litigando su quale sia il più gradito capro espiatorio dai potenziali elettori, potranno addestrare bene i media a dare le notizie in maniera capziosa e delegittimare quella gente inferocita, ma il dato oggettivo c’è e rimane, anche se non nego che giocare sull’interpretazione come fanno i media temo possa riuscire a far scomparire il fatto dietro le opinioni più disparate. |
10-01-2008, 10.30.48 | #24 | |||
stella danzante
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Riferimento: Oggettivo
@ Maxim
Citazione:
Quoto soprattutto l’ultima frase, e ti propongo uno scenario nel quale questa concezione dottrinale la immaginiamo del cattolicesimo piuttosto che dei tdg, poi leggiamo questa notizia http://www.uaar.it/news/2008/01/09/g...i-impossibili/ E mettiamoci seriamente a pensare su cosa sia l’oggettività. Quanto si può concedere alle interpretazioni soggettive quando sconfinano nel campo delle libertà altrui che nemmeno le condivide. In quello scenario da me proposto una trasfusione resa impossibile può comportare la morte di un ammalato, ma anche l’impossibilità di abortire in molti casi equivale a morte certa, e il dogma di fede di vietare l’aborto in qualsiasi circostanza praticando l’obiezione di coscienza di fatto costituisce la morte anche di chi non ha la stessa impostazione mentale di fede. @ Albert Citazione:
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Il so di non sapere, la maieutica socratica era un fatto puramente di tecnica, un po’ come ha fatto veraluce, molto socraticamente inscena una personale ignoranza per sondare la sapienza altrui e dimostrare come tutto si può ridurre al nulla. Dimostrare cioè che l’uomo è senza una certezza di poter arrivare ad una qualsiasi conoscenza. È appunto questo che io intendo mettere in discussione. |
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10-01-2008, 10.51.18 | #25 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: Oggettivo
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L’interpretazione, quando non è completamente fantasiosa o priva di sensatezza, è l’indizio dell’evento, perlomeno del suo costituente particolare. Per evitare di cadere nel relativismo più cupo e radicale, che tutto nega, è necessario partire da questo presupposto. L’interpretazione non può nascere ‘motu proprio’, germinandosi autonomamente in assenza d’elementi tali che la rendano necessaria e significante, si tratterebbe di un delirio. L’evento, il suo accadere, trascina con sé questa necessità. Sebbene l’oggettività del ‘fatto’, nei suoi costituenti particolari, non sia compiutamente conoscibile, l’interpretazione da esso innescata denuncia, in un tenue trasparire, la realtà dell’accadere di quel fatto, rivelando il suo esserci. L’oltre rispetto alla datità della cosa o del fatto (pessima espressione che significa il modo in cui il fatto o la cosa si offrono alla percezione dei sensi) traspare nell’interpretazione e s’insinua proprio nella differenza, come un eccedere del dato percepito. Il basamento dell’esegesi, purché non sia priva di relazione con la realtà, è dunque un accadimento, un avvenimento. Diversamente ci troveremmo a discutere di deliri attraverso costrutti fantasiosi e deliranti. Citazione:
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10-01-2008, 10.51.46 | #26 | |||||
Ospite abituale
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Riferimento: Oggettivo
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Io, della realtà del fatto o dell’evento in se stessi, non ho certezza, ma, un po’ per convenzione, un po’ per convinzione, un po’ per via dei loro ingredienti probabilistici, li assumo come elementi reali… forse proprio per non sprofondare negli abissi del relativismo più cupo che giudico una stoltezza. Citazione:
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Un rispettoso saluto da una che salta la punteggiatura... e che ci vuole capire qualcosa Se noti ho affermato <<che ‘certe’ astruse interpretazioni del sentimento, dell’innegabile percezione del trascendente, dell’oltre, dell’ulteriorità, siano nella maggioranza dei casi panacee artificiali, quali potrebbero essere i paradisi contenuti in sostanze allucinogene…>>. Nell’aggettivo risiede la differenza fra quanto da te percepito e quel che ho voluto dire. Spesso avverto un’ipocrisia latente in alcuni personaggi che negano la consistenza del dolore, o ne attribuiscono l’origine ad una mal spiegata condizione di incoscienza, opponendo la loro acquisita super Consapevolezza (termine che oramai mi provoca nausea e vertigini). Hai mai notato quanto e come lor signori, super consapevoli, aderenti ed introdotti nell’unicità, si arrabattino per dimostrare e sostenere quanto e come la propria super coscienza sia di qualità diversa e superiore di quella dell’interlocutore di turno? Ciao |
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10-01-2008, 10.53.05 | #27 | |
stella danzante
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Riferimento: Oggettivo
@ Veraluce
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Mi è piaciuto molto l’impianto socratico del tuo post, ma qui hai centrato il bersaglio (Arsenio fa le pentole ma per fortuna sempre senza i coperchi), perché il fulcro di tutto è che nulla esiste il fatto che nulla esista esiste o no? Assurdo logico, perché quando posizioniamo questa cosa nel contesto della realtà, perdonatemi se riprendo sempre lo stesso esempio, Napoli, la mafia esiste o è un’opinione? E se la mafia è un’opinione, perché darsi da fare da altre parti per accogliere la montagna di rifiuti? Cosa fa muovere le altre regioni (o non muoversi) se non una realtà oggettiva ed un problema che realmente esiste? Il linguaggio può anche far scomparire la realtà dal pensiero, può anche coi suoi sofismi riuscire a far scomparire l’oggettivo, ci si potrebbe persino arrivare, parlando parlando, in questo thread a dire tutti in coro che Napoli in questo momento non ha nessun problema, potremmo convenire che è solo una espressione soggettiva di quelle persone, una loro impressione, ma non è reale il problema, potremmo anche accordarci tutti, ciò non toglie che al di fuori del nostro accordo il problema è e rimane lì dov’è oggettivamente. |
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10-01-2008, 11.52.41 | #28 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Oggettivo
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Sono d'accordo con te... per questo mi ha confuso il rispettabilissimo filosofeggiare di Visechi... nel senso che già in spiritualità si è rimasti nel pallone quando si trattò di definire cosa fosse "oggettivo" (vedi discussione: "Dio è oggettivo?")... mi fecero notare che qualsiasi cosa, per essere definita oggettiva, doveva avere carattere di percettibilità comune... ovvero che una cosa che io vedo, sento, percepisco in qualche modo, allo stesso tempo doveva poter essere vista, sentita percepita in qualche modo anche dai miei simili... per cui se leggo qui che l'oggettivo esiste in sé stesso e non è a noi accessibile, beh... direi che non si hanno le idee chiare in proposito... da una parte l'oggettivo è quello che tutti dovrebbero percepire, dall'altra l'oggettivo è l'impercepibile... Allora domando a chi ne sapiù di me: qual'è l'accezione "comune", generale, su cui conviene la maggioranza delle porsone, di "oggettivo"... e vorrei palesare che lo chiedo solo per avere una chiarezza sull'argomento... Un caro saluto a voi! |
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10-01-2008, 12.07.02 | #29 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Oggettivo
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Molto interessante una “spirituale” che sconfina nel terreno impantanato e scivoloso della filosofia.… benvenuta in purgatorio!...ti faccio fare un giro Qui ci si può permettere l’uso di termini che nell’altra sezione sono visti come fiamme che bruciano. Qui noi ci togliamo lo sfizio di usare con una certa frequenza il termine “verosimiglianza” coniato e ben interpretato dal mefistofelico Visechi o il mio aleatorio ed improbabile “forse”. Insomma qui la verità, qualsiasi essa sia, ci va molto stretta. Non siamo neanche sicuri sul termine “oggettivo” di cui alla presente discussione quand’anche fosse riferito a fatti che possiamo sentire, toccare e vedere. Una volta ho perfino letto di qualcuno che metteva in dubbio l’esistenza di un albero qualora questo scomparisse dalla sua vista…del resto Einstein una volta disse “ma voi ci credete che la luna non esiste quando noi non la vediamo? . Il compito del nostro scrivere in questa sezione non è pertanto come dici tu una via che conduce l’uomo alla verità…preferiamo intenderla come uno scrivere leggere per avvicinare i ragionamenti a ciò che sembra più vero di qualcos altro. La spiritualità non è facile panacea…ma potrebbe anche esserla! Allora non ci resta che “divertirci” e pesare tra le varie spiritualità rapite nell’altra sezione quella che assomiglia meno ad una fantasiosa fantasia…insomma, procediamo per tentativi ed esclusioni! Oggettivamente… non ti pare che alcune forme di religiosità con le quali hai avuto modo di confrontarti siano alquanto bizzarre e stravaganti?…in poche parole molto meno credibili della tua? ...lo spirito orientaleggiante che annulla la mente ed apre all’infinito cosmico è una verità che appartiene a chi la sente ma non a me, pertanto pur sempre una verità relativa, termine vietatissimo dall’altra parte ma molto apprezzato qui. Il pretendere che l’assoluto afferrato dallo spirituale lo possa diventare anche per me è sintomo della gravissima pecca cui l’uomo è soggetto nella sua qualità di uomo spirituale. E’ il comun denominatore di tutte le religione…affinché esse siano devono prevedere un assoluto raggiungibile ed esperibile anche da tutti gli altri. Il Tutto cosmico di Yam e Atisha, il Padre Nostro di Paperapersa e i Cavalieri dell’Aquila Dorata sono solo vie, dicono, per raggiungere la Verita (quella Assoluta) che è a disposizione anche di coloro che come noi, giacciono in questo purgatorio di dubbi. Dove risiede allora secondo noi il valore, l’entità, della tristezza umana?... sta nella condizione spirituale dell’uomo e nel suo tentativo, a volte palesemente contorto e ridicolo, di mascherare la risposta vacua alla sua domanda esistenziale…ma che ci facciamo noi qui? E’ quasi un gioco perverso che vede l’uomo nella condizione di potersi porre quella domanda la quale risposta, immediata ed afferrabile per chiunque, è il nulla. Dal nulla chiaro, limpido ed evidente prendono forma gli assoluti di ciascuno di noi e pesando le varie risposte emerge in tutta la sua essenza la tristezza dell’essere uomo…in tal senso provo una enorme compassione per la vita di ciascuno di noi! |
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10-01-2008, 13.47.54 | #30 | ||
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Riferimento: Oggettivo
Non saprei, Visechi. Oggi disponiamo di strumenti sempre più perfezionati, se il cippo del III millennio a.c. ci pone dei problemi è a causa delle scarse testimonianze che riusciamo a racimolare nel lavoro di una vita. Ma immagina uno storico che vivrà tra 200 anni. Avrà a disposizione una mole tale di testimonianze su un fatto accaduto oggi, che potrà ricostruirlo con molta più precisione.
Ma il lavoro dello storico non è solo quello di raccontare, piuttosto di comprendere il perché dell'accadimento di qualcosa. In ogni caso il suo lavoro dovrà essere basato su fatti di natura oggettiva, su documenti, su testimonianze. Il metodo scientifico è un'acquisizione recente, un'ottima acquisizione che non mi sento di condannare in toto a causa della sua autoreferenzialità. E' una conquista preziosa, il bambino che non dovrebbe essere gettato via assieme all'acqua sporca. Altrimenti dovremmo gettar via tutte le conoscenze accumulate grazie ad esso, i progressi fatti nel campo della conoscenza sarebbero solo fittizi, tutta la nostra civiltà si baserebbe su una colossale menzogna. E' vero che lo storico, tanto per rimanere nell'esempio, "analizza il reperto sulla scorta delle proprie esperienze e conoscenze". Ma siccome non è un marziano e partecipa del nostro universo in quanto animale, e della storia in quanto uomo calato nel tempo, può sperare di raggiungere la verità oggettiva su un fatto. Il mio è un discorso un pò "rinascimentale". Citazione:
Non so se quel "mai" è corretto. Qualche straccio di certezza l'avremo pure raggiunto nel corso della nostra storia. Del resto anche quello che dici è vero, e concordo. Che la scienza non sia innocente come si vuol far credere, è vero. Che abbia la pretesa di determinare ciò che è reale da ciò che non lo è (perché si sottrae al regno della quantità) è vero. Citazione:
Forse la nostra ultima conquista intellettuale è questa, l'avere smascherato la falsa coscienza della scienza (scusate l'assonanza), l'essere divenuti consapevoli della sua violenza. |
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