Dunque, comincierò col dire che prima di potersi chiamare filosofi, al giorno d'oggi, la propria onestà intellettuale impone di essere studiosi di filosofia. Mi ritengo per ora soltanto uno studioso, quando un giorno avrò abbastanza confidenza col mio pensiero per produrre qualcosa che vada oltre ciò che è stato già detto, forse allora sarò degno di essere chiamato filosofo. Sottolineo che anche i più grandi autori contemporanei rifiutano la classificazione di filosofi, perchè la ritengono arcaica e inadeguata alla mentalità scientifica e ricercatrice che le moderne correnti impongono. Ciò che voglio dire è quindi che è opportuno distinguere tra la definizione romantica di filosofo e quella rigorosa.
Ma passiamo ad altro: quello che voglio dire, sulla scorta dei logici contemporanei, è che negli enunciati come quello già citato (che non è completamente inadeguato dal punto di vista logico, ma ho visto che è stato travisato e quindi cercherò di dare una risposta anch'io) esistono degli insormontabili errori logici. Questi errori portano ad un annullamento della domanda ben prima di arrivare alla risposta. Se io ti dico "Il re di Francia è calvo", tu non puoi attribuire un valore di verità a questa affermazione, semplicemente perchè non esiste un re di Francia: da qui il ragionamento aporetico. Se io riproponessi l'enunciato in questi termini, "Esiste un re di Francia, il quale è calvo" (chiedo scusa per l'approssimazione, gli operatori logici non ci sono nella mia tastiera
) potresti rilevare la falsità della frase reggente, ed il resto cadrebbe a sua volta. E' un esempio cretino, e non rende neanche tanto, ma è per dare un'idea. In realtà il problema degli enunciati metafisici sta nella confusione che corre tra riferimento e designazione, ma qui la cosa è difficile e penosamente lunga (non saprei come spiegarlo in tre parole, diciamo così). In conclusione, quello che voglio dire, è che prima di chiedersi quand'è che qualcosa esiste, è necessario rendersi conto che per porsi tale domanda si rischia (N.B. si rischia soltanto, perchè la domanda consente diverse interpretazioni, e purtroppo quella più logica e rigorosa la rende estremamente banale, ma sensata) di incorrere in errori logici che rendono insensate non solo la risposta, ma anche la stessa domanda.
Voglio comunque abbozzare qualcosa; dirò quindi che il valore di esistenza o non esistenza di una cosa si può attribuire in rapporto alla sua conoscibilità. Come già dicevo prima, ESISTE un re di Francia, significa semplicemente che la sua esistenza SI DA' al mio conoscere, fenomenologicamente parlando. Tutto ciò che esiste, o esiste soltanto per noi, o esiste anche fuori da noi. Di più non si può dire. E' relativismo conoscitivo, ma d'altra parte oggi la scienza si basa su dati, non su emozioni. Qualunque speculazione oltre questo puro materialismo empiristico rischierebbe di cadere nella metafisica, e di conseguenza nel campo degli enunciati che non possono essere accettati (o pronunciati, se vogliamo). La filosofia deve essere una terapia del linguaggio per la metafisica, non il mezzo per il suo sviluppo.
Spero di essere stato esauriente, grazie dell'attenzione.