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08-01-2008, 09.29.43 | #4 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
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Riferimento: per una filosofia morale, pratica e teoretica
C’è chi crede che l’etica “torna oggi da protagonista sulle scene del pensiero”, come reazione a un periodo di disincanto ideologico, e che si annuncia – soprattutto in pensatori come Habermas, Rawls, Jonas - quale un tentativo di rifondazione radicale o di una norma valida per l’umanità nel suo insieme (cito da “L’etica contemporanea” di Jacqueline Russ).
A livello di pensiero comune, però, non sembra che si creda veramente in quest’esigenza, ma piuttosto, semmai, nella convenienza di fissare una deontologia per le attività e professioni, a meno di affidarsi a quell’onda di assolutismo che emana dalle religioni. Fatto sta che, anche dopo una rapida occhiata agli argomenti trattati nel nostro forum, mi pare che questa sia la prima volta che l’argomento “etica” (o moralità) richiami una visibile attenzione. Credo che questo dipenda da quella patina che essa mantiene di sapere praticamente poco servibile per la vita di tutti i giorni, e assolutamente distante dall’agire politico, e che, comunque venga trattata ancora dalla filosofia, sia spoglia di quell’aura di scienza più alta, capace di portare alla felicità, che aveva nell’epoca antica. Forse però la colpa è proprio della filosofia che, sì, ha trattato l’etica come disciplina importante ma da mettere allo stesso livello del resto, come parte di un enciclopedico sapere: colpa di Aristotele di fronte alla tensione di Socrate e Platone verso il bene morale? O difetto, in generale, dell’umano pensiero? Perché, finché la filosofia rimane nel suo ruolo astratto di ricerca della verità (sia pure un’assoluta verità) la morale può difficilmente imporsi e vivere come il personaggio eroico di una scena drammatica. Per arrivare a questo bisogna avere il coraggio di rinunciare a questa ipervalutazione del pensiero, anzi arrivare a convincersi che la stessa filosofia è poca cosa di fronte all’agire, e che questo, col tormento piccolo o grande che esso comporta, sgretola il pensiero e forse la stessa filosofia, che può al massimo dare qualche sprazzo di luce prima di arrendersi di fronte a ciò che è oltre di essa perché, dopo tutto, la moralità non si pensa ma si fa, con tutti gli imprevisti gioiosi o terribili che essa può arrecare alla nostra vita. Sì, l’esistenza di un problema morale, se non anche dell’esigenza di una minima scelta, introduce l’uomo in una sfera superiore a quella del pensiero. Eppure provare questa scossa evidentemente non basta, se l’uomo è costretto a procedere, vivere e talvolta morire in conseguenza dell’atto che ha scelto di compiere – e come si può concepire in qualche modo la moralità, oggi che le grandi etiche non ci sono più eppure ne resta il bisogno di fronte al risuonare di grida e lamenti, al rovesciarsi di parole d’ordine che illudono le nostre orecchie e i nostri cervelli? Credo che proprio lo spettacolo che abbiamo di fronte evocando un’era di crociati fanatici e di calate di barbari, può far brillare in qualche modo il disegno di un ideale morale, che potrebbe prendere la forma ingenua e quasi banale di una volontà di non chiudersi in sé, ma di aprirsi dovunque possibile agli altri, cercare di capire perché agiscono così e sono quello che sono – dimenticando che noi possiamo ancora vivere senza pensare a loro e ornandoci magari della parola amore. Aprirsi: forse è soltanto questo l’etica dei nostri tempi, ed è un atteggiamento che può dar luogo a tutto; un respiro, forse, che potrebbe redimere un universo. |
08-01-2008, 13.24.18 | #5 | |
Ospite abituale
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Riferimento: per una filosofia morale, pratica e teoretica
Citazione:
Pensando alla morale mi vengono in mente le favole. Cappuccetto rosso dovrà capire che non è conveniente addentrarsi da solo nella foresta e che non deve dar ascolto al primo che capita, pinocchio capirà che dire le bugie non serve, cenerentola penserà che c'è sempre una possibilità che i propri sogni si avverino. La morale sembra così essere una sorta di "comandamento" spirituale (in senso lato) al proseguimento della vita terrena più conscia dei pericoli e piu positiva per le finalità. Sapere in sostanza che c'è qualcosa dietro ogni cespuglio che può cambiare la nostra vita ci fa vivere la vita con un occhio sempre aperto ed essere così meno ingenui nell'osservare i fenomeni; sperare e combattere per una vita diversa da quella che il nostro destino ci ha riservato aggiunge alla visione finalistica propria dell'uomo la sensazione di poter cambiare il nostro destino. Che la morale non sia solo questa a me sembra evidendente, poichè le finalità di ogni uomo potrebbero essere contrastanti con le finalità degli altri e giungere quindi allo scontro anche fisico. Una moralità in cui al centro c'è l'uomo e le sue esigenze, deve premere sulla regolarizzazione delle dispute soggettive. L'oggettivazione della morale però diventa altamente improponibile. Ritornando al mio esempio ipotetico in cui c'è solo un padrone di tutta la terra, ove nascesse un uomo che non avesse una terra dove vivere, questi dovrebbe essere messo nelle condizioni di vivere. Per farlo dovrà combattere la moralità del padrone che invece assume la propria egemonia sulla terra come un fatto non "discutibile". Ne deriva che la guerra è l'unica via per contrastare tale egemonia, sempre che l'uomo, nato a caso sulla terra dove non avrebbe cittadinanza, riesca a far innamorare la figlia del padrone ed essere accolto così tra le braccia di questa famiglia. Ma è sempre possibile che ne nasca un'altro, e così via... in pratica è il padrone che deve capire che l'uomo nato ai suoi confini ha un diritto morale di vivere altrimenti lo scontro è inevitabile. Se si sancisse quindi, con un decreto sulla terra (come la moratoria per la pena di morte) che uccidere è immorale, ed è immorale acquisire a se un terreno non proprio e che sancisca il diritto alla proprietà privata. e che l'uomo ha però il diritto alla vita terrena (nel senso che non se ne puo andare sulla luna a dormire ), capisco che le proposte per una soluzione "assoluta" della morale è evidentemente impraticabile. Quindi la morale è un'apertura verso gli altri... ove non c'è apertura c'è scontro, guerra ecc. ecc. Sembra che la società abbia prodotto una sorta di "ragione morale" alle tante collette per gli aiuti (gli esempi si moltiplicano, basta pensare agli euro tramite msn, due euro per una chiamata ad un numero da casa ecc.). Forse ci siamo tolti il "pensiero morale" di come aiutare chi non ha una casa, o il latte... o è malato di quella malattia e non può pagarsi le spese, creando questa forma di aiuto semplice e spesso anonima? L'evoluzione della morale, della vita terrena come "apertura verso gli altri", sembra portare benefici sempre più netti, ma c'è dietro l'angolo un dubbio (come sempre): è questa la morale assoluta che un filosofo potrebbe benedire? Oppure anche questo è solo un modo per dimenticarci in fretta che c'è un problema Morale che va affrontato prima di un inevitabile scontro? La questione morale non è una questione sui diritti e sui doveri, è una questione che va al di la, che oltrepassa lo stato contingente per entrare in un aspetto "ideale" e per nulla oggettivo. Sembra piu un moto verso l'ignoto che verso il noto (fatto di diritti e di doveri già sanciti ed acquisiti). Ritengo fondamentale quindi l'aspetto morale perchè è da qui che si erge la natura umana che è unione e condivisione contrapposta alla <<necessità>> al <<caso>> propri della sopravvivenza animale. |
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08-01-2008, 14.14.19 | #6 |
Ospite abituale
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Riferimento: per una filosofia morale, pratica e teoretica
Mi sembra che dialogare di morale...nel senso di cercare, richieda di limitare l'ambito della discussione, almeno in un primo tempo, agli elementi fondamentali della morale, almeno io mi limiterò a questo, credo: una morale autonoma o autoreferenziale, come credo sia stato detto con la medesima intenzione, lasciando da parte la morale religiosa che è invece una morale eteronoma.
Nessuno può pretendere di imporre questa prima classificazione...però a me sembra utile... e può essere oggetto di riflessione. Un altro elemento, dal quale non si può prescindere, è la coscienza...e come funziona. Un altro è la libertà della coscienza e le norme che informano la coscienza stessa. A me è sembrato che quello che è stato detto fin qui sia tutto interessante...e quindi in contraddizione con me stesso, dico che anche andare a ruota libera non è poi così male. E' un argomento che mi interessa molto... per cui sono in questo 3d soprattutto per ascoltare e imparare. |
08-01-2008, 17.35.55 | #7 |
Ospite abituale
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Riferimento: per una filosofia morale, pratica e teoretica
E’ giusto dubitare di qualsiasi legge morale – così come è giusto dubitare di qualsiasi formula filosofica…. Con questa giustificazione in più, che mentre per trovare una verità incontestabile abbiamo davanti a noi il tempo della nostra vita, e magari possiamo passare la fiaccola ai figli e ai figli dei figli, per quanto riguarda le decisioni morali il tempo può essere ridotto a un istante: il tempo di poter afferrare la situazione e impedire che la mannaia cada sul collo. Difatti è bastato il tuo intervento, Il Dubbio, per mettere in dubbio la timida per quanto forse bellissima formula che avevo proposto come norma morale (“un aprirsi agli altri”). E allora non resta che rinunciare all’aspirazione kantiana di racchiudere la morale in una norma valida per tutti i tempi ed i luoghi, che già sembrava più avanzata di quelle che erano scritte sulle tavole della legge ebraica e di ogni altra religione terrena, rinunciare a imprigionare quell’eros che fugge davanti a noi; così anch’io rinuncio a dire – come qualche volta ho fatto – che la legge suprema è la legge della pietà. E non è soltanto per la difficoltà di decidere a chi dovrei indirizzare la mia pietà nel caso mi fosse dato di salvare una sola persona; no, lo sbaglio sta proprio nell’aver preteso di trovare una formula unica ed assoluta, di esser stati cioè irretiti dall’illuminismo kantiano, dallo spettro di un principio morale assoluto, una sola legge per tutto il genere umano, mentre proprio questo è ciò a cui non possiamo ricorrere in quel fatale momento, così come non possiamo pensare ai diritti-doveri che ci prospettano i codici e di cui mi pare che anche Giorgiosan dubiti, ma solo accogliere quel moto verso l’ignoto cui tu arditamente accenni.
Vuoi ancora chiamarti “Il Dubbio”? Il valore morale sta nella certezza di compiere la giusta azione proprio nella difficoltà o nell’impossibilità di conoscerla, cioè nello strappare l'azione alla nostra carne e al nostro cervello anche se non risponde alle leggi scritte perché, come per Antigone, è questa la vera legge, quella che rovesciando tutte le altre ti sorge dal cuore quando stanno per afferrarti le guardie del re, pronte a seppellirti vivo. La legge per la quale tu saresti disposto a sacrificarti perché tutto il resto non c’è o ti è indifferente, e solo quella persona, quel fratello, quella città tu devi salvare. Perché in quel momento lì è tutto, è il tuo vero universo. |
08-01-2008, 18.21.21 | #8 | |
Ospite abituale
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Riferimento: per una filosofia morale, pratica e teoretica
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Chiarifico (come meglio posso) il mio pensiero 1) non esiste una morale ASSOLUTA ... questa è autonoma e autoreferenziale ma in ultima analisi la morale assoluta è identificabile nell'aspetto "dinamico" degli assunti di partenza. Finalisticamente si potrebbe pensare alla morale come una idealizzazione del mondo in cui le morali autonome siano messe sempre in discussione per bene della comunità. Invece di pensare per esempio agli equilibri geopolitici ed economici pensassimo alla finalità comune dell'esistenza umana e in genere della vita sulle cose inanimate, il diritto alla proprietà, per esempio, anche se rimarrà un diritto, diventerebbe anche una risorsa da gestire per il bene comune. Un'unica nazione ed un unico popolo è una idealizzazione già reale (anche se rimane solo un sogno) se pensassimo alle Nazioni Unite. Ma la morale non la fanno le Nazioni Unite ma noi, ogni singolo uomo, disposto a concedersi e di guardare piu lontano del proprio naso. E' una crescita di un organismo, che al pari del corpo di cui noi siamo fatti, pensa al bene comune. Se ti fa male la gamba cercherai di curarla e non di eliminarla perché essa è parte di te. Allo stesso tempo se sai che ci sono bimbi che muoiono di fame dovrai pensare prima a dar da mangiare a loro e poi se ti avanza mangerai tu. Questo nessuno può comandarcelo; questo è un moto che deve nascere in noi; questi sarà la <<Morale>> che diventerà corpo e che curerà amorevolmente le proprie ferite. ciao |
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09-01-2008, 12.03.44 | #9 |
Ospite abituale
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Riferimento: per una filosofia morale, pratica e teoretica
Ragazzi, grazie per l'interesse e per avermi stimolato a chiarire il mio pensiero sulla “morale”, “etica” o “bontà” - quasi sinonimi, nel presente contesto - con “Esiste la bontà?” Di oggi. La mia visione, in coerenza con il presente tema di avvio, è filosofica con indirizzo morale- teoretico.
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09-01-2008, 15.54.55 | #10 | |
Ospite abituale
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Riferimento: per una filosofia morale, pratica e teoretica
Citazione:
Non esiste una morale assoluta. Per me è vero, nel senso che non esiste alcun precetto morale assoluto. Mi sembra che tu voglia mettere a tema una morale sociale, infatti s assiste ad un forte riemergere dell'istanza morale nella società e nella cultura, che taluni chiamano "nostalgia della morale". Né è prova il diffondersi di movimenti che hanno finalità di natura morale, come il movimento pacifista, quello ecologico, quello per i diritti umani, quello per la vita ecc. ecc. Nonostante il il processo di relativizzazione sembra proprio che l'uomo non possa far a meno di una etica condivisa ...ma quale morale e quali norme? La proprietà privata per esempio, pur connotandosi come istanza etica iscritta nella natura stessa dell'uomo, ha subito delle variazione rispetto al passato che ne limitano fortemente il diritto subordinandolo al bene comune: è chiaro, per esempio, che se possiedo una fonte di acqua il diritto a prelevare possa essere ridotto fino al punto di prelevarne la sola quantità strettamente necessaria alla mia sopravvivenza. Per ora, pensando a regole condivise, sembra si possa solo far riferimento alla carta dei diritti universali cioè quei diritti e doveri che si ritiene possano e debbano trasformarsi in leggi ed essere imposti coercitivamente, in quanto occorre che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione. |
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