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21-06-2007, 19.58.13 | #72 | ||||||
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia e verità.
Caro candido,
Citazione:
Ti rispondo quello che risposte Bohr ad Einstein (che fece la tua stessa obiezione): non possiamo dire noi alla natura cosa è impossibile e cosa no ! Il che significa che ciò che abbiamo osservato innumerevoli volte è proprio quello che hai scritto. Citazione:
Le nature di onda e corpuscolo sono mutuamente escludenti poiché l’onda è un qualcosa di diffuso nello spazio mentre il corpuscolo è un’entità discreta quindi secondo le concezioni classiche un oggetto o è un’onda o è un corpuscolo e non potrebbe essere altrimenti. Lo sconcerto degli scienziati è stato proprio comprendere che se vogliamo correttamente descrivere un quanto dobbiamo necessariamente attribuirgli due nature opposte ma complementari (da qui la mia firma che era il motto di Bohr). Citazione:
Entrambe le cose. Citazione:
Un’onda e una particella o meglio un’entità che si comporta come un’onda e una particella. Citazione:
Se per ontologia tu intendi la natura materiale dell’ente (cioè se è un’onda o una particella) si. Benedetto scrive: Citazione:
Mi stai chiedendo se il quanto quando collassa sia un sorta di "materia diffusa nello spazio" che da diffuso si “contentri” tutto in un punto ? Questa è l’analogia mentale che viene spesso in testa, ma non è corretta fisicamente. La natura dell'onda in se ci è ignota. Il quanto si comporta come particella non solo quando la osserviamo direttamente ma anche quando “minacciamo” di osservarla o quando possiamo dedurre logicamente con certezza quale tragitto ha percorso in un esperimento di doppia fenditura (vedi Mandel). Quindi non è solo una perturbazione diretta che “tramuta” l’onda in particella ma anche la sola conoscenza potenziale del tragitto percorso nello spazio fa comportare il quanto come una particella. Ma il bello di tutto sta nel fatto che tale comportamento avviene anche quando noi osserviamo la particella dopo che è transitata dalle fenditure. Questo significa che è come se il quanto o sapesse già che in futuro lo osserveremo (direttamente o indirettamente) o come se “tornasse indietro” e passasse per una singola fenditura ! Per non parlare poi dell’entranglement che è una interazione a distanza istantanea senza nessuno scambio fisico di informazione tra una particella e la sua gemella ! Saluti Andrea |
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21-06-2007, 21.17.05 | #73 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia e verità.
Citazione:
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25-06-2007, 07.42.52 | #74 |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia e verità.
Forse non collimerebbe con le intenzioni di chi l’ha ideato, ma mi piacerebbe cambiare il tema di questo dibattito in quest’altro: “sono o non sono un filosofo?”.
Emanuele Severino ricorda, nella sua storia della filosofia, come, a detta di Aristotele, gli uomini abbiano incominciato a filosofare sospinti dalla “meraviglia”, e questa meraviglia deve essere intesa come terrore di fronte al turbinoso divenire del mondo. Crediamo che sia davvero così? O che la filosofia non nasce dalla paura, ma dal semplice e fondamentale bisogno di conoscere la verità – ossia l’assoluta verità - qualunque essa sia, meravigliosa o inquietante, e anche se cercare la verità significa impegnarsi a cercare come dobbiamo vivere, cioè agire di fronte agli eventi buoni e cattivi, alla vita e alla morte – e può darsi che la luce che si ottiene dalla comprensione del vero soddisfi lo spirito piuttosto che renderlo soltanto più prudente e più destro. Questa interpretazione della nascita della filosofia sembrerebbe favorire i cultori di un’indagine lucida e laica, tesa a cercare la verità qualunque essa sia – tale da giustificare l’eroica visione di Omero o la tragica messinscena di Eschilo e, per rimanere nel campo della filosofia, l’idealismo o il materialismo. Eppure mi pare che si possa risalire più indietro di questa origine in fondo già intellettuale della filosofia, che si possa oltrepassare il cerchio magico della civiltà, allorché (così mi figuro quel magico evento) ergendosi dal suolo e dimenticando le sfide di una fisica sopravvivenza l’uomo intravide – forse in un attimo d’estasi – brillare l’assoluto fino a crederlo Dio. Di lì è nata la religione col suo complesso di riti e di miti che sono all’origine della cultura del mondo – compresa l’arte, la morale e la filosofia. Chi sa, forse per molti di noi è, intimamente, ancora così. Ed è così che si può diventare filosofi. |
25-06-2007, 17.21.53 | #75 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia e verità.
Innanzitutto non sarei propenso ad aprire un'altra discussione....le realtà mutano in aspetto, o almeno così si dice.....in fondo l'argomento è sempre quello. Si potrebbe parlare anche del significato di essere o non essere, prevalentemente, una cosa; nel caso particolare, di essere o non essere prevalentemente un filosofo.
Per rispondere ad ALEXANDR Citazione:
A questo punto della discussione, potrei affermare di trovarmi in disaccordo con Cartesio poichè al suo "cogito ergo sum", ribadirei con "osservo dunque sono". Ma la natura del disaccordo sarebbe in un certo senso di natura temporale, poiché l'osservare, normalmente, prelude al pensiero, essendovi infatti dei momenti in cui il nostro pensiero sembra sgorgare dal nulla, ma è d'altra parte in generale accertata l'efficacia dei cosiddetti messaggi subliminali. Il processo della memoria dovrebbe essere un punto nodale del pensiero. Ma il "penso" di Cartesio possiede anche una sua armonia psicologica col dualismo "cogitans" / "extensa". La scienza di Cartesio era meno umile di quella attuale? Direi che era nient'altro che la scienza di allora. Io penso che se Newton non avesse sbalordito il suo mondo di allora, forse sarebbe potuto anche arrivare a scrivere E = mcquadro, ma la lenta progressione tecnologica che emerse a valle della sua verità è in un certo senso testimone della lentezza della nostra mente ad adeguarsi a nuove mappe di verità. La scienza attuale mette in bella evidenza il problema dell'osservatore, ma dire "osservo dunque sono" forse offende l'uomo, gli toglie quel punto divino che gli animali non avrebbero, ma cos'è quel punto divino che a mio giudizio è posseduto non solo dagli animali, ma anche dalle cose? E' nient'altro che il punto di interazione tra gli enti, ovvero l'osservazione; da quel punto dovrebbe evidenziarsi la legge universale dell'attrazione, repulsione, indifferenza e la velocità o accelerazione che le regola. A proposito di quanto dice emmeci (senza quadro ) Citazione:
Per ANDREA Che la natura dell'onda ci sia ignota è un fatto, ma vorrei insinuare che anche la natura della materia ci sia ignota. Così, a naso, avendo letto anche gli interventi di EPICURUS, mi viene in mente quello 0.5 che lui ha buttato in campo. La mia domanda sarebbe: l'entità è veramente un 1 o veramente uno 0 ? Nella preparazione di un esperimento volto alla determinazione dell'entità, nel momento dell'interazione, dell'osservazione, parte dell'energia di questa entità si manifesta in materia e parte dell'energia in onda, ma sempre unite nella loro interattività? A livello filosofico si potrebbe chiedere se nel momento in cui si cerchi di evidenziare l'uno, quest'uno si presenti sempre come un due, che però è deriva necessaria di ciò che sembra uno? Ciao, Daniele |
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26-06-2007, 18.03.37 | #76 |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia e verità.
La percezione dell’assoluto al quale tende non solo la filosofia ma l’intera vita dell’uomo e, intorno a lui, la vita del cosmo, non è terroristica: non è lo Zeus delle folgori ma un fantasma cristallino se non sorridente, più simile a come doveva apparire ai primi sapienti piuttosto che a filosofi provati dall’esperienza di odio e sventure. Del resto, anche filosofi più prossimi a noi paiono illuminati dalla verità che hanno scoperto, sì, anche filosofi sensibili alle atrocità della vita come Schopenhauer o votati a trafiggerla come Nietzsche. Perfino il pensiero tragico sfuma nella catarsi. Sì, il terrore regna sul nostro sentiero: il raggio della verità è luminoso e sereno.
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27-06-2007, 10.28.14 | #77 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia e verità.
Citazione:
La percezione dell'assoluto non può essere terroristica, in quanto percezione; la nostra percezione muove la vita, semmai sarebbe la vita ad essere terroristica...e in un certo senso lo è......Zeus è creazione della nostra percezione, senza avere esperienza di Zeus. La morte è l'unica percezione dell'assoluto di cui noi umani viventi abbiamo mezza esperienza. La vita e la menzogna (retta dagli aspetti terroristici della vita) sono le uniche percezioni dell'assoluto di cui noi umani viventi abbiamo esperienza. Sì, il terrore regna sul nostro sentiero: il raggio della verità è luminoso e sereno. Per oltrepassare il cerchio magico della civiltà, sempre a mio giudizio, bisogna affrontare una contraddizione, o quella che sembra una contraddizione. Il problema è linguistico. Cos'è la lingua? Ha natura istintiva o ha natura di convenzione? Il dibattito è acceso e mi sembra limitato allo scontro di idee proposte a suo tempo da Chomsky con le altre idee. Sembra quasi riduttivo buttarla giù così, ma Chomsky, pur restando nel vago, è stato tra i primi a rilevare nella nostra lingua quella che lui chiama "una profonda radice comune", tale che tutte le lingue del mondo umano sarebbero in certa misura uguali. Ma è proprio qui che si gioca tutta la vicenda umana, ovvero la possibilità che la nostra conoscenza si fondi su di un presupposto errato, il quale emergerebbe dall' "arbitraria ipotesi inconsapevole" (per questo difficilmente individuabile) che la lingua abbia natura convenzionale. Personalmente, penso di aver trovato una via che porta dall'istinto, all'istinto e convenzione assieme, ma nessuno si prende cura di parlarne con me, anche contestando quel che dico; indifferenza, scuse ridicole, sorrisi compiacenti, oppure anche fughe evidenti dal campo di discussione sono tutto ciò che ho visto da due anni a questa parte. Eppure si tratta solo di teorie, ma questa teoria toglie valore alla professione e di conseguenza lo toglie al danaro. E' difficile togliere la terra sotto i piedi della gente, ma ci si può sempre provare . Se la mia idea è buona, un giorno verrà concretizzata. Tutto ha una fine, prima o dopo; anche i soldi finiranno il loro compito Ciao Daniele |
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28-06-2007, 20.51.39 | #78 | ||
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Logica come linguaggio (e non come metafisica)
Citazione:
Citazione:
Innanzitutto dico che qui di seguito andrò a negare tutti i miei discorsi precedentemente esposti… dopo di questo, Andrea, ti devo ringraziare per avermi dato lo stimolo giusto per farmi cambiare una mia posizione: già tempo fa credevo di essermi sbarazzato definitivamente di una visione demetafisicizzata del linguaggio e della logica ma mi sbagliavo, qualche rimasuglio era rimasto. Il fatto che ritenessi il p.i. e il p.n.c. come gli unici pilastri, punti centrali del linguaggio, le basi dei nostro modo di esprimerci, rifletteva ancora questa cattiva prospettiva. Per me non c’è niente di meglio (in filosofia) di scoprire una nuova strada e percorrerla, grazie ancora E’ passato un po’ di tempo dal mio ultimo intervento qui, sia perché in questo periodo ho pochissimo tempo (sessioni d’esame…) sia perché mi rendevo conto che c’era qualcosa di profondamente strano nel nostro botta&risposta… Non mi tornavano delle cose, era come se l’ambiente stesso nel quale ci muovevamo entrambi fosse troppo melmoso. Ora ho capito che questa sensazione era dovuta al fatto che sono i presupposti comuni che formano l’arena del nostro dibattito che sono sbagliati: non è o come la penso io o come la pensi tu. Il problema che mi è saltato subito all’occhio è stato lo stallo in cui ci siamo trovati. Tu dicevi (o almeno riconoscevi ciò come legittimo, ma semplifichiamo il tutto identificandoti con l’avvocato del diavolo ): “x è in quel punto e non è in quel punto [in un dato istante]”; mentre io sostenevo che quel modo di esprimersi fosse sbagliato, e suggerivo di dire: “x è in quel punto è in quell’altro”. Da qui il fatto che tu sostenevi che la MQ violasse il p.t.e. e io sostenevo che violasse il p.n.c.. Chi ha ragione? Forse abbiamo ragione entrambi, o forse abbiamo ragione e non abbiamo ragione Cerchiamo di riflettere a fondo su questa opposizione di vedute… Prima di ritornare al problema specifico della MQ, vorrei affrontare il problema generale della logica (e del linguaggio, dato che la logica è un particolare linguaggio). Infatti questo discorso tocca molto in profondità questioni di filosofia del linguaggio che sono centrali in moltissimi altri discorsi. Partiamo dal presupposto che sono fondamentali due elementi: il campo d’indagine che si vuole studiare e gli scopi dello studioso in riferimento al campo d’indagine. A seconda di questi due elementi si potrà determinare se una logica è più o meno “utile” (utile nel senso che ci permette di fare bene quel che vogliamo fare). La cosa è quindi molto più complicata del previsto: non solo dobbiamo costruire un sistema logico ma dobbiamo anche dimostrare la sua adeguatezza al campo d’indagine e rispetto gli scopi/interessi degli indagatori: mentre il primo passo può essere relativamente facile, il secondo naturalmente è più complesso. Per esempio: un conto è costruire una logica X fatta così e colà, un altro conto è mostrare come questa logica X sia adeguata ad y; è ovvio che il concetto di “adeguatezza” sia vago e non algoritmizzabile, e che richiami la ragionevolezza. Quindi possono esserci casi in cui io debba abbandonare il p.n.c. o il p.i. (o altro ancora): naturalmente non mi basta dire “qui non vale il p.n.c. (o il p.i.), punto e basta” ma bisogna discutere molto, molto e molto: dire perché non vale, e soprattutto in che senso non vale, cioè creare comunque un ambiente concettuale comprensibile e chiaro, questo è il punto centrale! Ritornando ai nostri due modi diversi di rappresentare la sovrapposizione degli stati: questo è appunto un problema di rappresentazione della conoscenza. Forse ci saranno ragioni che spingono a scegliere la mia posizione, o forse a scegliere la tua, o forse non ci sono ragioni forti a sufficienze per scegliere una posizione invece dell’altra: io questo non lo so, e per considerare questo bisogna essere degli esperti, probabilmente sia di logica sia di fisica… quindi in qualche modo sto affermando anch’io quello che dicevi tu (questa volta non in veste di avvocato del diavolo), e cioè che questa è una faccenda tuttora aperta. Ma non è proprio così: certo dico questo, che è quello che ti hai detto, ma abbiamo ancora una concezione di fondo differente, cioè come percepiamo il problema (che si riduce a come percepiamo i problemi logico-linguistici). “Questa penna è [uguale a] questa penna” può essere falsa o vaga perché dipende dal significato di uguaglianza. Si potrebbe pensare “ma che banalità sta dicendo epi?!?! è ovvio che ogni frase dipende dal significato dei suoi termini, ma noi siamo interessati alle frasi tenendo fissi i significati”. Anch’io subito ho pensato questo, ma poi mi sono ricreduto, vi faccio un altro esempio, così torniamo anche alla cara MQ. “X è in questa posizione e non è in questa posizione” può essere vera in MQ se scegliamo una logica che usa il modo di esprimersi proposto da Andrea, ma detta così sono stato un po’ impreciso: “essere in questra posizione” non sappiamo bene neppure cosa significhi in MQ! Noi diciamo che una cosa è in quella posizione se possiamo dire tutta un’altra sfilza di cose, ma in MQ ciò non vale… Il problema è che non disponiamo di parole adeguate per descrivere la MQ, è per questo che si è ancora in cerca di una logica quantistica soddisfacente… Qui si vede quanto il significato dei termini siano centrali, più centrali dei vari principi: che cosa significa “essere uguale”, “avere una determinata proprietà [o non averla]”? Se non siamo capaci di rispondere esattamente a queste domane, cioè di capire bene la domanda e l’eventuale risposta, allora i vari p.i., p.n.c, p.t.e, etc., etc., non avranno senso… E capire bene di cosa si sta parlando, in MQ, significa disporre di una logica quantistica adeguata, ma qui si torna al problema di prima: trovare una logica quantistica adeguata… e non è così semplice perché per vedere se una logica sia adeguata ad un determinato dominio, si dovrebbe già parlare di quel dominio, ma se il dominio non è ben descrivibile (ed in effetti non è ben descrivibile, è per questo che ci serve una logica quantistica!!) come possiamo verificare se una logica quantistica è adeguata o meno al campo d’indagine della MQ? |
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29-06-2007, 10.35.52 | #79 | ||||||
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Riferimento: Filosofia e verità.
Citazione:
Non ho nessun merito, il merito è tuo e della tua riflessione ! Comunque sono d’accordo con te, non c’è miglior cosa che mutare il punto di vista, perché, a mio avviso, ogni cambiamento ragionato è un miglioramento. Citazione:
Scusami Epi, ma non era il contrario ? Cioè io sostenevo che potesse mettere in discussione il pnc e tu ritenevi che invece violasse solo il pte, giusto ? Sul pte eravamo tutti e due d’accordo mi sembra, mentre tu non concordavi sul pnc. Citazione:
Perfettamente d’accordo. Citazione:
Bravo hai centrato il punto ! Ho detto mille volte che qualsiasi linguaggio che non sia quello matematico è inadatto a descrivere i fenomeni e la realtà ondulatorio-quantistica. Se dunque il pnc così come lo conosciamo è nato per analizzare il linguaggio naturale, anche esso è inadattabile alla MQ. La logica quantistica che si sta ormai concretizzando è quella a tre valori. Ad esempio, si è già creato il sistema delle “porte logiche quantistiche” che sostituranno all'itnenro dei computer quantistici, le classiche porte logiche binarie che stanno alla base dei classici calcolatori elettronici odierni. Citazione:
Be direi che forse la logica deve essere applicata in MQ non tanto al linguaggio naturale ma a quello matematico ! Cioè non saranno le proposizioni ad essere indagate dalla logica ma i modelli matematici attraverso la logica matematica. Citazione:
Basterebbe, a mio avviso, utilizzare per descriverlo unicamente il linguaggio matematico che è adatto a descrivere precisamente la MQ. Le equazioni e i modelli quantistici in generale, predicono con incredibile precisione gli eventi quantistici, fatta salva, ovviamente, l’indeterminazione ontologica di quel mondo. Caro Epicurus devo dirti che il tuo post mi è piaciuto molto. Ciao Andrea |
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29-06-2007, 12.00.24 | #80 | |||
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Riferimento: Filosofia e verità.
Citazione:
Si ho sbagliato a scrivere Citazione:
Il fatto e` proprio che ora la matematica coglie la MQ, ma per capire effettivamente cosa stiamo dicendo ci serve una logica, che definisca anche la semantica dei termini. Altrimenti ci troviamo con tante equazioni che ci servono per calcolare, ma senza sapere quel che vogliono dire... E' per questo che ci serve una logica quantistica. Citazione:
Grazie mille Ciao, epicurus |
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