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31-05-2006, 13.15.41 | #65 | |
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Sutor, nec ultra crepidam!
Citazione:
Cara amica, io non so quanta esperienza tu abbia di pratica psicoterapeutica professionale. In ogni caso, spero che, per il bene dei tuoi pazienti, tu riesca ad approfondire un po' di più la categoria terapeutica del transfert: poichè di "categoria metodologica" si tratta, in quel contesto, ossia in quello della "cura". Altrove, è chiaro, esso vale come "concetto", ma non era questa, ovviamente, la fattispecie contestuale. Siccome queste cose, personalmente, le ho insegnate, in ambito universitario specialistico, mi permetto di fornirti qualche "dritta". La scaturigine dell'interpretazione dal soggetto (nel senso latino del sub-iacio, affine all'italiano "soggiacere", "sottoporre") si realizza nel setting analitico proprio attraverso l'accorta e competente gestione del transfert da parte del terapeuta. O pensi, forse, che l'interpretazione insorga per anamnesi platonica? Oppure attraverso una sorta di illuminazione mistica? Perdonami, ma se non hai compreso questo, allora non hai compreso nulla della metodologia tecnica (nel senso greco della technè, che è affine al know how degli anglosassoni) della psicoanalisi. Bocciata. Si ripresenti tra due mesi. |
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31-05-2006, 14.08.05 | #66 | |
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Re: Sutor, nec ultra crepidam!
Citazione:
Rischieremmo di andare veramente troppo ot, ma il transfert proprio non è una .... "categoria metodologica" nemmeno dal punto di vista metapsicologico, figuriamoci da quello pratico!!! Mi permetto di farti notare che in un'altra discussione hai affermato di aver letto alcune cose di Freud durante l'adoloscenza e di averlo poi completamente abbandonato. Mi stupiscie quindi che tu ora dica di essere un docente universitario ... di? Di cosa? che insegna queste cose. ... quali cose? La psicoanalisi come prassi è quello che avviene dentro la stanza dell'analista, nel luogo del setting. Nessuna "categoria metodologica" può spiegare la psicoanalisi come prassi e tantomeno rendere l'idea di cosa il tranfert in realtà sia. Nè la psicoanalisi come prassi si può insegnare a livello universitario, infantti non viene proprio insegnata nelle università, ma in apposite scuole di specializzazione post laurea e solo a coloro che hanno vissuto un'esperienza di analisi personale. Credo sinceramente che ogni persona che ha concluso un'analisi personale abbia una maggiore competenza sulla psicoanalisi come prassi di qualsiasi ... "teorico". Chi ha una conoscienza teorica della psicoanalisi conosce la psicoanalisi esattamente come qualcuno che ha letto molti libri sul nuoto ma non è mai entrato in acqua sa nuotare!!! Sono anche un po' stupita del fatto che tu evinca dal mio intervento una non chiara comprensione del fenomeno del trasfert, visto che io non uso nemmeno la parola trasfert, nè alludo ad esso, ma parlo invece di alleanza terapeutica e di interpretazione delle resistenze. Con questo chiuderei, in questa sede, l'argomento. E se desideri discutere del transfert o su altri aspetti della psicoanalisi, ti invito a leggere le molte discussioni sull'argomento che ci sono nel forum di psicologia ed a proseguire lì la conversazione. Ultima modifica di Fragola : 31-05-2006 alle ore 14.21.41. |
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31-05-2006, 16.41.01 | #67 |
eternità incarnata
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Weyl, francamente fatico molto a comprendere certi paroloni e certe analisi....di sicuro non posso apprezzare le minacce e Berlusconi da qualche tempo a questa parte usa toni minacciosi... "Stiano attenti a non tirare troppo la corda..." ed altre affermazioni del genere mi ricordano molto da vicino il nazismo. Io, nonostante sia di sinistra, cerco di analizzare la politica italiana in modo critico. Secondo me il bene non sta tutto da una parte e lo stesso dicasi per il male.
A me sembra che tu, per contro, voglia fare il tifoso. Per te il bene pare essere tutto da una parte e il male tutto dall'altra. Libero di pensarla come ti pare però così finisci per criticare degli altri i tuoi stessi difetti. |
01-06-2006, 13.48.13 | #68 | |
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Brevissime
Citazione:
Non docente "a contratto", ma ricercatore in Scuola di specializzazione (Neuropsichiatria Infantile) per medici e psicologi, ho cogestito il corso di Psicopatologia generale (fine anni '80). Esami compresi. La mia formazione personale comprende l'analisi Kleiniana (completata): le letture di Freud furono effettivamente adolescenziali. Mi sono dissociato radicalmente dalla mia stessa formazione in quegli anni, optando per altre direzioni. La psicoanalisi va insegnata in università, sia come metodologia, sia come terapia, indipendentemente dal fatto che poi gli studenti decidano o meno di farne parte del proprio bagaglio terapeutico personale (fatto per il quale, ovviamente, occorre una formazione specifica). E' chiaro, tuttavia, che un medico od uno psicologo, "deve" conoscerne limiti e possibilità, nonchè la struttura operazionale, al fine di scegliere se farne parte del proprio strumentario professionale oppure no. Uno studente che mi avesse detto che l' "interpretazione", in sede analitica, non viene prodotta nel soggetto attraverso la corretta gestione del transfert da parte dell'analista, l'avrei bocciato. Una prassi terapeutica che non riconosca i suoi criteri dentro un corpus teoretico che ne possa abbracciare e contenere, epistemologicamente, ragioni, senso, limiti e possibilità, è poco più di un'abilità scimmiesca. Esattamente come un farmaco: il medico deve conoscerne le azioni, le interazioni, etc: per far questo non basta la farmacologia, occorrono anche la fisiologia, la patologia generale e la biochimica. E' questa la distanza che intercorre tra il "sapere" ed il "saper fare". |
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01-06-2006, 15.02.04 | #70 | |
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Re: Brevissime
Citazione:
Certo, i professori bocciano gli studenti che non dicono quello che il professore vuole sentirsi dire indipendentemente dal fatto che la cosa abbia senso oppure no, questo lo sappiamo tutti purtroppo benissimo. I ricercatori, che professori non sono, lo fanno anche più spesso. Già, la rivalsa. L'ho vista tante volte e tutte le volte mi stupisce. Che boccino in base a vaghi ricordi di letture adolescenziali, e che insistano nell'errore anche parlando con chi sanno avere competenze precise in materia, invece, più che stupire lascia allibiti!! Del resto sappiamo tutti che la psicopatologia generale c'entra veramente poco (per non dire niente!) con i modelli teorici della psicoanalisi e con la pratica psicoanalitica. Ripeto che la pratica terapeutica psicoanalitica non si insegna all'università. Nè a medicina nè a psicologia. Nel piano di studi di psicologia esistono un paio di esami che toccano in modo molto superficiale i modelli teorici ma niente di più. La disciplina in questione è la psicologia dinamica, però, non la psicopatologia generale. Comunque, "la corretta gestione del transfert" ha ben poco a che fare con quanto ti ho precedentemente contestato, cioè: "Le modalità mediante cui il pensiero della "sinistra" interpreta il dissenso sono affini a quelle che la psicoanalisi attribuisce al "rifiuto terapeutico" da parte del nevrotico. Come la seconda pretende di interpretarlo e ricondurlo alle dinamiche proprie del transfert, annullando di fatto le possibilità di critica del paziente." La corretta gestione del trasfert non è manipolazione, e mira semmai ad incrementare e non ad annullare le le possibilità di critica del paziente. Inoltre hai completamente dimenticato il concetto di alleanza terapeutica sul quale, ovviamente, non mi rispondi. Continui, e non capisco perchè, ad attribuirmi cose che ionon ho detto sul tranfert!!!! Mi viene il sospetto che tu non abbia mai sentito parlare di alleanza terapeutica... Ma certo che accanto alla pratica terapeutica esistono modelli teorici di riferimento, ma dire che il fenomeno è il modello teorico è una demenzialità epistemologica grossa come una casa!!! E un "sapere" che non sia accompagnato da un "saper fare", soprattutto in ambito terapeutico, non è sapere. Non saprei dire che cosa sia, ma a me ricorda un becero dare aria alla bocca! Preferiresti un chirurgo che sa operare o uno che ha solo letto i libri? Un medico che sa fare la diagnosi o uno che non ha mai auscultato? In ambito terapeutico il sapere è inscindibile dal saper fare. Anche in latri ambiti, ma in ambito terapeutico il sapere senza saper fare non è veramente nulla. Mi scuso con Mr. Bean, ma non potevo non rispondere. In una discussione in cui vengono usati come sostegno alle proprie argomentazioni dei voli pindarici pseudo-intellettuali facendo affidamento sul fatto che la maggior parte dei lettori non ha le competenze per rendersi conto dell'assurdità dell'affermazione, e dove per sostenere le proprie posizioni non si argomenta ma si tende solo a screditare l'altro, la puntualizzazione è doverosa e necessaria. Mi scuso, quindi, ma non mi pento. Io stessa avevo invitato Weyl a proseguire sul forum di psicologia, ma non posso esimermi dal rispondere quando vengono fatte affermazioni che veramente non stanno nè in cielo nè in terra. |
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