Ospite abituale
Data registrazione: 06-09-2003
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Cercherò di spiegartelo, Herzog,
ma, ti prego, seguimi con molta pazienza.
La Turchia non è affatto un paese nemico dell'occidente: anzi.
Fin dal 1927, con il premier Atatuerck (cui era dedicata, in ogni città e paese, ricordo bene, dove un monumento non era possibile, almeno la piazza principale, o una strada) tentò un difficilissimo, forse impossibile amalgama, tra laicismo e religiosità islamica.
Questo sforzo straordinario si deve a una moltitudine di ragioni, che precedono di gran lunga le aspirazioni di quel paese all'ingresso in una Europa unita.
E' ovvio, dal momento che, quando Atatuerck (in turco significa "padre del popolo turco") intraprese la sua opera, il nostro continente era di fatto disunito e agguerrito come mai fu.
Dunque: le motivazioni di laicismo di quel paese sono tutt'altro che opportunistiche, ed hanno ragioni culturali e storiche profondamente autentiche.
Quale è, allora, il problema ?
Esso è uno e semplice: si tratta di un percorso di trasformazione sociale e civile ancora troppo lontano dall'essere compiuto.
Anzi, e questo è quel che è peggio, di una maturazione che, incompiuta nell'arco di quasi un secolo, appare dubbia nelle sue speranze di successo.
Il mio giudizio ti può apparire duro.
Eppure, credimi, è totalmente spassionato.
Vedi, mentre da un lato quel paese può essere considerato una specie di laboratorio "ante litteram" di un'ipotesi culturale meravigliosa (intendo quella di un laicismo islamico), dall'altro, purtroppo, ne mostra le indescrivibili difficoltà e, penso, ne dimostra la velleità sostanziale.
Mi credi se ti dico che io ho lasciato un pezzo del mio cuore in quel paese?
Spero di sì.
Ma vi sono cose che non potrò dimenticare, il cui ricordo preme con una ripugnanza profonda sulla mia coscienza.
E, non il cuore, ma il cervello mi dice, freddamente: l'Europa non è e non sarà mai per loro, a meno che l'Europa stessa non sia. Per nessuno.
Tutto qua, in estrema sostanza. Il problema turco, in relazione alla sua ambizione di laicismo è squisitamente culturale ed ha un nome semplice: islam.
Il discorso, comprendi bene, diventerebbe lunghissimo, a questo punto.
Potrei dirti che, sostanzialmente, mancano e mancheranno sempre eversori interni a quella religione che possano minarne le fondamenta assolutiste.
Preti, come Copernico e Giordano Bruno, come Cusano e Abelardo.
Qualcuno andato al rogo, qualcuno no: ma i cui fermenti ideologici secolarizzarono il cristianesimo, ne fertilizzarono il terreno rendendolo fecondo e disponibile alla convivenza con la laicità.
Potresti dirmi: bella cosa! Mi parli di uomini vissuti quattro o cinque secoli fa! Dai tempo alla Turchia e tempo all'islam, vedrai, anche loro, attraverso loro percorsi si risolveranno di chiamare "tolleranza" ciò che oggi percepiscono come "blasfemia".
E, se tu mi opponessi questo, ti direi che sono d'accordo.
Come ripeto: la Turchia è un laboratorio attivo, e sta operando in corpore vili una rivoluzione che noi abbiamo consumato scannandoci senza pietà.
Ma, per ora, siamo lontani, troppo.
E in un percorso delicato, quale è quello di formare una identità culturale europea (o, meglio, di darle connotazioni semplici) rappresenta un grosso rischio per tutti gli altri paesi uniti: quello di gelarne i boccioli.
Sul fatto, poi, che il fatto avvenga o meno, sono pronto a scommettere: non entrerà, ci metto una cassa di birra e dieci stecche di cioccolato.
Ciao.
Ultima modifica di leibnicht : 05-01-2005 alle ore 04.26.02.
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