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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 08-11-2007, 11.09.17   #11
maxim
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Riferimento: Sulla scuola e sull'insegnamento: considerazioni utopiche.

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Originalmente inviato da nexus6
La mente, dunque e la sua analisi, come nient’altro che la “mente” della “società”. Ecco quella scintilla di cui parlavo, quel punto saldo, motore che sta alimentando le presenti parole in relazione alla “scuola”, alle scuole dove la mente può trovare nutrimento, sostegno, luce, ma anche oppressione, violenza, buio, come accade nelle attuali scuole; poiché per dirla analogamente, citando Gyta, <<la salute mentale ed emotiva del bambino è frutto indiscusso della salute mentale ed emotiva dell'adulto>>!

L’altra scintilla è, ripeto, la convinzione che la creatività della coscienza sia già presente, sin dal principio, come le cellule del seme contengono già il DNA di quelle che saranno le cellule della pianta e continueranno a contenerlo sempre, ognuna il patrimonio genetico –completo-... questo penso sia stra-ordinario... o forse molto ordinario, se ci si inizia a poco a poco a liberare dai condizionamenti di queste “società” ovvero presenti nelle nostre menti.
Da questi sentire nascono le convinzioni sul fatto che la singola coscienza sia imprescindibilmente superiore ad ogni qualsivoglia gerarchia, potere, legge, governo precostituito. Affermo sia fatta proprio di un’altra sostanza, sia –sostanza-, essendo gli altri solo fantasmi di nomi creati da essa.


Non credo che analizzare la mente del “singolo” fornisca dati certi sulla mente della “società”. La mente di “uno”, confusa tra i “molti”, perde l’individualità e si traveste di materialismo facendosi assorbire dal vortice creato dalle altre menti…chi rimane indenne dal loro turbinio, agli occhi della società, è un pazzo!

E’ molto bello ciò che ha scritto il grande Nexus e questo tema, vuoi un po’ per dovere paterno, vuoi un po’ per la raggiunta età di mezzo, è per me stato oggetto di svariate riflessioni.
Mi rifaccio ad uno dei miei primi “amori” filosofici, per il quale, diverso tempo fa, aprii una discussione in suo onore.
Rudolf Steiner, padre più vivo che mai dell’antroposofia, incarna bene quella adulta, diversa e “rivoluzionaria” coscienza che Nexus ha fatto emergere nei suoi precedenti posts. Abbandonai gli scritti del filosofo quando mi accorsi che leggendolo mi divertivo come fossero fumetti…egli aveva fatto della “magia” una scienza! Eppure le sue scuole, a distanza di un centinaio d’anni dalla sua scomparsa, sono più vive che mai in tutto il mondo. Steiner ne ha fatte di cotte e di crude seguendo ciò che lui definiva la “scienza dello spirito” ovverosia quel tentativo di definire chiaramente la spiritualità presente in tutti gli uomini ed in tutte le forme di religioni. L’ossatura della filosofia steineriana permise lo sviluppo di moltissime “pratiche” tra le quali appunto, un metodo di insegnamento scolastico alternativo, a volte apparentemente stravagante. Ovviamente, anche la società alla quale si rifà Steiner, prevede modelli diversi rispetto a quelli attuali.
Le scuole steineriane hanno un tipo di insegnamento artistico la cui “scienza dello spirito” ha certamente contribuito ai programmi scolastici che tengono conto delle varie età del fanciullo partendo non da cosa deve sapere l’uomo in connessione con le esigenze della società esistente bensì di cosa c’è di predisposto in quell’uomo che possa essere sviluppato e potenziato per il bene della società.
Steiner affermava che la vita stessa è la nostra scuola e si potrà uscire da questa nella maniera giusta solo se dalla scuola si porta con sé la capacità di imparare a comprendere la propria vita dalla vita.
L’unico neo delle scuole steineriane è che come tutte le scuole private costano molto e sfornano bimbi che quotidianamente si rapportano comunque con il nostro modello di società e pertanto l’esempio principe di vita rimane quello…il nostro!


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Vecchio 08-11-2007, 23.02.48   #12
meditando
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Riferimento: Sulla scuola e sull'insegnamento: considerazioni utopiche.

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Originalmente inviato da nexus6
Mi spingerò in questo scritto a qualche breve ed abbozzata considerazione “utopica” ..

Nexus, molto, ma veramente molto interessanti le tue considerazioni sulla scuola e l’utopica proposta. Altrettanto lo sono gli altri interventi degli altri, soprattutto per il tono. Di solito, infatti, proposte di questo tipo raccolgono più ilarità che considerazione ed approfondimento, complimenti a tutti.

Il mio interveto, però, non è nel merito della tua proposta, almeno non adesso, vorrei piuttosto capire, se vorrai essere disponibile a dirlo, da dove parte e verso dove si indirizza l’idea di fondo.

La domanda potrebbe essere: il tuo è un moto di ribellione sociale o un desiderio di riscatto individuale?

Leggendo il seguito delle tue considerazioni sulla scuola, che in fondo condivido in larga misura, mi sono però preoccupato e ti dico sinceramente che mi piacerebbe poter sperare di vederti paladino non di un moto rivoluzionario anarchico ma di uno umanistico. Per assurdo i fondamenti su cui si basano entrambi partono dall’uomo, ma il fine, pero è diverso; il primo, l’anarchico, si finalizza all’uomo come soggetto sociale, il secondo all’uomo. La differenza è sostanziale e cambia l’idea stessa del senso della vita.

Purtroppo, sempre secondo me naturalmente, troppo spesso si assiste a ribellioni sociali che partono da disagi personali (non mi riferisco a te naturalmente) e poche volte a ribellioni svincolate da problemi personali scambiati per grandi utopie sociali. Solo le seconde, se seguite con amore e determinazione hanno, nel lungo periodo, qualche speranza.
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Vecchio 09-11-2007, 21.35.19   #13
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Ti ringrazio per le domande, Meditando, e per il fatto che mi danno modo d’approfondire. Non ho meditato effettivamente abbastanza su di esse, sono molte complesse, secondo il modo di vedere che attualmente sento agisca in me; colgo dei frutti, non so da quale albero provengano né che sapore abbiano, ne osservo le forme, i colori, gli odori. Comunque no, sento che il “fine”, se mai ne intravedo uno, non risiede nell’uomo come “soggetto sociale” ovvero ciò che intendo dire è che le idee qui proposte non intendono configurarsi come una “ideologia”, lungi da me il volerlo fare ed anzi questo dovrebbe essere chiaro proprio attraverso ciò che mi è venuto da scrivere sull’educazione. Non so cosa possa scaturire dall’uomo, coltivato sin da principio attraverso il più puro nutrimento della propria coscienza, a volte sono sfiduciato, profondamente sfiduciato, ma riconosco questo sentimento come proprio parte del meccanismo in cui siamo stati allevati, dispositivo direi di “protezione” affinché seppur la mente possa produrre, come avviene, idee rivoluzionarie, queste vengano poi rese pericolanti dalle ondate di pessimismo che si susseguono e scuotono il piccolo porticciolo di ognuno.

Vedi, ho sempre avuto fiducia nell’uomo, non ho mai pensato veramente che nell’animo avesse il “diavolo” da cui la necessità delle leggi, dell’ordine per scongiurare l’anarchia, il caos che sarebbe derivato dal “lasciare le cose seguire il loro corso, la loro natura”, accordarsi, fluire con la natura; invece l’uomo viene considerato “homini lupus” ed anche i pacifisti balbettano incoscienti i propri slogans, ma non sono che anch’essi intrisi dallo stesso sentire, dalla medesima essenziale diffidenza verso l’uomo e la propria coscienza “potente” e creativa. Maxim mi ha fatto conoscere un bagliore di luce ovvero le scuole ispirate a Steiner e lo ringrazio per questo; sorprendentemente pur partendo da un terreno diverso, trovo in questo pensatore molte conclusioni simili riguardo al tipo d’educazione da lui proposto ed in alcuni casi sembrerebbero proprio le medesime. A parte i punti già abbozzati, quello per esempio dell’eliminazione dei voti è anche un’idea che mi è venuta, pur avendo solo accennato in precedenza a quella particolare professoressa “anarchica”. Ho scoperto queste scuole Waldorf, che si ispirano al modello da lui fondato e con piacere ho letto che sono sparse un po’ in tutto il mondo, come uno tra i sistemi d’insegnamento “alternativo” più diffuso.

Certo avrei tante domande da fare agli insegnanti di queste scuole e d’altronde pure agli studenti, in relazione al loro porsi di fronte a questa società, di fronte ad un sistema di studio al quale forse approderanno come quello universitario, ancora “tradizionale” ed al mondo del lavoro; a Bologna c’è solo un asilo dell’infanzia ed uno o due centri culturali antroposofici, ispirati alla visione della realtà di Steiner, che forse andrò a “visitare”, nella speranza di trovare qualcuno disposto a parlarne non superficialmente. Vorrei anche parlare con ragazzi più grandi, medie e licei, ma ho letto solo a Milano esiste una scuola Waldorf completa di tutti i cicli teorici, fino al liceo... magari quando capita mi faccio un giro o vedrò di spedire delle mail per avere informazioni più dettagliate. E’ stata, dunque, un’importante scoperta per me poiché veder concretizzate, e da anni, alcune delle idee “utopiche” che ho scritto, certo mi dà una grande opportunità di riflettere con molti maggiori elementi rispetto ad ora.

Gli elementi che ho dinnanzi agli occhi ora constano di ciò che sono, delle mie esperienze, conoscenze e della strada, strada in cui vedo tanta gente che gira affannata per la città ed io la osservo, attentamente. Cosa cerca e dove corre, spesso mi chiedo e per quali motivi, a parte quelli superficiali che ti vengono risposti se poni una domanda del genere ad una di queste persone. Credo, invece al contrario di Maxim, che analizzando le menti dei singoli si possano trarre dei dati certi sulla “mente” della società; ho utilizzato il parallelismo scuola – mente della società e lo continuo ad utilizzare ed affermare, forse con la lieve precisazione, già peraltro discussa, che a “mente del singolo” sostituirei semplicemente “mente” come insieme dei meccanismi che ci rendono differenti ed al contempo nell’essenza uguali. Cosa cercano, dunque; cosa cerco io... e tu?

Cercano e cerco un qualcosa che non muti, un qualcosa che non perisca e non venga scosso dal vento del tempo, degli uomini, degli dei e ciò fa fiorire ogni tipo di bisogno ed è il bisogno che muove tutte quelle persone, come muove me, anche ora verso un qualcosa di immutabile, forse innominabile, ma che comunque sento di poter afferrare fosse pure un’idea; ecco un’idea da afferrare, ciò è quello che chiamo “ideologia” poiché quella idea, quel gabbiano che fende lo spazio con le sue ali immense lo si prende, gli si spezzano scientificamente le ali e lo si continua a far soffrire, tendendolo ingabbiato nella propria mente, senza respiro, senza sole, senz’aria, tutto ciò che gli potrebbe venire dalla coscienza, da quella coscienza sin da principio coltivata come il frutto più prezioso che mai attualmente potrebbe crescere ed essere portato in giro e diffuso da ciò che chiamiamo “uomo”. Volevo andare a curiosare nel circolo anarchico della città in cui risiedo, famoso ed “attivo” nel contesto cittadino e nazionale, e lo sanno pure le forze dell’ordine, “etichetta” per dire “qualche uomo”, che ogni tanto rompono le ossa a qualche ragazzo “anarchico”, facendo passare la notizia sotto silenzio; forse per non essere deluso da ciò che avrei trovato, non ci sono mai andato, preferendo coltivare la mia utopica idea di ciò che volesse dire “anarchia” svincolata dall’ideologia, svincolata da essa stessa e dall’uomo che ne fa una bandiera.

Le bandiere sono tali ed io sto incominciando a non scorgere più alcuna differenza tra quelle nere, quelle rosse, quelle verdi o arancioni.

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Vecchio 09-11-2007, 21.42.46   #14
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Steiner pure, per certe idee, non lo potrei che definire come “anarchico”, ma vedi è questo precisamente il problema: la “definizione”, pare insita nello stesso procedere mentale, porta dopo pochi passi alle divisioni, alle bandiere, alle barricate da cui l’uno attacca l’altro e difende i propri; lì, sopra le barricate, affermo non vi siano “uomini”, ma solo meri fantasmi sbiaditi di ciò che avrebbero potuto essere quelle menti, se fossero state coinvolte sin dall’inizio del percorso a camminare sul sentiero della propria coscienza individuale. Ora certo queste persone che vedo per strada chi più chi meno, compreso me, è stato martellato sin dall’infanzia e vorrei si riflettesse veramente su ciò, perché non credo di utilizzare delle parole che amplifichino una situazione per continuare ad alimentare queste riflessioni; mi sto interrogando molto, al di là delle “utopie”, su cosa si possa proporre alle persone, alla “gente” che se ne “frega” per esempio se l’Italia abbia aumentato le spese militari e stia costruendo, alleato con gli usa, un nuovo cacciabombardiere. Da una parte se ne fregano chi sostiene che l’Italia, essendo potenza di rilevanza internazionale, faccia più che bene a dotarsi di nuove armi, dall’altra se ne frega chi sostiene che la costruzione di un bombardiere nucleare (vedi vicenda dell’F35) vada contro gli stessi principi dei partiti attualmente al governo; aberrazioni da una parte e dall’altra: si inventano storie (anche una mongolfiera se dotata di un ordigno nucleare è un bombardiere nucleare...), non si riflette -criticamente- su ciò che si pensa, per esempio sulla necessità di possedere un esercito per avere reale peso internazionale, essendo utilizzata la mente nient’altro che come un contenitore di ideologie, di bandiere, di informazioni e controinformazioni filtrate dal “potere” ed al più la coscienza è ridotta a mero e grossolano setaccio, secondo cui si scartano le idee che proprio il nostro essere rigetta in toto.

Affermo che pur dove sembrano realmente presenti riflessioni, discussioni attive, spesso la coscienza reale e responsabile di ciò che accade è più che latitante, per usare un eufemismo. Quelle riflessioni non costituiscono per la maggior parte che dei gusci vuoti.

Cosa “proporre”, dunque, alla “maggioranza”? Una maggioranza che è stata ormai dolcemente allevata sui banchi di queste società ed abituata ad essere un semplice contenitore? Ha bisogno, ha quel bisogno, di una qualche sorta di contenuto per sentirsi confortevolmente riempita e dunque “cosa” proporre? Nulla. Disorientare, tentare di non fornire alcun appiglio, sviare, sorprendere, scivolare via, indignare certo anche, lasciare senza “parole” per l’impossibilità temporanea d’etichettare, sì il meccanismo mentale sarà veloce, ma non riuscirà a trovare sostegno e ciò che voglio intendere è proprio questo: nessuna scusa per continuare ad essere degli ipocriti. Nessuna autorità per continuare a perpetuare l’idea che se ne abbia realmente bisogno. Nessuna ideologia per seguitare a riempire i contenitori che bramano nient’altro che una bandiera sotto la quale sentirsi al “sicuro”. Nulla di “nulla”, almeno di ciò che si considera “qualcosa”; e cosa, allora? Tendere a far emergere spontaneamente il sentire che la verità della propria coscienza sia di qualità infinitamente superiore a qualsivoglia idea che si possa proporre o associazione o assemblea o individuo a capo di queste ultime, governo, stato, società gerarchicamente precostituita. Ribadisco “spontaneamente”, intendendo con ciò la medesima cosa abbozzata per quanto riguarda l’”educazione” dei più piccoli ovvero far sì che la “propria” peculiare coscienza venga nutrita e coltivata, che la propria verità scaturisca fuori da un continuo confrontarsi critico con ogni minima cosa venga a contatto con la propria mente, libera e creativa; far sì che tale processo non sia percepito come imposto, altrimenti andrà ad alimentare nient’altro che la perpetuazione di una mente che tende a volere una gerarchia, che brama un potere più grande al quale prostrarsi, ma non inchinandosi fisicamente, no, non così, ma continuando a dimenticare ciò che i rimasugli della propria coscienza tentano di urlargli da dentro.

Questa appare alla mia mente come una rinnovata ed ancor più potente “utopia”, sempre nel senso precisato, ma anche quando si inizia a suonare uno strumento pare assolutamente impossibile che venga fuori da quel pezzo di materia un qualcosa che sia possibile percepire come armonico, eppure ad un certo punto sembra le mani inizino a suonare da “sole”, così come quella coscienza essenziale presente in ognuno potrebbe non aver più nemmeno l’impressione di percepirsi come tale, non come un esercizio, né come un’applicazione, obbligo o imposizione, ma semplicemente e spontaneamente come una melodia.

Al momento sono il fiume e la diga nel medesimo istante, Meditando.

Un saluto.
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Vecchio 10-11-2007, 17.37.28   #15
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Non so cosa possa scaturire dall’uomo, coltivato sin da principio attraverso il più puro nutrimento della propria coscienza, ....
La storia umana è ormai, credo, sufficientemente lunga da consentirci quantomeno di poter tentare di trarre un giudizio abbastanza rispondente al vero rispetto a cosa scaturisce dalla coscienza umana “libera”. I sistemi condizionanti non sono stati sempre presenti e probabilmente per molti millenni l’uomo ha vissuto quasi esclusivamente in condizioni di “coscienza libera”. Solo negli ultimi millenni questo non è stato più possibile a causa delle necessità sociali, delle necessità di regolazione della convivenza e degli interessi di alcuni sugli altri. E cosa possiamo dedurre da un’analisi di quanto è avvenuto? Mi pare che possiamo pensare che quella coscienza ha sentito il bisogno di organizzarsi, di inserire nei vari contesti, nelle diverse realtà, delle regolamentazioni, dei modelli sociali più organizzati e quindi meno liberali. Questo fatto potrebbe stare a indicare che quelle coscienze libere lo erano forse troppo per una convivenza ravvicinata degli individui i quali da una parte sentivano il bisogno e avevano la necessità di stare insieme gli uni con gli altri e dall’altra, pero, essendo portatori di una liberta di coscienza vera, avevano probabilmente atteggiamenti incompatibili al vivere sociale. La libertà individuale “totale” è, quindi, probabilmente un po’ incompatibile con la convivenza. La nostra libertà interiore è troppo “grande” per la convivenza. Allora qualche compromesso ha dovuto trovarlo e poiché la storia continua questo significa che in fondo meglio questo che niente.

Devo ammettere che probabilmente lì non erano assolutamente presenti sistemi di regolazione culturale analoghi a quelli presenti nella nostra società. Oggi sappiamo di più e, in qualche modo dovremmo essere, almeno teoricamente, in grado di riuscire ad avere maggiore responsabilità individuale, ma visti i risultati dei comportamenti individuali qualche dubbio in merito lasciamelo. Vedo più una necessità di valorizzazione congiunta della coscienza individuale e della capacità di accettazione delle regole di convivenza. Una regolazione naturale, come abbiamo visto, prima o poi si va a cercarsi da sola quelle regole.

Detto questo non intendo assolutamente dire che non hai ragione, intendiamoci. Voglio solo dire che ciò che ci tormenta a volte non corrisponde a ciò che tormenta gli altri e ciò che scaturisce dalla realtà delle cose è meno motivato di quanto noi crediamo. Forse meglio sostenere prima che il problema è, prima di tutto, filosofico, culturale, morale a livello individuale ed etico a livello collettivo; cioè necessita prima di una presa di coscienza e solo dopo intravedo un inizio.

Immaginiamo la società come un cerchio diviso in spicchi e ogni spicchio composto di tanti raggi. La scuola è uno di questi e la tua proposta è uno di questi. La speranza è di individuare altri raggi all’interno di altri spicchi e iniziare a collaborare. In quello filosofico, in quello scientifico, in quello religioso, in quello economico ecc. ecc. Solo così, credo, si potrà iniziare un lavoro serio e fruttuoso. Individuare quegli spicchi è il primo lavoro da fare e la ricerca di raggi analoghi al tuo al loro interno, ed io sono convinto che ci sono, è il secondo passo. Il terzo è l’inizio di una collaborazione ma la collaborazione richiede una qualche forma di regole comuni e condivise, e le bandiere in questo non aiutano certo. Richiede una presa di coscienza comune e condivisa. Richiede un’intenzione determinata a voler intervenire. Tutti aspetti positivi del comportamento umano che sono presenti, a mio modesto avviso, ma soffocati nel mare di cui sopra perché scollegati gli uni dagli altri e perché coperti a bella posta da quelle bandiere.

Come dicevo sopra non credo che la nostra coscienza cerchi qualcosa che non muti, anzi. Il suo istinto credo sia quello del cambiamento, del nuovo, dello sperimentabile al limite del rischio mentre il nostro vivere sta divenendo sempre più lo svolgersi di un modello protetto, un vivere sicuro per statuto, per legge, un vivere regolato per convenzione/convenzioni e i malesseri individuali, o molti di questi potrebbero venire proprio da questo, da questa prolungato immobilismo in cui abbiamo costretto la coscienza dell’individuo che si ribella attraverso l’unico mezzo che ha a disposizione per relazionarsi con il mondo esterno, il cervello, la psiche e il corpo.
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Vecchio 11-11-2007, 15.49.15   #16
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Originalmente inviato da meditando
E cosa possiamo dedurre da un’analisi di quanto è avvenuto? Mi pare che possiamo pensare che quella coscienza ha sentito il bisogno di organizzarsi, di inserire nei vari contesti, nelle diverse realtà, delle regolamentazioni, dei modelli sociali più organizzati e quindi meno liberali.
Mi sono sempre molto interrogato su ciò che hai scritto, sulla prospettiva “evoluzionistica” della coscienza umana da cui sarebbe scaturito necessariamente l’”ordine” attuale, in cui ci troviamo a muovere i nostri passi. Queste questioni sono, secondo me, molto complesse e la storia umana non mi pare affatto sufficientemente lunga per trarre ipotesi ragionevoli su ciò che scaturirebbe da una coscienza sviluppata ed alimentata in un clima di creatività e sviluppo delle proprie facoltà critiche ed intellettuali. Mi viene in mente la tesi controversa ed interessantissima dello psicologo statunitense Julian Jaynes che, nel suo saggio “Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza” (edito Adelphi), data la nascita di quest’ultima ben dopo quanto attualmente e diffusamente si pensi e se non ricordo male intorno al 1500, 1000 a.c.; lo studioso dunque immagina una specie di uomini che consideriamo “simili” a noi in quanto possibilità d’esercizio di coscienza, non so gli egizi più antichi per esempio, ma che invece non possedevano affatto una coscienza come quella attuale, come un luogo mentale simbolico nel quale ci percepiamo agenti delle “nostre” azioni, ma una partizione netta tra i due emisferi cerebrali, in cui l'uno (non ricordo se il sinistro o il destro) guidava l'altro, tramite delle "voci" interne effettivamente percepite, come negli schizofrenici, simili ad ordini emanati da degli dei.

Affermo che l’uomo non abbia mai potuto veramente godere dell’esercizio della propria “responsabilità individuale”, tralasciando i problemi sull’origine della coscienza e dunque non si sia in realtà mai potuto osservare cosa potrebbe avvenire in questo caso; non mi sembra proficuo perciò, a mio parere, basare le proprie considerazioni su ciò che ci appare necessario in tempi odierni, ovvero che il “necessario” attrito tra le singole coscienze individuali e la convivenza civile debba essere regolamentato da tutto un sistema diffuso ed organizzato di leggi imposte con l’autorità e la coercizione dei singoli, ridotte a mere unità di produzione e consumo, ingranaggi nei meccanismi delle società e degli stati, come se dai singoli non potessero e dovessero emergere nient’altro che azioni in linea con la gerarchia precostituita; gerarchia che mira, proprio tramite il sistema d’istruzione, a minare alla base sin dal principio ogni tentativo di vero sviluppo individuale dello spirito creativo e critico di ogni essere che, ribadisco, è presente secondo me in potenza in ogni individuo; se il sistema, per sua disattenzione, riesce a partorire individui pericolosi siffatti, questi tenderanno ad essere emarginati, esclusi dai centri di potere e le affermazioni di questi ultimi non verranno veramente comprese dalla “massa”, presa nel proprio sogno collettivo.

Sostengo perciò che tale necessità non sia una legge di natura ed anzi considerarla come tale non è che proiezione di una mente, come già detto, che tende a pensare che ciò che è stato, ed è, debba continuare ad essere, rintracciando nel proprio passato i motivi di questa perpetuazione di se stessa. L’esercizio della nostra “responsabilità individuale” nelle società attuali continuo ad intuire sia pari a poco più che nulla e certo mi trovo per questo d’accordo quando affermi che ciò che “ci tormenta a volte non corrisponde a ciò che tormenta gli altri”, dove per altri penso tu intenda la “maggioranza”; ebbene là dove intravedo qualcosa che non turbi quest’ultima, lì sempre intuisco vi possa essere qualcosa di profondamente importante, che il sistema ha teso velare, cancellare per la propria sopravvivenza.

Se le società attuali, come dici, non sono altro che l’esplicitazione di una legge di natura necessaria, bene sarà la storia a decidere il loro, nostro destino e credo l’orologio del tempo ci stia dando dei segni inequivocabili di attenzione e pericolo che credo sia bene non sottovalutare, tentando di far fiorire, ovvero impegnarsi ad analizzare criticamente, tutti i germi rivoluzionari che la stessa mente ha prodotto nel corso dei secoli, perché ogni epoca ha portato con sé delle mutazioni e delle situazioni problematiche che le epoche precedenti nemmeno potevano figurarsi, dunque non ha molto senso, secondo me, rifarsi ad un ipotetica età d’oro, in cui le coscienze vagavano libere, svincolate dalle necessità sociali. Come già detto, trovo ciò non sia la realtà ed inoltre come iniziato ad accennare ora, pur in una ipotetica età come quella, non vi erano per esempio le questioni derivanti dal capitalismo, dalla produzione industriale di massa, dalle politiche ed i rapporti internazionali per fare solo qualche sparuto esempio, tutti problemi che sono sorti nel corso degli ultimi secoli e non dimentichiamoci lo sviluppo della tecnologia che non ha veramente coinvolto l’uomo nella sua interezza se non da un secolo (ricordo che la data di nascita della Relatività è considerata essere il 1905).

Tutte questioni con le quali un’ampia fetta della “maggioranza” non ha mai potuto confrontarsi in modo libero, critico ed indipendente dalle ideologie perpetuate dai sistemi in cui è cresciuta; eppure continuo ad affermare che in ognuno è presente, seppur stato scientificamente violentato, il germe della coscienza e la creatività del proprio giudizio e d’altronde l’intelligenza ed il raziocinio, esercitato dalla gente solo in questioni del tutto irrilevanti rispetto alla sfera del potere, come quelle sportive, in cui come suggerito dal filosofo contemporaneo Noam Chomsky, ogni sorta di persona discute con grande competenza e sentimento di ciò che un certo allenatore avrebbe potuto o non potuto fare e con passione difende le proprie idee, anche e soprattutto contro gli “esperti” del settore, dunque contro delle figure d’autorità; questa sfida è realmente assente per esempio in politica, ma è proprio ciò che il potere e le società vogliono, sorridendo che la gente si trastulli nell’esercizio della propria creatività ed indipendenza nell’irrilevante ambito sportivo, quando, come afferma lucidamente Chomsky, i meccanismi che sembrano regolare per esempio la politica mondiale non sono poi più complessi di quelli presenti nell’ambito sportivo. Di queste considerazioni tendo a fidarmi, pur ancora conoscendo non tanto la “politica mondiale”, poiché ho intuito che nelle questioni fondamentali, per esempio nel rapporto tra gli stati, vi sia una cristallina semplicità, che solo il sistema stesso tende a rendere complessa e farraginosa, proprio affinché ci si tenga lontani da azzardate analisi che una mente pericolosamente indipendente o addirittura un’intera massa di popolazione realmente critica potrebbe giungere non difficilmente a formulare; ciò è naturalmente inaccettabile per il potere precostituito, così come inaccettabile è il mutare l’attuale sistema d’istruzione. Addirittura, per inciso, ho da poco letto sempre in Chomsky, i tentativi di smontare l’istruzione pubblica statunitense da parte di organizzazioni economiche, come ditte, industrie, che con partnership mirate con le scuole tenderebbero ad un maggiore controllo generalizzato della didattica e dei meccanismi attraverso cui i giovani consumatori si formano.

Nella questione Stati Uniti non voglio entrare, soprattutto perché non ne ho le competenze, rimandando ai saggi dello stesso intellettuale (per es. in “Linguaggio e libertà” –Marco Tropea Editore- oppure “Democrazia ed istruzione” –Edup edizioni-); certo, visto che New York è la capitale odierna del mondo, sarebbe molto interessante informarsi su come i pargoli americani vengano istruiti e Noam Chomsky ha raccolto una mole di dati tale, che difficile è non rimarne almeno impressionati.

Comunque anche quanto accennato a proposito della situazione Usa, non conferma che quanto mi viene da scrivere, seguendo utopie, intuizioni ed osservazioni della realtà, ovvero che l’istruzione è la leva fondamentale per influenzare ed indottrinare metodicamente menti ancora libere ed indipendenti; la famiglia certo è pure importante, se non più importante, ma i genitori sono stati anche loro cresciuti a suon di violenze e la maggior parte non potranno che trasmettere tale educazione ai propri figli, che senza oasi differenti, non saranno che individui perfettamente efficienti nell’apparato produttivo delle società.

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Vecchio 11-11-2007, 15.59.08   #17
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Ribadisco, dunque, come nel pensiero anarchico si afferma da sempre (d’altronde le sue radici stanno nell’illuminismo) che mi pare necessario tendere non tanto all’”accettazione” delle “regole di convivenza” imposte gerarchicamente da una certa autorità, compresa l’ipotetica “libertà” che attualmente discende formalmente dal cielo, essendo controllata da ogni sorta di regole, ma quanto far sì che tale “libertà” e tali norme morali scaturiscano dal singolo individuo, dalla singola coscienza creativa ed indipendente, nutrita e sostenuta sin da principio perché presente sin da principio intrinsecamente in ogni essere umano; ciò affermo sinteticamente ancora una volta dovrebbe guidare l’insegnamento ed il processo di conoscenza, dove invece attualmente, nell’essenza, il singolo, nonostante alcune buone intenzioni, non viene che spinto a competere con gli altri e non ad interagire creativamente, viene educato a competere con il mondo e non a percepirsi come preziosità unica in grado di arricchirlo tramite la propria peculiare coscienza, viene indottrinato e convinto che nefasta sia l’indipendenza e l’esercizio, oltre una certa sfera d’influenza che va a toccare il potere, della propria ragione e di ciò che si sente nel proprio cuore.

Ciò che si sente è pericoloso, molto pericoloso, rivoluzionario, ed è dunque da tenere nella propria interiorità, nel proprio privato, pena l’isolamento, pena la sofferenza, pena l’insoddisfazione o al più considerato come un’utopia, che la mente rigetta facilmente con pessimismo e d’altronde considerando che tanti sono i “critici” competenti che pensano ad attaccare e tenere sotto controllo ciò che fanno i governi e gli stati, chi siamo “noi piccoli” per tentare una critica costruttiva? La maggior parte dei “critici” non sono altro che asserviti al potere, perché costituiscono i migliori ed i più istruiti esempi di ciò che può partorire l’istruzione attuale, e nemmeno se ne rendono conto, sono “onesti” voglio dire, ma così facendo comunque la “maggioranza” viene ingannata sul proprio effettivo potere decisionale (in quelle che sono le “democrazie” odierne), il quale ribadisco essere poco più che nullo.

E così, come dici, la coscienza, e dunque l’individuo per intero, è costretta ad un malessere prolungato per mancanza di luce, per mancanza d’indipendenza, di creatività, poiché siamo stati allevati in questo clima, dobbiamo rendercene conto prima d’ogni tentativo di “azione” veramente efficace o movimento associato, ogni aspetto della nostra vita è intriso da questo insegnamento, la scuola, il lavoro, la società, la religione, la stessa spiritualità costituita ed organizzata, mi riferisco qui a quella “orientale”, non riflette per la maggior parte che i meccanismi mentali di gerarchia e potere presenti in ogni aspetto della nostra vita e solo scavando e scavando in questo preciso ambito, così come nella scuola e nella società, ci si rende conto che quella luce alla base vi è, quella coscienza intrinseca libera e creativa è sempre presente, seppur sia stata pesantemente coperta come è facile accorgersi anche non scendendo tanto in profondità.

Mi si dice, per esempio, che senza il cristianesimo l’Europa non sarebbe com’è ora e che la morale cristiana costituisce la base per il nostro vivere civile, alieno ad altre popolazioni dove ancora regnano forme lontane dalla democrazia e dalla “libertà”, questa è la superficiale tolleranza “cristiana”; ma ciò è falso, poiché in ogni tradizione spirituale, così come pure in quella cristiana, si affermano nell’essenza le medesime cose, ovvero per esempio “tratta il prossimo tuo come se stesso”, “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”... questi elementari principi morali, dunque, non sono ideologie o dogmi di una certa tradizione ed è veramente nefasto considerarli in questo modo, ma discendono appunto nient’altro che da quella coscienza intrinseca presente in ognuno, collettiva ed individuale al medesimo tempo e come ha ben sottolineato prima VanLag, considerare invece tali principi imposti e regolamentati dall’esterno non fa che deresponsabilizzare le persone, come fosse la “legge” precostituita nel “giusto” e noi con il dovere d’inseguirla, tendendo noi solo a cattive azioni ed al male.

Dalla presa di coscienza individuale dovrebbero emergere quei principi latenti e miratamente colpiti nel tempo che porteranno ad un’azione “collettiva” ed efficace, poiché senza un’analisi dell’individuo, della propria mente e delle proprie catene, ogni tentativo, difficilmente sarà realmente efficace e proponibile; ora voglio essere “realista” e penso sia attualmente inutile proporre alla gente riflessioni su quale tipo di società potrebbe essere nel futuro la più giusta. Sarebbe, secondo me, inizialmente molto più efficace “proporre” alla gente problemi che la toccano più “da vicino” (anche se prima o poi dovrà fare i conti pure con quei “grandi” argomenti), ovvero meno astratti, tentando di non fornire alcun punto di riferimento, “nulla”, né bandiere né ideologie, né dunque raggruppamenti in movimenti, con individui pensanti attivi e contenitori passivi. Si dovrebbe, dunque, favorire liberamente la mente della gente al confronto critico e creativo, magari forse sullo stesso “modello” di ciò che ho abbozzato per esempio nel proporre l’apprendimento delle capitali del mondo ai bambini. Certo molto più complesso è far rendere conto la gente “bambina” di ciò che è stata la violenza che hanno subito nelle scuole e nelle famiglie e favorirne l’analisi, se non in casi evidenti; inoltre credo che nemmeno sbandierando, come sto facendo, che esistano dei lupi cattivi che hanno minato sin da principio i propri stimoli indipendenti e creativi, possa costituire un efficace modo per assecondare la gente ad analizzarsi un minimo.

I discorsi “al lupo, al lupo!”, seppur argomentati e ragionati, in un forum come questo possono non essere, come hai notato, trattati con scherno (da coloro che stanno partecipando scrivendo, non so gli altri...), ma la “maggioranza” intuisco tenderà a rigettarli e perché? Poiché non farà altro che difendersi come potrà da ciò che percepirà come ancora un’altra “autorità” che gli dirà cosa pensare, come pensarlo, come comportarsi ed addirittura affermare che si sta vivendo un sogno collettivo non farà che aumentare lo scherno ed il riso e dunque l’inefficacia di quello che ci si propone. Questo, secondo me, non l’hanno ben compreso alcuni o molti dei critici anche più attivi e ferventi che possiamo osservare nelle loro azioni; le loro idee che posso valutare come sincere e provenienti dal cuore, vengono trasformate in bandiere ideologiche sia dalla gente che acriticamente le accoglie sia da quella che le rifiuta, perciò andando a perpetuare il meccanismo di potere in cui siamo stati allevati, che si compiace della propria azione e di come sia riuscito così scientificamente nella sua metodica opera di distruzione.

Vi sarà dunque da una parte un “guru”, un “illuminato” e d’altra parte un “invasato”, “pazzo” o meglio un nemico da combattere ed in mezzo una folla d’incoscienti attirati dall’uno o dall’altro polo, che risulta essere, tale folla, la vera perdente in tutto questo meccanismo di autorità e potere. Questo è il vero “sangue che scorre”, come afferma Thoreau all’inizio, quello di una coscienza violentata ed il sangue sparso dall’altra parte di un mondo diventato così piccolo, ma dove paradossalmente le distanze sono tremendamente aumentate, non ne è che espressione, sublimazione, incarnazione.

La gente dovrebbe, dunque, rendersi conto da sé che può utilizzare delle facoltà il cui esercizio gli è stato negato finora e solo con “espedienti”, e non tramite ideologie o bandiere, secondo me si potrebbe far ciò efficacemente; in individui adulti che, come afferma Erich Fromm, non sono “come” bambini, ma sono psicologicamente proprio bambini di non più di qualche anno, ma ormai, aggiungo io, ben indottrinati, mi rendo conto realisticamente sia molto complesso, ma voglio credere che nella maggior parte quel germe di coscienza non sia stato estirpato del tutto e possa tornare in qualche modo a fiorire, almeno affinché le nuove generazioni possano essere nutrite e sostenuto nel loro sviluppo sin da principio.

Un saluto.
nexus6 is offline  
Vecchio 12-11-2007, 00.50.15   #18
meditando
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Riferimento: Sulla scuola e sull'insegnamento: considerazioni utopiche.

Mi sembrava di averlo detto Nexus6, oggi le condizioni sono diverse, ma resto della convinzione che la coscienza dell’uomo è stata alla base dei suoi cambiamenti, e dei suoi progressi da “sempre”, o comunque da molto più tempo di quello da te ipotizzato, e non credo che i “cambiamenti antichi”, che comunque ci sono stati, siano il frutto della sola intelligenza come tale. L’uomo, e in particolare alcuni uomini, si sono probabilmente nutriti “da sempre” nel simbolismo, nel mitologico, nell’intuitivo, nel magico (di quello antico autentico naturalmente), tutti ambiti che conducono ad aspetti tipici di un collegamento che mi resta facile paragonare a ciò che oggi chiamiamo, chi ne ammette l’esistenza, stati di coscienza superiore umana, gli stati qualitativi della mente, i cosiddetti “Qualia”; oggetto di desiderio e odio di chi si occupa dello studio della mente e dei suoi presunti o reali stati qualitativi. Ancora, comunque, non siamo stati capaci di definire con chiarezza cosa sia la coscienza, cosa sia la mente e i suoi suddetti stati qualitativi, né cosa sia l’intelligenza, come non siamo stati ancora capaci di distinguere con chiarezza quando un nostro comportamento dipenda dall’uno piuttosto che dall’altro di questi aspetti del nostro essere. Ogni ipotesi, quindi, mi pare legittima.

Un altro aspetto, che a mio avviso contribuisce a sostenere ciò che dicevo, è l’analisi di quali sono stati i luoghi dove, nel passato, sono iniziati a germogliare i semi del cambiamento. Quasi mai questi sono partiti dai luoghi d’indottrinamento prima e di acculturazione poi. La scuola e i luoghi dove si apprendeva la cultura ufficiale non hanno quasi mai rappresentato il luogo d’inizio di grandi cambiamenti e ogni qualvolta questo sia successo il soggetto “rivoluzionario” è stato generalmente costretto ad uscire all’esterno per potersi affermare. Spesso i germogli rivoluzionari sono nati in ambiti culturali esterni ai luoghi della cultura riconosciuta e grazie a grandi menti ribelli, grandi pensatori proiettati oltre quella che era la concezione/convinzione sociale, contro la morale individuale e l’etica sociale del momento e di tutto ciò che doveva essere trasmesso a livello culturale.

Questo per dirti che ho paura che la tua fiducia nella coscienza individuale dei molti, per quanto totalmente condivisibile in ogni suo aspetto, sia superiore alla realtà delle cose. La vedo dura, oggi, riuscire a risvegliare e convincere contemporaneamente la coscienza degli insegnanti, i genitori, i politici, e di molti di quelli che hanno, per statuto, il mandato di gestire la crescita dei giovani. Io, come te, sono pienamente convinto che debba essere fatto e che si debba iniziare a farlo. Sono anche convinto che ognuno di noi debba iniziare individualmente a fare qualcosa nel suo piccolo. Ma sono altrettanto convinto che sia indispensabile coinvolgere in questo il maggior numero di persone possibili nel maggior numero possibile di ambiti culturali; prima di tutto quello filosofico, poi quello mediatico, quello scientifico, in particolare quello delle neuroscienze, ambiti cioè in cui si possono individuare, perché ci sono e si incominciano a intravedere, soggetti disposti e in grado di parlare alla gente partendo da modelli culturali innovativi e “suadenti”.

Un’altro dei problemi di oggi, mi pare, sia anche la complessità del nostro modello sociale il quale se da una parte può mettere a disposizione mezzi di comunicazione sconosciuti ai nostri predecessori, dall’altra oppone al cambiamento una molteplicità, una complessità e un’incrostazione tali che la difesa dello status quo è favorita come mai prima.

E’, come dici anche tu, un processo culturale complesso che deve portare alla modifica dei modelli sociali ma anche alla ridefinizione di alcuni valori, e credo che dovrebbe essere messo in atto per la strada meno irta possibile. Io credo che la migliore sarebbe quella di usare le stesse armi del nemico per distruggerlo dall’interno e non frontalmente. In ognuno degli ambiti sopracitati, e in altri tralasciati, s’intravedono i sintomi di necessità di cambiamento. Molti di questi germogli, che ci sono, lavorano scollegati tra di loro e ognuno pare coltivare la propria utopia in solitudine (come se temessero tutti di essere defraudati di qualcosa o di essere scavalcati in qualcos’altro). Un buon lavoro sarà quello di incoraggiare il collegamento tra quegli ambiti e questo si può fare contemporaneamente al lavoro individuale in un determinato settore.

Non che sia sbagliata, quindi, la tua proposta, anzi, ma che in solitudine sia troppo audace perché possa essere inserita nel processo di cambiamento in atto e che si perda se non incastonata in un contesto più ampio. La società, per essere cambiata ha bisogno di utopie sostenibili, altrimenti diventano solo utopie che restano tali. I grandi sono stati tali perche sono riusciti a coniugare utopia e realizzazione di essa mentre ci sono stati altrettanti grandi che hanno coltivato utopie altrettanto importanti e giuste ma che sono finiti, nel migliore dei casi nel dimenticatoio e, qualche volta, in manicomio.

Sarebbe solo un peccato se le buone utopie di oggi facciano quella fine, tutto li. Naturalmente sono convinto anche che non sarebbe nemmeno un grave danno se un’utopia di oggi non si realizzasse per qualche motivo e si realizzasse, che so, tra cento o duecento anni. Da un punto di vista temporale questo non sarebbe certo un problema ma solo un breve ritardo. Ma questo è un altro aspetto della questione.

Io condivido totalmente ciò che sostieni come principio. E’ solo la paura di un fallimento che mi fa scrivere ciò che ti dico; troppe delusioni passate, forse, hanno lasciato il segno nella mia zucca. Non dimentico nemmeno, comunque, che I GRANDI sono sempre andati contro le paure che frenavano i non grandi come me. Forse anche questo è un segno che sei nel giusto? Può darsi di si.

Tu concludi dicendo: La gente dovrebbe, dunque, rendersi conto da sé che può utilizzare delle facoltà il cui esercizio gli è stato negato finora e solo con “espedienti”, e non tramite ideologie o bandiere, secondo me si potrebbe far ciò efficacemente; in individui adulti che, come afferma Erich Fromm, non sono “come” bambini, ma sono psicologicamente proprio bambini di non più di qualche anno, ma ormai, aggiungo io, ben indottrinati, mi rendo conto realisticamente sia molto complesso, ma voglio credere che nella maggior parte quel germe di coscienza non sia stato estirpato del tutto e possa tornare in qualche modo a fiorire, almeno affinché le nuove generazioni possano essere nutrite e sostenuto nel loro sviluppo sin da principio.

Ed io voglio condividere con te questa speranza. Anche perchè l'immaturità dilagante che ci circonda penso sia uno dei segni che confermano che siamo circondati da tanti bambini cresciuti.

Definiti questi aspetti andiamo oltre, passiamo al concreto.
meditando is offline  
Vecchio 12-11-2007, 15.37.32   #19
gyta
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Exclamation La Rivoluzione Come Realtà Individuale (!)

Citazione:
Originalmente inviato da meditando
Ed io voglio condividere con te questa speranza. Anche perchè l'immaturità dilagante che ci circonda penso sia uno dei segni che confermano che siamo circondati da tanti bambini cresciuti.

Definiti questi aspetti andiamo oltre, passiamo al concreto.

<Questo> è il concreto! Ognuno di noi, singolarmente, individualmente è.. il concreto.
La rivoluzione scaturita dall'ideologia (come storia dimostra) è destinata dai presupposti a fallire perché spinge ad un "cambiamento che sarà/che diverrà", poiché manca dell'individualità, della realtà del presente esperienziale profondo, della coscienza individuale, della potenza individuale!
La rivoluzione non è un progetto ma la realtà di cambiamento individuale avvenuto.
Non c'è nessun "là fuori" da salvare! Noi stessi siamo quel "là fuori".
Scoprirci responsabili, profondamente responsabili di ciò che nell'intimo ci appartiene significa già aver attuato quel cambiamento che cerchiamo con gli occhi della superficie là fuori;
significa aver REALMENTE attuato l'unica rivoluzione possibile: l'essere noi MUTATI!
(Il resto non è che un frutto pronto da essere colto!>>>)

Gyta
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Vecchio 12-11-2007, 16.00.04   #20
gyta
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" ..ma se scopre che tu i fili non li hai.. "(!)



Non si scherza, non è un gioco
sta arrivando Mangiafuoco
lui comanda e muove i fili
fa ballare i burattini

State attenti tutti quanti
non fa tanti complimenti
chi non balla, o balla male
lui lo manda all'ospedale

Ma se scopre che tu i fili non ce l'hai
se si accorge che tu il ballo non lo fai
allora sono guai - e te ne accorgerai
attento a quel che fai - attento ragazzo
che chiama i suoi gendarmi
e ti dichiara pazzo!...

C'è un gran ballo, questa sera
ed ognuno ha la bandiera
marionette, commedianti
balleranno tutti quanti

Tutti i capi di partito
e su in alto Mangiafuoco
Mangiafuoco fa le scelte
muove i fili e si diverte

Ma se scopre....ecc.

C'è una danza molto bella
tra Arlecchino e Pulcinella
si riempiono di calci
si spaccano le ossa
Mangiafuoco sta alla cassa

Mangiafuoco fa i biglietti
tiene i prezzi molto alti
non c'è altro concorrente
chi ci prova se ne pente!...

( Edoardo Bennato -"Mangiafuoco" )
gyta is offline  

 



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