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14-03-2007, 21.57.13 | #68 |
Ospite
Data registrazione: 10-02-2007
Messaggi: 4
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Riferimento: l'arte migliore nasce dalla sofferenza?
...personalmente, credo la forma d'arte nasca dalla necessità vissuta da taluni individui, innanzitutto di figurare e successivamente di proclamare uno stato d'animo personalmente avvertito, indipendentemente se lo stato d'animo sentito sia di sofferenza, d'euforia, d'estasi, ecc.
Non credo possano esser giudicate migliori d'altre tutte quelle forme d'arte o "proiezioni artistiche" che scaturiscono dalla sofferenza, penso piuttosto, che queste possano aver un "timbro emotivo" maggiormente incisivo e duraturo, nei riguardi di chi si sofferma a carpirle o rifletterle, giacchè, tali "proiezioni artistiche" annoverano spesso al loro interno le chiare sfumature di taluni dolori esistenziali (comunemente umani), molto spesso, volutamente non approfonditi o non ben identificati dalla maggior parte degli individui. Axelber |
15-03-2007, 02.52.10 | #70 |
Ospite
Data registrazione: 10-02-2007
Messaggi: 4
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Riferimento: l'arte migliore nasce dalla sofferenza?
...infatti, se il riferimento è al mio commento, non mi sembra di aver mai sostenuto che l'artista faccia prevalere se stesso come protagonista! L'artista è personaggio, protagonista è sempre la sensazione il vissuto, o meglio, lo stato d'animo nel vissuto, a cui egli è subordinato... ogni forma d'arte, è una (soggettiva), rappresentazione nel reale di un complesso di emozioni se pur comunemente umane, tuttavia vissute, provate, avvertite, analizzate ed elaborate dall'artista in funzione di sue tipiche capacità o carenze percettive, affettive, istintive, intellettive, evolutive, di rappresentazione...ecc. Poi, indifferentemente l'artista (secondo la sua tipicità), può divulgare o meno la sua forma d'arte, così come può sottolineare o marcare in maniera più o meno decisa il fatto d'esser proprio egli, "quel personaggio recettore e depositario della sensazione e dello stato d'animo e contestualmente il realizzatore della rappresentazione stessa". Del resto, è libera scelta del pittore esporre o non esporre, firmare o non firmare un quadro, così come è scelta del poeta firmare o non firmare un'opera, pubblicarla oppure chiuderla in un cassetto, tuttavia, mi sembra che siano parecchi più gli autori interessati a marcare la "paternità" di un'opera e quindi a voler sottolineare ed a comunicare attraverso essa la loro "tipicità" percettiva, affettiva, istintiva, intellettiva, evolutiva, di rappresentazione (quindi umana), rispetto a quelli non interessati a farlo. L'individuo o l'artista che sente necessità di dichiararsi attraverso una qualunque "proiezione artistica", in modo diretto (esponendosi come personaggio in prima persona), o indiretto (come ad esempio avviene nei romanzi dove l'autore usa dire ciò che pensa, vede e sente, attraverso i personaggi, dunque, i personaggi parlan per l'autore), asserendo in una qualsiasi forma d'arte: "vedo questo", oppure, "sento questo", o ancora, "percepisco e vivo questo", difficilmente è spinto a realizzar tutto ciò dall'impulso del protagonismo, bensì, l'impegno è quasi sempre soltanto frutto del desiderio e della volontà di condivider la personale "tipicità" percettiva, affettiva, istintiva, intellettiva, ecc. da lui avvertita. Axelber
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