A una domanda così le risposte possono essere innumerevoli quanto lo sono le persone di questo Forum.
Tra le tante letture e dialoghi, che ho avuto, la risposta che mi ha convinto di più è stata quella data in una comunicazione medianica del Cerchio Firenze 77, a cui ho avuto la fortuna di assistere.
La riporto qui di seguito e si può trovare sul libro "Dai mondi invisibili" e "La fonte preziosa" - Edizioni Mediterranee
Mi scuso per la lunghezza, ma la domanda lo richiede.
"... Io sono fermamente convinto che l'uomo di media cultura di questa civiltà, con gli strumenti che ha a sua disposizione, cioè le sue conoscenze e la sua intelligenza, possa farsi un'idea di Dio che non sia un oltraggio alla ragione e che, al tempo stesso, sia aderente alla realtà. ...
Siccome a Dio si fa risalire l'origine di tutto quanto esiste, prima di credere che Dio esiste, è lecito che io, uomo di questa civiltà, mi domandi se l'esistente ha avuto un origine, oppure non sia esistito da sempre; che parta cioè dalla posizione dei cosiddetti "atei" e mi ponga, come ipotesi di lavoro, che la realtà, nella quale siamo immersi, sia perfettamente materiale e che non sia stata "originata", cioè sia esistita da sempre.
E' chiaro che, in questo caso, non avrebbe una fine, perchè ciò che fosse esistito da sempre, non potrebbe cessare di esistere. Io posso immaginare che una civiltà distrugga se stessa, ma non che la materia, posta come unica realtà esistente, cessi di esistere.
Se invece posso ragionevolmente credere che il cosmo, ossia l'insieme degli universi, finisca consumato dalla sua stessa esistenza, allora è chiaro che ha avuto un origine, e se ha avuto un origine è altrettanto chiaro che tutto quanto è esistito, esiste, esisterà, non è tutto in senso assoluto, perchè oltre quello esiste per lo meno una causa generatrice, cioè una causa che era prima che l'esistente fosse. Vedremo poi che considerazioni fare su questa causa.
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... La causa del tutto, cioè la "prima causa" deve essere indipendente dal tutto. Non deve dipendere da alcunchè, cioè deve essere la prima causa increata. Altrimenti dovrei spostare il mio esame fino a trovare la causa esistita da sempre.
Ora, poichè siamo al di fuori del tempo e dello spazio, mi pare opportuna una precisazione, cioè sostituire l'avverbio di tempo "sempre" con un vocabolo più adatto, e questo è "eternamente", perchè nel linguaggio comune si confonde il significato di "eterno" con quello di "perpetuo" e di "perenne". Noi intendiamo "eterno" senza tempo; mentre "perpetuo" è qualcosa che ha avuto un inizio e che continua in un supposto tempo senza fine; "perenne" che non si esaurisce mai.
Dunque la prima causa è "eterna".
Se è eterna, cioè senza tempo, è immutabile; perchè se mutasse avrebbe, in qualche modo, una successione. Poi deve essere assoluta, cioè indipendente da tutto, altrimenti, come ho detto, non sarebbe prima causa.
Se è eterna, immutabile, assoluta, non si scappa, deve essere "una". Se è "una", tutto quanto esiste, occupa tutto quanto esiste; allora è illimitata.
Se è illimitata vuol dire che niente la limita e quindi posso affiancare a questo concetto, l'altro concetto: è infinita. Se è infinita non esiste un punto ove essa non sia, quindi è onnipresente, e poichè è eterna, è "l'eterna onnipresenza".
Se allora è eterna, immutabile, assoluta, illimitata, infinita, onnipresente e se confronto i caratteri di questa "prima causa" con quelli universalmente riconosciuti, dalle filosofie e dalle religioni, a Dio, vedo che posso chiamare, questa mia "prima causa", Dio.
Se è onnipresente, è a contatto col tutto; niente, quindi, può esserle ignoto; allora è onnisciente.
Ora, se guardo con quanto ordine e intelligenza si svolge la vita naturale del creato, non posso non credere che altrettanto ordine ed equilibrio non sia in ciò che ne è stato la causa. Per cui questa "prima causa" o Dio, deve necessariamente essere, perlomeno, tanto intelligente, e quindi sapiente, della totalità di ciò che ha generato.
E' proprio il "generato" mi conduce a fare un'altra constatazione, e cioè che non posso pensare che tutto quanto esiste sia stato tratto dal nulla, ma che l'unica conclusione alla quale posso logicamente pervenire, è che Dio l'abbia tratto da se stesso, cioè che sia stato emanato.
Non solo, ma non posso pensare all'emanato come a qualcosa staccato da dio, che ne viva autonomamente, senza negare a Dio il suo carattere assoluto; perciò l'emanato deve rimanere in Dio.
E se è così, non posso pensare a Dio, completo dell'emanazione e a Dio privo della sua emanazione, come a due momenti diversi della sua esistenza, perchè negherei a Dio il suo carattere immutabile ed eterno.
Perciò l'emanato non solo deve restare in Dio, ma deve esservi sempre stato.
Se, allora, causa e causato sono una realtà unica, quell'inizio e quella fine che ho ricercato e ritrovato nell'esistente, non sono eventi oggettivi, sono illusioni, sono apparenze.
Allora quanto noi percepiamo non è la realtà; è l'apparenza di essa. Sono congetture che la nostra mente costruisce su informazioni che le pervengono dai sensi, ma non è la realtà di ciò che è.
La realtà è ciò che è, e non ciò che i nostri sensi ci fanno ritenere che sia.
Allora com'è conciliabile questa apparenza con una realtà diversa?
Certo deve esserci un modo comprensibile che concili questi due aspetti del problema, ed è proprio da questa spiegazione che devono scaturire i valori antropologici, e non il contrario. Cioè errato sarebbe, da valori umani, immaginare la realtà di Dio e su quello creare un'etica. E mi pare che proprio questo errore sia stato fatto. Cioè partendo da ciò che i nostri sensi ci fanno ritenere realtà, gli uomini abbiano tratto tutte quelle concezioni del divino che ne fanno un essere antropomorfico, se non nell'aspetto, per lo meno nel comportamento. Invece mi pare più proprio pensare che Egli sia la causa di tutto, come io ho postulato, ma ne ho dedotto che "causa" e "causato" debbono essere un'unica realtà.
Oppure lo posso immaginare come un ordinatore di un caos preesistente, ma ne ho dedotto che se fosse realmente così, ciò contrasterebbe con la sua natura immutabile ed eterna.
O lo posso immaginare come essere da cui traggono origine tutti gli altri esseri; ma se fosse realmente così, ciò contrasterebbe con la Sua natura infinita e indivisibile.
Allora cosa significa?
Significa che io posso immaginare Dio come più mi aggrada, come più mi fa piacere, ma per essere veramente tale, Egli non può che essere l'unica verità, l'unica realtà, perchè solo così Egli è immutabile, infinito, indivisibile, eterno, perfetto, completo, onnipresente, onnisciente, assoluto.
Questo è il Dio al quale posso credere senza far torto alla mia ragione."