ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
03-04-2005, 23.18.07 | #22 | ||
Utente bannato
Data registrazione: 05-11-2002
Messaggi: 1,879
|
Citazione:
Il perdono non è che la via del bene e del sacrificio, non è l'unica giusta via e non sempre è la migliore quando qualcuno imposta la propria filosofia sulla base dell'altrui perdono nei propri confronti. Non ci sono regole da seguire schematicamente. Ogni circostanza richiede una speciale analisi, una speciale risposta; ed ogni volta bisogna far tesoro delle esperienze per confrontarle con quelle future... x Gyta Citazione:
Voglio isolarmi. L'identità con la gente l'ho realizata in me, ma la gente va giustamente per conto suo. |
||
04-04-2005, 05.21.37 | #24 | |
______
Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
|
Citazione:
Il cammino interiore (o spirituale) non è uguale per tutti.. è normale.. Ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di silenzio e solitudine, di appartarci, persino di stare lontano dai nostri simili.. Non c'è nulla di male in questo, non c'è un percorso unico per tutti, siamo uno ma abbiamo i nostri caratteri, i nostri ricordi, la nostra storia, e se il nostro cuore ci chiede di seguire un cammino è al nostro cuore che dobbiamo dare ascolto, solo ascoltando profondamente in noi possiamo trovare il percorso, il nostro percorso.. Non tutte le persone che hanno trovato il loro centro, la loro espressione della spiritualità scelgono il cammino della condivisione.. c'è chi nel suo cuore si sente portato altrove, sente di essere più utile a se stesso ed al mondo restando lontano dal mondo, gli stessi 'maestri' non erano tutti uguali.. Penso sia <giusto> ciò che riusciamo a compiere 'meglio'.. nient'altro.. Riguardo al riconoscere in noi le nostre polarità mi riferivo più classicamente al carattere maschile e femminile a base del nostro centro, ma giustamente il discorso come tu noti si amplia sino al sentirci specchio dei più diversi sentire.. E' logico che l'essere in vita ha il suo significato e che l'unica realtà non è la 'morte' ma anzi la Vita, ma probabilmente -come la intendo io- non la vita umana, ma quella al di là della nascita e della morte.. Allora la vita umana può acquistare più pieno significato di fronte al superamento della morte, del 'concetto' della morte.. Morire in vita, cioè rendersi conto del sostanziale inganno del concetto di morte come fine-epilogo della vita (umana), per vederla come porta alla Vita, quella 'vera', quella unica, sostanziale, 'reale' alla base di tutto.. e l'altra -la vita/nascita-morte umana- solo come fase apparente di un qualcosa che Altro è.. Ma qui si va dentro ai concetti.. ed ancora non mi sento 'pronta' per esprimerli a parole, poiché anch'io ho la 'mia' strada che riconosco e percorro man mano dove le convinzioni al di fuori lette e non fatte/sentite-profondamente proprie possono, anzi sono, solo ostacolo al cammino, che chiede un'apertura senza bagagli in testa.. C'è però una cosa della quale sono certa, riguardo al perdono.. Il 'perdono' è necessario, indispensabile, non perché sia <bene> o <male> ma semplicemente perché nel cammino del perdono vanno ad abbattersi tutti quei muri e quelle chiusure che impediscono al nostro essere di aprirsi al 'sentire', alla 'luce'.. Il 'concetto non è solo 'buddhista' o 'cristiano' ma base di una completa accettazione di se stessi, la stessa cosa per esempio è 'classica' del percorso psicanalitico, dove molti blocchi e molte sofferenze mettono radice proprio in una non accettazione di ciò che ci è accaduto, del nostro vissuto, e del comportamento degli altri nei nostri confronti.. Se 'perdoniamo' lasciamo l'<altro> libero di essere quello che è e noi liberi di riconoscere ciò che siamo, 'separatamente' dall'altro, dall'altrui comportamento nei nostri confronti.. Senza questo riconoscere l'altrui diversità non è possibile riconoscere l'identità sostanziale alla base, e quindi giungere al senso di unione profonda.. 'Perdonare' non significa far finta che qualcuno non ci abbia volontariamente o meno ferito, fatto del male, ma comprendere anche la sua 'libertà', il suo 'percorso' di essere differente.. Non significa non sentire più il dolore, ma sentirlo in modo diverso.. Non il 'dolore' ci lega più a lui ma il saperlo uomo come noi, il saperlo 'buddha' come noi.. Riguardo alle difficoltà sul perdono penso di essere la più 'qualificata' a parlarne.. penso -forse- d'esser qui anche per questo.. penso sia lo scoglio più grosso.. immagino che dopo questo la via sia decisamente molto più scorrevole.. Dentro questo sentimento che ci ancora e ci rende schiavi c'è molto di più di ciò che appare.. L'incapacità di accettare il 'male' dagli altri ( a parte che di solito è proporzionale alla capacità di comprensione profonda verso noi stessi ed i propri 'errori' o 'cadute'..! -e non è poco!!) -non so come- ci lega all'apparenza e ci impedisce di 'volare', ci impedisce di 'aprirci', perché fondamentalmente è 'chiudersi', è 'chiusura', è muro, è difesa preventiva.. Non la difesa di quando uno ti da un cazzotto e tu ti sposti per non farti beccare, ma quella di quando giri talmente chiuso ed armato da non riuscire più a distinguere amico da nemico, e fondamentalmente vedere negli altri principalmente il nemico.. Questo non aiuta, non porta all'unità, ma alla guerra anche se sei pacifista, perché fondamentalmente porrai attorno a te le basi della separazione.. 'Buddha' rende vita ai 'buddha' potenziali proprio nel riconoscerli tali.. Un po' come avviene con i bambini.. avrai più possibilità di tirar fuori il lato buono di un bambino nel momento che gli dai fiducia e non quando lo fai sentire 'cattivo' (al di là che lo sia stato o meno) So che il discorso è incredibilmente 'delicato', è un bel mattone, è una bella ancora che fa affondare.. Ecco perché ogni ricerca che si 'rispetti' è sempre partita da un 'conosci te stesso' per avere la possibilità di riconoscere i propri sentimenti, le proprie insicurezze, le proprie paure e portandole alla superficie riconoscerci altro da queste.. Solo una volta riconosciute queste paure, questi sentimenti come risposta automatica in noi, e non il nostro centro, non il nostro essere, ma solo risposte-condizionate, si può iniziare il passo verso il riconoscimento e la scoperta della propria più reale e profonda <identità> (quell' <Uno> al di 'sotto' di tutto..) Ed oltre tutto ciò riguardo al perdono sento che c'è parecchio altro.. che il discorso non si chiude qui.. Atisha scrive:"..il confronto con le nostre sofferenze affettive.. per permettersi una completa relazione con l'unica realtà certa: la morte.." In queste parole che non riesco ancora bene a 'vedere', che c'è molto di più di ciò che appare.. (Non soffermarti su "unica realtà certa" ma sul rapporto "morte-Perdono") un abbraccio.. Gyta.. in cammino.. Ultima modifica di gyta : 04-04-2005 alle ore 05.40.38. |
|
04-04-2005, 08.51.42 | #25 | |||
Ospite pianeta Terra
Data registrazione: 17-03-2003
Messaggi: 3,020
|
passaggi...
Citazione:
Per ciò che ti è dato conoscere al momento...l'unica certezza che hai a disposizione è la morte... Partendo da questo fatto..indagando sull'argomento si potrà iniziare a Vivere attimo dopo attimo e si potrà nel tempo sperimentare (sperimentare non ideologizzare) che nessuno nasce o muore... per arrivare a questo comunque è necessaria una trasformazione..l'uscita dalla gabbia dell'ego..ecco perchè tutte le grandi scuole o religiosità suggeriscono lo stesso processo. Citazione:
Non ci sono regole schematiche ma esiste una linea Sacra e universale: cerca di comprendermi.. quando qualcuno giunge vicino alla soglia della morte, che fa? sia il morente che l'assistente al morente cercano di stringersi..di trovarsi, accettarsi..di trovar comunione, di condividere l'attimo, libero dagli schemi e cornici del tempo..creano quindi una nuova FORZA energetica; paura e rancore vengono nell'immediato accantonati ed avviene il Perdono...Nel perdono, sia verso se stesso che verso l'altro (che ancora sei tu..) avviene una trasformazione..un salto quantico. Il Perdono Unisce...accantona il dolore e relaziona! Ora se tu vorrai ripulire il tuo ego totalmente dovrai perdonare...è come se il tuo ego dovesse morire..spirare per innalzarsi a Dio, per raggiungere l'apice della spiritualità..l'Unione totale. Perdonando il tuo ego..ferito per prima cosa, lo accompagnerai alla dipartita ma in comunione non in negazione. Questa azione ti permetterà di perdonare anche l'inconsapevole che ha permesso tu ti ferissi..e da questa ferita trasformarti... E' possibile farlo..non sai che gioia..che energia ti travolgerà... Citazione:
rispondo anch'io... e' naturale sentire questa voglia di fuga...è un momento veramente importante che racchiude una ri-nascita.. E' un momento di raccolta di energie.. per realizzare questo passaggio è necessario "economizzare" ogni aspetto di energia, per dar spinta maggiore alla stessa di passare dai centri inferiori ai centri superiori...di innalzarsi. Ho vissuto questo stato per ben tre fasi.. Tutto deve divenire Esperienza e stabilizzarsi in uno stato Superiore di coscienza. Mi preme ricordarti che è solo un naturale passaggio, il sentire il bisogno di racchiudersi e trovar certezze con la propria "gente"..shanga..monastero...m a dovrai anche saper tornare indietro..accogliendo gli altri. Ciò che tu ora chiami "identità" dovrà trasformarsi in "Compassione"..ed accettare anche la gente che fugge... che non vede..che va per conto suo...accettarla nel tuo profondo, non solo a parole o con falsi atteggiamenti ad uso della massa che ti osserva..(attento che è ben diverso) Solo allora potremo entrare completamente alla Casa.. alla Casa del Padre...e poi decidere di spostarci definitivamente tra i monti..ma dai monti sapremo scendere a valle quando vorremo..e sapremo danzare con gli abitanti della valle...e non saremo solo fuggiti... Ultima modifica di atisha : 04-04-2005 alle ore 09.04.25. |
|||
04-04-2005, 09.02.04 | #26 | |
iscrizione annullata
Data registrazione: 26-11-2004
Messaggi: 245
|
Citazione:
Sei lo stesso Mistico che sta scrivendo con tanta sensibilità sull'agonia del Papa? Dove è l'amore, la serenità e il perdono nel tuo cuore? Sprechi ancora il tuo tempo terreno ad avercela con l' altro sesso? Cosa c'è di più puro e spirituale dell' amore materno, cosa ci fanno queste donne che scelgono i figli SEMPRE e comunque. Quanto dolore in questi uomini che si sentono delusi, trascurati, poco accuditi, scarsamente amati! L'attimo di accoglienza che ti offre una donna è eterno , ma tu sei troppo preso a codificare, quantificare e catalogare l'istante d'amore.... O forse gli uomini sono troppo presi a tessere ragnatele per catturare frustrate principesse azzurre (che poi scappano) Certo che le donne scappano e danno calci nel sedere quando assistono a ridicole competizioni coi loro cuccioli... Non sono in cerca di figli ma di leali e capaci interlocutori che non siano assillati da mille insicurezze. Lascia che le donne accudiscano i loro figli, prendi da loro quello che sanno darti. Mi spiace che tu ti senta usato, le persone intelligenti non si fanno usare, scelgono sempre! Con tutto il mio affetto! p.s. scusa se sono stata confusionaria! |
|
04-04-2005, 11.02.47 | #28 |
______
Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
|
A proposito di.. <Noi>
da "Sul vivere e morire" - J.Krishnamurti
"Abbiamo paura della morte, ma che cos'è la paura? Comprendiamo l'inevitabilità della morte, e poiché non vogliamo morire, ne abbiamo paura. Ma non abbiamo mai saputo cosa sia la morte, non abbiamo fatto altro che proiettarne un'idea, un'opinione. Quindi abbiamo paura della nostra idea della morte. È talmente semplice che non riesco ad accettare la nostra difficoltà nel comprenderlo. Per poter sperimentare realmente la paura, dobbiamo essere un'unica cosa con essa. Dobbiamo essere completamente pervasi dalla paura, senza evitarla; lasciamo stare quello che pensiamo, che crediamo, su di essa. In ogni caso non penso che molti tra noi abbiano mai sperimentato la paura in tale modo, perché siamo sempre intenti a evitarla, a sfuggirla. Non restiamo mai in sua compagnia, osservandola, cercando di capire di cosa si tratti. Mi chiedo se la mente sia capace di vivere con la paura, fondendosi con essa. Le è possibile penetrare quell'emozione invece di evitarla o di cercare di sfuggirla? Penso che il fatto che viviamo una vita talmente piena di contraddizioni sia in gran parte dovuto al nostro continuo tentativo di sfuggire alla paura. Signori, siamo ben consapevoli, soprattutto con il passare degli anni, che la morte ci sta aspettando. E ne abbiamo paura, non è vero? Ora, come possiamo capire tale paura? Come possiamo liberarci dalla paura della morte? Cos'è la morte? È esattamente la fine di tutto ciò che abbiamo conosciuto. Ecco la realtà. Il punto non è se sopravviveremo o non sopravviveremo. La sopravvivenza dopo la morte non è che un concetto. Noi non sappiamo, ma crediamo, perché credere ci conforta. Non affrontiamo mai il problema della morte in sé e per sé, perché l'idea stessa di arrivare a una fine, di penetrare nel regno dell'ignoto è talmente orripilante da risvegliare la paura. Avendo paura, facciamo ricorso a varie forme di credo religioso, che sono semplicemente vie di fuga. Per poter liberare la mente dalla paura dobbiamo assolutamente conoscere cosa voglia dire morire mentre siamo ancora nel pieno delle nostre facoltà fisiche e mentali, per esempio mentre andiamo in ufficio o partecipiamo a qualche evento. Dobbiamo penetrare la natura della morte da vivi. La fede non ci libererà dalla paura. Potremo anche leggere un bel po' di libri sull'aldilà, ma non ci aiuterà a liberare la mente dalla paura, perché la mente è abituata a un'unica cosa, che è la continuità perpetuata dalla memoria, e quindi l'idea stessa di cessare di esistere appare orribile. Il costante ricordo delle cose che abbiamo sperimentato e goduto, tutto ciò che abbiamo posseduto, il carattere che ci siamo forgiati, gli ideali, le visioni, la conoscenza: tutto ciò è destinato a finire. Come possiamo liberarci dalla paura? È questo il problema, non le varie ipotesi sulla vita oltre la morte. Se voglio essere libero dalla paura della morte, è sicuramente necessario che io ne indaghi la natura. Devo farne esperienza, devo sapere di cosa si tratti, devo conoscere la sua bellezza, le sue impressionanti caratteristiche. Morire dev'essere qualcosa di straordinario, entrare in una dimensione che non abbiamo mai immaginato, totalmente sconosciuta. Ora, in che modo può la mente sperimentare, da vivi, quella cessazione che chiamiamo morte'? La morte è la cessazione. È la cessazione del corpo, e forse anche della mente. Non sto cercando di scoprire se ci sia vita dopo la morte. Ciò che mi interessa è la cessazione. Posso sperimentare tale cessazione mentre sono ancora in vita? Come posso far sì che la mia mente, con tutti i suoi pensieri, le attività, i ricordi, giunga alla fine mentre sono in vita, con il corpo non ancora intaccato dalla vecchiaia e dalla malattia, o spazzato via da un incidente? La mia mente, che ha edificato un senso di continuità, può cessare ora, invece che all'ultimo respiro? Voglio dire, è davvero impossibile liberare la mente da tutto ciò che la sua memoria ha accumulato? Qualsiasi cosa siate, buddhisti, induisti, cristiani o altro ancora, siete plasmati dal passato, dalle abitudini, dalla tradizione. Siete avidità, invidia, gioia, piacere, il godimento di qualcosa di bello, l'angoscia del non essere amati, del non riuscire a realizzarsi; siete tutto ciò, ovvero il processo della continuità. Consideriamone un aspetto: siete attaccati a ciò che possedete, a vostra moglie. È un dato di fatto. Non intendo parlare del distacco. Siete attaccati alle vostre opinioni, al vostro modo di pensare. Ora, siete capaci di porre fine a tale attaccamento? Perché siete attaccati? È questo il punto, non come realizzare il distacco. Se vi sforzate di essere distaccati, non fate altro che alimentare l'opposto, e di conseguenza la contraddizione continua. Tuttavia nel momento in cui la vostra mente è libera dall'attaccamento, è anche libera da quel senso di continuità che è generato proprio dall'attaccamento, non vi pare? Allora, perché siete attaccati a qualcosa? Perché avete paura che senza tale attaccamento non sareste nulla; quindi voi siete la vostra casa, siete vostra moglie, siete il vostro conto in banca, siete il vostro lavoro. Siete tutte queste cose. Se riuscirete a mettere fine a tale senso di continuità, generato dall'attaccamento, facendolo cessare completamente, saprete cos'è la morte.. Quando la morte sopraggiunge non ci chiede il permesso, arriva e si prende la nostra vita, ci distrugge in un sol colpo. Possiamo lasciar andare nello stesso modo l'odio, l'invidia, l'orgoglio del possesso, l'attaccamento al credo, alle opinioni, alle idee, a un certo modo di pensare? Possiamo abbandonare tutto ciò all'istante? Non c e un metodo' per farlo, perché ciò non rappresenterebbe altro che una forma di continuità. Abbandonare credo, opinioni, attaccamenti, avidità o invidia vuoi dire morire, morire ogni giorno, in ogni momento. Se giungiamo alla cessazione di ogni ambizione, istante dopo istante, conosceremo quella condizione straordinaria che consiste nel non essere nulla, nel raggiungere, per cosi dire, l'abisso dell'eterno movimento, e oltrepassarne il confine, che è la morte. Voglio sapere tutto della morte, perché la morte potrebbe essere la realtà, potrebbe essere ciò che chiamiamo dio', quel qualcosa di assolutamente straordinario che vive e si muove, eppure non ha inizio né fine. Ecco perché voglio conoscere la morte completamente. Perciò devo morire a tutto ciò che già conosco. La mente può essere consapevole del non conosciuto solo se muore al conosciuto, se muore senza avere obiettivi, senza sperare in una ricompensa né temere una punizione. Allora potrò scoprire cosa sia la morte mentre sono ancora in vita, ed è in tale scoperta che posso trovare la libertà dalla paura. Che ci sia o non ci sia una continuità dopo la morte fisica è irrilevante. Che ci sia o non ci sia una rinascita è una questione di nessun conto. Per me la vita non è separata dalla morte perché nella vita c'è la morte. Non c'è separazione tra la morte e la vita. Possiamo conoscere la morte perché la mente muore in ogni istante, ed è in quella cessazione, non nella continuità, che si cela il rinnovamento, la novità, la vitalità e l'innocenza. Tuttavia, per molti di noi la morte è una cosa che la mente non ha mai davvero sperimentato. Per poter sperimentare la morte mentre siamo ancora vivi, dobbiamo abbandonare ogni sotterfugio mentale, ovvero tutto ciò che ci impedisce un'esperienza diretta. Mi chiedo se abbiate mai conosciuto veramente l'amore. Penso che in realtà morte e amore vadano di pari passo. Morte, amore e vita sono la stessa identica cosa. Ma noi abbiamo diviso la vita, così come abbiamo fatto con la terra. Parliamo dell'amore come di qualcosa che può essere carnale o spirituale, e abbiamo dato avvio a una battaglia tra il sacro e il profano. Abbiamo separato ciò che l'amore è realmente da ciò che dovrebbe essere, cosicché non giungiamo mai a sapere cosa sia. L'amore è senza dubbio una sensazione totale che non è sentimentale, nella quale non c'è alcun senso di separazione. È la completa purezza della sensazione senza le caratteristiche divisorie e frammentanti dell'intelletto. L'amore non ha un senso di continuità. Laddove c'è un senso di continuità l'amore è già morto, ha il retaggio dello ieri, con i suoi tristi ricordi, le liti e le brutalità. Per amare bisogna morire. La morte è amore, le due cose non sono separate. Tuttavia non voglio che vi lasciate incantare dalle mie parole: dovete sperimentarlo, e cioè penetrarlo, gustarlo e scoprirlo da soli. La paura della più totale solitudine, dell'isolamento, del non essere nulla è la base, la radice stessa della nostra autocontraddizione. Poiché abbiamo paura di non essere nulla, subiamo la frammentazione generata dai nostri desideri, ognuno dei quali ci spinge in una direzione diversa. Ecco perché c'è sicuramente libertà dalla paura quando la mente conosce l'azione totale, non contraddittoria; un azione nella quale andare in ufficio non è diverso dal non andarci, dal diventare un sannyasin, dal meditare o dall'osservare il cielo al tramonto. Tuttavia la paura stessa dev'essere sperimentata, altrimenti non può esserci libertà dalla paura, e per sperimentare la paura occorre rinunciare a ogni metodo e mezzo per sfuggirla. Il dio in cui credete è un meraviglioso espediente per sfuggire alla paura. I rituali, i libri, le teorie e il credo ci impediscono di sperimentarla realmente. Scopriremo che solo nella cessazione c'è una totale assenza di paura; la cessazione dello ieri, di ciò che è stato, ovvero del terreno in cui la paura affonda le sue radici. Solo così capiremo che l'amore, la morte e la vita sono un'unica cosa. La mente è libera solo quando è stata abbandonata l'accumulazione della memoria. La creazione è nella cessazione, non nella continuità. È l'unica via per giungere a quell'azione totale che è vita, amore e morte.." Gyta Ultima modifica di gyta : 04-04-2005 alle ore 11.19.36. |
04-04-2005, 11.34.27 | #30 | |
Utente bannato
Data registrazione: 05-11-2002
Messaggi: 1,879
|
Citazione:
Quando si perdona si fa una cosa semplice: “si rinuncia alla vendetta ed all’odio”, nient’altro. Quando si impara che qualcuno ha saputo compiere del male senza alcun successivo pentimento, lo si può “anche “ perdonare, ma non bisogna commettere l’errore di dimenticare cosa ha mostrato di essere. Il concetto di perdono è diverso, a seconda di chi lo adotta. Il perdono cristiano implica l’amore in luogo del disprezzo e della vendetta. Non è logico. Il mio perdono non è cristiano ed anche implicando la rinuncia alla vendetta ed all’odio non si esime dall’oggettivo riconoscimento della natura vile di chi viene perdonato; così, mentre io perdono, la persona perdonata ha già sentenziato, con la qualità della propria azione, la qualità del proprio stesso essere. Pertanto, non sono io a giudicare, ma il perdonato a qualificarsi conformemente a ciò di cui è capace. Il pentimento dopo l’aver commesso un torto indica una persona in crescita interiore. La recidività dopo il pentimento indica una persona pericolosa e che non progredirà oltre, nella propria crescita interiore. Lo so che è un errore fare “di tutta l’erba un fascio”, eppure, tutta l’erba è “erba”. Qualcuno ha dubbi in proposito? Perciò, mie care donne (care davvero, nonostante voi stesse), sedetevi ed accettate le cose per come sono, perché, per mia sfortuna, dopo 52 anni e non so più quante compagne, anche grazie alla mia empatia ho finito col conoscervi di gran lunga meglio di quanto voi stesse potreste mai: La donna ha due livelli di pensiero, il “burattinaio” al primo piano ed il burattino al piano terra. Il burattinaio è un essere isolato e chiuso, depositario di ogni desiderio/pretesa, che nulla è disposto a concedere ed a nulla è disposto a rinunciare. Egli usa tutto a proprio vantaggio, compreso il burattino. Non c’è modo di dialogare con lui se non attraverso il burattino che vive al piano terra. Il burattino è la donna che si mostra al mondo, vero capolavoro di mixing tra un uomo ed un robot telecomandato dal burattinaio. Il burattino è capace di ogni buon sentimento ed azione e contemporaneamente è schiavo più o meno complice del burattinaio che, attimo per attimo, gli suggerisce scuse e virtuali giustificazioni per riuscire a convincersi, in assoluta sincerità, a fare tendenzialmente sempre e soltanto gli interessi del burattinaio. Ed ecco un essere amabile e gradevole, una vetrina di artigianato locale del Paradiso, una promessa vivente di completamento, ecco la persona che ti guarderà le spalle mentre tu combatti per te e per lei in ogni altra direzione contro tutti gli altri… e… lei, delle tue spalle, guarda solo il punto in cui, prima o poi, affonderà la sua lama, come falce che miete il raccolto. Voi non lo sapete e non potete saperlo. Ma è esattamente così. Quando non mietete il grano… è solo per due possibili ragioni alternative: 1- il grano non è ancora abbastanza, ed il burattinaio è paziente; 2- non siete donne abbastanza, ed il burattinaio è un dormiglione. Si può odiare qualcuno che è quel che è senza colpa? No, Non si può odiare e non si odia. Quando lo si conosce lo si può muovere con maggior efficienza del suo stesso burattinaio interiore, perché SEMPRE, SEMPRE, quando uno ha qualche costante caratteristica è prevedibile, e la prevedibilità è debolezza. Contro questa debolezza, questa prevedibilità, voi donne operate disperatamente nel senso di nasconderla agli uomini, negarla risolutamente… State a vedere cosa risponderete a tutto questo che ho detto: … |
|