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10-11-2014, 22.42.06 | #22 | |
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Ricambio il gradito saluto VanLag, sto scrivendo e contemporaneamente, causa calo di zuccheri (che vuoi, l’età...) sgranocchio dei biscotti alle gocce di cioccolato. Davvero buoni, tanto che devo decisamente spostarli per non cadere nella sponda opposta, eccesso di zuccheri. Certo che la macchina (o l’ente, per non dargli una connotazione tecnica) che ha generato e mantiene in essere l’illusione sa far bene il suo lavoro, ogni cosa con cui veniamo in contatto è decisamente convincente… come questo gusto di cioccolato che persiste nelle mie papille gustative. Wiki: Un'illusione è una distorsione di una percezione sensoriale, causata dal modo in cui il cervello normalmente organizza ed interpreta le informazioni che riceve. Ad esempio un miraggio e poi quelle d’altro tipo che vengon spiegate continuandone la lettura. Ma queste distorsioni al pari delle non-distorsioni son sempre, secondo quel che hai scritto, illusioni; tale la realtà (vera essenza) del tutto che sperimentiamo. “Vera essenza” non è scritto a caso, introduce ad altri due concetti: quello di verità e di essenza (che in questa sezione s’identifica con lo spirito). Il buffo della questione è che se tutto origina dall’illusione… può esser tale anche un’elaborazione raffinata del pensiero, quale il concetto di verità. E che dire delle esperienze spirituali, che sicuramente coinvolgono i sensi, secondo la definizione di wiki parrebbero ricaderci. Ma sai che succede da qui in avanti? Tutte le informazioni che ognuno di noi ha accumulato (cultura ed esperienza) fronteggiano queste quattro parole testé scritte, individuando falle, incongruenze, deficit logici, semantiche inappropriate e alla fine dell’analisi (che può essere immediata) classificando queste mie informazioni (tutto è informazione, a mio vedere) e trovando loro il posto appropriato, sovente il cestino. In diverse discussioni nel forum non pochi interlocutori che hanno un solido e cospicuo bagaglio di conoscenze son quelli che per quanto s’applicano a tentar di chiarir l’un l’altro la propria posizione, arrivano alfine a dire di non capirsi… Che dici, sarà la mano di Maya che agisce per confondere le acque, per non trovar la traccia giusta? O una versione sempre agente nell’uomo della torre di Babele? O non è che il nostro pensiero, l’unica modalità che abbiamo (beh, gli innamorati ne han altre…) di interagire ha dei limiti, perché elabora a mezzo di modelli edificati dalle informazioni di cui dispone e perciò sempre parziali? Con ciò non disconosco il suo valore, la sua potenza ed efficacia, tutt’altro. Ma quando entro in un bar, come giustamente mi fai notare… cerco il bancone per aiutarmi con una bevanda a mandar giù questi benedetti biscotti alla cioccolata… che prima mi parevan ottimi, ma al mangiarne troppi… al pensare troppo… (mi ero illuso di poterli spostare…). |
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13-11-2014, 11.09.28 | #23 | |
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Nike : Di quanto dicevano , vuol dire Prof , ha visto , e' intervenuto anche Vanlag , quello vero . Prof : Si Si ho visto , noto che ci sono due tendenze opposte : Galvan propende per una ricerca di verita' oggettive a cui risalire , provenienti da una fonte immutabile , all'opposto Vanlag richiama al concetto di impermanenza cioe' all'illusione che vi sia qualcosa di vero : l'essenza e la verita' di cui parla Galvan . Nike : a Vanlag mi verrebbe da rispondere , cosi' d'impeto , che potrebbe essere un'illusione anche il fatto che la realta' appaia appunto illusione , mutevole mentre sotto sotto vi potrebbe essere una realta' immutabile , stabile la cui vista e' destinata a chi riesce a togliere il velo di Maya Prof : Si ci sta ma tutta la filosofia si muove tra questi due poli dando a ciascun polo nomi diversi DIO , UNO , TUTTO o Maya , impermanenza , esistenzialismo . Quello che e' interessante e' che chi sposa una tesi di solito proviene dalla tesi opposta , abbandonata per vicende della vita e per la propria psicologia , carattere e....nulla vieta che ritorni alla tesi originaria . Nike : Capisco , comunque ancora non mi ha risposto prof perché certe verita', asseritamente considerate BENE , in certi momenti non vengono viste come tali , come se ci fosse un'imbecillimento dell'Essere per non usare gerghi strani e perché , come ha detto Galvan , il fatto di conoscere questo cd. BENE non dovrebbe garantire una vita in discesa o senza incidenti , questo mi sembra il punto . Cosa impedirebbe al cd BENE di affermarsi da sé , se conosciuto ? |
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13-11-2014, 16.33.21 | #24 | |
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Nike : un po' come faceva Vangal qui in corridoio ? Prof : si esatto . A tal proposito c'e' un tipo , sembra assai in gamba ,che pare abbia inventato una massima o una verita' detta in sintesi : '' il meglio e' nemico del bene ''. Anzi ha detto di piu' , spero di non confonderti e cioe' che Dio non puo' essere BENE altrimenti non potrebbe essere '' MEGLIO ( di quel BENE )'' . Che significa secondo te ? |
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13-11-2014, 21.47.46 | #25 |
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Nel rispondermi VanLag afferma che sia la macchina ad aver generato l’illusione; poiché non ne dà altra accezione concorda con me che tale macchina sia il pensiero. (… per l’auto del pensiero ).
Il pensiero-pilota dell’io quando si radica nell’individuo, descrive a sé stesso il mondo mentre lo sperimenta in qualsiasi forma. Tutto ciò che si può sperimentare è il samsara, lo specchio dell’io (mia interpretazione). Togli il pensiero e non c’è più descrizione… come accade al bimbo che è in uno stato indifferenziato, quello dell’esperienza di Jung e nostra (per chi la vuol ricordare… non pare interessi granchè…). Colà non vi son questioni, esperienze… e tutte le attività che presuppongono una interrelazione con l’io (l’immagine e lo specchio che la riflette). E non essendoci un io non c’è nessuno che può dir alcunché su tale stato. Neppure che sia uno stato mentale. Tutto quel che si dice, si pensa, si crede, si spera, si sente… non è quello. Poi i nomi per appiccicargli un’etichetta son diversi: Tao, nirvana, stato naturale… spirito e altri. Tutti fuorvianti… l’uomo non riesce a farsene una ragione che via sia qualcosa (direi il contrario, molto…) su cui la sua macchinina del pensiero non possa scorrazzare… Che vi sia qualcosa che non torna nel ritenersi solo pensiero, nell’essere solo quel movimento è evidente a chi ne abbia (e abbia avuto) interesse. Se la realtà non è solo quello, deve essercene una maggiore o un’altra… quella che ho definita “vera essenza” in risposta a VanLag, per il quale il viaggio si ferma qui, la realtà è illusione… del resto non si può dire… la sua icona che presumo raffiguri LaoTze conferma tal visione. Quindi, questa “vera essenza”, il capolinea del viaggio (ammesso si possa decidere un tal viaggio) è solo illusione? L’esistenza, quello che si prova… l’espressione artistica che secondo l’amico Sebastianb diverrà polvere (avrò modo di spiegar meglio perché non concordo) è solo un effimero fumo che si dissolverà? Io non parlo di quel che non conosco, pur se per costruire un discorso a volte faccio riferimento ad altri/altro. Non ho alcuna idea, né mi preoccupo d’averla, riguardo l’essenza, lo spirito o la verità. Applicandosi col pensiero in tali questioni non se ne ricava nulla di definitivo… mi vien l’immagine di infiniti raggi di sole che continuamente riverberano sull’oceano… pensate che qualcuno di quei raggi possa dir d’averlo illuminato? Così sto come tutti nella mia macchinina (… trafitto da un raggio di sole… o forse sono, in gran parte, quella macchinina) e dopo essermi un po’ stancato d’accumulare informazioni, parlare di quello che han detto o provato altri, illustri o meno, di seguire il flusso del traffico verso mete rassicuranti, di credere o non credere… perché delle due l’una… mi son messo a guardar la mia macchinina, appunto. Che strano, non c’avevo pensato prima… com’è che mi ritrovo qua dentro? E perché da quel momento non faccio che girar a destra e manca, comprar questo e dismettere quello… un’attività continua? Sì, ho provato a spengerlo il motore… c’era qualcosa di soffocante, come aver sempre la radio accesa e desiderare un po’ di tranquillità, di silenzio. Adesso sto meglio… ma un momento, c’è un ronzio di fondo… il motore non è del tutto fermo… sapete, come in stand-by… la corrente, minima, scorre ancora. La corrente del pensiero-pilota dell’io, quella mia peculiare… voglio davvero spegnerla? Lo posso fare (senza intervenire sul corpo)? “Io” dico di no. L’io deve dire di no… altrimenti fine dell’illusione, fine della vita come la sperimentiamo, con “qualcuno” che la vive. Che fretta c’è, arriveremo comunque allo sfasciacarrozze… e lasceremo colà il pensiero di noi stessi. Chissà, forse avremo un po’ di tempo per tirar quattro conti e dirsi, come Boccadoro, che ne è valsa la pena e che non si rinnega né bello né brutto… né bene né male… ma questi son conti che si fanno, se si fanno, appunto alla fine. Per chi non si sostiene ad alcun appiglio, religione, credo o fede che sia, solo una visione d’insieme potrà far luce sul mistero del bene e del male che percorre la coscienza umana. Gli altri han già la loro risposta e vivono conformemente a quella. C’è posto per tutti. |
03-12-2014, 18.28.33 | #26 |
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Mi inserisco in punta di piedi nel Buddha Bar, su invito di Galvan.
Ho dato un'occhiatina solo al primo post. Il punto cruciale nella nostra simpatia/avvicinamento al buddhadharma, a mio avviso sono le mediazioni: farsene una opinioni attraverso ciò che altri ne dicono. Logico finché non si avevano buone traduzioni di testi originali. Oggi qualcunina c'è. Anche io ho letto Hesse, ero giovane, ma non trovo alcun collegamento fra il buddhadharma e il testo di Hesse. Eppure viene spesso citato come rappresentazione del buddhadharma. Cosa ci trovate voi di buddhista nel Siddharta di Hesse (a parte il nome Siddharta)? |
05-12-2014, 23.53.39 | #27 |
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Piove e ripiove, c'è umidità....vado a prendere un caffè bollente al Buddha bar.
Caro Galvan ciao. Per rispondere,perchè è cortesia innanzitutto, a Patrizia M., devo ammettere che ho lontani ricordi persi nel tempo del Siddharta di Hesse Forse aveva un'atmosfera indiana e ricordava una giovinezza di patchouli,di una cultura meno oppressiva, aggressiva, competitiva, ma riflessiva, più pacata e cercava l'essenza con la meditazione e la riflessione. Forse perchè siamo infondo indoeuropei, c'è una parte di noi che tende, e dico per fortuna, ad un atteggiamento umano dove il tempo si lascia scorrere e non forzatamente bisogna anticiparlo e correre,correre...chissà dove poi. Sono forse futili argomentazioni le mie,perchè forse hai ragione tu ,c'era solo il nome Siddharta di orientaliggiante, ma quì da Galvan ci si rilassa in uno stato di quiete bevendo un buon caffè, là fuori piove e c'è umido. Non so fino a che punto l'io costruisce il mondo maya, immaginario. So solo che devo camminare con i piedi per terra e fare i passi lunghi non più della gamba e allo stesso tempo so che viviamo anche nei sogni. Che importanza ha vivere in un mondo maya, in una matrix, in un sogno, se comunque ci spendo dentro qualcosa di me, ci vivo insomma con emozioni, ragioni, sentimenti. Persino un bel romanzo è in qualche modo vita, ci viviamo dentro,ci "prende" e ci porta via, .....lontano da quì che piove. Vivere è importante ed è la qualità della definizione di vivere che fa la differenza, non ha importanza in quale luogo della realtà o irrealtà. Ed è la definizione di vivere che ci manca. Grazie del caffè,caro Galvan... è tempo di andare... e fuori piove:"Arrivederci" |
06-12-2014, 17.57.33 | #28 |
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@Patrizia
A volte non si sa come cominciare… ti garba il thè o preferisci la nera bevanda estratta dai chicchi tostati? Io al mattino una grande tazza di thè nero e ogni tanto, usualmente al bar, un caffè, lungo. A volte macchiato. Onorato della tua presenza mi son chiesto cosa s’intenda per buddhadharma, la via del buddha. Quella sotto riportata è un’interpretazione tra le molte. "Prendi rifugio nel jiko – la nostra identità universale, prendi rifugio nel dharma – l’universale forza vitale". I preti buddisti oggigiorno parlano molto di dharma, ma prova a domandargli di spiegartelo. Pochissimi di loro sono in grado di definirlo chiaramente. (Kosho Uchiyama Kosho) Alla quale mi vien da associare il seguente estratto: A quel punto si imbatte in un barcaiolo che insegna al ragazzo l’essenza dell’acqua, mostrandogli il proprio spirito, come se il fiume fosse un’entità viva. Vasudeva, questo il suo nome, ci abita e condivide con Siddharta l’idea che il fiume sia vivo, che parli, che insegni. Siddharta decide di rimanere con Vasudeva da cui imparerà molto, anche durante i lunghi silenzi. (Wiki – Siddharta) Il fiume come simbolo dell’universale forza vitale e l’individuo Siddharta che alfine diverrà uno con quella. Un altro collegamento potrebbe essere tra il seguente: "dalla notte in cui il Tathagata ha ottenuto il supremo, completo risveglio fino alla notte in cui egli entrato nel parinirvana senza residuo, non è stata da lui pronunciata o espressa sillaba alcuna, né egli parla né parlerà; ma tutti gli esseri, a seconda delle loro inclinazioni, diversi per carattere e disposizione, pensano che la voce del Buddha sia risonata in mille modi diversi. Essi così pensano, ognuno per conto suo: il buddha a noi ha insegnato questa dottrina, noi abbiamo udito questo insegnamento dal Buddha. Ma il buddha ha superato le costruzioni e le divisioni del pensiero" (tathagataguhyasutra) e questo: Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po' diverso quando lo si esprime, un po' falsato, un po' sciocco, sì, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d'accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d'un uomo suoni sempre un po' sciocco alle orecchie degli altri. (Siddharta - H. Hesse) Alla fine si ritorna sempre alle parole (linguaggio) e al pensiero che le veicola, ed entrambe le citazioni ne delineano i limiti. Sovente riteniamo convincenti i nostri ragionamenti conferendo al pensiero dal quale provengono (capacità di) discriminazione, elaborazione e sintesi. Come un computer, introdotti i dati iniziali, la mente a mezzo del pensiero elabora una soluzione (o continua a girare intorno alla questione se non può contare su sufficienti informazioni). In tutta la storia delle religioni si evidenziano i limiti del pensiero e conseguentemente quelli d'ogni linguaggio che da quello procede, eppure tutte loro, tutta la filosofia e la psicologia son fiumi di parole con le divisioni che comportano. Cosa vi sia oltre il linguaggio ovviamente non si può dire con le parole, solo darne un’indicazione, ad esempio paragonandolo all’esser come bambini. Spesso vien consigliata/suggerita una qualche pratica (queste sì son davvero infinite…) che in ultima ne permetterebbe l’esperienza. La scontata osservazione è chi sia che l’esperisce, stante che Io-pensiero-linguaggio non sono divisibili. Ma parlar di questo ci porterebbe troppo lontano, invece vorrei concludere domandandomi quale sia l’indicatore principe di un vero percorso spirituale, riportando (poiché rispondo a domanda sul buddismo) un’opinione qui sotto: La sola cosa che continuerò a dire finché avrò fiato, è che nessuna spiegazione del buddhadharma può mai essere un discorso che tratta di discriminazione e di distinzione. Io penso che pochissime persone lo capiscano. (Kosho Uchiyama Kosho) Un caro saluto @paul11 Poco sopra mi chiedevo cosa vi sia oltre il linguaggio… poi ho visto e letto con somma delizia il tuo post (non perché mi gratifichi con belle parole… però un po’ sì, eh…) e con sorpresa (la sensazione che mi procura una sincronicità) mi son ritrovato a viverlo. Non importa quanto abbiamo accumulato nella nostra vita sia come conoscenza che come possessi, se non troviamo l’occasione di condividerlo almeno di tanto in tanto, rimane un seme sterile. Ogni persona è chiamata dalle circostanze dell’esistenza a dar prova di non esser un’isola e nel farlo scoprire uno dei significati della nostra fugace apparizione nel pianeta. Poi ci son occasioni particolari, nelle quali la vita nelle sue molteplici manifestazioni (uomini/donne compresi) non ci domanda nulla… per così dire ci lascia un po’ di campo libero, un po’ di tempo da spendere senza dover nulla in cambio… una specie di libera uscita. Che fare se non rivolgersi ai nostri interessi… oppure a quello che seppur per breve tempo ci conforta, quando anche la situazione atmosferica ci si mette di mezzo per rintuzzar il nostro desiderio d’uscir da noi stessi e di casa… Una sera con una persona cara mi trovavo in una pizzeria a mangiar tranci di pizza appoggiati su dei banconi, spendendo davvero poco; vicino a me un uomo sui quarant’anni era intento a consumar la sua, di formato intero. Appena qualche parola e si capiva la sua solitudine, si era separato da un anno e ancora doveva trovar un suo equilibrio nella bella città in cui era andato a vivere. Era una persona semplice, di quelle che non t’imbrogliano e mostrano tutto quel che sono… per qualcuno son disadattati. Ci siamo messi a conversar e scherzare un po’ con lui e la mia dama presto si è impadronita della conversazione. Vedendolo contento d’esser ascoltato e poter conversare con una donna ho ridotto di molto la mia partecipazione non sentendomi (tutt’altro) affatto diminuito. Su quello stretto bancone fronte al muro abbiamo condiviso il tempo del cibo, anche se ognuno ha pagato il proprio, e ci siamo salutati con calore… forse non ci sarà un’altra occasione ma quella l’abbiam colta… Oggi vedo (leggo) paul11 ricomparire al bar e pur dalla distanza che ci separa me l’immagino a sorseggiar il suo caffè bollente… e m’immagino pure d’esser anch’io colà, con la mia tazzina in mano… e provo qualcosa - senza bisogno di ricordar che ho stima di lui e del modo con cui si pone - perché con semplicità divide un po’ del suo tempo con me. A una tal persona, l’incontrassi dal vivo, potrei chieder dell’infinito e dintorni e certo lo farei, bisogna sfruttar l’occasioni, ma poi scambiate le parole se non venisse condiviso qualcos’altro quelle sole rimarrebbero, accatastate sui polverosi ripiani della memoria. E invece dopo il suo saluto, osservandolo mentre ripone la tazzina mi ritrovo una sorta di calore dentro e adesso che (in treno) ho finito di rispondere guardo il cielo… orbene, ha smesso di piover e piccoli squarci d’azzurro e qualche raggio dorato m’accolgono (situazione reale, ore 11, Pisa). È sempre tempo d’andare, verso l’inatteso, lasciato il conosciuto, per aver occasion di ritornare e trovar l’amor cresciuto. Arrivederci a te caro paul… e auguri di buon Natale. |
07-12-2014, 18.55.10 | #29 | |
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Sono una caffettara, mi piace il caffè turco, e quello corretto con un po' di cacao (nonchè un filino di panna) come lo san far solo a Torino. Beh, io comincerei a togliere un po' di carne dal fuoco e partirei con un poco di vyākaraṇa. buddha e dharma sono due termini che hanno origine nella notte dei tempi della cultura indiana, ma se oggi in Italia dico buddhadharma mi riferisco al contenuto di uno o due (semplifico) dei principali canoni scritturali - il canone in lingua pāli tramandato dalla tradizione Theravāda, tradotto anche in lingua sanscrita, ma primariamente rilasciato in lingua pràcrita pāli - il canone della tradizione Mahāyāna (una tradizione tantrica detta anche vajrayana) che fu tradotto dal sanscrito in lingua tibetana, ma di cui diversi sutra furono progressivamente tradotti già precedentemente anche in lingua cinese e giapponese Di tali canoni abbiamo avuto fino ad oggi traduzioni molto dubbie (compresa quella di un esponente nazista italiano certo Pio Alessandro Carlo Fulvio Filippani Ronconi, la quale è andata per la maggiore sino a non moltissimi anni fa, e che è, in realtà di qualità scadentissima a dir poco). Oggi si può fare affidabile riferimento alla traduzione di Raniero Gnoli, Claudio Cicuzza e Francesco Sferra. "La rivelazione del Buddha" Vol. I "I testi Antichi" Vol. II "Il Grande Veicolo" con saggio introduttivo di Raniero Gnoli. Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2001 I primi sono il Canone pāli (in verità credo non tutto ma ancora estratti seppure ampi). Il secondo è invece il Canone cui fa riferimento la tradizione tantrica Mahāyāna (grande veicolo, appunto, mahā sta per 'grande' yāna sta per veicolo, n.b. veicolo e non via: piedi, dorso d'elefante, mulo, cammello, zattera, bici, etc. ... possibilmente non comandati da Schettino ) e la quale sostiene, appunto, che il buddha storico Siddhārtha Gautama Śākyamuni abbia dato anche insegnamenti tantrici. Detto ciò riporterei, per iniziare, il discorso piuttosto terra terra, ovvero sono indecisa se definire prima il termine buddha o prima il termine dharma. Lascio dunque scegliere ad uno dei miei kleśa, ovvero la mia pigrizia, e comincio da buddha. Che cosa è buddha? E' un participio passato. Precisamente il participio passato della radice verbale budh la quale significa "conoscere" ma indica una particolare forma del conoscere per cui buddha significa "colui che ha avuto un conoscimento da se stesso" (cit. Aula di sanscrito, prof. Raffaele Torella, Studi Orientali, Sapienza di Roma). In quella specifica "da se stesso" sono incluse o escluse diverse modalità conoscitive, fra le escluse le c.d. "rivelazioni", e fra le incluse una 'visione' che vede l'essere umano come soggetto dotato in sé della facoltà di, appunto, conoscere. Prima di diventare un fenomeno religioso il buddhadharma è dunque una epistemologia. Questa è solo una indicazione, non esaustiva, approfondibile per mio conto esclusivamente sotto la guida di un esperto indologo e sanscritista (ovviamente del mio io penso che sia the top e the best) e non mi inoltro più di tanto in sanscritismi, perché non ne sono all'altezza e non vorrei rischiare far fare qualche brutta figura al mio guru. Di solito, questo ricondurre il termine buddha a ciò che è, appunto un participio passato, lascia un po' delusi molti. A me piacque. Il termine dharma è un po' più complesso, poiché con esso si possono indicare a seconda del contesto cose diverse. Intendo proprio che la stessa parola, dharma, all'interno del canone (ed anche al di fuori), può indicare cose differenti a seconda del contesto in cui viene usata. Naturalmente conoscendo i criteri diventa facile identificare a cosa si riferisca di volta in volta. Da lì diventa poi più facile trovare le parole per dire cosa è il dharma, almeno secondo la tradizione del buddhadharma, in quanto esso si autodefinisce anche con una certa semplicità. Ultima modifica di Patrizia Mura : 08-12-2014 alle ore 10.45.09. |
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28-12-2014, 13.21.25 | #30 |
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Osservando questa sezione del forum, un tempo la più frequentata e oggi la meno partecipata, mi chiedo quale ne sia il motivo: specchio dei tempi, interlocutori non all’altezza, argomenti che non appassionano?
La mia intenzione nell’aprire questo bar era di creare una sorta di luogo di transito tra il mondo esterno e le stanze (le discussioni) in cui si approfondiscono le questioni… un po’ come il posto di ristoro all’interno di un teatro, per una sosta tra un tempo e l’altro, dove scambiar qualche impressione sullo spettacolo in corso. O anche solo per qualche semplice riflessione (visto dove ci troviamo), un pensiero in libertà o un saluto. Ora mi vien da pensare che il bar (come il treno) possa esser metafora del nostro passaggio nell’esistenza, dove si possono far i ragionamenti più impegnati (anzi si deve poterli fare confrontandoci con chi ne sa più di noi) come si può solo ascoltare o esprimere una sensazione, un’emozione, sino al momento di pagare la nostra consumazione ed uscire, verso altro… qualunque cosa sia. Del prima d’entrare e dell’uscita non rimarrà traccia se non in noi, nella nostra personale scia di vita… ma in quel bar qualcuno, interessato o meno, avrà incontrato i nostri occhi o dato solo un’occhiata distratta alla nostra figura… con ciò agganciando un filo della sua scia con la nostra, non c’è persona che non si possa raggiunger spostandosi di scia in scia. Con tale immagine ripenso alla spiegazione inviata da Patrizia: Che cosa è buddha? E' un participio passato. Precisamente il participio passato della radice verbale budh la quale significa "conoscere" ma indica una particolare forma del conoscere per cui buddha significa "colui che ha avuto un conoscimento da se stesso"(cit. Aula di sanscrito, prof. Raffaele Torella, Studi Orientali, Sapienza di Roma). In quella specifica "da se stesso" sono incluse o escluse diverse modalità conoscitive, fra le escluse le c.d. "rivelazioni", e fra le incluse una 'visione' che vede l'essere umano come soggetto dotato in sé della facoltà di, appunto, conoscere. Prima di diventare un fenomeno religioso il buddhadharma è dunque una epistemologia. per interpretarla secondo il mio sentire, ché se qualcosa è vera dev’esserla in più ambiti e non solamente all’interno di questa o quella ortodossia (religiosa, scientifica o culturale che sia). Su cosa può poggiare quella facoltà del conoscere se non vi fosse la possibilità d’ottenerne delle informazioni? Saltando alcuni passaggi s’arriva a quell’unico immenso fiume che trasporta le scie di tutte le persone e di tutte le cose da esse incontrate nella loro vita, al quale continuamente ci rechiamo a prender acqua per dissetarci. Allora quel conoscimento da se stesso è qualcosa di diverso, appartiene ad ambiti esclusi all’uomo cosiddetto ordinario? Si può pensar che sia così, che vi sia uno sviluppo (interiore) che conduce ad espressioni più sottili della coscienza sino al punto in cui da sé ne rilasci il contenuto autofondante. Ma qui mi piace supporre che tal conoscimento sia l’accedere all’informazione, alla sensazione che vi sia un collegamento con ogni cosa e che tutte le cose, persone ed esperienze siano un unicum… un bar dove direttamente e indirettamente rimangono in essere. Il bar può svuotarsi dei suoi avventori ma il barista ne conserva traccia… e quando anch’egli uscirà e chiuderà il locale… quel collegamento sarà là ad attenderlo. Il collegamento è l’unica cosa che permane. Auguri di buon anno |