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27-08-2007, 13.14.14 | #32 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
[Caro amico Van Lag, (ti ricordi di me?) come al solito i tuoi pensieri portano sempre a spunti interessanti.
La conoscenza di sé è forse il punto più importante della nostra esistenza. Io penso che nemmeno se riuscissimo a vivere mille anni potremmo arrivare al punto di dirci vicini a tale conoscenza. Ciò non toglie però che sarebbe importantissimo indirizzarci su questa strada ed arrivare a cogliere quel poco che ci è permesso dai nostri disparati insegnamenti, dai confini della nostra cultura, dallo scarso coraggio e, soprattutto, dai troppi limiti della nostra intelligenza. Malgrado tutto, anche arrivare ad una tappa prossima alle notre possibilità potrebbe essere sufficiente per cambiare radicalmente, in positivo, il nostro modo di vivere il nostro rapporto con noi stessi e con gli altri. Ed allora, perché, malgrado tutte le autorevoli esortazioni del passato questo non avviene? Perché è difficile, molto difficile e, oltretutto, estremamente…doloroso. Infatti, nel percorrere questa strada si finisce inevitabilmente a trattare con la nostra predominante (e potentissima) componente istintiva che dovremmo imparare dapprima a conoscere e poi a tentare di gestire. E ti sembra una cosa facile in un mondo in cui si è continuamente esortati a seguire i nostri sentimenti piuttosto che il nostro pensiero? Recitano benissimo due antichissimi aforismi: “Nessuno è più schiavo di chi non sa di esserlo” e “Se la tua testa sarà padrona del tuo cuore sarai un re, altrimenti sarai un…pazzo.” Chi li conosce? Come si possono interpretare? Come metterli in pratica e riuscire a farli propri? Il risultato non si discosta molto dal poco o niente e l’andazzo non promette tempi migliori. Bye Max. |
27-08-2007, 13.15.31 | #33 | |
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
Citazione:
Per fortuna esiste quel rischio. Perchè le parole non sono mai nostre nè noi. Perchè non "noi" disponiamo di un linguaggio ma il linguaggio dis-pone ogni volta un "noi" inesistente al di là del suo (non) essere mera pratica linguistica. |
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27-08-2007, 13.23.53 | #34 |
Ospite abituale
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Caro amico Van Lag, (ti ricordi di me?) come al solito i tuoi pensieri portano sempre a spunti interessanti.
La conoscenza di sé è forse il punto più importante della nostra esistenza. Io penso che nemmeno se riuscissimo a vivere mille anni potremmo arrivare al punto di cosiderarci vicini a tale conoscenza. Ciò non toglie però che sarebbe importantissimo indirizzarci su questa strada ed arrivare a cogliere quel poco che ci è permesso dai nostri disparati insegnamenti, dai confini della nostra cultura, dallo scarso coraggio e, soprattutto, dai molti limiti della nostra intelligenza. Malgrado tutto, anche arrivare ad un minimo potrebbe essere sufficiente per cambiare radicalmente (e in positivo) il nostro modo di vivere il nostro rapporto con noi stessi e con gli altri. Ed allora, perché, malgrado tutte le autorevoli esortazioni del passato questo non avviene? Perché è difficile, molto difficile e, oltretutto, estremamente…doloroso. Infatti, nel percorrere questa strada si finisce inevitabilmente a trattare con la nostra predominante componente istintiva che dovremmo imparare dapprima a conoscere e poi a tentare di gestire. E ti sembra una cosa facile in un mondo in cui si è continuamente esortati a seguire "istintivamente" i nostri sentimenti piuttosto che il nostro pensiero. (Ti ricordi la nostra discussione sulle due "gambe" di Gibran?) Recitano benissimo due antichissimi aforismi: “Nessuno è più schiavo di chi non sa di esserlo” e “Se la tua testa sarà padrona del tuo cuore sarai un re, altrimenti sarai un…pazzo.” Chi li conosce? Come si possono interpretare? Come metterli in pratica e riuscire a farli propri? Il risultato non si discosta, generalmente, dal poco o niente e l’andazzo non promette tempi migliori. Bye Max. |
27-08-2007, 17.28.29 | #35 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
Salve!
due antichissimi aforismi: "]“Nessuno è più schiavo di chi non sa di esserlo” e “Se la tua testa sarà padrona del tuo cuore sarai un re, altrimenti sarai un…pazzo.”Chi li conosce? Come si possono interpretare? Come metterli in pratica e riuscire a farli propri? credo che si riferisca alla capacità di una visione consapevole...collocare le "emozioni" nel giusto rapporto con l'accadente e non lasciarsi quindi trascinare da esse claudio |
27-08-2007, 18.57.54 | #36 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
Citazione:
Ho letto solo oggi il tuo post, allora, la paura è l'io, e tutto quello di cui si è "caricato" nella vita, false certezze, false illusioni, ecc. Nel momento in cui lo stesso io comincia ad "aprirsi" ad altre dimensioni (per cause diverse) o ad approfondite i temi esistenziali perchè avverte che c'è qualcosa fuori e dentro che lo "chiama" (non so trovare altre parole), DECIDE CONSAPEVOLMENTE di percorrere una strada e sa che dovrà trasformare, cambiare quell'io al quale è legato, ma ha deciso, nulla lo trattiene. Perchè è il destino dell'anima operare una scelta e seguirla..se è una scelta FONDAMENTALE. A questo punto NON comincia il bello, ma l'ALLENAMENTO. Prima si deve combattere il FALSO IO, e non è piacevole perchè ti ritrovi solo a sbriciolarti come un vaso caduto, senza riferimenti........poi......qu ando sei una tabula rasa, puoi scrivere un'altra storia, devi nuovamente imparare a camminare, a parlare, a pensare; in senso metaforico, ovviamente..... E' faticoso e non è piacevole.....In pratica è come andare in palestra e sudare, sapendo però che raggiungerai dei "risultati". Dei risultati che non conosci, perchè ti affidi.....perchè SENTI che è quella la TUA strada perchè sapevi che quando hai detto SI' non saresti più tornato indietro. La vita è quella palestra, non si morde mai un frutto senza ricordare con nostalgia e amore il colore che aveva il fiore e la gemma che lo hanno generato, che non ci sono più..... E' tutto una PROVA, e tutto reca in sè parte di gioia estrema, parte di profonda sofferenza. Ma non si apprezza veramente la gioia senza aver prima conosciuto la fatica. Forse fa parte della vita......nasciamo nel travaglio...... non so se sono stata più chiara....con affetto. |
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27-08-2007, 19.04.59 | #37 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
Citazione:
1.Non sono d'accordo, è chi ha consapevolezza che taglia le catene. (x me) 2.Arriva un momento nella vita in cui la testa coincide col cuore, certe cose non si pensano solo, si sentono anche, altrimenti meglio esser schiavi inconsapevoli....... concordo con la tua ultima frase ( + o -). Simpatica-mente....... |
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27-08-2007, 20.01.53 | #38 | ||||||||
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
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Non ci è preclusa la conoscenza,e non concordo, (dissento) sulla tua affermazione che ci è permesso “arrivare a cogliere quel poco”…. Forse è difficile comprendere come attivare quella ricerca, questo si, perché ci sfugge come e dove cercare, ma una volta intrapresa si aprono gli scenari ad una scoperta “no limits” e con questo non voglio dire che io abbia scoperto chissà che, ma vuole piuttosto significare che credo in questo percorso. Citazione:
Vado avanti a leggere poi ti dico la mia. Citazione:
Sono "trick and traps" del nostro io. Leggi anche l’ultimo intervento di Samarcanda, (dice delle cose profonde). |
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27-08-2007, 22.00.12 | #39 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
Altra prospettiva per inquadrare l'esortazione a conoscere se stessi...
L'unico modo per tentare di far progredire le nostre società e ogni nostro rapporto con ciò che ci circonda non può prescindere dalla seppur minima consapevolezza di quelle che sono le componenti del nostro "essere". Purtroppo, per conoscere qualcosa di noi stessi bisognerebbe dapprima essere in grado di imparare un linguaggio totalmente diverso. Un linguaggio che si può soltanto acquisire con l'insegnamento e che porterebbe a considerare che non esiste alternativa alla necessità di inquadrare quelle situazioni in cui ci troviamo perennemente impelagati, attraverso l'unica ottica che ci consente di ottenere dei risultati positivi e che parte sempre e comunque dal sapersi rivolgere la domanda: dove posso aver sbagliato? La stessa ottica che "dovrebbe" farci giudicare tutto e tutti con lo stesso metro. Cosa che sappiamo essere alquanto difficile. Perchè? Perchè quando dobbiamo giudicare il nostro comportamento e quello delle persone che ci sono care il nostro metro si allunga e si accorcia come quello di Tiramolla e quello che in altri condanniamo, assolviamo nei confronti di noi stessi e di tutti coloro che sono vicini ai nostri affetti, ai nostri ideali, o qualunque altra cosa ci possa accomunare. (Perfino la squadra di calcio.) L'istinto materno in questo circolo vizioso è quanto di più emblematico e...deleterio.(Ma anche quello paterno non scherza.) Molto più semplicemente, ci ritroviamo perennemente in balia di quel nostro istinto che fa troppo spesso da ostacolo insormontabile ad ogni nostro tentativo di crescita perchè in questo modo verrebbe ad avere dei limiti che rifiuta puntualmente e con ogni mezzo. Far crescere quella seconda gamba (che è la ragione), oltretutto artificiale, perchè non innata che ci possa permettere di gestire i nostri istinti è quanto di più ostico e difficile ci possa essere per le nostre società tanto tecnologiche quanto arretrate dal punto di vista psicologico. In pratica, dedichiamo la quasi totalità delle nostre energie nel tentativo di rimanere infantili e il più delle volte riusciamo pienamente nel nostro intento. Non è un caso se più del 50% delle coppie...scoppia. Mah...tirem annanz a pippeggiare, tanto il conto finiremo per pagarlo tutti indistintamente con il niente che finirà inevitabilmente per circondarci. E' nel nostro destino che i nostri istinti ci portino all'autodistruzione? Chissà...come sempre la speranza è l'ultima a morire, ma le prospettive non sono sicuramente confortanti. |
27-08-2007, 23.43.02 | #40 | |
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Riferimento: Una domanda sulla "conoscenza di se stessi"
Citazione:
Grande VanLag, leggendo attentamente gli interventi di ris-post-a alla tua domanda sulla sofferenza ci si imbatte in una buffa constatazione. Le risposte le hai già, coraggio, necessiti solamente dell'eco di qualche ignaro utente per risponderti "attraverso" di lui, per ri-sentirti convincendoti della giustezza di quanto già sai. Non male come escamotage, ma così evidente...Ciaociao |
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