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04-05-2008, 14.55.32 | #22 | |
Ospite
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Citazione:
Io credo che l'esperimento di Mandel venga descritto perfettamente sia con l'interpretazione ci copenaghen sia con la teoria della decoerenza, ma non contraddice neanche altre teorie, come alcune teorie delle variabili nascoste universi paralleli ecc. Peccato che non ci sia più Einstein, che aveva sempre pensato che esperimenti come quello di Mandell o esperimenti sulla disegualianza di Bell avrebbero dato risultati diversi da quelli in seguito ottenuti. Per il resto sono d'accordo con Il Dubbio quando dice che nessuna teoria relativa alla mq si può considerare "vera" in quanto non sono state verificate. Aggiungo però che tutte permettono di descrivere matematicamente i risultati degli esperimenti effettuati con una precisione incoraggiante. |
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04-05-2008, 23.32.15 | #23 | ||||||
Ospite abituale
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Ciao a tutti.
Vi ho letto fino ad ora ma per questioni di tempo non sono intervenuto. Citazione:
Non necessariamente, i paradossi non sono per forza di cose qualcosa che prova il “limite” di una teoria, ma spesso sono porte per cambiare la nostra concezione del reale, come direbbe Khun, per cambiare paradigma. Citazione:
In realtà ce ne sono numerosi, ma poco pubblicizzati, anche se non sottovaluterei affatto l’LHC giacchè se fosse rilevato il bosone di Higgs il modello classico conquisterebbe una corroborazione tale da renderlo un paradigma solidissimo. Citazione:
Caro il Dubbio poni una questione davvero intricata, tra l’altro è tema di dibattiti accesissimi tra i fisici contemporanei. Citazione:
Il problema delle particelle è unicamente “energetico”. Per rilevare il bosone di Higgs, ad esempio, sono necessarie collisioni ad energie talmente elevate da poter essere raggiunte solo con il già menzionato acceleratore super acceleratore. Questo è matematicamente previsto dal modello standard. Difatti quest’ultimo verrebbe ulteriormente verificato non soltanto scovando il previsto bosone “della massa” o particella di Dio che dir si voglia, ma sconvandolo esattamente al livello energetico previsto dal modello ! Citazione:
Non sono d’accordo che non contraddice le teorie a variabili nascoste. Ho trattato l’esperimento di Mendel diverso tempo fa studiandolo approfonditamente, esso è incompatibile con le variabili nascoste le quali, oltre che da Mandel, vengono distrutte teoricamente già da Bell e poi fattivamente da Aspect. Le disuguaglianze sono incompatibili con le teorie delle variabili nascoste. Citazione:
Questa non l’ho capita, cosa intendi ? Saluti Andrea |
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05-05-2008, 00.37.39 | #24 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Citazione:
non ho detto questo forse stai confondendo la m.q. in sè con le interpretazioni sulla...m.q.; sono queste ultime che non trovano conferma e tutte o sono indimostrabili (anche se forse saranno vere) oppure approssimative. La decoerenza pare sia, per esempio, approssimativa. Purtroppo dovrei parlare, io che non sono un fisico, della matrice densità per spiegare l'inghippo (ed infatti non lo farò, non ne sarei capace...), mi affido così al fisico-matematico Penrose che a questo proposito dice: "...si deve ritenere che la matrice densità sia una specie di approssimazione alla completa verità quantistica; non vi è infatti alcun principio generale che fornisca un limite assoluto all'astrazione di informazioni dettagliate dall'ambiente.... la descrizione con matrice densità può essere così considerata una comodità pragmatica." Purtroppo io credo che ci si scontri, almeno come mi pare di capire, sull'idea di informazione. Forse la più coerente (anche se poco intuitiva) è la teoria a molti mondi di Everett. Forse qualche problema lo trova con gli esperimenti EPR. Non credo con gli esperimenti di Mandel, ma potrei sbagliare. Ma li ci si scontra contro un altro grosso problema, la verificabilità. Nel multiuniverso, anche se è davvero poco intuitivo, non si tiengono conto delle probabilità e del mondo classico. Il modulo quadro diventa solo una nostra utilità matematica per avere "informazioni" sulla realtà fondamentale, che resta descrivibile con la m.q. senza aggiunte o correzioni. Per quanto riguarda le variabili nascoste non mi sono mai posto il problema se sia compatibile con gli esperimenti di Mandel, anche perchè mi manca una base matematica per intuire (almeno) la teoria di Bohm (ma forse qualcosa la trovo)... infatti fino a poco fa mi chiedevo come fosse possibile che la teoria di Bohm potesse essere ancora una eventuale interpretazione viste le disuguaglianze di Bell. Solo quando ho capito (e studiato con il pallottoliere ) le disuguaglianze di Bell ho dedotto che la teoria di Bohm (a variabili nascoste) era ancora compatibile con le informazioni che si possiedono. Per cui per il momento se spiritolibero dice che, matematica alla mano, gli esperimenti di Mandel sono incompatibili con la teoria di Bohm non posso che starmi zitto ; ma bisogna però almeno cercare di capire quale potrebbe essere una teoria (o meglio una interpretazione) che si accordi agli esperimenti di Mandel. A me sembra che si possa escludere la decoerenza. |
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05-05-2008, 14.36.44 | #25 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Tenendo presente l'esperimento di Mandel vorrei che ci soffermassimo sul un mio esperimento mentale sulla base del gatto di S.
Al posto del gatto nello scatolo però introdurremo un essere vivente piccolissimo che non può essere visto ad occhio nudo, tipo un batterio. Immaginiamo un laboratorio con degli scienziati che chiudono il batterio nello scatolo e attivano il meccanismo; in questo caso il meccanismo ci mette pochi minuti per attivarsi, quindi mentre loro sono gia lontani dalla stanza ma molto prima che ci facciano rientro. Loro sanno che, rientrando dal pranzo, aprendo lo scatolo, troveranno o un batterio morto o uno vivo. Immaginiamo anche che gli sperimentatori abbiano costruito un marchingegno all'interno dello scatolo collegato con il batterio. Questo marchingegno scatta solo quando l'atomo omicida passa. Si sa che si avrà il 50% delle possibilità che esso vada a confluire nello scatolo e che il batterio in seguito muoia. Questo marchingegno in pratica "informa" lo sperimentatore se il batterio è ancora in vita oppure è morto (senza doverlo vedere al microscopio). Ammettiamo che esso sia un numeretto piccolissimo posto al lato e all'interno dello scatolo;esso segnerà 1se il batterio è vivo 2 se il batterio è morto. In questo modo quando apriranno lo scatolo, gli sperimentatori non avranno bisogno di controllare al microscopio se il batterio è vivo o morto, basterà guardare il numeretto che appare. Bene... ora supponiamo che, mentre gli scienziati sono a pranzo, entri nella stanza un addetto alle pulizie che non sa nulla di ciò che avviene in quella stanza. Supponiamo che apra lo scatolo per fare le pulizie e poi lo richiuda. Forse avrà visto il numeretto, ma è molto probabile che non lo veda. Cosa è successo quindi? E' scattato il meccanismo oppure è possibile ancora che tutto l'apparato sia in sovrapposizione? Ed è qui che interviene il concetto di informazione. Potremmo supporre che l'addetto alle pulizie abbia visto il numeretto e l'abbia memorizzato. Se non l'ha memorizzato, o non l'abbia proprio visto, nulla si può dire che sia successo. Ammettiamo però che l'abbia memorizzato. Il fatto di memorizzare una "informazione" così importante ai fini dell'esperimento, potrebbe risultare determinante. Se non l'avesse memorizzato, se non se ne fosse accorto, non avrebbe infatti nessuna informazione sul tipo di esperimento, e non potrebbe "eventualmente" informare lo scienziato su questo particolare fondamentale che aiuterebbe lo scienziato nella consapevolezza che sia successo qualcosa oppure no.Se invece lo memorizza, questa informazione, potrebbe diventare una "potenziale informazione" (simile all'esperimento di Mandel) per gli scienziati (che potrebbero interrogare l'addetto alle pulizie anche il giorno dopo);per cui sicuramente qualcosa è accaduto nel mondo reale, perchè una informazione, anche potenziale, è passata. In pratica l'informazione, se ne deduce, in m.q, è fondamentale, per cui sarebbe la consapevolezza e/o la memorizzazione di un'informazione a far si che qualcosa davvero succeda. In pratica ciò che voglio dire è questo, i fautori della prima interpretazione della M.q. sostenevano che bisognava supporre un IO che osserva, quindi una coscienza, perchè avvenisse il collasso. Ma non specificarono (probabilmente) che "tipo" di coscienza essa debba essere. L'unica coscienza, da ciò che ne deduco, è solo quella "informativa", o meglio sarebbe dire di una "consapevolezza" in seguito a una conoscenza. Quindi non basta una "coscienza" qualsiasi, bisogna essere consapevoli ed avere una conoscenza del sistema e/o aver memorizzato l'informazione utile. Ho riportato questo esperimento mentale (personale) per denunciare quanto sia "strano" il concetto di informazione non solo in m.q. ma in generale(ho aperto un argomento su filosofia a tal riguardo, per chi fosse interessato). |
05-05-2008, 17.28.32 | #26 |
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Il discorso avviene, detto in parole molto semplici ed in linea generale, per le interazioni che con il macromondo. La tesi secondo la quale il collaso avvenga unicamente quando vi è una informazione recepibile da un essere cosciente (altrimenti non si verificherebbe il collasso) è una speculazione senza riscontri. Facciamo un esempio. All'interno del tuo esperimento inseriamo una telecamera che registra ciò che accade. La telecamera non è un essere senziente eppure registra gli eventi, e sarebbe assurdo pensare che le immagini "si creino" quando l'osservatore cosciente le "guarderà" magari a distanza di giorni.
Questo significa che il collasso è qualcosa che avviene a causa dell'interazione delle particelle con l'unvierso macroscopico, ovvero quando i numeri quantici diventano rilevanti, vedi il principio di equivalenza di Bohr, il quale sostenne che all'aumentare del numero quantico n, i valori quantistici delle densità di probabilità dell'oscillatore armonico lineare si avvicinano in proporizoni esponenziali a quelli classici . Ecco perchè per numeri sufficientemente grandi (leggi macrocosmo) fisica classica e quantistica corrispondono. Quale sia, se c'è, l'esatto confine tra micro e macro e il perchè di tale evento, sono elementi non ancora noti. Saluti Andrea |
05-05-2008, 20.56.42 | #27 | |
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Citazione:
Premetto che è un pò di tempo che non faccio altro che cercare di convincermi del contrario, quindi non sto dicendo questo perchè ci "credo", ma perchè non trovo (per quel che mi riguarda, e quindi per le mie informazioni) vie d'uscita. Il termine informazione è davvero (filosoficamente) ingarbugliato. Il caso della telecamera non è molto rilevante secondo me. E' la stessa cosa della "informazione potenziale". Non possiamo dire quando avviene il collasso (sempre che avvenga, ma supponiamo che avvenga), possiamo solo dire che basta che l'informazione passi perchè ci sia un collasso. Se passa l'informazione avremo il collasso. Il ricevente dell'informazione (come era nel mio esempio l'addetto alle pulizie) se scorge il numero allora è successo qualcosa, ma non si può dire anche quando è successo. La telecamera invece non fa che aumentare la nostra informazione (magari anche con l'orario). Ma se invece vogliamo rimpicciolire l'informazione a un bit quantistico (termine che mi sto inventando ora) abbiamo bisogno di una coscienza consapevole perchè passi l'informazione. Infatti l'esperimento di Mandel pare dica ciò. Un bit di informazione potrebbe essere cio che potenzialmente rappresenta un'informazione. Potremmo anche dire che sia l'ambiente che percepisce l'informazione, ma poi va spiegato cosa è una informazione potenziale. Potenziale per chi? Se noti, sia per la telecamera che per l'addetto alle pulizie, l'informazione potenziale sta a indicare che "potenzialmente" un ente che percepisce (che sà, o che conosce) può avvantaggiarsene. Infatti l'informazione dell'addetto alle pulizie non è direttamente interessato all'esperimento, e nemmeno la telecamera, ma sono possessori di una informazione, ovvero hanno registrato ( o memorizzato) l'informazione. Che vantaggio sarebbe per l'ambiente invece una "informazione potenziale"? L'ambiente, fosse l'ente che percepisce, aspetterebbe direttamente l'informazione, non una potenziale.Non credi? Per l'esperimento di Mandel invece quale informazione passa all'ambiente? Nessuna! (credo almeno...) La particella non si mostra all'ambiente, non emette fotoni, non grida: sto qua.... L'unica informazione che passa, l'unico bit quantistico, è un'informazione potenziale. L'unico che se ne avvantaggia siamo noi (che al limite potremmo essere l'ambiente in senso lato...attraverso cui il bit quantistico si riduce alla nostra coscienza, o meglio alla nostra consapevolezza e alla memorizzazione del bit di informazione). Purtroppo io non ne esco da quest'inghippo. |
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06-05-2008, 10.03.20 | #28 | ||||
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Citazione:
Concordo. Citazione:
Ma in questo caso passa ad un essere non senziente (la telecamera). E di esseri non senzienti è pieno l'universo. Di fatto stai dicendo che è sufficiente che l'informazione passi dal sistema quantistico a quello macro-scopico che è esattamente quello che ho scritto io stesso, io l'ho chiamata “interazione” ma mi va benissimo chiamarla informazione giacchè l'interazione non è altro che uno scambio di informazioni tra due sistemi. Citazione:
Ci hai azzeccato perchè in effetti il bit quantistico esiste, si chiama qbit. Citazione:
Il discorso è che in quell'esperimento vi è anche l'aspetto dell'entanglement e ad oggi non sappiamo se le due particelle si scambino informazioni quando una delle due viene perturbata. Ciao Andrea |
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06-05-2008, 14.35.32 | #29 | ||
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Citazione:
concordo, infatti il mio esempio (l'addetto di pulizie) non fa che registrare una informazione per qualcun altro (ipotetico),ovvero uno cosciente e consapevole quale è uno scienziato che conosce appunto l'esperimento. Quindi credo anch'io che qualcosa debba avvenire (ovvero il collasso) quando un ente percepisce (memorizza) anche se non è consapevole; solo che, credo si possa dire, non possiamo saperlo, ci manca l'informazione sul tempo. Potremmo saperlo solo quando interrogheremo l'addetto o vedremo la telecamera e l'ora che segna. La successione temporale diventa solo una deduzione non una informazione sui tempi (non so se mi spiego). In questo lasso di tempo tra il presunto collasso e l'informazione sui tempi, non abbiamo alcuna informazione, e credo bisogna tenerlo in considerazione. Citazione:
perturbare una particella dovrebbe voler dire avere una informazione su di essa. Questo è ciò che ho capito io. Ma nell'esperimento di Mandel non perturbiamo la particella per avere una informazione sulla sua posizione, ovvero non accendiamo i riflettori su di essa. Evidentemente perturbare vuol dire che qualcuno, ovvero un ente consapevole, riesce a intuire, anche senza conoscere, la direzione della particella. Questo è notevole. Se eliminiamo lo sperimentatore e la sua consapevolezza dovremmo poter dire che è la particella che percepisce di essere stata individuata e quindi collassa. Ma quando facciamo l'esperimento con le molecole di fullerene dovremmo poter dire la stessa cosa: la molecola di fullerene deve sapere quanti fotoni ha emesso e dopo un certo numero deve sapere che è stata individuata. A me non sembra molto migliorativa per il "senso comune",non tanto migliore di pensare che sia la coscienza dello sperimentare a far collassare la particella o, sarebbe meglio dire, il sistema quantistico. |
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06-05-2008, 19.08.43 | #30 | |
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Riferimento: L'interpretazione di Copenaghen
Citazione:
Vorrei spiegarmi meglio. Secondo me si può tentare di spiegare cosa succede "nel fra tempo" ricordando cosa succede con le particelle entanglement. Quando il primo sperimentatore osserva la particella che ha con se, sappiamo che questa sua informazione si ripercuote sull'altra. In questo caso però non possiamo sostenere che avvenga una trasmissione di informazione tra i due sperimentatori. Quindi è possibile dire che se il primo osserva la sua particella nulla può sapere sui tempi dell'altra. Noi potremmo ritenere che siano simultanei, ma effettivamente non possiamo saperlo, i due osservatori debbono incontrarsi e comunicare. [siccome di relatività generare capisco proprio poco, non posso nemmeno capire cosa può voler dire "fisicamente" la parola simultaneo, ovvero non capisco in che modo per i due sperimentatori, quando si incontreranno per scambiarsi le informazioni,potranno stabilire o meno un tempo "assoluto" sugli avvenimenti... presumo che loro possano solo scambiarsi i "risultati" ma non possano stabilire anche "tempi" assoluti validi per entrambi;] Per questo motivo suppongo che se la telecamera registra un collasso, questa registrazione non può essere simultanea al collasso vero e proprio. Solo quando le due fonti di informazioni si incontrano è possibile calcolare cosa sia avvenuto. Forse non è strettamente correlata quest'idea a ciò che stiamo dicendo qui, ma potrebbe forse essere una chiave di lettura almeno per capire cosa avviene tra due situazioni apparentemente correlate (telecamera o addetto delle pulizie e sperimentatore) ma distanti sia nello spazio che nel tempo. Chiaramente la differenza è notevole gli sperimentatori negli esperimenti entanglement sono consapevoli entrambi, qui invece incontriamo telecamere e incompetenti... ma ho usato questo esempio per meglio spiegare cosa intendessi con "non sappiamo cosa succede nel fra tempo". |
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