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20-05-2005, 21.51.05 | #42 |
Anima Antica
Data registrazione: 22-07-2002
Messaggi: 423
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All'anima, spadino, come prendi tutto in versante paranoico!!!
Ho solo fatto una carrellata di riassunti di documentari di Quark! Non ho nulla da dimostrare. Ho riso per due giorni scrivendo quel post, ma viste le tue risposte penso che continuerò a ridere. |
20-05-2005, 21.57.41 | #43 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 20-06-2003
Messaggi: 195
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Citazione:
... e questo non può che farmi piacere per te in quanto chissà se era quello che avrei voluto ottenere?... non prendere sul serio la vita, ma giocare serimente con la vita... E con quale altro spirito dovremmo prenderla? ciao spada di fuoco |
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21-05-2005, 02.16.05 | #44 | |
iscrizione annullata
Data registrazione: 09-05-2002
Messaggi: 2,913
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Citazione:
Non è che io stessi confutando te, stavo esponendo una mia visione della cosa prendendo spunto dal tuo e da altri interventi. Senti, a me questa cosa di rispondere punto per punto non piace, è un modo di dialogare che non porta a nulla e non è nel mio stile. Anche perchè, quando si estrapola una frase dal contesto succede che se ne snatura il senso. E tu lo fai spesso. Ad esempio, il fatto che io abbia detto che il lavoro femminile era sufficiente a fornire ad una tribù "primitiva" una alimentazione completa, che, a parte la riproduzione, un gruppo di sole donne più essere autosufficiente, non significa che la natura è sbagliata. Perchè tu dici che ... "forse volevo dire questo"? Metti che sia successo. Che un gruppo di donne sia rimasto isolato e sia sopravvissuto a lungo senza uomini, ma è ovvio che comunque si sarebbe estinto!! La riproduzione mica è una cosa banale! Molte cose che a noi sembrano nodi fondanti della società, che ci sembrano ovvie, sono condizionamenti culturali. Per capire quale potrebbe essere uno stile di vita "naturale" per gli esseri umani dobbiamo guardare un po' le società tribali (ci sono ancora!) e un po' gli altri primati. Allora tutto appare molto chiaro. Comprese la cause della diffusa infelicità. O le cause di certi assurdi rancori tra i generi, di certi assurde violenze, di certi assurdi soprusi. Vorrei scrivere una cosa (che non è una risposta a spada!!!). Vorrei citare una frase detta da uno sciamano Dogon a una persona che conosco che spesso lavora in Mali. Lui prendeva in giro la moglie. In modo bonario ma utilizzando i soliti luoghi comuni sulle donne. Lo sciamano Dogon si è fermato e gli ha detto: "noi non ci permettiamo di trattare così le nostre donne. Noi rispettiamo le nostre donne. Chi non ama le donne non ama la vita". Alcune delle cose che sono successe, che hanno trasformato gli esseri umani, probabilmente sono successe di ... "comune accordo" perchè questo era funzionale alla sopravvivenza di una specie (quella umana) per natura debole e che viveva in un ambiente ostile. C'è una bellissima teoria su questo in un libro che cito e consiglio spesso e volentieri: "Aggressività femminile" di Marina Valcarenghi. Forse certe "rinuncie" le donne inizialmente le hanno fatte più o meno spontaneamente, perchè in quel momento era necessario alla sopravvivenza della specie. Il problema è che gli esseri umani tendono ad abituarsi allo status quo ed a dimenticare le motivazioni e le cause delle scelte che hanno fatto! Come a volte avviene con i riti. Adesso l'ambiente è cambiato, la specie umana ha altre nevessità. Ma ciò che è successo allora si è depositato profondamente in noi trasformandoci. Un po' come nella storia qui sotto: C'era una volta un grande maestro. La sera, quando il maestro guidava la preghiera, passava sempre un gatto e distraeva i discepoli. Allora il maestro chiese che, durante la preghiera, il gatto fosse legato. E così fecero. Poi il maestro morì. I discepoli continuarono a legare il gatto durante la preghiera. Poi morì anche il gatto. Allora i discepoli cercarono un altro gatto per legarlo durante la preghiera. ... secoli dopo, grandi studiosi scrissero lunghi trattati sul significato simbolico e rituale del legare un gatto durante la preghiera. Chissà... |
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21-05-2005, 10.32.58 | #45 | |
Moderatore
Data registrazione: 08-02-2004
Messaggi: 706
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Citazione:
L'esempio dell'harem l'ho fatto perché l'ho letto di recente in un libro... cmq circa l'evoluzione hanno risposto persone più preparate di me. Circa il resto io penso molte cose ed anche il loro contrario, dipende da tanti fattori. Questo perché la comunicazione può essere dialogo oppure risposta ad una provocazione, seppur sottile. L'impostazione di questa discussione è "provocante". Inoltre, una cosa è lo scambio di opinioni altra cosa il dialogo psico-filosofico che talvolta fai tu, può essere utile ma ho l'impressione che in prima battuta emerga il "fastidio" per la percezione di un attacco, che dopo giustifichi con lo stimolo alla riflessione. Non ti nascondo che la prima reazione è irritazione, e di conseguenza la risposta è maggiormente impulsiva e meno ponderata. Saluti Neve |
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21-05-2005, 11.21.39 | #46 | |
iscrizione annullata
Data registrazione: 09-05-2002
Messaggi: 2,913
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Citazione:
- I parte - LA VEDOVA NERA, LA DEA CHE GENERA E UCCIDE In principio dio era femmina, per il semplice motivo che da ventri femminili, umani e animali, venivano nuove creature e l'uomo preistorico non poteva far altro che prenderne atto. Le dee femmine furono le signore dei pantheon religiosi per millenni, come testimoniano i ritrovamenti di statuine dagli attributi femminili esageratamente evidenziati e moltissimi disegni e graffiti riproducenti vulve, vagine e seni gonfi di dee in gravidanza, durante il parto o in allattamento, testimonianza della fecondità della Grande Dea, della Grande Madre. Essendo sconosciuti ai nostri antenati preistorici i meccanismi biologici della fecondazione, la Grande Dea, a differenza di tutti gli dèi maschi che sarebbero venuti dopo di lei, era partenogenica, vale a dire generava la vita da se stessa, e questo, per una deità, era davvero il massimo della potenza. Alla dea era associato il ciclo lunare e, per analogia con i cicli rigenerativi delle fasi lunari, la morte era vista come momento necessario alla rigenerazione della vita: le creature viventi morivano, venivano sepolte nella terra/ventre della Madre, dalla quale rinascevano, come avveniva per il ciclo vegetale. La femmina-dea era riconosciuta come fonte di vita e assunse una miriade di forme e di nomi, disseminando il suo culto ai quattro angoli della terra. Accanto all'immagine della dea le pitture rupestri hanno tramandato le immagini di uomini-stregoni e uomini-bisonte, spesso barbuti, per indicare la loro età non più giovane, simboleggianti la vegetazione dopo il raccolto, e il ritmo stagionale che declinava verso l'inverno. Vicino al vecchio della vegetazione è raffigurato un giovane, col pene eretto, che rappresenta l'anno nuovo, la nuova vegetazione primaverile. Al giorno d'oggi, migliaia di anni dopo, noi raffiguriamo nello stesso simbolico modo, in occasione del capodanno, l'anno vecchio, con una gran barba bianca, piegato in due dagli acciacchi, che se ne va dalla porta per lasciare spazio al nuovo anno, sotto le spoglie di un paffuto e sorridente pargoletto ancora in fasce, che sembra promettere gioia e prosperità per i dodici mesi a venire. L'idea di un dio maschile che impersonifica la vegetazione (non era ancora un "fecondatore", un "inseminatore"), che nasce e muore annualmente, sembra essersi formata attorno al quinto millennio a.C., epoca nella quale si cominciò a celebrare con veri e propri riti la nascita e la morte umana e vegetale.Il rito, durante il quale i due personaggi principali erano la donna (la Grande Dea) e l'uomo (la vegetazione) doveva ripetere il più fedelmente possibile ciò che accadeva in natura e per questo la rappresentazione della nascita e della morte vegetativa avveniva con drammatico realismo attraverso un sacrificio, quasi sempre umano. Dato che la dea, per la sua natura generatrice, doveva per forza essere eterna e non poteva quindi soccombere nel sacrificio, era logico ed appropriato che a morire fosse la divinità maschile/vegetale, che sarebbe rinata l'anno seguente e che era decisamente minore rispetto all'onnipotente deità femminile/creatrice. In quell'occasione nacque anche la prima forma di ierogamia, il matrimonio sacro tra la dea e un giovane dio stagionale. Questi, dopo essersi accoppiato a lei con l'unico scopo di arrecarle piacere, doveva morire per lasciare posto, l'anno seguente, ad un nuovo giovane dio. Poichè la dea era immutabile, mentre il suo sposo cambiava ogni anno, e dal momento che, nel frattempo, era inevitabile che ella rimanesse incinta e che partorisse, poteva accadere che qualcuno dei suoi giovani sposi annuali fosse anche un suo figlio. La supremazia femminile durò molto tempo dopo la preistoria e la donna non perse il suo potere divino nemmeno quando gli uomini compresero che, in qualche modo, le nuove nascite avvenivano anche con il loro contributo. Uno dei più antichi resoconti di ciò che avveniva nella società matrilineare si può rilevare nel mito greco di Edipo: il giovane e inconsapevole principe aggredisce il re Laio, suo padre, lo ferisce, lo trae giù dal suo cocchio, lo uccide e sposa la regina vedova. Freud ha voluto vedere in questo mito il desiderio del figlio di accoppiarsi con la madre ma, lasciando stare la psicanalisi, la storia tramanda quella che era una usanza radicata: il giovane uccide il vecchio re e ne sposa la vedova, che qui gli è anche madre, per diventare re a sua volta, infatti, senza Giocasta non avrebbe potuto governare. Il mito si può leggere in due modi: Edipo è realmente il figlio carnale del vecchio re e di Giocasta, che rappresenta quella che in passato era considerata la Grande Dea, e che pertanto detiene la regalità; la seconda interpretazione potrebbe significare che il giovane principe non è geneticamente figlio dei due monarchi, ma è semplicemente figlio, come tutti i viventi, della Grande Madre, qui rappresentata da Giocasta/regina. In entrambi i casi il mito racconta esattamente ciò che avveniva nelle società matriarcali, nonostante che narratori posteriori abbiano infiorato a loro piacimento il racconto e che, nel ventesimo secolo, gli psichiatri lo abbiano posto ad emblema del più conosciuto dei complessi freudiani. E' utile ricordare che la parola "matriarcale" non ha niente a che spartire col significato della parola "patriarcale". Molti credono che il matriarcato fosse una società governata da donne, specie di virago massacratrici d'uomini (il mito delle Amazzoni!); invece si trattò di una società semplicemente diversa da quella patriarcale, la quale era (e in alcune parti del pianeta è tuttora) fondata sul possesso, il controllo e l'uso delle donne e dei figli da parte dell'uomo. La società matriarcale aveva un respiro più ampio: fu la logica conseguenza dell'adattamento umano all'ambiente, con una precisa distribuzione dei compiti. All'interno della tribù i gruppi famigliari erano composti dalla donna e dai suoi figli, maschi e femmine, queste ultime con la loro prole. La famiglia aveva una costituzione matrilineare, composta dalla matriarca, dai suoi fratelli e sorelle più giovani coi loro figli (i nipoti della prima generazione), dai figli maschi della matriarca, dalle sue figlie femmine e dai figli delle figlie (i nipoti della seconda generazione). I maschi preparavano e partecipavano alle grandi cacce per procacciare la carne, le donne erano in grado di sopperire alle esigenze del gruppo famigliare con la loro raccolta di erbe, bacche, radici, tuberi, cereali selvatici e con la caccia di piccoli animali. |
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21-05-2005, 18.31.54 | #47 |
Ospite abituale
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Messaggi: 2,624
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Importante è non restare intrappolati in perversi meccanismi.
In ogni casa occorre una buona domestica, e se non abbiamo i soldi per pagarne una tocca a noi. Tutto sta nel non trasformarsi in un robot programmato e programmabile da se stessi o dagli altri. Gli uomini tendono a scambiare la moglie per un robot tutto fare, ivi comprese le prestazioni sessuali. E, forse, anche le donne vorrebbero poter programmare il loro bel robot-principe-azzurro. Io ci sono cascata in pieno. Avevo scambiato la donna tutto-fare per amore. Quando me ne sono resa conto avevo già sofferto abbanstanza e ormai la fritta era fatta. I maschi non sono del tutto colpevoli, metà della responsabilità è anche delle donne. Se l'uomo che ha simili pretese viene mandato a quel paese le cose possono anche cambiare. Idem con la donna. L'amore è altro, l'amore è davvero altro. E' svincolato dai piatti da lavare, dal pranzo e dalla cena, dalle bollette da pagare e dalle prestazioni sessuali. Voi tutti che leggete, l'amore è altro. Forse fa comodo mischiare le cose, confondere le idee. Così non si corre il rischio di accorgersi di essere incapaci di amare e di non essere mai stati amati. Ma solo se ti domandi dove sei puoi accorgerti di esserti perso, e metterti alla ricerca della strada giusta. Se non ti chiedi dove sei qualsiasi luogo può andare bene. Ciao Mary |
21-05-2005, 22.11.20 | #48 | |
Ospite abituale
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Citazione:
Giusto oggi vedevo un documentario di un animale molto strano, un animale marino alto un metro e mezzo e alla fine aveva una specie di rigonfiamento..... l'animale in questione e' una femmina e il rigonfiamento in questione e' il maschio che come ha detto il documentario era ridotto ad una autentica sacca di sperma..... quindi a che cosa serve il maschio se nn alla riproduzione??? Tra l'altro, nn mi sembrano poche le cose che hai elencato, credo che se tu nn avessi una donna ora sresti in una caverna |
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24-05-2005, 10.17.49 | #49 | ||||||||
Ospite abituale
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Citazione:
Il fatto di confutare o meno ci da la possibilità di poter mostrare meglio quali sono le fondamenta delle nostre opinioni e la validità delle stesse. Che senso avrebbe continuare ad avere una certa opinione se non siamo in grado di argomentarla? Così il fatto di argomentarla può voler dire che la nostra opinione sia quella giusta? Citazione:
Si, sono d’accordo a volte può succedere di estrapolare una frase dal suo contesto e perderne il senso. Ritengo però che questo possa dare l’occasione per motivare meglio quell’argomento… visto che l’altro lo ha letto in maniera non corretta rispetto a quello che volevamo dire. Citazione:
Quello che volevo dire, e quindi mettere in evidenza, ma anche qui sempre con la possibilità di potermi sbagliare, era la naturale dipendenza di uomini e donne e dell’assurdità che, forse, a quel tempo gli uomini potessero essere autosufficienti così come le donne, come tu mi stai confermando. E quindi quello che ho scritto non è la stessa cosa che hai scritto tu? E quindi come vedi, questo è servito a chiare meglio ciò che abbiamo scritto. Se non l’avessimo fatto nessuno dei due avrebbe saputo cosa voleva l’altro dire… e in una comunicazione non è importante capire cosa l’altro voglia dire? Citazione:
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Per questo ritengo che non dovremmo prenderci troppo sul serio, credendo di essere quello che pensiamo. E allora chissà se… ci troveremo ancora. ciao spada di fuoco |
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24-05-2005, 10.19.15 | #50 | |||||
Ospite abituale
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Citazione:
Non mi sembra di aver confutato niente di quello che è l’evoluzione, solo, forse, una bizzarra mia interpretazione, fra le tante. Infatti non ho mai detto che quello che ho scritto sia accaduto… Citazione:
Così sembra che ognuno comunichi sempre ciò che è, e chi legge, sembra legga solo quello che gli conviene capire… Citazione:
Citazione:
Mi dispiace se qualcuno si senta attaccato, non è certo mia intenzione attaccare nessuno, perché se così fosse come potremmo confrontarci? Potremo solo scontarci e nello scontro non incontreremo l’altro, ma vorremmo solo affermare autoritariamente le nostre ragioni. Ma, forse, chi si sente attaccato è perché… è attaccato alle proprie opinioni, identificandosi con esse. Citazione:
In ogni caso, mi sembra che questo abbia deformato in qualche modo quello che era il contenuto delle nostre comunicazioni, facendolo passare in secondo piano rispetto all’emozione suscitata e di cui a volte ne siamo preda. Credo però che solo parlandone sinceramente si possa far venir fuori quello che, secondo me, sono solo incomprensioni e magari, come spero, si possa scoprire anche la possibilità che sull’argomento si abbiamo opinioni… non troppo diverse… grazie spada di fuoco |
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