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09-12-2014, 00.22.42 | #11 |
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Data registrazione: 09-08-2014
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
Estremamente interessante questo post!
Dai precedenti interventi rilevo la contrapposizione fra perdono nella dimensione individuale o al massimo intersoggettiva, come se si trattasse di un rapporto fra due soggetti implicati in qualche relazione malevola superabile proprio attraverso il perdono e perdono nella sua dimensione collettiva, laddove esso viene considerato negativamente, perché confligge con la ipotizzata struttura retributiva del male al quale ci si deve opporre con altrettanto male, seppure sottratto alla furia cieca ma amministrato dalle corti di giustizia. Vorrei mettere al corrente chi non lo sapesse che esistono molti filoni di ricerca che invece inseriscono "percorsi di perdono" all'interno dei processi penali, mettendo in discussione la precedente contrapposizione. Il più famoso è quello della cosiddetta "mediazione penale", che viene già esercitata nel campo penale minorile sia in Italia che in altri paesi e che è stata generata dai processi post-apartheid in Sudafrica. Per saperne di più allego questo link: http://www.ristretti.it/areestudio/g...ediazione2.htm |
09-12-2014, 10.23.09 | #12 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
Citazione:
Poi c'e' l'indulto , l'amnistia , la grazia ma sono veramente tutte eccezioni che confermano la regola . |
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09-12-2014, 12.48.11 | #13 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
Citazione:
Non credo, con la parola "giustizia", di aver (parlo per me perché sono la persona che si è espressa con più durezza) inteso che si debba "restituire male per male". Non mi risulta, ad esempio, che in nostro sistema giudiziario commini la pena di morte per il reato di omicidio. Ciò che indichi è molto interessante, andrebbe applicato a mio avviso proprio ai reati di abuso intrafamiliare, dove, ad esempio, per quanto grave ed imperdonabile a livello di relazione individuale possa essere il reato, tuttavia nessun figlio abusato vorrebbe vedere il proprio padre o la propria madre in carcere, espropriato dei propri beni, et varie ed eventuali. Ciò che si vuole che venga riconosciuto -sia da colui che ha commesso il reato che dalla collettività- è che quella persona ha commesso un reato (gesto non corretto e quindi non lecito) ledendo qualcuno, che quella persona venga impegnata a riparare il possibile del reato commesso, e che vengano riconosciute delle facoltà a chi lo ha subito (es. sostituire il genitore con un tutore di propria scelta nel proprio processo educativo). Spesso non si giunge ad una denuncia proprio perché la penalizzazione è troppo pesante. Ci sono di mezzo altri figli, parenti, mogli, fratelli, sorelle, etc. e tutto ciò che la vittima chiede è il riconoscimento che gli atti commessi contro di lei siano stati illeciti, che cessino, che non sia più obbligata nè a subirli nè a rischiarlo (quindi event. sollevata dall'obbligo di convivere e sottostare all'abusante) che ne siano riconosciuti e riparati gli effetti negativi, che non si ripetano, che non si ripetano magari su altri componenti della propria famiglia, e che si sia sollevati dal dover subire imposizioni educative errate da parte di un genitore evidentemente non in grado di gestire la sua podestà genitoriale (senza con ciò dover subire per forza altri educatori sgraditi), nonché essere tutelati e protetti da future ritorsioni. Resta poi alla vittima la facoltà di non ristabilire relazioni "affettive" con il proprio abusante. "Giustizia" serve proprio a non dover arrivare a ritrovarsi nelle sole condizioni possibili di dover restituire male per male. Personalmente resto tuttavia ben lungi dall'utilizzo di questa parola - perdono - di matrice cristiano cattolica con la quale si è soliti richiedere agli altri di lasciarsi crocifiggere anche benedicendo. Vi sono tante altre descrizioni valide di processi possibili di gestione delle situazioni e non vedo proprio perché usarne una - perdono - che appartiene a quanto mai opinabili ambiti religiosi non da tutti condivisi (soprattutto da chi, e ritengo più che giustamente, non crede che vi sia un al di là in cui ci venga restituito alcunché di quanto si sia stati privati nell'al di qua). Ciò che sarebbe interessante poi, e mi par che nel testo proposto non sia specificato, è capire per quali reati penali si applicano queste procedure. Reati di mafia? omicidio? sfruttamento della prostituzione? pedofilia? pedopornografia? Non so, lo vogliamo proporre per Pacciani o per l'omicidio di Borsellino, perché è stato usato per l'apartheid? Davvero? Questa "mediazione" che descrivi, fra l'altro è abbastanza "antica" e conosciuta e praticata anche dall'islam: http://english.alarabiya.net/article...14/243752.html solo che è considerata una "facoltà" ma non un obbligo, e c'è una grande differenza fra - eventualmemente, volendo continuare ad usare tale termine - il perdono come facoltà e il perdono come pretesa da chiunque esso sia preteso, a mio avviso. Ultima modifica di Patrizia Mura : 09-12-2014 alle ore 19.29.15. |
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11-12-2014, 08.36.38 | #16 | ||
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
Citazione:
Purtroppo questo sarebbe un discorso un po' lungo e complesso da esaminare. Richiederebbe un capitolo a sé e soprattutto andrebbe affrontato considerandolo anche alla luce di una comparazione con altre società e diversi modi di considerare la famiglia. Gran parte delle società si sente figlia del mito di Abramo padre obbediente ad un un Dio che - secondo lui o veramente - gli chiede di uccidere suo figlio. In più una parte di questa si sente figlia di un Dio padre che sacrifica la vita del proprio figlio. Le metafore son metafore e possono avere anche dei significati anagogici che per qualcuno possono anche essere interessanti. "Coloro che sono attaccati alla vita di famiglia continuano a masticare il gia' masticato." Io preferisco miti e simbologie orientali come il mito di origine vedico del Prajapati o quello di Nrsimha e Prahlada, che per me sono altamente significative ma, soprattutto il secondo, assolutamente "scandaloso" per le società della "sacra famiglia". Citazione:
Le religioni sono il tema di cui mi interesso di più, e quindi mi guarderei bene dal buttarle via, al contrario. Hanno però quasi tutte un grande difetto che è quello di voler essere omnipervasive, ciascuna ritiene se stessa l'unica assoluta autentica valida medicina per tutti e per tutti i mali del mondo, e con ciò tutte si falsificano. Un po' come il chirurgo che se fosse per lui risolverebbe qualunque patologia con un intervento chirugico. Il perdono per me non è altro che l'altro lato della medaglia di un concetto errato di giustizia, quindi, di una - di fatto - assenza di questa ultima. |
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11-12-2014, 12.18.44 | #17 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
Buongiorno, concordo pienamente con quanto detto da lei. Il problema per me sorge quando non si sa perdonare (ovviamente parliamo di gravi offese). Anche quando l'altro riconosce il torto, rimane la delusione per aver riposto la fiducia in una persona non meritevole che, anzi, l'ha calpestata. Se "dare" il perdono potesse ripristinare lo stato precedente allora si potrebbe anelare al rimedio. Ma non sapendolo fare solo il tempo può attutire il danno subito. Ed è ovvio che bisogna lasciar perdere, ma l'uno non vuol dire l'altro. Non perdonare è escludere dalla propria vita la persona, non lasciar perdere potrebbe anche dire ricambiare il torto subito.
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11-12-2014, 19.59.31 | #18 |
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
@marionne
Non si sa perdonare perché per elargire questo sentimento c'è bisogno di coraggio, parlo di coraggio morale non quello pazzesco, sciocco, sconsiderato. Le alternative sono tre (volendo includere anche l'indifferente lasciar perdere, poiché in fin fine lasciando perdere non è che si ottiene la pace nel cuore), o si perdona o si serba rancore. Quindi se non si perdona o si decide di non perdonare, il male ricevuto corroderà la nostra serenità, la nostra allegria, addirittura il nostro obiettivo terrestre. Apprendere a perdonare, ripeto, specialmente quando la parte che lede non chiede scusa o neanche se ne accorge del danno creato, non è possibile senza la fede nella dimensione trascendentale (è puro stoicismo inefficace), specialmente quella cristiana, poiché in essa le due più opzionabili alternative si fondono, e la vendetta si consuma col perdono. ------------------------------------------------------------------------------------------------------ ** Non credere a una sola parola di ciò che dico. Sperimentalo! - (Satprem Yogi) Ultima modifica di Duc in altum! : 11-12-2014 alle ore 20.53.50. |
12-12-2014, 12.02.50 | #19 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
Allora sono una causa senza coraggio. Io non ci riesco proprio a perdonare, mi sembra di calpestare per l'ennesimo volta il mio io già così tanto mortificato. Trovo già tanto coraggioso allontanare e non meditare vendetta. Ci abbasseremmo all'altrui comportamento e non potremmo più distinguerci. Un'anima ferita non guarisce neanche col perdono dato ma mi sembrerebbe una ingiusta assoluzione, un considerare accettabile una gratuita crudeltà inferta. Certo, non trovando nella capacità di perdonare la propria rinascita, si rimane feriti e senza fiducia.
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12-12-2014, 20.25.20 | #20 | ||
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Riferimento: Perdonare è lasciar perdere
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Sono dimensioni interconnesse, ma che si mantengono su piani diversi in quanto il sociale mira, anche con il perdono (la grazia, l'amnistia ecc,), al mantenimento della coesione della propria dimensione evitando il propagarsi della distruttività vendicativa tra i suoi elementi nel contesto culturale di riferimento, l'individuale invece fa appello al proprio intimo sentire che può ammettere o meno la gratuità incondizionata di un perdono che non chiede proprio nulla in cambio (né in termini di punizione né in termini di redenzione per via rieducativa del reo). Certamente l'esigenza sociale è causata dalla compromissione originaria di rapporti individuali prevaricatori che rischiano se non arginati e mediati di espandersi violentemente in tutta la società, certamente il perdono sociale avrà come requisito irrinunciabile quello di evitare questo espandersi violento e a tale scopo il recupero di un rapporto individuale leso a mezzo di una comprensione mediata tra le parti potrà essere intesa come quanto mai utile e benefica, ma il discorso individuale resta nella sfera di competenza del sentimento del singolo nella sua psiche e il discorso individuale di base sta forse proprio nella disponibilità della psiche dell'individuo offeso alla gratuità del perdono (che proprio e solo in tal senso è un lasciar perdere) o piuttosto alla garanzia di una remunerazione che compensi la perdita dolorosa procurata dall'offesa (che dunque non può essere lasciata perdere) e riequilibri i bilanci. Queste possibilità stanno nel "cuore" dell'individuo, nella sua essenza più intima, non nel suo intelletto, volontà, cultura o educazione prese di per se stesse. anche se insieme concorrono a determinarlo. Citazione:
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