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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Percorsi ed Esperienze |
11-02-2008, 08.52.08 | #12 | |
Moderatore
Data registrazione: 08-02-2004
Messaggi: 706
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Riferimento: Quando la parola veicola emozioni?
Citazione:
Le eventuali problematiche di chi non è buon argomentatore certo esistono, se si svolgono mestieri che richiedono capacità dialettica, ma nel privato - in realtà - dovrebbe aiutare la comunicazione non verbale. Solo che, talvolta, secondo me si preferisce credere al messaggio verbale falso che al non verbale autentico Questa non è di Arsenio, bensì mia. E la confermo. Possiamo discutere della falsità di entrambi i messaggi in chi ha posture studiate (peraltro dal mio punto di vista assolutamente riconoscibili) ma non certo della non falsità del verbale, che spesso è proprio falso... non sempre, ma molto spesso. Il non verbale secondo me trasmette molto, specie se 1) chi comunica non conosce la comunicazione non verbale e la sua decodificabilità, 2) chi legge il messaggio ha capacità che vanno oltre la lettura di manualetti divulgativi e totalmente sterili (leggi: accavallare le gambe= segno di chiusura). Va letto nel contesto di analisi totale dell'individuo... e secondo me è possibile anche in presenza di patologie di vario tipo (es. nelle gravi invalidità la comunicazione è spesso totalmente non verbale). |
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11-02-2008, 12.15.32 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
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Riferimento: Quando la parola veicola emozioni?
Citazione:
Mi sono accorto che la frase non era mia non per il contenuto che sottoscrivo in pieno, ma per uno stile leggermente diverso dal mio. Un a nevealsole. Più precisamente : si preferisce, in qualche caso autoingannarsi e credere alla parole false, che sono disconfermate dal sorriso incongruente o tono di voce, ecc. e perciò più “autentico” in quanto maggiormente rivelatore di uno stato d'animo difficilmente simulabile o dissimulabile senza che gli altri se ne accorgano. Le parole sono più traditrici. Come dicevo estrapolare una frase dal contesto può far travisare e dire a qualcuno qualcosa che non intendeva dire. E', casomai , opportuno chiedere: cosa esattamente intendi dire? Senza muovere subito critiche. E' una regola del buon comunicatore: la metacomunicazone Per completare il discorso, il non verbale può essere sia autentico sia, sovente ,non autentico. In quest'ultimo caso è facilmente smascherabile specie dalle donne che sono più esperte di noi nel leggere le espressioni altrui. A chi non è mai toccato di provare un certo disagio per un sorriso forzato, di circostanza, consolatorio che a che a chi soffre di un disturbo psichico fa sentire ancor più solo? Chi non sa riconoscere il sorriso accattivante, convenzionale e d'effetto di un politico? I sorrisi del cavaliere sono sempre autentici? I sorrisi non autentici sono evidenti perchè non coinvolgono tutti i vari muscoli che entrano in azione nel sorriso autentico. La comunicazione non verbale comprende la mimica facciale, la gestualità, le posture, gli aspetti paraverbali,come tono di voce, lentezza, o velocità ,ecc. sono molto rivelatori. Ci può essere incongruenza ad esempio segnali espressivi di depressione ( postura curva, spalle rientrate tono spento) una frase rassicurante : ti assicuro che sto bene! O viceversa falsa allegria smentita da un' incongruenza con una piega della bocca che non convince. Si può dire “ti amo” con mille sfumature di voce. (esercizio d'obbligo per gli attori). Un “ti amo” senza convinzione è rilevabile, se uno appunto , non è un attore consumato. Una voce flautata ma senza un percepito calore si può presumere che non sia autentica. Credo che nevelasole si riferisca a qualcosa di cui abbiamo sovente parlato: degli abbagli femminili che credono alle parole di coloro dei quali s' innamorano , ma sono “incapaci” di leggere la comunicazione verbale di disconferma delle parole. Nessuno finge: siamo noi che talora preferiamo autoingannarci. Mia figlia dice che ha abbandonato varie amiche dopo che notava troppo l' incongruenza delle loro ipocrite espressioni. Le acide congratulazioni, sorrisi benevoli che nascondo ben altro, finzioni opportunistiche tra colleghi, La materia è sterminata ed esistono ottimi volumi in commercio. Ma a me piacciono sentire soprattutto esperienze, testimonianze personali, ecc. Ecc. Suppongo tu abbia preso un abbaglio per lapsus; forse intendevi dire che la comunicazione non verbale è facilmente smascherabile (difficile da fingere), rispetto alla falsità delle parole in sè (un voce che esita,tema, ti dice niente?) se credi puoi raccontarci anche tu qualche esperienza di comunicazione non verbale non autentica o che disconferma le parole. La comunicazione non verbale difficilmente inganna. La tua statistica è vera, ma si riferisce all'efficacia di gran lunga maggiore dellaCNV rispettodi quella V. Il quanto alla fobia sociale, mi risulta sia il contrario. Quella a cui tu alludi si chiama alessitimia. A tua disposizione per ulteriori chiarimenti. |
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11-02-2008, 15.45.43 | #14 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 16-08-2007
Messaggi: 603
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Riferimento: Quando la parola veicola emozioni?
Citazione:
Veramente io non stavo considerando situazioni di disagio "psichico" particolari... i miei riferimenti si basavano essenzialmente su rapporti interpersonali tra persone con capacità espressive nella cosiddetta "media-norma"... anche se sulla definizione di "norma" ci sarebbe da dissertare parecchio... penso che fosse chiaro su quali punti vertessero le mie riflessioni... Per quanto riguarda la fobia sociale, non ho avuto esperienza diretta in tale specifico ambito (eccetto che con mio marito, il quale oggi, dopo 5 anni di conoscenza e di sovrabbondanti dosi di affetto estrinsecato da parte mia, riesce finalmente a spiccicare un sorriso! E che sorriso )... però ti posso dire che ho fatto del volontariato per un pò di tempo con bambini autistici, che come ben saprai sono molto "chiusi" o meglio si descrivono spesso come bambini che vivono in un mondo tutto loro... ed è stata un esperienza molto profonda per me... soprattutto mi ha colpito il fatto che con questi meravigliosi bambini bisognasse avere una sviluppatissima capacità di "contenimento" della loro accentuatissima espressività nei momenti di crisi... la calma e una grande capacità di autocontrollo e accoglienza erano gli strumenti delle operatrici per armonizzare i comportamenti "fuori dalla comune norma" di questi bambini definiti "problematici"... so che è un caso diverso dalla fobia sociale,ma immagino che in tutti i casi di disagio psicologico debba intervenire da parte del mondo che circonda queste persone una predisposizione all'accoglienza, supportata da una buona conoscenza del problema-disagio da affrontare... ...se c'è un disagio comunque dovrebbe essere affrontato, nel miglior modo che si può, alla radice... Se si è a conoscenza del fatto che una persona non riesce ad esprimersi non-verbalmente occorrerebbe andargli incontro... purtroppo non abbiamo la bacchetta magica, possiamo usare tutto il nostro affetto verso queste persone sofferenti, possiamo cercare di non offenderne mai la dignità... ...ma più di tutto ciò che possiamo fare, cosa possiamo fare? Scusa il giro di parole... Buona giornata te! P.S.: Io considero la non verbalità un accessorio che in molti casi può aiutare a comunicare... tuttavia se ci si viene incontro con tutta la propria disponibilità al dialogo, credo che, anche se forse più problematica, la comunicazione alla fine possa avvenire ugualmente... se ci si vuole capire alla fine ci si capisce, no? Basta armarsi di santa pazienza+comprensione+affetto+ etc e continuare a provare... ..so che non è facile, ma è quello che ci è umanamente concesso... |
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11-02-2008, 16.18.15 | #15 | |
Ospite
Data registrazione: 29-01-2008
Messaggi: 38
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Riferimento: Quando la parola veicola emozioni?
Citazione:
Secondo me questa non consapevolezza peggiora la comunicazione. Tu temi che la consapevolezza del fatto che il linguaggio sia una coordinazione di simboli verbali/extra-verbali porti al pericolo di standardizzare l'interpretazione, ti sbagli, non ci sarà mai il rischio di limitarsi in interpretazioni da manualetti, perchè sappiamo che l'interpretazione del non verbale segue una logica fuzzy, non una logica binaria, per cui, ad esempio, l'equazione "accavallare le gambe=segno di chiusura" non avrà un valore di verità 0 o 1, e non sarà neanche generalizzabile. Invece, è proprio la non consapevolezza dell'aspetto formale della comunicazione che genera incomunicabilità e equivoci. |
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11-02-2008, 16.59.26 | #16 |
Ospite
Data registrazione: 29-01-2008
Messaggi: 38
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Riferimento: Quando la parola veicola emozioni?
Vorrei chiarire quello che ho da dire sull’argomento.
Abbiamo un problema: stabilire quale sia la comunicazione più efficace. Non è solo un problema intellettuale ma anche etico, dato che ha a che fare con il bisogno di socialità dell’essere umano. Chi privilegia la comunicazione non verbale secondo me parte da un’intuizione giusta, cioè che il linguaggio è sempre meta-verbale. Anche l’uso del linguaggio verbale è meta-verbale, perché, anche se si eliminasse il non verbale, il verbale deve ricorrere ai metalinguaggi verbali. Il miglioramento della comunicazione non sta nell’osservare meglio il linguaggio non verbale, ma nella capacità di cogliere i meta-linguaggi della comunicazione e di interpretarli bene. Questa capacità non aumenta educandosi alla spontaneità, perché la spontaneità non farà altro che abituarci a decodificare i metalinguaggi di comunicazione attraverso il nostro personale sistema di decodificazione, e non solo: la spontaneità ci porterebbe a fidarci acriticamente del nostro istintivo sistema di decodificazione, abituandoci a credere che questo valga per gli altri. E’ vero che ogni comportamento extra-verbale (per esempio, ogni gesto) è la codificazione di un messaggio: in questo senso, ignorare i comportamenti extra-verbale significherebbe ignorare certi messaggi, e quindi limitare la comunicazione. Ma questi comportamenti extra-verbali non basta identificarli per migliorare la comunicazione, perché la nostra interpretazione di quei segnali, se non fatta in modo critico, rischia di farceli interpretare in modo sbagliato, attribuendo al mittente dei messaggi che non voleva lanciare: questo dimostra che l’attenzione ai segnali extra-verbali, di per se’, non migliora ne peggiora la qualità della comunicazione. Anche una persona che ha manifestazioni extra-verbali non spontanee, non è detto che recita, e se recita potrebbe farlo per motivi che sfuggono al destinatario, per esempio, lo stato mentale di quello che recita potrebbe rendergli difficile “lasciarsi andare”, e quindi la recita non va interpretata come una codificazione falsificata del suo stato d’animo, ma come la codificazione di stati d’animo negativi che accompagnano il contenuto della comunicazione (ma non lo rendono più finto). Quindi, la spontaneità migliora la comunicazione solo se è accompagnata dallo sforzo di non fare confusione di livelli psicologici: cosa che invece si fa, penalizzando chi non ha quella spontaneità, risultante di una particolare classe di stati mentali, classe che non ha più diritto di altre di essere considerata qualitativamente migliore. Ecco cosa volevo dire. |
11-02-2008, 17.16.48 | #17 | |
Moderatore
Data registrazione: 08-02-2004
Messaggi: 706
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Riferimento: Quando la parola veicola emozioni?
Citazione:
Intendo dire che più sei consapevole che comunichi anche in modo non verbale, più tendi a controllare postura e movimenti (sulle espressioni concordo con Arsenio, la mimica facciale è difficilmente alterabile senza apparire inautentica) per dissimulare i tuoi reali pensieri. Per converso, se vuoi interpretare la reale intenzione del comunicatore, hai più agio di farlo se questi non sa che sta comunicando anche non verbalmente (prossemica, tono di voce, etc.) Quanto alla logica fuzzy, che citi spesso, non comprendo assolutamente cosa sia, peraltro ho dubbi pure sulla logica binaria. Se me lo spieghi sinteticamente fatico di meno che cercarmi qualcosa in argomento. Io non temo niente, seguivo il tuo discorso (almeno quello che mi era parso di comprendere tu volessi dire). Come detto da VeraLuce ed Arsenio, peraltro, gli equivoci si superano semplicemente con la meta-comunicazione (chiedere cosa non si è capito). La conoscenza delle regole comunicative, inoltre, deve essere affiancata dalla volontà di utilizzarle. Oltre a sapere come si comunica, si deve voler comunicare, questo non sempre avviene. Esempio ipotetico: litigo col fidanzato e metto il muso. La comunicazione corretta è: quello che hai detto/fatto mi ha fatto sentire vulnerabile ed è una sensazione che non mi piace provare. Il mio silenzio serve a indurti ad avere per me quelle attenzioni di cui ho bisogno. Razionalmente ci siamo... l'orgoglio però non è facile da quietare: ed ammetter la propria vulnerabilità rende evidente la propria vulnerabilità (mentre tacendo crediamo di non essere vulnerabili). Risultato: taccio e tengo il muso. Alle volte si sceglie - pur conoscendo gli strumenti di lavoro ed il loro utilizzo - di scioperare... |
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11-02-2008, 17.28.18 | #18 | |||
Ospite abituale
Data registrazione: 16-08-2007
Messaggi: 603
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Riferimento: Quando la parola veicola emozioni?
Citazione:
Penso che tutti ci affidiamo a noi stessi, ovvero ai nostri schemi mentali, atteggiamenti, etc, spontanei o non spontanei che possiamo o non possiamo essere... si può avere padronanza di espressività (verbale o non-verbale che sia) anche in mancanza di spontaneità... e il messaggio arriva chiaro e tondo, né meglio né peggio, ma soltanto in forma diversa... Citazione:
Sono d'accordo... Citazione:
Vorrei informarti che molte persone ritengono che la spontaneità sia fuorviante... e che sia questa in realtà a penalizzare la comunicazione... o meglio che sia questa a rendere "inferiore" una comunicazione, fuorviandola... Io comunque sono d'accordo con il contenuto che qui hai espresso... ...soprattutto perché non so quanto si possa educare una persona ad essere spontanea o viceversa a non esserla... forse saprai dirmi qualcosa tu in proposito... E adesso mi metto veramente a riposo che mi è aumentato il febbrone! Ciao Simaptico! |
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