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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Percorsi ed Esperienze |
27-01-2008, 17.02.42 | #3 |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-12-2005
Messaggi: 542
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Riferimento: La risposta empatica
La risposta empatica dà all'altro la percezione di essere stato rispettato, capito, accettato, sul piano dei sentimenti e delle idee, che si devono “restituirgli” in modo conciso.
[quote] L'argomento dell'empatia e' per me di speciale interesse e mi e' abbastanza noto. Concordo con la frase qui riportata, e su di essa vorrei soffermarmi. Una delle condizioni della risposta empatica e' la sua comprensivita', adattabilita' alle facolta' e disponibilita' del compagno [i] nel dialogo. In parole povere: mettersi al posto della persona [e] alla quale ti rivolgi. La persona empatica dovrebbe cercare di raggiungere l'intelletto e lo spirito di quelli con cui vuole comunicare. Non basta esprimersi brillantemente ed esibire una vasta cultura e conoscenza, che potrebbero pure intimidire quelli che non si sentono all'altezza. E' cosi' che si puo' cadere in un tipo di comunicazione piu' adatta all'ambiente accademico dove l'empatia e' meno necessaria. |
27-01-2008, 18.18.23 | #4 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-06-2007
Messaggi: 710
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Riferimento: La risposta empatica
Citazione:
Un'ideuccia minima, personale e discutibilissima, asseverata solo dalla mia lettura delle mie esperienze : chiunque avrebbe sempre qualcosa da donare se .... solo.... fosse sincero con se stesso e disponibile a mostrarsi..... almeno..... nell'umanissimo desiderio di contatto e confronto. Avrebbe almeno questo attimo essenziale di consapevolezza da donare! E, sarò ingenua, ma credo che questa apertura si capirebbe da tutto, trasformandosi in empatia senza necessità d'alcun manuale d'empatia. Credo davvero, per contro, che non esistano regole o corsi per rendere empatica la "risposta" di chi volontariamente "risponde" senza aver consapevolezza del proprio bisogno di farlo. Ripenso con affetto sincero ad una donna molto aggressiva, frequentatrice abuituale del forum professionale frequentato per anni. Nel primo impatto era il contrario esatto dell'empatia. Poteva proprio essere l'antipatia incarnata. T'accorgevi che c'era del buono... quando non bluffava nel braccio di ferro di logica, e quando si sbracciava per segnalare a colleghi "trucchi del mestiere" che avrebbe tranquillamente potuto tenere per se. Chiunque l'avrebbe voluta per sorella il giorno in cui, con una chiarezza tagliata con la roncola, emerse la semplice umanità di chi seppe dire "vengo qui perchè credo di aver bisogno di voi; e vi partecipo il meglio che so, perchè non mi piace sentirmi una ladra" : era e resta il contrario del codice dell'empatia... però, con un atttimo di disponibilità all'ascolto, arrivava una persona amabile, insieme ad una comunicazione concludente... e anche "calda"! |
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27-01-2008, 18.44.33 | #5 | |
...il rumore del mare...
Data registrazione: 15-01-2007
Messaggi: 279
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Riferimento: La risposta empatica
Citazione:
A dire il vero, caro Arsenio, ho sempre pensato all'empatia come un qualcosa della quale, chi la possiede, non dovrebbe avere "percezione". Nel senso che non dovrebbe essere mai "ragionata", mai messa "volutamente in atto". La considero una predisposizione "interiore", caratteriale, qualcosa che scaturisce dal di dentro naturalmente... Le persone veramente empatiche, secondo me, dovrebbero avere la capacità - direi quasi inconsapevole - di saper ascoltare e di saper comunicare anche senza le parole, con un gesto o un sguardo. Non fare nulla per attirare a sè l'Altro, perchè è lui che si sente attirato. La persona (o sarebbe più giusto dire la personalità?) empatica è poi, per me, quella che non si mette al posto dell'Altro ma lo capisce in maniera profonda - magari grazie anche a esperienze comuni - e riesce a farlo sentire a proprio agio a tal punto da portarlo a raccontarsi, a confidarsi con estrema tranquillità e fiducia. Per contro ho un pessimo concetto delle persone che sfruttano questa loro capacità per approfittare senza scrupoli dell'Altro, delle sue fragilità o debolezze magari anche solo momentanee, delle sue necessità, della sua buona fede. Ma in questo caso, mi chiedo, la si può ancora definire "empatia"? |
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27-01-2008, 19.53.21 | #6 |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-12-2005
Messaggi: 542
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Riferimento: La risposta empatica
E' molto labile il confine tra identificazione ed empatia "pura"... sempre per come a tutt'oggi ho potuto capire con l'esperienza... Quando ci si "veste" dei panni dell'altro, sarebbe forse corretto mantenere comunque la propria "testa"... nel senso che qualora si venisse molto coinvolti nello stato emotivo di chi si ha dinanzi, si dovrebbe comunque mantenere la propria "essenza", il proprio atteggiamento mentale all'esistenza, alla vita... affinché quel "molto" coinvolgimento" non diventi "troppo"...
[quote] Ciao Veraluce ----Empatia ed identificazione sono concetti di significato differente : mentre l'empatia e' per definizione un processo razionale, nell'identificazione emergono sentimenti ed emozioni. Nelle relazioni terapeutiche e' importante per il terapista di conservare il controllo delle proprie sensazioni, perche' l'identificazione con il paziente rischia di danneggiarlo. |
28-01-2008, 10.31.04 | #7 |
Ospite
Data registrazione: 28-01-2008
Messaggi: 4
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Riferimento: La risposta empatica
Ciao a tutti!
Sono in questo bellissimo forum da poco, e stavo leggendo questa discussione molto interessante! In particolare mi piacerebbe capire meglio la differenza che c'è tra l'empatia e l'identificazione... ho letto che per hava ad esempio l'empatia è un processo "razionale"... mentre sulla mia garzantina di psicologia (che uso come riferimento sintetico nei miei studi "psico-educativi) essa viene definita:"capacità di immedesimarsi in un'altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d'animo". Questa definizione viene ampliata da K. Jaspers il quale distingue la comprensione empatica dalla comprensione razionale: "Quando nella nostra comprensione i contenuti dei pensieri appaiono derivare con evidenza gli uni dagli altri, secondo le regole della logica, allora comprendiamo queste relazioni razionalmente (comprensione di ciò che è stato detto); quando invece comprendiamo i contenuti delle idee come scaturiti da stati d'animo, desideri e timori di chi pensa, allora comprendiamo veramente in modo psicologico o empatico (comprensione dell'individuo che parla)". L'empatia richiede un assetto recettivo che consenta, come dice G.H.Mead, di entrare nel ruolo dell'altro", per valutare il significato che la situazione che evoca l'emozione riveste per l'altra persona, nonché l'esatta interpretazione verbale e non verbale di ciò che in essa si esprime. C.R.Rogers ha studiato l'importanza dell'empatia nel rapporto terapeutico, in cui la comprensione non avviene a livello "gnosico" ma "patico" dove determinate emozioni che non appartengono ai propri vissuti possono essere valutate per estensione delle proprie esperienze. Mi piacerebbe avere da chi ha iniziato questa discussione e anche dagli altri partecipanti delle indicazioni per un ulteriore personale approfondimento. |
28-01-2008, 19.25.04 | #8 |
Moderatore
Data registrazione: 08-02-2004
Messaggi: 706
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Riferimento: La risposta empatica
Caro Arsenio,
grazie per una nuova bellissima discussione. Dico la verità: io ancora, pur essendo interessata all'argomento empatia, non ho capito - esattamente - cosa sia. Anche per me l'empatia, in qualche modo, era qualcosa a cui si arrivava più a pelle che con la razionalità, quasi un "sentire-con". Invece, sembrerebbe essere tutt'altro, qualcosa che prima di sentire si impara, forse? Perché identificarsi è riconoscere nell'altro emozioni che sono state anche nostre, nel presente o nel passato, ma mettersi nei panni dell'altro non è tanto facile, se quelle emozioni non abbiamo conosciuto o non sappiamo del tutto immaginare. Si impara ad essere empatici? Per saperne di più, a quale libro - non particolarmente complesso - mi potrei affidare? P.S. Grazie anche per il supplemento di farmaco... |
29-01-2008, 15.17.39 | #9 |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
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Riferimento: La risposta empatica
X veraluce, hava, donella, pallina, bambù, nevealsole e le altre
Propongo questa risposta collettiva sia perchè emergono perplessità comuni, sia per questioni di tempo. Oltre ad essere più interessate ad argomenti sulla comunicazione, voi ragazze siete più inclinate alle abilità relazionali, o d'intelligenza emotiva, che includono accoglienza, contenimento, "maternage" (relazioni simili a quella tra madre e bambino) con cui si indica quella predisposizione accuditiva, la cui carenza sarebbe alla base di passate frustrazioni affettive, e che si dovrebbero compensare in una situazione di sostegno in ambito professionale. Noi maschi "esperti" dobbiamo apprendere ciò che voi già sapete per istinto e cultura di genere. Ho proposto questo argomento anche per un possibile orientamento, ed eventuale, in una conversazione informale con un amico oppresso da qualche disagio o problema esistenziale. La "comunicazione come strumento nelle relazioni di aiuto",la pragmatica della comunicazione e le teorie dell personalità, sono in genre trascurate anche nei corsi per le lauree che fanno parte delle scienze umane. Può essere un'arte da apprendere, oltre che favorita da personali attitudini e fatti educativi. Una base teorica è indispensabile soprattutto per evitare certi errori in cui si cade molto facilmente, per irriflessi automatismi. Comunque andrebbe sperimentata "sul campo" così come l'empatia. Anche chi tiene seminari su tale tema spesso la confonde con una base di esperienze condivise, mentre sono i vissuti sottesi che andrebbero confrontati, unici e differenti, come impatto, per ognuno, sia pure a fronte di eventi esteriormente analoghi. Secondo me non c'è empatia (e nemmeno "bontà") se non in presenza di una partecipazione emotiva al dolore altrui, che si esprime attraverso un sentimento di solidarietà, alla cui base c'è la consapevolezza dell comune partecipazione al dolore dell'esistenza; cioè com-passione cone patire insieme. L'empatia è razionale o emozionale? Si può immedesimarsi negli altrui punti di vista concettuali così come intuire le emozioni sperimentate da una persona. Per esempio in certi gruppi di auto-aiuto, i moderatori ideali sarebbero quelli che hanno superato i disagi del tipo in cui intendono portare aiuto. Non parlerei di "razionalità" , quanto piuttosto di cognizione. In tal caso, in ogni elaborazione cognitiva c'è una componente pure emozionale, così come le emozioni presentano elementi cognitivo-valutativi. Il "logos" razionale, in prevalenza di genere maschile, dovrebbe essere complementare al pathos; si tratta delle sedi in due emisferi diversi. E' in quest'ultimo che hanno origine gli stati affettivi, l'intuizione, il senso artistico, la creatività,ecc. Di genere prevalentemente "femminile".In Occidente predomina la valorizzazione dell'emisfero razionale. Chi ha qualche esperienza di volontariato in centri di salute mentale potrebbe aver sperimentato la sensibilità di chi soffre un disagio psichico, soprattutto verso l'altrui comunicazione non verbale, più ancora che verso le parole espresse. Anche un impercettibile sguardo di disapprovazione, un sorriso falso non congruente con ciò che viene detto, è recepito, e comprendono come chi sta loro di fronte vive l'incontro con loro. E certi ospiti sono "sgradevoli" per il senso comune. E' questo il maggior stigma, e non l'appellativo "schizofrenico", come si vuol far credere. Presupposti augurabili sarebbero un'immagine positiva di sè stessi e aver beneficiato di adeguati modelli di relazione appresi durante l'infanzia. Si deve aver da donare qualcosa nel senso che nessuno può donare ciò che non possiede o inalzare gli altri dove lui stesso non è arrivato. Comunicare, specie in certi contesti, significa tutto ciò che può indurre a modificare il comportamento degl' interlocutori, mentre con l'informare non si verifica se c'è comprensione. Si deve inoltre riconoscere quale tipo di relazione si può instaurare con quello specifico individuo. Inoltre è utile saper individuare il vero problema sotteso sotto al pretesto (molto diffuso) e indizi chiave. Non manifestare nessun moto di aggressività, non valutare, non interpretare, non consigliare, nè inquisire, non trovare soluzioni,; sospendere proprie convinzioni e pregiudizi. Ancora, non scambiare fatti per emozioni, fatti per le loro interpretazioni, fatti con le loro conseguenze; distinguere il risolvibile dall'irrisolvibile. A pare mio conta pure una flessibilità comunicativa, per monitorare e monitorarsi a seconda della situazione a volte mutevole. Empatia è veder il mondo con gli occhi dell'altro ben sapendo che quello è il suo mondo e non il nostro. Esserci con il cuore senza rimanerci dentro, nè difendersi con il distacco. Ascoltare è un viaggio di andata e ritorno (Rogers). La risonanza eccessiva (inquinamento emotivo) impedisce di proseguire fornendo un aiuto che sia il più valido possibile. Allora si deve momentaneamente sospendere ed elaborarla. Il rischio per i professionisti ( ma più per il paziente) è la proiezione di loro conflitti irrisolti E vero che aiuta anche l'esserci senza dir nulla: silenzio cone vuoto fertile. In conclusione non si tratta di saper argomentare, come credo che qualcuno equivochi, ma nemmeno di chiacchiere o di indebite attribuzioni e competenze di tipo professionale. Ammetterei un po' d'humour sdrammatizzante ... con cautela. Non vorrei ripetere cose già dette in altri 3d. Il dibattito può continuare,anche alla luce di nostre dirette esperienze personali. X veraluce: la mia mailbox di "riflessioni" era occupata da msg vecchi che mi ero dimenticato di svuotare. Sono più imbranato che ... oggetto di desiderio X donella : ti risponderò quanto prima a "strategie autoconoscitive". E' interessante ciò che affermi. |
29-01-2008, 16.48.15 | #10 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 16-08-2007
Messaggi: 603
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Riferimento: La risposta empatica
Citazione:
Si sono d'accordo... noi femminucce tendiamo ad essere "madri"... in alcuni casi anche troppo Citazione:
Riporto una mia esperienza non molto costruttiva, anzi che a me ha causato problematiche, soprattutto per quanto riguarda questo istinto ad essere madre, nei rapporti interpersonali... Ecco, io madre ancora non lo sono... lo sono stata per poco... in poche parole ho avuto tre gravidanze interrotte... questo mi ha portato a sviluppare in modo esasperato il mio già accentuato istinto materno... il quale ovviamente lo esprimo nei rapporti interpersonali che intreccio ogni giorno... ...ho un'affettività accentuatissima... forse l'ho dimostrato anche sul forum, con i miei: ti voglio bene, comprendiamoci, viva l'amore, etc... Ora questo per me è diventato uno strumento per approcciarmi agli altri, come se vedessi negli altri dei figli da accudire... cerco di comprendere sempre... io sono cosciente di avere sviluppato questo comportamento per esperienze dolorose vissute... ormai fa parte del mio essere... tuttavia ultimamente mi è stato fatto notare che questa mia eccessiva dolcezza è solo una maschera, che faccio vedere ciò che non sono... che dietro ai miei gesti affettuosi c'è nascosto un fine altro... Caro Arsenio, certo sto approfittando della tua discussione per capire un pò anche me stessa... secondo te la mia è una maschera? Secondo te il dolore che ho vissuto non mi ha portato naturalmente ad essere così? Secondo te Arsenio, dovrei andare in analisi perché mi permetto di dire alle persone che le amo? E che a qualcuno mi affeziono particolarmente perché mi ricordano dei bambini indifesi? Ciao Arsenio... e grazie per essere sempre stato gentile con me. |
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