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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 23-10-2007, 18.26.20   #1
Mr. Bean
eternità incarnata
 
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Data registrazione: 23-01-2005
Messaggi: 2,566
Psicologia di un trauma

Ciao a tutti.
Forse non tutti sanno che io, da quando avevo un anno (oggi ne ho quasi 49) faccio i conti con la disabilità. Le mie gambe non hanno mai camminato correttamente e di conseguenza ho dovuto subire un paio di interventi chirurgici per acquistare la posizione eretta. Forse questo mio status mi ha abituato a vedere le difficoltà come opportunità per mettermi in gioco. Qualche mese fa ho anche provato cosa significa un ictus ischemico. Oggi, pare stia rientrando tutto quanto e l'unio strascico è il braccio destro che mi sembra perennemente ingabbiato. Ho una notevole forza nelle braccia, per ovvi motivi, per cui, non mi rendo conto se sto impegnando una forza maggiore rispetto a prima.
Nel contempo, anche mia nonna, che ha 92 anni, pochi giorni prima del suo ultimo compleanno ha fatto i conti con un ictus, un po' più forte del mio, tanto che ora si trova su una carrozzina e fino a qualche mese fa camminava correttamente e svolgeva un sacco di altri lavori nella casa di riposo in cui ha voluto entrare spontaneamente, in quanto viveva sola a casa sua e quindi, in caso di necessità non si sarebbe sentita sicura e assistita adeguatamente, come invece è in una casa di riposo.
Secondo voi un trauma quanto può influire su un carattere? Conosco persone che in seguito ad un incidente hanno dovuto cambiare completamente stile di vita. Cosa scatta esattamente nell'essere umano? La paura del giudizio altrui per non riuscire più a svolgere determinati lavori? Oppure è la paura del proprio giudizio? Potrebbe essere l'impossibilità di soddisfare il proprio ego?
Non so se mi sono spiegato a sufficienza... a voi l'ardua sentenza!
Mr. Bean is offline  
Vecchio 24-10-2007, 06.31.24   #2
uranio
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Data registrazione: 22-10-2004
Messaggi: 470
Riferimento: Psicologia di un trauma

Carissimo Fabrizio, mi dispiace dell’accaduto, ma dobbiamo accettare la realtà, la vita è fatto ogni giorno di cose importanti. Cerco di rispondere alla tua domanda al quanto complicata;

Secondo voi un trauma quanto può influire su un carattere? Conosco persone che in seguito ad un incidente hanno dovuto cambiare completamente stile di vita. Cosa scatta esattamente nell'essere umano? La paura del giudizio altrui per non riuscire più a svolgere determinati lavori? Oppure è la paura del proprio giudizio? Potrebbe essere l'impossibilità di soddisfare il proprio ego?
Non so se mi sono spiegato a sufficienza... a voi l'ardua sentenza!

Tutto dipende dalla sensibilità e dal carattere della persona. Ognuno reagisce in modo diverso ti faccio un es. mia sorella anni fa fu investita su un marciapiede da un rumeno, è stata in fin di vita ed ha rischiato che gli amputassero le gambe, ora grazie ai medici ed a un Essere superiore lei ricammina e fa una vita autonoma, certamente ora è disabile, non è più come prima. Lei ha rimosso tutto,non so come ha fatto, ma sembra che quel incidente non l’ha mai avuto, che le sofferenze non le ricorda. Io quando guardo le sue gambe deformate mi si gela il sangue io risento il dolore di quel periodo, la mia sofferenza per lei, oggi è lei che da tanto coraggio con il suo modo di essere, se ciò fosse accaduto a me sarei caduta senza via di scampo nel tunnel della depressione e non avrei reagito come lei. Da tutto questo ho capito che la vita se ci viene donata la dobbiamo rispettare e dobbiamo lottare perché essa sia sempre migliore per noi. Non pensiamo agli altrui giudici dobbiamo pensare per il nostro bene, a noi stessi e lottare per fare una vita sempre migliore. Non dobbiamo lasciarci andare perché il tutto si ripercuote su di noi. Se Qualcuno decide di lasciarci ancora vivere vuol dire che noi ancora siamo importanti su questa terra quindi dobbiamo far sentire la nostra presenza VIVA.
Ti abbraccio Patrizia
uranio is offline  
Vecchio 24-10-2007, 08.14.49   #3
klee
Ospite abituale
 
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Data registrazione: 04-01-2005
Messaggi: 0
Riferimento: Psicologia di un trauma

Conosco persone che in seguito ad un incidente hanno dovuto cambiare completamente stile di vita...

Sì, come ha detto giusto Patrizia..bisogna sapere ACCETTARE..è accettare significa sentire quello che noi stessi ci diciamo a noi stessi..accettare quello che ci è successo..pregare a modo nostro..avere fiducia in quello che facciamo.

Ascoltare i battiti vivi del nostro cuore..e finchè possiamo viviamo la Vita.Viviamo
le emozioni e offriamo ancora l'Amore agli altri,perchè gli altri rimandano anche Amore

Imparare ad ascoltarci!

Mi dispiace per quello che ti è successo..è da tanto che non ti leggevo più!ognuno di noi ha la propria vita!

a te e tua mamma e auguri a tutti! Kleelia
klee is offline  
Vecchio 25-10-2007, 22.24.52   #4
la stellina
Ospite
 
Data registrazione: 08-03-2007
Messaggi: 7
Riferimento: Psicologia di un trauma

e' difficile poter dire come ti cambia un trauma!io l'ho vissuto in prima persona con un terribile incidente che da ormai 16 anni ogni giorno si sveglia e va a dormire con me.quando e' successo avevo solo 11 anni e da quel giorno la mia vita non e' stata piu' quella di una bambina ma bensi' la vita di una bambina che lotta x vivere.oggi a 29 anni mi ritrovo ad essere fragile quasi incapace di vivere in questo mondo anche una piccola offesa mi provoca il pianto e sento sempre il bisogno di un abbraccio!guardando le mie cicatrici mi chiedo come sarebbe stato senza loro ma questo proprio non lo so.forse se avessi avuto una vita "normale"oggi sarei piu' forte piu' decisa e ogni cosa che farei non la farei sempre con il cuore.quando si provano certe cose e' inevitabile cambiare ce' chi diventa piu' forte,chi si nasconde dietro una maschera e chi come me che continua a soffrire ogni momento!!!non so se sono stata capace di spiegare cio' che voglio dire ma forse chi ha provato personalmente certe cose riuscira' a capire.baci a tutti
la stellina is offline  
Vecchio 26-10-2007, 02.11.54   #5
marco gallione
Utente bannato
 
Data registrazione: 22-05-2007
Messaggi: 363
Riferimento: Psicologia di un trauma

Ciao Mr Bean. Ho letto il tuo post, e ne ho anche parlato con un amico, di cui magari mi hai già sentito parlare (forse), che si chiama Vito.
E’ accaduto l’altra sera, dopo il lavoro. Un lunedì sera a Milano, in un contesto tranquillo, adatto a fare due chiacchiere, possibilmente pensate il giusto.

Vito parla senza preamboli. Certe volte – dice lui – “in maniera brutale”.
Una volta mi ha pure detto: “penso che la verità stia in poco posto”.

Non ha un carattere facile. E' indigeribile. “Con le donne poi…” dice lui “non mi sopportano”. Una volta, per descriversi, diceva di sé: “una persona scomoda, difficilmente gestibile, un “rompica..zzo” per usare un’espressione poetica”.

Vito però ha anche dei talenti notevoli.
Scrive con uno stile, una sintesi e una gradevolezza formidabili.
E poi esplode dei pensieri, delle immagini, che spesso sono sorprendenti (magari anche per lui; certamente lo sono per sua mamma, che qualche volta capita che nemmeno lo riconosca..).

Diciamo che, in sintesi, Vito non ha bisogno – né vuole – vendere un bel niente. Dice quello che pensa.
Si può ben essere in disaccordo con lui. Ma è uno forte, e sincero direi.

L’altra sera abbiamo parlato, dicevo sopra. E anche l’altra sera mi ha detto quello che pensava. Così ho fatto io con lui, parlando di tante cose, compreso quello ci che ha scritto Mr Bean.
Poi, il giorno dopo, ha indirizzato a me e a qualcun altro una mail. Questa qui sotto, che - mi pare - può stare qui, nella discussione aperta da Mr Bean.


“Io per lavoro sono sempre a contatto con la sofferenza.
Essa, per necessità o per virtù, è diventata una mia conoscente.
Se non puoi sconfiggere il tuo avversario alleati con lui, diceva qualcuno..
Detto, fatto.
Parlando con lei (in senso lato, non sono ancora arrivato a quel punto di follia) mi ha spiegato, lamentandosene, di quanto è grandemente sottovalutata in confronto a sua sorella, la Felicità.
Mi ha raccontato che spesso il suo lavoro è frainteso e snaturato del suo reale valore.
Essa opera per l’Uomo, ma da questi non è degnata del minimo sguardo di apprezzamento a differenza della sua germana che (un po’ zoccola) è corteggiata da tutti ma non si concede mai a nessuno, se non per dei rari momenti assai fuggevoli.

Il dato cui sono giunto, grazie ad una certa frequentazione con la Sofferenza e le chiacchierate fatte con lei la sera, magari con un bicchierino di quello buono in mano, è che Lei unisce veramente gli uomini più della felicità. Appare un paradosso, ma vale la pena di rifletterci.

In fondo in fondo essere felici, innamorati, contenti, soddisfatti ci rende un po’ egocentrici, fateci caso. E anche un pochino stronzetti (se proprio volessimo sottilizzare) con una leggera “nuance” di rincoglionimento.
Quanti amici appena trovano la fidanzata si defilano e si squagliano come un gelato sotto il sole d’agosto, quanti stimatissimi rapporti lavorativi sono amputati da un’inaspettata promozione…analizzate, cercate nella vostra esperienza, fate questo piccolo sforzo di memoria…Sarete ampiamente ripagati alla fine di questo scritto, altro che Conto Arancio!

Nel godere il nostro piacevole senso interiore di felicità, la nostra attenzione è fortemente chiamata altrove.
Apparentemente, esteriormente, siamo aperti, ma dentro cosa succede? Veramente, cosa accade?
Gli opposti si devono sostenere, questa è una legge di vita.
Se esteriormente sono raggiante domandatevi: “Ma l’ombra dove è andata a finire?”.

Dentro.
Dentro siamo chiusi nel nostro piacere, come a contenere questo sentimento dolcissimo, che però si ha sempre paura che fugga.

No, mi si dirà: “La felicità è condivisione!”
E’ principalmente uno slogan, rispondo secco; e’ così solo in misura minore, ve lo dico, è solo apparenza.
Osservate cosa succede dentro, quando siete felici e poi mi direte, ma mi sa che non è facile. Poiché i momenti di consapevolezza non si accostano volentieri ai momenti di felicità.
Provate a esseri consapevoli nell’orgasmo, de-identificatevi, mica è facile…

E invece osservate con quanta facilità la sofferenza rivolge la luce dentro di noi, di come apra le porte del senso di umanità, della comprensione che ci avvicina alla compassione.
E’ un’occasione, certamente, tutta da realizzare; non è mica automatica.
Va un po’ fatta fermentare, senza fretta.
In fondo ci è compagna sin dall’inizio del mondo.

Apparentemente sembriamo chiusi, musoni, bui ma guardate come si diventa attenti…dentro si ha un’esplosione verso l’interno e poi verso l’esterno.
Notate come ogni cosa ci tocchi come un chiodo su un nervo scoperto, come il sale su una ferita.
Vedete dunque come ci si drizzano le orecchie, quando uno parla, quanto ci coinvolga il vivere interiore del nostro prossimo, quanto ci commuova una musica, un profumo, un’opera d’arte.

Quanto comprendiamo, finalmente, cosa realmente conti nella nostra porca vita.

L’apparizione al mondo è di chiusura, ma in definitiva si diventa un enorme orecchio, molto più grande di quello del dottor Spock.
Un occhio più indagatore di quello del Grande Fratello (di Orwell naturalmente, non quello della Ventura).
I nostri sensi sono divengono “allertati” come la Protezione Civile, quando piove in Calabria.

“Anche le persone che soffrono sono terribilmente egoiste” mi dice quel signore in fondo alla fila con la mano alzata.
Sai che notizia! Dire che uno è egoista è come dire che il naso è in mezzo al viso, un’ovvietà.
Trovatemi uno non egoista e io vi regalo la mia collezione di Satanik del 71’…parola.

Chi soffre arriva con i propri guai, i dolori, le malattie e vuole solo liberarsene, per tornare di corsa a fare shopping.
Verissimo! Comportamento che più egoista di così non si vede.
Non comprendono, però, quasi tutti, che non vi è guarigione senza cambiamento.

E non siamo forse tutti sempre ammalati?
E la vostra anima è sana?

A molti interessa essere curati, ma non vogliono guarire, vogliono essere sempre loro stessi. Ovvero i peggiori nemici della propria Salute.
Questo è quello che si vede, ma sotto cosa accade?

Non è un problema di egoismo o altruismo, ma di cosa è funzionale alla nostra comprensione, espansione e raffinazione, (lo dice sempre il mio benzinaio: “È un problema di raffinazione” ..).

Permettetemi, come novello Virgilio, di accompagnarvi nel vostro personale Inferno, non solo quello di chi sta male veramente, di chi combatte davvero da solo con i propri traumi, la propria disabilità, centimetro per centimetro, per la riconquista di ciò che è suo…venite anche voi nel vostro Inferno.
Pure tu che fai finta di essere capitato qui per caso a leggere questa pagina, dammi la manina e se vieni… vedrai.
Sempre che tu abbia le palle per tenere gli occhi aperti.

Ora che abbiamo deciso di andare in gita assieme si parte.
Dove andiamo?
Si va, amici, a trovare la mia amica. E’ anche la vostra amica.

Lei è una grandissima, ci abbraccia tutti e mentre noi disperati malediciamo i nostri giorni infausti, Lei è lì che piange con noi, ma non per gli stessi motivi.

Poveri mendicanti che siamo, ci dona la più grande ricchezza del mondo e noi ci sentiamo ugualmente poveri, ecco il dono: il vero amore, di amare la vita, tutta però e di stringerci vicino come i pinguini in marcia verso il sole nella notte polare.
Ognuno deve camminare per se stesso e tutto si paga, ma quanto è bello sentire il calore di chi magari per un pezzo di strada ci sta accanto, possiamo sentirlo?
Possiamo sentire quanto freddo patisce? Quanta fatica a volte faccia per un altro passo?
Perché lui è noi, semplicemente.

Una verità breve, mica indolore”.


Le cose che ha scritto nella mail, Vito le diceva l’altra sera, proprio quando io e lui parlavamo di quel che ha scritto Mr Bean.
Mi piaceva l’idea di mettere in contatto per un attimo Vito e Mr Bean qui, approfittando del Forum.
Spero di non essere stato di disturbo.
Se è così, me ne scuso.

Ciao da me e da Vito.
marco gallione is offline  
Vecchio 26-10-2007, 09.46.19   #6
daria
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Riferimento: Psicologia di un trauma

la sofferenza è una posizione "privilegiata" dalla quale poter osservare il mondo. è quella che permette a un cieco di vedere, a un sordo di sentire, a un muto di parlare, a uno zoppo di camminare. la sofferenza è una danza che si perpetua e si muove dentro di noi, una bomba muta, una bomba a tempo che ti esplode dentro, cambiando il senso delle cose.non è una sinapsi che trasmette sensazioni, ma elabora, trasforma, crea vita nuova, migliora, fonde,raffina ogni cosa. non è pane, ma il lievito che lo fa crescere. non è buon senso, ma senso buono. non è palpabile, è invisibile. è l'alta marea che si posa sulla sabbia e il riflusso porta con se, e non è mai la stessa cosa. miriadi di granelli di sabbia che continuamente mutano il loro disegno, che si arrestano con la bassa marea e attendono con apparente pace del riposo, prima che arrivi la prossima onda. solo chi soffre può capire chi sta soffrendo, ci vuole molto coraggio a soffrire e molti non ce la fanno e si lasciano cadere nel baratro.

ovviamente questo è solo il mio punto di vista.
un augurio a tutti di poter nella sofferenza acquisire consapevolezza.

un caro saluto
daria
daria is offline  
Vecchio 27-10-2007, 14.33.21   #7
Francesco68
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Riferimento: Psicologia di un trauma

buongiorno a tutti.
Una volta scrivevo in un forum e avevo una discreta corrispondenza con un ragazzo il cui avatar nel forum mostrava il suo corpo dalla cinta in su, per anni ci siamo scritti sempre nel forum senza mai incontrarci di persona, un giorno lui fece una lezione ad un congresso e mi disse vai al sito tali tali e segui il mio discorso, io mi collegai a internet e andai in quel sito e quando vidi le foto del congresso rimasi di stucco nel vederlo in carrozzina, io tutto agitato aspettai con ansia di potergli scrivere e fargli sapere il mio sconforto, il mio stato d’animo nel vederlo handicappato, ero veramente sconvolto, lui mi rispose in modo sereno e disse “caro Francesco stai tranquillo io sono felice, non essere sconcertato perché io non lo sono”, quella frase mi ha veramente colpito profondamente, mi ha fatto capire che l’handicap non ce l’anno loro ma noi persone “normali” che vediamo loro diversi. Ognuno di noi ha degli handicap che possono essere visibili o meno agli altri, l’importante è accettarli e conviverci assieme, la vità è tutto un handicap bisogna guardare avanti senza mai girarci indietro. Per il nostro amico mr Bean gli consiglio di guardare e concentrarsi sulle cose belle della vità e tralasciare quelle negative perché sono inevitabili e di ricordarti che chi ha un handicap grave come il tuo ha qualcosa in più delle persone normali e non in meno, a chi è stato tolto dal fisico è stato dato molto ma molto di più dentro il cuore. In bocca al lupo
Francesco68 is offline  
Vecchio 28-10-2007, 16.27.12   #8
Mr. Bean
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Riferimento: Psicologia di un trauma

Grazie per gli interventi... effettivamente, per uno come me, abituato a vivere la disabilità sulla propria pelle, un problema in più è comunque risolvibile. Conosco anche persone che hanno subito fino a 5 ictus, ed ogni volta ne sono usciti. Hanno continuato a vivere, consapevoli di avere un problema in più, perché, checché se ne dica, anche se c'è la buona volontà di risolverli, i problemi da affrontare ci sono. Aumentano e solo se li trasformiamo in opportunità, sproni, riusciamo a vivere dignitosamente.
Mr. Bean is offline  
Vecchio 29-10-2007, 12.51.21   #9
iulbrinner
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Riferimento: Psicologia di un trauma

Citazione:
Originalmente inviato da marco gallione
"Vito"
“Io per lavoro sono sempre a contatto con la sofferenza.
Essa, per necessità o per virtù, è diventata una mia conoscente.
Se non puoi sconfiggere il tuo avversario alleati con lui, diceva qualcuno..
Detto, fatto.
Parlando con lei (in senso lato, non sono ancora arrivato a quel punto di follia) mi ha spiegato, lamentandosene, di quanto è grandemente sottovalutata in confronto a sua sorella, la Felicità.
Mi ha raccontato che spesso il suo lavoro è frainteso e snaturato del suo reale valore.
Essa opera per l’Uomo, ma da questi non è degnata del minimo sguardo di apprezzamento a differenza della sua germana che (un po’ zoccola) è corteggiata da tutti ma non si concede mai a nessuno, se non per dei rari momenti assai fuggevoli.

Il dato cui sono giunto, grazie ad una certa frequentazione con la Sofferenza e le chiacchierate fatte con lei la sera, magari con un bicchierino di quello buono in mano, è che Lei unisce veramente gli uomini più della felicità. Appare un paradosso, ma vale la pena di rifletterci.

In fondo in fondo essere felici, innamorati, contenti, soddisfatti ci rende un po’ egocentrici, fateci caso. E anche un pochino stronzetti (se proprio volessimo sottilizzare) con una leggera “nuance” di rincoglionimento.
Quanti amici appena trovano la fidanzata si defilano e si squagliano come un gelato sotto il sole d’agosto, quanti stimatissimi rapporti lavorativi sono amputati da un’inaspettata promozione…analizzate, cercate nella vostra esperienza, fate questo piccolo sforzo di memoria…Sarete ampiamente ripagati alla fine di questo scritto, altro che Conto Arancio!

Nel godere il nostro piacevole senso interiore di felicità, la nostra attenzione è fortemente chiamata altrove.
Apparentemente, esteriormente, siamo aperti, ma dentro cosa succede? Veramente, cosa accade?
Gli opposti si devono sostenere, questa è una legge di vita.
Se esteriormente sono raggiante domandatevi: “Ma l’ombra dove è andata a finire?”.

Dentro.
Dentro siamo chiusi nel nostro piacere, come a contenere questo sentimento dolcissimo, che però si ha sempre paura che fugga.

No, mi si dirà: “La felicità è condivisione!”
E’ principalmente uno slogan, rispondo secco; e’ così solo in misura minore, ve lo dico, è solo apparenza.
Osservate cosa succede dentro, quando siete felici e poi mi direte, ma mi sa che non è facile. Poiché i momenti di consapevolezza non si accostano volentieri ai momenti di felicità.
Provate a esseri consapevoli nell’orgasmo, de-identificatevi, mica è facile…

E invece osservate con quanta facilità la sofferenza rivolge la luce dentro di noi, di come apra le porte del senso di umanità, della comprensione che ci avvicina alla compassione.
E’ un’occasione, certamente, tutta da realizzare; non è mica automatica.
Va un po’ fatta fermentare, senza fretta.
In fondo ci è compagna sin dall’inizio del mondo.

Apparentemente sembriamo chiusi, musoni, bui ma guardate come si diventa attenti…dentro si ha un’esplosione verso l’interno e poi verso l’esterno.
Notate come ogni cosa ci tocchi come un chiodo su un nervo scoperto, come il sale su una ferita.
Vedete dunque come ci si drizzano le orecchie, quando uno parla, quanto ci coinvolga il vivere interiore del nostro prossimo, quanto ci commuova una musica, un profumo, un’opera d’arte.

Quanto comprendiamo, finalmente, cosa realmente conti nella nostra porca vita.

L’apparizione al mondo è di chiusura, ma in definitiva si diventa un enorme orecchio, molto più grande di quello del dottor Spock.
Un occhio più indagatore di quello del Grande Fratello (di Orwell naturalmente, non quello della Ventura).
I nostri sensi sono divengono “allertati” come la Protezione Civile, quando piove in Calabria.

“Anche le persone che soffrono sono terribilmente egoiste” mi dice quel signore in fondo alla fila con la mano alzata.
Sai che notizia! Dire che uno è egoista è come dire che il naso è in mezzo al viso, un’ovvietà.
Trovatemi uno non egoista e io vi regalo la mia collezione di Satanik del 71’…parola.

Chi soffre arriva con i propri guai, i dolori, le malattie e vuole solo liberarsene, per tornare di corsa a fare shopping.
Verissimo! Comportamento che più egoista di così non si vede.
Non comprendono, però, quasi tutti, che non vi è guarigione senza cambiamento.

E non siamo forse tutti sempre ammalati?
E la vostra anima è sana?

A molti interessa essere curati, ma non vogliono guarire, vogliono essere sempre loro stessi. Ovvero i peggiori nemici della propria Salute.
Questo è quello che si vede, ma sotto cosa accade?

Non è un problema di egoismo o altruismo, ma di cosa è funzionale alla nostra comprensione, espansione e raffinazione, (lo dice sempre il mio benzinaio: “È un problema di raffinazione” ..).

Permettetemi, come novello Virgilio, di accompagnarvi nel vostro personale Inferno, non solo quello di chi sta male veramente, di chi combatte davvero da solo con i propri traumi, la propria disabilità, centimetro per centimetro, per la riconquista di ciò che è suo…venite anche voi nel vostro Inferno.
Pure tu che fai finta di essere capitato qui per caso a leggere questa pagina, dammi la manina e se vieni… vedrai.
Sempre che tu abbia le palle per tenere gli occhi aperti.

Ora che abbiamo deciso di andare in gita assieme si parte.
Dove andiamo?
Si va, amici, a trovare la mia amica. E’ anche la vostra amica.

Lei è una grandissima, ci abbraccia tutti e mentre noi disperati malediciamo i nostri giorni infausti, Lei è lì che piange con noi, ma non per gli stessi motivi.

Poveri mendicanti che siamo, ci dona la più grande ricchezza del mondo e noi ci sentiamo ugualmente poveri, ecco il dono: il vero amore, di amare la vita, tutta però e di stringerci vicino come i pinguini in marcia verso il sole nella notte polare.
Ognuno deve camminare per se stesso e tutto si paga, ma quanto è bello sentire il calore di chi magari per un pezzo di strada ci sta accanto, possiamo sentirlo?
Possiamo sentire quanto freddo patisce? Quanta fatica a volte faccia per un altro passo?
Perché lui è noi, semplicemente.

Una verità breve, mica indolore”.


Le cose che ha scritto nella mail, Vito le diceva l’altra sera, proprio quando io e lui parlavamo di quel che ha scritto Mr Bean.
Mi piaceva l’idea di mettere in contatto per un attimo Vito e Mr Bean qui, approfittando del Forum.
Spero di non essere stato di disturbo.
Se è così, me ne scuso.

Ciao da me e da Vito.


Spero che Marco Gallione non me ne voglia se ho oscurato, in parte, il suo intervento per quotare interamente la mail del suo amico Vito (sempre che non siano la stessa persona). Era da molto che non leggevo con tanta avidità cose scritte.
Vito ha ragione - e la racconta in modo straordinario - ma pensa il caso...ci si può sentire vicini a lui, ad una persona per me sconosciuta, al suo modo di pensare e di essere anche senza sofferenza; anzi, senza esagerare, direi provando un intimo senso di "piacere".
Ne traggo una conclusione: al di là dei limiti fisici, degli handicap e di ogni forma di sofferenza, ciò che sta alla base della "felicità" è, a mio modo di vedere, la possibilità di comunicare con gli altri, soprattutto quando il modo di comunicare è quale quello che ho postato.
Per quanto mi riguarda, ringrazio Marco Gallione per avere condiviso con altri - me tra questi - questa bella pagina.
iulbrinner is offline  
Vecchio 30-10-2007, 12.50.19   #10
percaso
Ospite abituale
 
Data registrazione: 03-01-2006
Messaggi: 41
Riferimento: Psicologia di un trauma

Ciao Fabrizio,

mi va di risponderti con questa poesia:


Voglio, avrò -
se non qui,
in altro luogo che ancora non so.
Niente ho perduto.
Tutto sarò

Ciao
percaso is offline  

 



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