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28-04-2006, 12.56.50 | #23 |
ospite sporadico
Data registrazione: 05-01-2004
Messaggi: 2,103
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E se non ci fosse ne la vasca ne il cervello?
potrebbe esserci un qualcosa senza forma che immagina tutto.... Ma dai ragazzi... state andando ad oriente (spirituale ed essoterico per di più) sparati da un cannone Comunque per fare il serio solo se sei (anche in una sola parte di te) fuori della vasca puoi dire che esiste una vasca.... e sarai dentro un'altra vasca più grande come dice il saggio Nexus... |
28-04-2006, 12.59.54 | #24 | |
ospite sporadico
Data registrazione: 05-01-2004
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Citazione:
Ah no? Quando l'altro gli dice di scegliere tra una e l'altra ha già messo in moto tutto il meccanismo... in effetti prima o poi scopriranno che l'effetto placebo funziona proprio perchè una parte (di noi) crede che il farmaco funzioni e l'altra parte no.... |
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28-04-2006, 16.25.36 | #25 | |
Moderatore
Data registrazione: 18-05-2004
Messaggi: 2,725
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Citazione:
mah, non tanto oriente quanto credi, infatti il problema che sia tutto un sogno fa da sfondo a tutta la filosofia 'occidentale' (da platone, passando per cartesio, fino anche alla filosofia contemporanea) |
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29-04-2006, 01.20.16 | #27 | |
iscrizione annullata
Data registrazione: 23-02-2005
Messaggi: 728
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In tre punti
Citazione:
Rispondo al primo e secondo argomento da te posto: ma, innanzitutto va chiarito un punto. Io stesso sono stato, per brevità, impreciso. Il programma dimostrato impossibile da Goedel corrisponde alle intenzioni di Hilbert di poter codificare l'intera disciplina logico-formale della matematica. Questo è solo un chiarimento: di qui in avanti tornerò a riferirmi al cd. programma "goedeliano" come a quello che si uniforma ai criteri di cui egli stesso dimostra l'impossibilità formale (del resto, anche la sua dimostrazione non è positiva, ma è posta attraverso una specie di "regressus ad infinitum"). 1) I limiti conseguenti alla dimostrazione di Goedel riguardano l'impossibilità di una "formalizzazione" assoluta della computazione. Cioè: l'impossibilità di una "prescrizione" a priori dell'intero impianto logico-formale della matematica. Essi "limiti" non riguardano la computabilità in sè, oppure la possibilità di "trovare", a posteriori, ogni possibile formalizzazione logica del calcolo. Cosa significa questo? Significa che: se ipotizziamo che la "realtà" così come la sperimentiamo, la elaboriamo e la descriviamo ci pervenga da un "programma" esterno alla nostra mente, allora tale "programma" cade al di fuori dei limiti posti dalla dimostrazione goedeliana. In altre parole: il progetto di Hilbert non può essere prescritto, ma non per questo non può giungere al compimento per "descrizione". Se abbiamo a che fare con l'ipotesi che tale apparato computazionale "contenga" tutti gli elementi di realtà oltre che tutti gli elementi logici ed anche i percorsi ermeneutici della nostra mente, allora, purtroppo, non siamo autorizzati ad avvalerci del teorema di Goedel per disconfermarne la legittimità: poichè anche la dimostrazione goedeliana "deve" essere contenuta in tale programma. 2) Ci imbattiamo, infatti, "non" in un hardware preordinato secondo prescrizioni logico-formali che digitalizzano la realtà, bensì in un "hardware" che contiene anche gli elementi metalogici che permettono al cervello nella vasca di "distinguere" la dimensione "analogica" da quella "digitalizzata" (o, se preferisci, tra "virtuale" e "reale"). 3) La dimostrazione di Putnam, di cui condivido le conclusioni, è debolissima e, sostanzialmente, contestabile. L'evidenza del "falso" (come quella del "vero"), infatti, non potrebbe che essere contenuta nel programma di cui è dotata la macchina collegata col cervello: sarebbe essa, infatti, a prestabilire, a monte di ogni percepita esperienza del cervello, il carattere di "verità" o "falsità" dell'esperienza stessa. Se fosse così facile smontare le presunzioni della metafisica, caro Epicurus, non sarebbe accaduto alla riflessione di un intero secolo di soffermarsi dubbiosa sulla "visione in Dio" di Malebranche ! (Ipotesi che, peraltro, mutatis mutandis, assomiglia molto a quella di Putnam). Anche la mia, personale, argomentazione è debole: essa non perviene, infatti, alla positività che sarebbe lecito pretendere da una questione così radicalmente semplice e fondamentale. Si è costretti a ricorrere a passaggi per absurdum, i quali appaiono sempre, purtroppo, alquanto cervellotici e vagamente artificiosi. Purtroppo ogni ipotesi metafisica "vera" ha questa caratteristiche: di poter essere posta con relativa semplicità, ma di costringere a grandi fatiche per esser revocata in dubbio. |
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29-04-2006, 12.20.28 | #28 | |
like nonsoche in rain...
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Messaggi: 1,770
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Citazione:
Perciò, non è impossibile pensare, a mio parere, pure per noi una situazione “analoga”: “siamo cervelli in una vasca” è errato... ok... semplicemente perché il mio cervello, quello che io e gli altri percepiamo come tale, non sta in una vasca, quella che io e gli altri percepiamo come tale o possiamo immaginare (ma la scatola cranica non è una vasca...? ). Altra cosa sarebbe pensare ad una simulazione: se io posso immaginare di creare un hardware ed un software per un cervello reale, come noi lo percepiamo, e pensare alle conseguenze che ciò avrebbe sul cervello sott’olio, di cui ho parlato in precedenza, non vedo come possa essere possibile, per noi, acquisire la sicurezza che noi stessi non siamo che il frutto di un esperimento cosmico, per esprimerci con il nostro linguaggio (altri non ne conosco, soprattutto quello del creatore). L’argomento di Putnam è debole perché è solo un giochetto linguistico: se veramente (non per noi, ma per il creatore) fossimo in una vasca (non la nostra, ma del creatore), il suo sarebbe un buon ragionamento per noi, ma totalmente futile ed errato per il creatore dell’hardware e del software (non per come li possiamo immaginare noi). Putnam dice: “se siamo effettivamente cervelli in una vasca, allora l'enunciato 'siamo cervelli in una vasca' dice qualcosa di falso (se pur dice qualcosa). In breve, se siamo cervelli in una vasca, allora `siamo cervelli in una vasca' è falso. Così esso è (necessariamente) falso.” Falso per chi? Se fossimo effettivamente frutto di quell’esperimento cosmico lo sarebbe per il creatore che ci guarda dall’esterno, ma noi qui all’interno non potremmo in alcun modo accorgerci di essere dei burattini e dunque quella proposizione rimane a mio parere senza senso, per noi frutto dell’esperimento o meglio rimane senza senso la pretesa, tramite il linguaggio, di volerlo trascendere. E se il creatore fosse a sua volta stato creato? Se fosse anche lui frutto di un super-esperimento cosmico (per il super creatore)? Se tutto ciò che avesse fatto sarebbe frutto di un super-software cosmico (quello del super creatore), anche noi saremmo una parte del prodotto di quel super-software: dunque noi siamo una illusione per il creatore, che a sua volta è una super illusione per il super creatore... Inoltre, e dopo mi fermo, se il creatore (che è stato chiamato XYZ dal super software) dicesse: “nexus, come tutti gli altri, è un illuso, è tutto falso (nel mondo di XYZ - questo lo dico io) quello che dice”; ma il super creatore potrebbe dire: “XYZ, come tutti gli altri, è un illuso, è tutto falso (nel mondo del super creatore - questo lo dico io) quello che dice”. Ora facendo 2 + 2 se ciò che dice XYZ è tutto falso (nel mondo del super creatore), è pure falso (sempre lì) che nexus dice sempre il falso e dunque nexus non dice sempre il falso (sempre per il super creatore) ... ..... aggiungete altri “super” e vedete un po’ voi... Il vero e il falso son concetti un po’ sfuggenti, già nella nostra vasca, figuriamoci in quella del nostro creatore... siamo falsi in una, veri in una altra... forse è meglio accontentarsi di non poter trascendere i nostri limiti... limiti? Della vasca ideata dal nostro creatore ovviamente... Ultima modifica di nexus6 : 29-04-2006 alle ore 12.28.08. |
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29-04-2006, 14.22.04 | #29 | |
iscrizione annullata
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D'accordo
Citazione:
Sono d'accordo con te: infatti le categorie di "vero" e "falso" , se anche le ipotizziamo come proprie al cervello, potrebbero essere interamente "controllate" dal programma attivato nella macchina. Al limite potrebbero addirittura esse stesse venire "attualizzate" dall'interazione con il programma stesso (il quale conterrebbe, ricorsivamente, tutte le informazioni relative alle interazioni stesse). La mia dimostrazione è imperniata sul seguente argomentare: - viene citato il celebre paradosso di Russell ("il mondo è stato creato dieci secondi fa ed ogni memoria con esso") - si riferisce che: la dimostrazione è interamente "riprodotta" dalla personale memoria del mio cervello, il quale l'ha prodotta precedentemente, - il paradosso viene inserito all'interno della dimostrazione; - poichè la "comprensione" dell'argomento da parte del cervello che la legge si svolge nel tempo, esso deve ammettere che il paradosso stesso debba valere una volta sola, altrimenti si incorrerebbe immediatamente in un regressus ad infinitum; - il cervello che opera la "comprensione" non può coincidere con il cervelloche riproduce la dimostrazione che ha, precedentemente, prodotto, oppure, alternativamente, che ha "trovato" nella sua memoria. |
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