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17-03-2006, 13.08.13 | #43 | |
iscrizione annullata
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Re: Re:
Citazione:
No, Marx non pensava affatto alla Russia, bensì proprio ad un paese economicamente sviluppato, come l'Inghilterra (ma con un occhio all'esperienza della comune di Parigi. Che il marxismo sia da rigettare in toto, assolutamente no, nessuno lo pensa. Anzi, che ci piaccia o no, noi tutti abbiamo assimilato e tendiamo a leggere la Storia usando anche in parte le categorie dell'analisi di Marx. Il pensiero di Marx è quello di un gigante dell'intellettualità. Ciò che, personalmente, rigetto è solo relativo al messianismo politico della sua opera e dell'agiografia che lo ha riguardato. Vi fu un tempo in cui, al pari della filosofia Zen, si discettava anche del modo marxista di spalmare il burro, di aggiustare i pistoni della motocicletta e di predisporre il piano regolatore di Paperopoli... |
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17-03-2006, 14.31.45 | #44 |
Ospite abituale
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Come ha giustamente osservato Weyl, Marx non ipotizzava la rivoluzione nell'arretrata Russia, ma guardava all'Inghilterra, alla Francia, a quei paesi dove il capitalismo era più avanzato, perché era proprio il capitalismo che avrebbe dovuto creare le condizioni per il suo rovesciamento.
Scrive infatti Marx "...lo sviluppo delle forze produttive è praticamente la condizione prima assolutamente necessaria [del comunismo], anche perché senza questo sviluppo si socializzerebbe solo la miseria, e la miseria farebbe ricominciare la lotta per il necessario e per conseguenza risusciterebbe tutto l'antico ciarpame" >Quindi, parlare dell'esperimento sovietico come un qualcosa >di assai vicino alla visione di Marx, mi appare un po' >azzardato, oltre che superficiale. E' azzardato di certo. Ne la "Rivoluzione tradita" Trockij spiega il perché e scrive: " qualunque interpretazione venga data della natura dello Stato sovietico, una cosa è incontestabile, lungi dall'essere deperito [lo stato], non ha neppure cominciato a deperire; peggio, è diventato un apparato di coercizione senza precedenti nella storia; la burocrazia, lungi dallo scomparire, è divenuta una forza incontrollata che domina le masse...la fantasia più esaltata concepirebbe difficilmente contrasto più stridente di quello che esiste tra lo schema dello Stato operaio di Marx-Engels-Lenin e lo Stato alla testa del quale si trova oggi Stalin." |
17-03-2006, 15.03.11 | #45 |
Ospite abituale
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Il marxismo-leninismo-stalinismo con tutte le sue varianti che si è concretizzato nei socialismi reali ha causato tanta morte, dolore ed oppressione ed ancora ne causa, che tentare di dimostrare una qualche positività sia pure in relazione al social-nazionalismo è impresa inutile, fortunatamente.
La storia ha insegnato che questa utopia tragica è stata definitivamente superata. Ci sono ancora residui di nostalgia ma solo in quei paesi che non hanno vissuto la tragica esperienza del comunismo di stato o in pseudo-intellettuali che non avendo nè idee nè ideali ripropongono tesi ottocentesche senza alcun senso del ridicolo. Inutile ricordare a questi i 60 milioni di morti che i regimi comunisti hanno deliberatamente causato: da Stalin a Pol Pot, da Mao a Enver Hoxha, responsabile di oltre 10.000 esecuzioni politiche, da Ceaucescu a Fidel Castro. Il nazional-socialismo che fu anche reazione al bolscevismo non ha potuto annoverare un eguale numero di morti solo perchè non ne ha avuto il tempo. Dell'uno e dell'altro le teorie economiche, sociali e politiche sono state dimostrate errate dalla la loro ignobile sconfitta sul piano storico. Puo riassumersi con un solo concetto la contraddizione a tutte le loro false e criminali teorie: la libertà dell'uomo. |
17-03-2006, 21.20.40 | #47 |
Ospite abituale
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Comunismo e nazismo, due storie diverse
un articolo di Rina Gagliardi
Il tentativo di far passare l'equivalenza comunismo=nazismo, stalinismo=hitlerismo, del resto, non è nuovo. Ma ci sono almeno tre ragioni che lo rendono insostenibile. Intanto, esso implica una radicale sottovalutazione di ciò che è stata, nella realtà storica, la tragedia dello sterminio degli ebrei (e dei rom, degli slavi, degli omosessuali e di altre minoranze): non ci sono paralleli possibili, per un genocidio di questa entità, intensità, intenzionalità e - non ultimo - "teorizzazione scientifica". Non stiamo accreditando, con ciò, alcuna giustificazione per la nostra parte: gli errori (e gli orrori) del regime di Stalin sono stati grandi, come le sue degenerazioni (e sono i comunisti del XXI secolo a portarsi addosso, dentro di sé, una ferita non certo rimarginata, un fallimento che pesa sulle nostre battaglie di oggi). Stiamo sottolineando la natura eccezionale dei crimini perpetrati dal nazismo: il genocidio pianificato. Per la prima volta, nell'era moderna, milioni di esseri umani vennero sterminati, uccisi, imprigionati, affamati, privati di ogni basilare diritto umano non per ciò che avevano fatto, non perché erano accusati o sospettati di aver fatto qualcosa, ma per la sola colpa di esser nati - di appartenere ad una cultura, un'etnia, una religione, un credo politico, o di soffrire di un handicap fisico o mentale. Una tale aberrazione resta un unicum tremendo. Ma nessuno può sostenere che essa fu il frutto di processi degenerativi, involontari, in qualche modo incontrollati: al contrario, essa era stata teorizzata diciotto anni prima, progettata, spiegata al "popolo" in termini molto precisi, quasi identici a quelli con cui poi sarebbe stata tradotta in pratica. Chi avesse voglia e tempo di leggersi, ancor oggi, il Mein Kampf (un libro così voluminoso che in realtà pochissimi lo hanno letto), vi troverebbe, né più né meno, la descrizione di ciò che il nazismo voleva fare e ha effettivamente fatto. Come si fa a sostenere che un'ideologia nutrita di antisemitismo, bellicismo, militarismo, violenza, nazionalismo, disprezzo per i deboli, e che ha coltivato tutte queste ignobili pulsioni fino allo loro forma estrema, sia paragonabile non si dirà allo stalinismo, ma ai peggiori regimi autoritari? Come si fa a dire che chi ha scatenato una guerra mondiale, costata decine di milioni di morti e inaudite devastazioni civili, porta la stessa responsabilità storica di un dittatore pur sanguinario e crudele? Quando lo si dice, si offende, prima di tutto, la memoria degli ebrei e delle vittime del nazismo. Si fa un passo ulteriore verso il revisionismo storico. Si fa una semplificazione molto rozza e alquanto ignobile. In verità, il "comunismo statuale" - meglio sarebbe dire il "socialismo reale", il o i regimi retti da Partiti comunisti che ci sono effettivamente stati nella storia - è stato finora severamente sconfitto, non, però, nel nome delle sue finalità ideali e dei suoi obiettivi dichiarati. Lo stalinismo è una tragica degenerazione, non l'applicazione coerente del programma del Partito bolscevico. L'oppressione autoritaria, il virus burocratico, la passivizzazione delle masse, la negazione della libertà politica e sindacale non appartengono, in nessun caso, alle ragioni per cui - ieri e oggi - milioni di persone diventano comuniste: la cui aspirazione, le cui speranze, sono precisamente l'opposto, una società in cui "il libero sviluppo di ciascuno sia la condizione per il libero sviluppo di tutti" - e in cui non il mercato, non lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, non la logica d'impresa, ma la libera e solidale cooperazione delle persone costituisca il fulcro di un più razionale consesso civile. Questo straordinario progetto - questo immenso sogno di liberazione - non è riuscito finora a realizzarsi, a "incarnarsi" nella storia, a farsi governo: è vero, è stato vero per gli ottanta-novant'anni che ci stanno alle spalle. E' vero che, nella realtà storica e nella concreta dinamica dei suoi processi, ha vinto - finora - un altro "principio": la pratica di un potere che si separa dai suoi fini, degenera, "tradisce" i principi che lo hanno nutrito, anzi che lo hanno trasformato in forza politica effettiva. Così è andata nel ventesimo secolo in Europa, così - temiamo - rischia di accadere a tutt'oggi in altri luoghi del mondo. Per una ragione, su tutte, che già era lucidamente presente alla coscienza del giovane Marx: perché la trasformazione - la liberazione - della società è maledettamente lunga e difficile. E perché scrollarsi di dosso tutto il "sudiciume" che la società borghese alimenta dentro le persone, e praticare davvero il cambiamento, richiede forse molte e molte generazioni: né basta certo la "presa del potere" a fare una nuova società, forse non è proprio da lì che si deve incominciare. Ma come si fa a pensare che tutto questo abbia qualcosa a che fare, o abbia addirittura una parentela organica, con il fascismo, il nazismo, l'autoritarismo? Se così non fosse, del resto, il comunismo sarebbe finito in quel giorno ormai lontano - quando cadde il muro della vergogna, o quando la bandiera rossa venne ammainata dalle guglie del Cremino. Invece no, esso continua a vivere nella coscienza e nel cuore di milioni di persone, che non hanno nostalgie, proiettano sul futuro le loro speranze, rifiutano come insopportabile e profondamente offensivo ogni paragone con le camicie brune o le Ss. .... Finchè ci sarà il capitalismo, e la sua regressione sociale e civile, finchè il profitto muoverà il mondo, l'economia, i mercati, finchè ci saranno "ingiustizie" e disuguaglianze, finchè le bestie del nazismo, del razzismo e dell'antisemitismo continueranno ad allignare, caro Lindblad e cara Europa, là ci sarà un comunista. |
17-03-2006, 23.19.44 | #48 | |||||||
Marxista
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Re: Finzioni
Citazione:
Stai criticando la teoria sulla base della pratica, ma per farlo idealizzi quest'ultima e ne fai un'astrazione. Se parliamo della pratica allora valutiamo caso per caso e ti dimostrerò del perchè sono esperienze non riconducibili al marxismo. Se parliamo di teoria allora lascia stare la storia e prendi in mano la logica. Per smantellare una teoria ci vogliono elementi logici che ne provino la fallacità. Per capire un fatto storico ci vogliono documenti storici, mischiare le due cose è assurdo. Citazione:
No. Marx dopo l'esperienza della Comune di Parigi fa una modifica fondamentale al Manifesto, modifica sulla cui base teorica Lenin scriverà "Stato e Rivoluzione". Marx, dalla Comune in poi, parlerà di "Spezzare la macchina burocratica e militare", cioè lo Stato. Tra i compiti della classe lavoratrice non c'è quello di impossessarsi dello stato borghese, ma di distruggerlo, attivamente. Non aspettare che si distrugga da solo come tu dici. Quali sarebbero le contraddizioni dinamiche e, quindi, scientificamente preconizzabili mediante il metodo dialettico?[/b][/quote] Citazione:
E allora? Citazione:
Con un bel trucco, ovvero cambiare la definizione di essi. I "ceti medi" di Marx sono i commercianti, i ceti medi di oggi sono imprenditori piccoli, ma piccoli rispetto alle gigantesche multinazionali. Ma se utilizziamo le categorie di Marx nel senso di Marx, vediamo che effettivamente i commercianti sono nel capitalismo avanzato spariti. In USA il 90% del mercato è in mano praticamente alla grande distribuzione. Noi siamo indietro ma ci allineiamo inesorabilmente. Riguardo ai "piccoli" imprenditori il processo di concrentrazione del capitale è sotto gli occhi di tutti. I processi borsistici e speculativi hanno ancor più velocizzato il processo. Citazione:
Nessuno chiede un mondo perfetto. Nessuno chiede la felicità perfetta. Solamente PIU' giustizia, PIU' felicità. Al bambino che muore di fame perchè la multinazionale deve fare i suoi miliardi non importa una mazza dei nuovi studi neuroscientifici. Ed è per le persone come lui che il capitalismo va abbattuto. Citazione:
Anche se fosse non vedo come la cosa dovrebbe sconfessare il marxismo. Citazione:
Una trave che ha fatto conquistare ai popoli che l'hanno conosciuta e usata diritti sociali inimmaginabili. Diritti che in tutto l'apogeo del Cristianesimo non venivano neanche sognati. |
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18-03-2006, 01.42.18 | #49 |
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Re: Re: Finzioni
[quote]Messaggio originale inviato da Lenin
[b]Stai criticando la teoria sulla base della pratica, ma per farlo idealizzi quest'ultima e ne fai un'astrazione. Se parliamo della pratica allora valutiamo caso per caso e ti dimostrerò del perchè sono esperienze non riconducibili al marxismo. Se parliamo di teoria allora lascia stare la storia e prendi in mano la logica. Per smantellare una teoria ci vogliono elementi logici che ne provino la fallacità. Per capire un fatto storico ci vogliono documenti storici, mischiare le due cose è assurdo. Laddove la prassi politica è intesa esattamente come "coerenza" con la teoria e non semplicemente come conseguenza di questa, l'esperienza storica ha valore probativo: essa infatti si confronta specificamente con gli assunti previsionali della teoria. Non per nulla il marxismo pretende alla scientificità. Quali sarebbero le contraddizioni dinamiche e, quindi, scientificamente preconizzabili mediante il metodo dialettico? Non ci siamo capiti: io parlavo della transizione tra prima e seconda fase del comunismo, non della costruzione della prima, la quale certamente deve accadere attraverso la lacerazione rivoluzionaria. Le contraddizioni dinamiche sono quelle che citavo poco sotto. E allora? E allora? A me non pare cosa da poco. Questa evoluzione tecnologica ha, di fatto, spostato il conflitto di "classe" dalla dialettica intrinseca alla società civile dei paesi capitalisti, al rapporto di questi con quelli, cosiddetti, "emergenti". Con un bel trucco, ovvero cambiare la definizione di essi. I "ceti medi" di Marx sono i commercianti, i ceti medi di oggi sono imprenditori piccoli, ma piccoli rispetto alle gigantesche multinazionali. Ma se utilizziamo le categorie di Marx nel senso di Marx, vediamo che effettivamente i commercianti sono nel capitalismo avanzato spariti. In USA il 90% del mercato è in mano praticamente alla grande distribuzione. Noi siamo indietro ma ci allineiamo inesorabilmente. Riguardo ai "piccoli" imprenditori il processo di concrentrazione del capitale è sotto gli occhi di tutti. I processi borsistici e speculativi hanno ancor più velocizzato il processo. Sì, ma se utilizziamo le categorie marxiane nel senso letterale, vi sono una moltitudine di gruppi sociali che non vi trovano collocazione: la maggior parte dei tecnici delle industrie, moltissime categorie libero-professionali, gli operatori di internet, i pubblicitari, la massima parte dei gestori del settore "divertimento" e molti degli operatori professionali che vi si impiegano,... etc. etc. Il fatto è che, contro le stesse analisi dei liberisti ottocenteschi, nel corso del '900 i ceti medi, con lievi alti e bassi, non hanno fatto che ingrossarsi. Nessuno chiede un mondo perfetto. Nessuno chiede la felicità perfetta. Solamente PIU' giustizia, PIU' felicità. Te ne do atto: ma l'aspirazione a fare di questo il "migliore dei mondi possibili" è tipicamente liberale. Al bambino che muore di fame perchè la multinazionale deve fare i suoi miliardi non importa una mazza dei nuovi studi neuroscientifici. Ed è per le persone come lui che il capitalismo va abbattuto. Anche se fosse non vedo come la cosa dovrebbe sconfessare il marxismo. Le sovrastrutture, secondo l'analisi marxiana, sono l'espressione in termini di aspettative di senso e valore, dei rapporti interclassisti con la proprietà dei mezzi di produzione. Una trave che ha fatto conquistare ai popoli che l'hanno conosciuta e usata diritti sociali inimmaginabili. Diritti che in tutto l'apogeo del Cristianesimo non venivano neanche sognati. Me ne compiaccio. Ultima modifica di Weyl : 18-03-2006 alle ore 01.47.43. |
18-03-2006, 14.46.34 | #50 | |
Ospite abituale
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Citazione:
L'ideologia è prodotta da uomini, ma contamina le menti anche quando quegli uomini non esistono più. |
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