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26-01-2006, 10.56.26 | #26 |
Ospite abituale
Data registrazione: 16-10-2005
Messaggi: 749
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Ora vi darò due esempi (uno già discusso) di grandi problemi che l'umanità dovrà affrontare in questo secolo che sono perfettamente compatibili con la mia teoria.
Due grandi domande sorgono da due grandi problemi che la TECNOLOGIA umana ha portato a questo mondo: Clonazione e Intelligenza Artificiale. Sappiamo bene tutti che la clonazione è una realtà GIA OGGI concreta. L'intelligenza artificiale è una realtà che sarà alla portata umana entro il secolo. Molti dubbi sorgono su queste due realtà. Chi è quel Clone? Chi è quel Droide? Domande senza risposta. Ma se inserite nel contesto della mia teoria immediatamente riconoscibili di una semplicità cristallina. Non sono altro che esseri come noi: Materia aggregata nel modo giusto che fa quello che facciamo noi. Non è strano che noi creiamo la vita poichè già lo facciamo naturalmente creando figli, dunque perchè non creare cloni o droidi? In fondo li avremmo creati sempre noi. DI qui l'inevitabile verità: Non siamo altro che macchine, anche se molto complicate. A voi discutere su questa ultima considerazione. |
26-01-2006, 13.55.30 | #27 |
iscrizione annullata
Data registrazione: 23-02-2005
Messaggi: 728
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L'Homme machine
Cito La Mettrie, perchè ogni tanto il suo punto di vista riemerge nell'agone del dibattito sulla natura della vita...
Chiariamo una cosa: produrre dei cloni non significa affatto "creare" la vita. Vuol dire solo, molto più semplicemente, "manipolarla", peraltro in un modo simile a quello che già madre natura applica quando mette al mondo due gemelli monozigoti. Con assai meno risonanza mediatica sono in opera manipolazioni molto più estreme e decisamente più radicali. Le più semplici, attuali da qualche decennio, si caratterizzano per l'inserzione di tratti genici in organismi monocellulari, allo scopo di far loro produrre sostanze di interesse farmacologico, cosmetico, o altro. Ciò avviene attraverso vettori virali, riproducendo, anche in questo caso, manipolazioni che la natura già esegue, ma in modo "random" e perlopiù nefasto. Le più recenti sono, invece, delle vere novità sul piano genetico molecolare e biologico: si tratta di somministrare sostanze che modificano l'espressività genica, ristrutturando, a tutti gli effetti, il genotipo "funzionale" del soggetto ricevente, cambiando, quindi, l'assetto dei caratteri fenotipici dell'organismo. Stranamente, la comunità bioetica parla poco di questa, davvero rivoluzionaria, novità. Forse perchè, in buona misura, non la conosce e non la capisce bene. Oppure perchè le sue applicazioni, al momento sono esclusivamente terapeutiche e riguardano patologie talmente gravi che le possibilità di operavi guarigioni pongono il dibattito off limits. Per quanto concerne il discorso sulla memoria, rispondo a nexus. Vi sono patologie organiche in cui parte dell'identità soggettiva viene perduta: lesioni parietali destre, nel tratto anteriore della circonvoluzione basale, comportano la perdita del riconoscimento del proprio schema corporeo in tutto o in parte. Significa che una persona non avverte più la proprietà di alcuni o tutti i segmenti del proprio corpo, pur rilevando ogni sensazione proveniente da essi. Cioè, il soggetto è del tutto indifferente alla sussistenza o meno di tali parti corporee, non le impiega più, non le cura, le riconosce solo di fronte all'evidenza visiva, per poi dimenticarle nuovamente subito dopo. Lesioni di alcune zone della corteccia occipitale possono comportare una sorta di pseudocecità: il soggetto reagisce a stimoli visivi, ma non li "vede", nè li riconosce. Potrei citare altri esempi, molti. Ma il tratto comune a tutte queste situazioni è il seguente: nella misura in cui un'attività di coscienza permane, il sentimento di identità col sè, è conservato. Ora, sebbene tale conservazione risulti oggettivamente incompleta e parziale, non è così per il soggetto, che lo coglie coimunque come "pieno" e "immediato". Qualcosa di simile a quanto accade del giudizio di realtà che stabiliamo dentro un sogno: solo il risveglio ci rivela la sua improprietà e scorrettezza. Allo stesso modo, solo il confronto tra la patologia e l'integrità ci mostra quanto ampio e complesso, composito e ricco sia il sentimento di identità col Sè. La percezione soggettiva dell'identità, invece, è sempre "piena" ed è tessuta di una trama di memorie procedurali. |
26-01-2006, 15.51.19 | #28 | |
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Ciao, Nexus6; ciao a tutti! Beh, non mi pare sia per l'appunto così complesso (almeno nella teoria): intendo semplicemente sottolineare che la coscienza di noi stessi, l'io di cui parliamo spesso non esiste che nei rapporti che man mano andiamo a creare; non vi è un identità (soggettiva/individuale) vera e propria ma l'esistenza di una individualità relazionale : non "noi" non l' "altro" ma il punto di contatto stesso. Forse in tal modo viene anche più semplice individuare quell' " 'anima' unica" al di là di apparenti separazioni. La realtà come unico tessuto relazionale. E' come se ognuno di noi non avesse "braccia" ma fosse unicamente "braccia tesse assieme" ad altre in una rete non separabile, non scindibile (>in braccia "mie" e braccia "altrui"). Allora io non sono "le mie braccia"-poiché non esistono braccia al singolare, ma solo una rete di unico abbraccio- ma sono ovunque sperimento l ' "unione"; sono la possibilità che fa della musica e del suo ascolto la sua vita (la sua ragione d'essere - e la sua unità), essendo né me stesso né la musica ma il punto di relazione (ancora più al di "sotto" della stessa percezione che ancora sa di un "io" ed un "lei" /od un "tu" ), essendo il tessuto che rende possibile tutto ciò (che rende possibile lo "scambio", il riconoscerci, il "toccarsi", l'allontanarsi, l'avvicinarsi.. L'anima del mutamento come lo si chiamerebbe altrove!); non qualcosa che esiste come sostanza materiale ma una realtà di relazione senza la quale nulla potrebbe esistere, nulla potrebbe apparire, nulla potrebbe esprimersi. (Forse questo intendevono i mistici col "nulla" inteso non come nulla-essente ma come nulla di tutto ciò che possiamo individuare!) Gyta |
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26-01-2006, 17.24.23 | #29 | |||
like nonsoche in rain...
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L'io, il noi e l'altro sono, dunque, solo illusioni mentali..., ma allora pure i "punti di contatto" e le "relazioni" lo sono... o no? Sono solo dei modi con cui ci raffiguriamo ciò che si pensa accadda o sia. Sono sempre frutto di quella famosa "mente discorsiva", che discorre senza sosta... |
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26-01-2006, 17.39.27 | #30 | |
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Anche le raffigurazioni dei punti di contatto (ed i punti di contatto stessi) sono.. mentali, ma non ciò che li rende.. possibili! La loro possibilità è la trama nella quale ogni cosa diviene(..possibile) [Misticismo?..Non del tutto! Ancora tramite concetti cerchiamo di dipingere l'essenza stessa di "Coscienza" o di "Potenza" o.. "Essere"!) [Ho incasinato di più..??!? ] Gyta |
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